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Autore: MARETTA92    05/10/2015    0 recensioni
Il dolore che sento mi toglie il respiro
non riesco a controllare la mia mente ed il mio corpo
una forza misteriosa dentro di me, giorno dopo giorno mi sta divorando
i ricordi lontani nella mia anima, non sono altro che flebili illusioni, perse nel vento
sono alla ricerca di una destinazione che finalmente mi darà la pace
il dolore che sento mi toglie il respiro
mi stringo al petto
alzo la testa contro il cielo cercando inutilmente la luce,
ma la fredda pioggia bagna il mio povero corpo
io vado alla deriva da solo come se fossi in balia del mare
i ricordi lontani nella mia anima, non sono altro che flebili illusioni, perse nel vento
protendo le mani sperando di aggrapparmi ad una ragione che mi dia il coraggio e la forza necessaria
per riuscire ad andare avanti
solo così farò tacere per sempre la mia coscienza.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era notte fonda. Faceva freddo. Molto freddo.
Cavalcavano da ore. Erano visibilmente stanchi. Non ce la facevano più.
Però dovevano tenere duro per il bene del regno.
Continuarono per un po’.
Poi…
Eccola li davanti al loro.
Due colonne di pietra bianca che si innalzavano dal nulla. Sembravano nascere dalle profondità della terra. Erano molto erose da moltissimi anni di esposizione agli elementi naturali.
Una delle due era spezzata in obliquo e sembrava formare una freccia verso l’alto.
Vicino alle due colonne si intravedevano dei paletti per le torce. Ce ne erano molte e sembravano formare un cerchio.
Merlino decise di accenderle tutte per vedere meglio.
D’altronde era notte inoltrata.
Prese la torcia che avevano usato per tutta la cavalcata e cominciò ad accendere tutte le altre.
Artù rimase in piedi tra le due colonne.
Era serio. Preoccupato. Mille pensieri gli passavano per la testa.
Continuava a chiedersi come aveva fatto Merlino a convincerlo a fare una cosa del genere. Ma soprattutto come aveva fatto Gaius a convincere suo padre.
Poi alzò la testa non appena Merlino terminò di accendere tutte le torce.
E la vide.
Una grossa pietra si ergeva  in mezzo al cerchio. Era più scura rispetto alle colonne.
Dell’edera ricopriva gran parte della roccia.
Sopra la roccia notò che c’era una figura di un angelo. Almeno è quello che gli sembrava. Aveva le ali e quindi pensò ad un angelo.
Si avvicinò per osservarlo meglio.
Notò che nella roccia era incisa una figura femminile. E la bocca leggermente aperta. Aveva anche le mani sul petto intrecciate tra loro.
Notò anche moltissime iscrizioni.
Iscrizioni illeggibili per entrambi.
Per entrambi.
“Sire è sicuro che sia questa?” chiese affannosamente Merlino.
Artù fece cenno di si con la testa.
Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Non aveva mai visto una cosa simile. Ne era affascinato ma allo stesso tempo spaventato.
Ma non poteva rimirarla in eterno. Doveva sbrigarsi.
Camelot era in pericolo.
Fece quello che Gaius gli aveva detto.
Prese un pugnale e si taglio il palmo della mano.
Il sangue colava dalla mano.
Senza pensarci due volte portò la mano sanguinate sopra la figura scolpita nella pietra e fece colare il sangue nella piccola fessura delle labbra.
Poi si portò vicino all’orecchio della figura e sussurrò la canzone.
La canzone che aveva nella testa da quando era nato.
Non ne sa il motivo ma la sapeva.

“Il dolore che sento mi toglie il respiro
non riesco a controllare la mia mente ed il mio corpo
una forza misteriosa dentro di me, giorno dopo giorno mi sta divorando
i ricordi lontani nella mia anima, non sono altro che flebili illusioni, perse nel vento
sono alla ricerca di una destinazione che finalmente mi darà la pace
il dolore che sento mi toglie il respiro
mi stringo al petto
alzo la testa contro il cielo cercando inutilmente la luce,
ma la fredda pioggia bagna il mio povero corpo
io vado alla deriva da solo come se fossi in balia del mare
i ricordi lontani nella mia anima, non sono altro che flebili illusioni, perse nel vento
protendo le mani sperando di aggrapparmi ad una ragione che mi dia il coraggio e la forza necessaria
per riuscire ad andare avanti
solo così farò tacere per sempre la mia coscienza”

Era una canzone molto triste, malinconica, piena di dolore e sofferenza.
Si allontanò piano piano dalla grande roccia e dalla figura.
Il silenzio faceva da padrona.
Merlino si avvicinò ad Artù.
Aveva il fiato corto.
“Pensate abbia funzionato?” disse sempre affannosamente.
Artù non sapeva che pensare. Era molto agitato.
Un rumore spezzò il silenzio creatosi.
La terra tremò violentemente.
I due ragazzi stetterò a fatica in piedi. I cavalli scapparono impauriti dal rumore.
Poi si sentì un rumore provenire dalla grande pietra.
Sembrava che la roccia si stesse spezzando in due.
Artù trovò il coraggio di avvicinarsi per osservare meglio.
Le labbra della figura si cominciarono a muovere e il suo sangue spariva nella cavità che sembrava una bocca.
Ma come era possibile?
Le mani cominciarono a muoversi piano piano.
Anche la testa cominciò a muoversi.
Sembrava impossibile.
L’intera figura ora si muoveva.
Possibile che fosse lei?
Merlino e Artù rimasero sbalorditi da quello spettacolo.
Avevano sotto gli occhi Mayla.
Ad un certo punto si mosse talmente violentemente che la pietra sotto di lei si frantumò e lei si liberò finalmente.
I frammenti alzarono una gran polvere.
Non si vedeva niente
Aguzzarono gli occhi per vedere meglio.
E videro una figura indefinita in piedi dove c’era la grande pietra.
La polvere si posò.
E la figura cominciò a definirsi.
I due ragazzi si avvicinarono piano piano. Ne avevano paura.
Si accorsero che era una donna. Una bellissima donna. Con i capelli lunghissimi e la pelle chiarissima.
Aveva la testa china verso il basso.
Merlino si avvicinò un po’ di più rispetto ad Artù che rimase un passo indietro.
“Mayla?” sussurrò.
Fece uno scatto velocissimo ed alzò la testa.
Vide Merlino.
Riconobbe in lui un discendente dei sacerdoti che l’avevano condannata.
In lei si accese una rabbia maturata per secoli ed esplose.
Prese Merlino e come se niente fosse lo scaraventò contro un albero.
Era veramente furiosa.
Con un salto felino si portò sopra il ragazzo. Lo prese per il collo e lo sollevò da terra.
Lo voleva vedere morto.
“NOO”
Quell’urlo. Quella voce.
Si bloccò e lasciò cadere il ragazzo.
Si voltò di scatto verso la fonte di quella voce e lo vide.
Lui.
Artù.
Spalancò gli occhi.
Lacrime cominciarono a scendere sul suo viso.
Da molti secoli non vedeva quel volto.
Quel volto che aveva tanto amato e per cui fu condannata.

   
 
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