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Autore: SagaFrirry    06/10/2015    2 recensioni
Seguito dell'Olympus Chapter, caricato qualche mese fa e che in principio non doveva avere un seguito. Visti però i numerosi fan (vi voglio bene, davvero) e le richieste..l'Olympus è tornato! Spero sia gradito a chi ha seguito il primo racconto. Inizia il viaggio alla ricerca del senno perduto di Arles!E ovviamente possiamo farci mancare una buona dose di nemici? Certo che no!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gemini Kanon, Gemini Saga, Gold Saints, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XV

 

MELODIE DA UN NUOVO MONDO

 

“In Egitto..” ripeteva perplessa Persefone, giocando con una delle rose del cavaliere dei Pesci.

“Così hanno detto Kanon, Milo ed Aiolia..” annuì l’amante della prima sposa di Hades.

“E quindi è certo che morirà?”.

“Eleonore? Temo di sì. Purtroppo, da quel che ho capito, Iside non ha un corpo dove tornare e solo Eleonore è in grado di ospitarla”.

“Agli inferi ci stanno solo anime..non saprei come aiutare. Ed Hades è frustrato a dir poco..”.

“Posso capirlo”.

“Ma mica solo lui! Eleonore mi piaceva. Era una brava ragazza, mi stava simpatica. E poi..essere l’unica sposa di Hades..di nuovo..rischio di impazzire”.

“Perché dici questo?”.

“Aphro..tu non immagini come possa essere quando le cose non vanno come vuole lui”.

“Credimi se ti dico che lo so..”.

Persefone sorrise ed Aphrodite fece altrettanto. Atena, allarmata dalle ultime notizie ricevute e dall’attacco degli angeli, aveva convocato le divinità. Lentamente si stavano radunando al Tempio e questo metteva un po’ in soggezione i cavalieri più sospettosi, convinti che fra lori si celassero ancora nemici.

“Fiorellino, posso passare?” chiese Deathmask, sull’uscio della dodicesima.

“Certo, a te non serve chiedere” scherzò Pesci “Dove vai di bello?”.

“A guardare da vicino la Dea che porta il tuo stesso nome..l’ho intravista soltanto..”.

“Afrodite? Ti piacciono le Milf?”.

“Tu non dovresti parlare..”.

Persefone rise. Adorava passare i mesi estivi al Grande Tempio!

“E come pensi di farti notare? Cantando una serenata in siciliano?” continuò Pesci “Ti ricordo che la Dea della bellezza ha a disposizione delle divinità ben più prestanti di te!”.

“Mi stai dicendo che sono più brutto di Ares?”.

“Ares è uno degli Dei più belli che ci siano..anche se è uno zotico che non cura per niente il suo aspetto! Con una sistemata da parte mia, farebbe invidia ad Apollo”.

“Stai delirando..fai pensieri perversi sul padre di Saga. Oscena questa cosa..”.

“Ma che dici?! Dico solo che sarebbe spaventosamente bello se si curasse un po’ di più, tutto qui..”.

Deathmask fissò Aphrodite, che rispose allo sguardo senza capire.

“Potresti provare adesso” rise il Cancro “Dicono che ultimamente sia rincoglionito all’ennesima potenza!”.

“Vero” annuì Persefone “Sono un po’ in pensiero. Ares che non freme all’idea di entrare in guerra..”.

“Un problema alla volta, mia cara” sospirò Pesci “Tanto qui non ci si annoia mai!”.

 

Eros e Deimos stavano facevano l’ultima cosa che riuscivano a fare insieme senza litigare: ballare disco anni ’80. Ed erano anche abbastanza coordinati fra loro. Ares osservava la scena, mezzo spaparanzato su un divanetto della tredicesima, non sapendo se ridere o piangere davanti ad uno spettacolo simile. Al suo fianco, altrettanto spaparanzata, stava Afrodite, che si stava divertendo come una pazza. Con le gambe nude, si era mezza allungata sul Dio della guerra. Che ne tormentava i piedini fra un sorso di vino ed un altro. Deimos, ora con i capelli corti a causa dell’Excalibur di Shura, sperava che al suo balletto idiota si unisse anche Phobos, che però non si faceva vedere.

“Hei!” sbottò Atena, parandosi davanti ad Ares “Ho convocato gli Dei per motivi seri, non perché si divertano. Cerca di avere un contegno!”.

“Oh, padre” sospirò il Dio, ruotando gi occhi al cielo “Un fulmine! Un fulmine soltanto! Nella tua infinita benevolenza..”.

