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Autore: EmmaStarr    06/10/2015    1 recensioni
Alexander Lightwood appartiene alla Gilda di assassini più potente di New York, gli Shadowhunters. Ma cosa succede se gli viene assegnato l'unico incarico che non potrà mai svolgere?
* * *
«Quindi sembra proprio che dovrò ucciderti» sospirò Alec fra sé e sé, lanciando il biglietto nel fuoco. «Magnus Bane.»
* * *
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Magnus Bane degli Warlocks è sempre stato un tipo eccentrico: ogni giorno un'idea nuova, un nuovo divertimento. Ma che succede se la sua vita viene messa improvvisamente a rischio?
* * *
«Gli Shadowhunters vogliono uccidermi?» ripeté, cercando di non mostrarsi troppo spaventato. Lo sapevano tutti, in città, che avere gli Shadowhunters contro era un gran brutto affare.
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Due ragazzi, due vite agli antipodi destinate a collidere. Cosa si è disposti a mettere in gioco per amore? Quanto si è disposti a perdere?
* * *
[Malec] [assassini!AU]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-IV-

 

Alec lo raggiunse trafelato una decina di minuti dopo. «Allora... eccomi» disse stupidamente, in piedi davanti alla panchina su cui Magnus stava seduto. «È tanto che sei qui?»

Magnus si fece un po' di lato per fargli segno di sedersi e scosse la testa. «Due minuti» rispose, atono.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, a fissare il grigio cielo invernale che gli si parava davanti. Alec aveva sempre preferito quel tipo di clima rispetto al caldo torrido dell'estate, ma in quel momento gli sembrava fin troppo opprimente. Fin troppo triste.

Magnus fu il primo a rompere il ghiaccio. «Quindi... non credo sia il caso di girarci troppo intorno. Qualcuno della tua Gilda mi vuole morto.»

Alec deglutì. Si era preparato almeno dieci discorsi diversi, ma al momento non gli veniva in mente assolutamente nulla. «Sei... sei sicuro di questa informazione?» domandò, la voce roca.

Magnus annuì una volta sola, e Alec decise di non indagare oltre: sapere il nome di una potenziale spia gli avrebbe fatto comodo, ma ora come ora non aveva nessuna intenzione di mettere alla prova la fiducia di Magnus più dello stretto necessario. «Okay. Magnus, ci ho pensato, e...» attaccò, incerto. Poteva dirgli la verità. Poteva farlo. Magnus se lo meritava. «Credo che dovresti andartene» soffiò piano, dandosi del codardo.

L'altro voltò la testa di scatto. «Prego?»

«Dovresti lasciare la città» proseguì Alec, testardo. Più parlava, più era come se le parole uscissero da sole. «Gli Shadowhunters sono... andiamo, non conosco né l'accusa né il rango, ma non credo che ti lasceranno in pace finché... quello. Se invece fai perdere le tue tracce, potrebbero rinunciare.» Magnus lo fissava con un'intensità tale da spaventarlo. «Ti prego...» mormorò, la voce spezzata. «Non voglio che ti accada qualcosa» concluse quasi sussurrando.

L'altro ci mise quasi un minuto intero a rispondere. «Rango S» disse alla fine. Alec sobbalzò: quell'informazione non l'aveva nemmeno lui, perché a parte un breve riassunto dei capi dell'accusa non aveva avuto nessuna informazione al riguardo. La S stava solo per i capi d'accusa più gravi, gli “Special”. Se lui avesse fallito, non aveva dubbi sul fatto che avrebbero affidato la missione a qualche Shadowhunter più esperto. Anzi, era già strano che l'avessero affidata a lui. Probabilmente c'era davvero carenza di nuovi adepti come si diceva in giro. Magnus sospirò e riprese a parlare. «Non credo che lascerebbero correre solo se me la dessi a gambe. E poi, la mia vita è a New York. I miei affari sono qui. La mia Gilda è qui.» Tu sei qui. Gli occhi di Magnus dicevano esattamente questo, e Alec dovette far forza su se stesso per non distogliere lo sguardo.

«Ma come farai se-» iniziò, la voce vagamente disperata, quando Magnus lo interruppe portandogli un dito sulla bocca.

«La mia risposta è no» sorrise. «Rimarrò in questa città. La domanda è: tu mi aiuterai?»

Alec se l'aspettava, che avrebbe chiesto una cosa del genere. Era abbastanza ovvio. Deglutì. «Certo che lo farò» promise, alzando lo sguardo verso di lui con occhi preoccupati. «Ma tu sei sicuro che-» Magnus lo baciò. «Sicuro» soffiò sulle sue labbra.

«A-allora comincia col non fare cose stupide come avvicinarsi all'Istituto» balbettò Alec appena si furono staccati, le orecchie rosse come peperoni. Quando Magnus gli aveva detto dove si trovava, gli era quasi preso un infarto: se qualcuno del Conclave l'avesse notato avrebbe immediatamente dato l'ordine di farlo entrare nell'Istituto, e, beh, le probabilità che Magnus ne uscisse vivo erano sotto zero. Quello che succedeva nell'Istituto rimaneva nell'Istituto, persino i membri delle altre Gilde lo sapevano. Da una parte Alec l'avrebbe quasi preferito: con l'obbligo di ucciderlo qui e ora forse sarebbe riuscito a sentirsi meno in colpa, anche perché sarebbe stata solo responsabilità di Magnus. Ma in realtà sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato: per questo aveva urlato, al telefono, prima.