“Piantala!”.

“Ma che vuoi?! Non sono arrivati ancora tutti, giusto? E allora me ne sto qui a godermi il vino ed i piaceri della vita finché posso. Suvvia..mica stanno ballando Lady Gaga..anche se prima o poi mi aspetto di vedere una simile cosa..”.

Atena non disse altro. Fissò solo con fastidio Afrodite e poi se ne andò per la sua strada.

 

“Datti una calmata e piantala di lagnarti!” sbottò Phobos “Alla fine vincono tutti! Tutto il Tempio sta cercando tua madre e, se viene trovata, viene condotta qui. Se invece la trovano i tuoi amichetti piumati, non avrebbero più motivo di attaccare il Tempio e quindi saresti libera!”.

“Dovrei pure essere felice? Felice di essere prigioniera?” rispose Nadijeshda, accigliandosi.

“Non sei prigioniera..”.

“Se provo a fuggire, le guardie mi colpiscono!”.

“Non sei in gabbia! Se vuoi ti ci sbatto! Perché non provi ad occupare il tuo tempo in modo costruttivo?!”.

“Tipo?!”.

“Che ne so! Aerobica, Karaoke, mosca cieca in autostrada..”.

“Ci sono strumenti musicali qui?” chiese lei, dopo qualche istante di silenzio.

“Un sacco di pifferi” ridacchiò lui, intuendo che lei non avrebbe colto il doppio senso “Per il resto..posso provare a chiedere. Andiamo..”.

Lei provò a protestare ma lui la trascinò per il Tempio, supponendo che nella stanza di Atena doveva esserci qualcosa di utile. La Dea, troppo distratta dai balletti e dagli ospiti, non notò il figlio di Ares che rimestava fra gli appartamenti privati ed il suo erede Zeus, che Phobos odiava con tutto se stesso, se ne fregava altamente.

“Questa cosa può andare?” chiese il ladro, trovando una specie di cetra.

Lo sguardo dell’alata si illuminò. Una volta fuori da quelle stanze proibite, sfiorò le corde e sorrise, dopo tanto tempo.

“Ha un suono meraviglioso!”.

“Sì, ma vedi di non strimpellare a caso dove potrebbe sentirti Atena. Anche se dubito si accorga di quel che accada. È distratta da altre cose..”.

“Prova anche tu!”.

“Che?!”.

Nadijeshda sedette fra le colonne ed iniziò a suonare. Phobos, con un pessimo orecchio per la musica, la fissò sorridere. Il perché non lo sapeva nemmeno lui.

“Dai, prova” insistette lei “Solo una nota..”.

“Le mie mani non sono adatte a certe cose..”.

“Fatemi vedere”.

Phobos sospirò. Quella femmina era peggio di una zanzara affamata! Sedette e mostrò le mani all’alata, che allungò le sue, toccando le dita del Dio. Questi la fissò piuttosto perplesso e lei rispose a quello sguardo, senza provare alcun timore.

“Ognuno ha mani per uno scopo diverso” parlò Nadijeshda “Le mie sono mani da musicista mentre queste sono mani forti, adatte ad impugnare una spada o stringere le redini di un cavallo. Io in entrambe le cose sarei del tutto negata..”.

Dopo aver lasciato il Dio, ricominciò a suonare una melodia dolce. Phobos si rialzò, non amando particolarmente le nenie lagnose. Camminò lungo i colonnati della tredicesima. Si fermò, sporgendosi appoggiato ad un terrazzino. Nemmeno si accorse che Anteros, il suo irritante fratellino, gemello di Eros, lo osservava incuriosito.

“Che vuoi?” sbottò il maggiore, infastidito.

“Tutto bene? siete tutti strani in famiglia  ho notato”.

“Che intendi, lepidottero?”.

Anteros si imbronciò, non sopportando battute sulle sue ali da farfalla.

“Intendo..” riprese poi “..che Deimos sembra che si senta solo e cerca disperatamente compagnia mentre papà non vuole combattere. E poi vedo te, con la testa fra le nuvole, che sospira al balcone stile Giulietta”.

“Deimos fa così perché io sto molto tempo con quella pennuta fastidiosa per evitare che scappi e lui si sente solo. Papà credo sia in crisi di mezza età ed io non sto sospirando. E non so chi sia Giulietta!”.

“Ok. Supponevo che tu non leggessi libri..ad ogni modo..che ti preoccupa?”.

“Temo di star perdendo di nuovo i miei poteri. Purtroppo è una sensazione che conosco fin troppo bene. Dopo quella pugnalata con la daga d’oro, ho rischiato di divenire mortale e mi ero indebolito ed ora temo stia accadendo di nuovo”.

“Perché lo pensi?”.

“Perché quella donna non ha paura di me. La guardo e lei non si scuote. E non solo lei. È come se non incutessi più paura ed io DEVO incutere paura!”.

“Quale donna?”.

“QUELLA donna!”.

Phobos la indicò. In basso, fra le colonne del piano inferiore, Nadijeshda ancora suonava.

“Sarà la vecchiaia” rise Anteros.

Phobos si voltò di scatto ed il fratello minore sobbalzò dinnanzi a quello sguardo minaccioso.

“Ad ogni modo..” riprese poi, quando il maggiore smise di fissarlo “..secondo me ti preoccupi troppo”.

“Sono andato così vicino a divenire mortale che mi viene la nausea al solo pensiero! Ho lo stomaco sottosopra, credimi..”.

“Oh, ti credo..”.

“Perché sorridi come un coglione?!”.

“Senza un motivo..fatti vedere da Hermes, se pensi di essere malato. Ma secondo me ti dirà quel che ti ho detto io..”.

“Alla vigilia di una guerra non posso essere senza poteri! Non capisci?!”.

“Non urlare! Ti sento benissimo..”.

Anteros sorrise di nuovo, guardando verso l’alata che suonava.

“È carina..” commentò.

“Non saprei..” borbottò Phobos.

“Come sarebbe a dire?!”.

“È la donna più irritante della galassia!”.

“Più irritante di Atena?”.

“No. Fino a quel punto, no!”.

“Allora dai..non è tanto male..”.

“Che discorsi del cazzo fai, Anty? È una prigioniera ed è già tanto che non l’abbia appesa per i piedi alla meridiana del Tempio da quanto rompe i coglioni!”.

“Così. Facevo per dire..”.

“So a che gioco stai giocando! Tu ed Eros è da quando siete nati che cercate di farmi innamorare. Ogni volta che mi vedete parlare con una femmina pensate che ci sia chissà che cosa e provate a convincermi che è la donna della mia vita. Ma vi ricordo che la paura ha sempre vinto sull’amore. Non siete mai riusciti nei vostri intenti idioti”.

“Lo so. Era per ridere! Permaloso!”.

“Non mi diverto con certi discorsi..”.

“Perché sei noioso, ecco perché. E non sai volare”.

“E questo che c’entra?!”.

“Niente. Ma è bello sfotterti”.

“Senti un po’..se io imparassi a volare, tu ed Eros mi lascereste in pace?”.

“Niente più tentativi di farti trovare la morosa in cambio di un tuo volo?”.

“Io imparo a volare e voi la smettete. Siete ridicoli. Lo faccio per risparmiarvi il ripetersi di sconfitte imbarazzanti”.

“Però se non ci riesci, se non impari, ti tormenteremo il doppio!”.

“Affare fatto”.

Anteros ghignò, stringendo la mano al fratello. Sapeva quanto Phobos fosse imbranato e, soprattutto, spaventato a morte dalle altezze. Lo osservò allontanarsi ed a sua volta se ne andò dal terrazzino, diretto verso gli appartamenti interni, dove il gemello stava ballando. I due si scambiarono solo uno sguardo, ridendo, e poi anche Anteros si unì alla danza idiota.

“Insegnami, come avevi promesso” sbottò Phobos, tutto d’un fiato, rivolto alla prigioniera.

“Dopo tutto quello che mi state facendo, dovrei pure farti un favore?!” rispose lei.

“Se ci riesci, se riesci a farmi volare, ti lascio libera. Hai la mia parola”.

“Oh..allora in questo caso le cose si fanno interessanti. Ci sto”.

 

Arles si doveva davvero concentrare per non rimanere a fissare le teste delle divinità Egizie. Erano decisamente pittoresche, non poteva negarlo. Però non riusciva a coglierne l’espressività, salvo quando ringhiavano o soffiavano. La cosa era frustrante. Temeva sempre di essere frainteso o di aver offeso qualcuno senza volerlo. Poi però si ricordò che doveva resistere ancora per poco quindi fissò pure lui con fastidio quel gruppetto di Dei che lo squadravano. Che andassero tutti quanti a farsi fottere! Nessuno voleva  aiutarlo, e questo se lo aspettava, ed il tempo scorreva rapido.

“Non puoi trovare un rimedio” gli aveva ripetuto Thot “La regina Iside ha trovato in Eleonore un corpo ospite e non potrai cambiare questa cosa”.

Alla ricerca di indizi o indicazioni su cosa dovesse avere di così speciale un corpo ospite, Arles stava impazzendo. La luna era sempre più grande in cielo, aumentando il suo spicchio ogni notte.

“Anche se la fissi così..” rise Iside “..la luna non si farà più piccola ed il tempo non scorrerà nel senso opposto”.

“Sono certo che una soluzione esiste. Ho solo bisogno di più tempo!”.

“Che non hai. Ormai è tutto pronto. Il rituale si svolgerà in questa luna piena e tu non potrai fare alcunché. Ti consiglio di metterti l’animo in pace..”.

“Il mio animo non è mai stato in pace!”.

“Ecco: è questo il tuo problema!”.

Arles vide Iside sorridere e provò rabbia, che represse a fatica. Greci, Egizi, Romani..qualsiasi divinità a cui si ritrovava a pensare faceva nascere in lui un’ira difficilmente controllabile. Poi una strana musica lo distrasse.

“La magia può fare molte cose..” parlò colui che suonava, pizzicando le corde di quella che sembrava un’arpa allungata.

“Non credo nella magia” rispose Arles.

“Il cosmo non è forse magia?”.

“No. Il cosmo è il cosmo”.

“E che cos’è?”.

“Anche se fosse magia, come tu dici, che dovrei farci con il mio cosmo?”.

“Nel cosmo è rinchiuso ciò che siamo. Tutti ne hanno uno..magari in quello di Lady Eleonore vi è rinchiuso qualcosa di speciale che può aiutare..”.

“Ma il suo cosmo è mescolato a quello sempre più potente di Iside..”.

“Un modo ci deve essere”.

“A te che importa, perdona la maleducazione?”.

“Hades mi ha inviato qui apposta. Sono in incognito..”.

“Sei uno specter?”.

“Sono conosciuto come Pharaon, ma in questo caso il cappello del faraone lo hai tu..”.

Il musico sorrise ed Arles tentò di ricordarlo. Purtroppo il suo soggiorno fra le armate di Hades era stato breve, perciò non era sicuro di potersi fidare o meno di quell’individuo.

“Hades..” riprese Pharaon “..ovviamente non può recarsi qui personalmente ma ha mandato me, che sono egiziano”.

“E come ci sei finito fra le schiere Greche?”.

“E tu come ci sei finito in quelle Egizie? Capitano tante cose lungo il camino e non sempre il sangue ci tiene legati per l’eternità”.

“Cosa suggerisci di fare? Di certo te la cavi molto meglio di me in questo mondo..”.

“Il libro dei morti”.

“Che dovrei farci?”.

“Troviamo quello di Eleonore. È già morta una volta, giusto? Per legare la sua anima, Iside ha bisogno del libro della sposa di re Hades quindi..”.

“E dove pensi lo tengano?”.

“Lascia fare a me!”.

“Posso fidarmi?”.

“Lo faccio per Eleonore, la mia regina. E per il mio Signore Hades”.

“Va bene. Però..”.

Pharaon scattò in avanti di colpo, quasi sfiorando il volto di Arles, mentre due guardie del palazzo attraversavano il corridoio.

“Che c’è?” sbottò il figlio di Ares.

“Meglio non attirare l’attenzione..”.

“Ed è quasi limonando con me che non attiri l’attenzione?!”.

“Quasi che cosa?!”.

“Lascia perdere..”.

Lo Specter afferrò il capo di Arles, senza che questi avesse il tempo di reagire, e lo baciò, divertito.

“Se voglio una cosa, la faccio” rise l’Egizio “Non sono mica come voialtri al Tempio..”.

“Ma..tu..vuoi morire, vero?”.

“Sono già morto, tecnicamente. Se no non sarei all’inferno. Perciò rilassati un po’ e vieni, troviamo il libro dei morti della regina Eleonore”.

 

Accanto ad Apollo, sedeva Tolomeo. I due si fissavano in modo strano.

“Dimmi, Quetzalcóatl..” parlò Apollo “..è vero che, secondo una profezia, nel 2012 avresti dovuto mangiare il sole e far finire il mondo?”.

“Vuoi che ti mangi?”.

“No!”.

“Perché se vuoi lo faccio..”.

“Ragazzi!” li interruppe Hermes “Fate i seri!”.

“Tu sei il primogenito figlio maschio di Zeus..dico bene, Apollo?” riprese Tolomeo.

“Sì, dici bene”.

“E non sei geloso del fatto che sia Ares a regnare, assieme ad Atena?”.

“Ares non regna proprio su un bel niente. È Atena che comanda”.

“E la cosa non ti fa arrabbiare?”.

“Perché? Ho sempre considerato Atena come la più saggia e poi è la volontà di Era e quel che voleva Padre Zeus. E allontanati, per favore. Ho sempre paura che tu voglia mangiarmi davvero”.

Tolomeo sorrise, con quel ghigno di dimensioni anormali.

“Che senso mi fa quella bocca..” rabbrividì Artemide “..senza offesa”.

“Nessuna offesa” ridacchiò Quetzalcóatl .

“Chi manca? Stanno arrivando anche i romani..” interruppe Hermes.

“Sì, ne ho visti un paio. Atena ha chiamato proprio tutti..” annuì Apollo.

“Mi spiegate una cosa?” chiese Ipazia, timidamente “..prima di fare la figura della scema, mi spiegate come può un Dio possedere un corpo? Mio fratello si è risvegliato come Dio ma è ancora lui, è ancora mio fratello, anche se con un aspetto inquietante. Perché con Eleonore è diverso?”.

“Bambina, nessuna figura della scema, tranquilla” sorrise Apollo “Vedi..in tuo fratello risiedeva latente la divinità dal nome lunghissimo e complicato che non ricordo mai..”.

“Chiamami Quetzy” commentò Tolomeo.

“..ok..in tuo fratello il Dio era latente. È nato così, solo che il Dio aveva bisogno di un certo livello di cosmo per potersi risvegliare. In questo caso, Tolomeo e..Quetzy..sono la stessa cosa. Nello stesso corpo risiedono i ricordi di Tolomeo e dell’antico Dio. È una rinascita. Nel caso di Eleonore invece è una possessione. Qualcuno, probabilmente i suoi sottoposti con un corpo fisico a disposizione, hanno liberato Iside, scovando per lei il corpo più adatto. Ma Eleonore non è nata con questo cosmo nel cuore, è qualcosa di estraneo e la Dea ha solo un modo per prevalere: annullare Eleonore. Altrimenti dovrà sempre lottare con una sorta di parassita umana che cercherà di controllarla, come nel cado di Hades e Shun. Poi ci sono quelli, come me per esempio, che occupano il proprio vero corpo. L’involucro è per chi ha paura di rovinare l’originale ed io voglio proprio vedere chi può fare del male al sole..salvo sto qua a fianco con sto sorriso inquietante!”.

“Ma dai!” rise Tolomeo “Non ti mangio per davvero!”.

“Non si sa mai..”.

Tolomeo mostrò la lingua, da serpente e Apollo indietreggiò ancora.

“Rilassati, zio. Tu hai i capelli che prendono fuoco, mica dico niente..”.

Il Dio del sole sospirò. Che fatica gestire le nuove generazioni!

 

Efesto, Dio fabbro, era rimasto alla prima casa. Lì, grazie ai materiali di Mur, stava dando una controllata alle armature divine. Al suo fianco, Kiki cercava di assisterlo, incuriosito.

“Gran Sacerdote..avete idea di dove sia l’armatura di Ares?” chiese il Dio.

“No” ammise Kiki “Proverò ad informarmi”.

“Non serve che mi aiutiate. Le Armature sono in buono stato, salvo qualche raro caso”.

“Mi diverto. L’alternativa e sorbirmi filippiche divine..”.

“Comprendo..anche troppo!”.

Kiki sorrise, osservando ammirato i movimenti del Dio. Poi diversi cosmi attirarono la sua attenzione. Guardò fuori, verso l’ingresso del Tempio, stupendosi nel non vedere le guardie.

“Mur!” esclamò, riconoscendo immediatamente il suo maestro “Shaka!”.

Entrambi i cavalieri camminavano, con una lentezza quasi irritante, verso la prima casa. Dietro di loro, altre due figure che Kiki riconobbe. Erano state da poco al Tempio e non si aspettava di vederle di nuovo.

“Maya..” mormorò, salutandola con un lieve inchino “..Lord Shiva..” aggiunse poi.

Il Dio indiano non aveva l’aria di chi era giunto fin lì di sua volontà ma rispose al saluto, mente il gruppetto iniziò a salire le scale.

 

Come siete silenziosi ultimamente. Mi sembra di parlare da sola..il che è quasi normale per me XD Allora? Che ne pensate? State per rinchiudermi o vi siete rotti le palle? :P

   
 
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