Magnus ridacchiò. «Hai ragione, quello è stato da pazzi. Se Ragnor o Catarina l'avessero saputo si-» si bloccò, un'espressione terrorizzata in viso, ed estrasse molto lentamente il cellulare dalla tasca.

«Che succede?» domandò Alec, cauto.

«Può darsi che stessi parlando con Ragnor, quando ho deciso di venire da te» disse, pesando bene le parole. «E può anche darsi che io gli abbia un po' riattaccato in faccia» aggiunse, controllando il numero di chiamate perse. Cinquantadue, contandone anche una di Raphael. «E... può anche darsi che si stiano un po' preoccupando» concluse, scorrendo velocemente i messaggi.

Alec mascherò una risata con un colpo di tosse. «Ma scusa, a me hai risposto» obiettò. «Come mai?»

Magnus inarcò un sopracciglio. «Tu hai il mio numero privato. Loro sanno solo il numero del telefono che uso nella mia Gilda» spiegò. «Ne ho un altro paio, a casa, ma sono per le emergenze.»

Alec decise di non chiedere oltre. «Dovresti chiamarli, giusto per fargli sapere che, beh, non sei morto o cose del genere.» Era inutile, non riusciva a trattenersi dal sorridere. Magnus se ne accorse, perché gli scoccò un'occhiata mortalmente offesa. «Ridi, ridi» lo accusò. «Chissà se ti piacerò ancora, senza tutte e due le braccia.»

Alec rideva apertamente, ormai. «Ma dai, sì» confermò. «Non è certo per le braccia che...» iniziò, la voce che sfumava nell'imbarazzo più totale.

Magnus sogghignò, cogliendo la palla al balzo. «Ah, no? E allora per che cosa, di grazia?»

Alec non doveva arrossire così tanto, non doveva, assolutamente no. «E-ecco... Io, io ti... Per il tuo... cioè, per...» Fu salvato dal quanto mai provvidenziale vibrare del telefono di Magnus.

«Ah. È Catarina» commentò quello reggendo il telefono con due dita, neanche fosse una bomba a orologeria.

«Rispondi, no?» fece Alec. Ci teneva a fare una bella impressione con gli amici di Magnus, e sospettava che nell'ultima mezz'ora avesse già perso un bel po' di punti. Visto che il ragazzo, a giudicare dal colorito del suo volto, non sembrava molto intenzionato a rispondere, Alec decise di prendere in mano la situazione e gli strappò l'aggeggio di mano. «Pronto?» azzardò, cauto.

La voce dall'altro capo del telefono esitò solo un istante prima di sbraitare: «E tu chi sei? Che ci fai col telefono di Magnus? Sei uno Shadowhunter, o...»

Alec allontanò un po' il telefono dall'orecchio, stupefatto: non credeva che una persona potesse urlare così forte. Magnus lo guardò con un'espressione che diceva “te l'avevo detto”, ma Alec decise di ignorarlo. «Ehm, sono Alec. Alexander. Il... cioè, sto con Magnus» balbettò, arrossendo. «Lui sta bene» aggiunse precipitosamente, «È qui con me. Te lo passo» concluse, consegnando il fardello al diretto interessato, che gli dedicò un'occhiata profondamente tradita prima di proferire, cauto: «Buongiorno...»

«Buongiorno? Buongiorno? Hai idea di quante volte ti abbiamo chiamato?» esplose la voce dall'altro lato del telefono. Alec non faceva nessuna fatica a capire cosa stesse dicendo, nonostante si trovasse a vari centimetri di distanza. «Cos'è successo? Quando Ragnor mi ha avvisata credevo ti fosse dato di volta il cervello! Sei ancora ubriaco, vero?»

«Io non...» tentò di intervenire il ragazzo, ma Catarina non sembrava intenzionata a smettere tanto presto. Proseguì per quasi dieci minuti urlandogli di averla fatta preoccupare da morire, e di come anche Ragnor fosse già in giro a cercarlo, e Alec ci provava a rimanere serio, davvero. Ma l'espressione di Magnus era semplicemente impagabile. Più Alec si sforzava di non ridere, più Magnus sgranava gli occhi, fingendosi mortalmente tradito. In mezzo alle urla selvagge dell'amica, a un certo punto, Magnus riuscì ad infilare il nome di Central Park, e un quarto d'ora dopo tutti gli amici di Magnus fecero la loro furiosa comparsa all'ingresso del parco. Cioè, la ragazza sembrava circondata da un'aura assassina, un altro aveva l'espressione calma e arrabbiata di un serial killer prima dell'omicidio, e l'ultimo sembrava essere stato trascinato lì contro il suo volere. «Alexander, permettimi di presentarti il fior fiore della Gilda degli Warlocks, con la speciale partecipazione del Master dei Vampires, niente di meno! D'altronde, per una missione al salvataggio del più scintillante degli Warlocks, questo è un comitato appena sufficiente... Ragazzi, lui è Alec. A quanto pare sta con Magnus» aggiunse, citandolo con un occhiolino. Alec sinceramente non sapeva perché se n'era uscito con una frase del genere, e quello gli sembrò il momento migliore per arrossire. Effettivamente, ora che ci pensava, loro non avevano mai definito questa cosa che avevano. Ma, a giudicare dal sorriso sornione di Magnus, forse non aveva fatto proprio male a dirlo. Certo, questo andava ad aggiungersi all'interminabile sfilza di errori che aveva commesso dal momento stesso in cui aveva conosciuto Magnus, ma ormai aveva perso il conto delle volte in cui se l'era ripetuto.

«Piacere, Alexander» disse sbrigativamente Catarina senza nemmeno guardarlo. «Forse ora saresti così gentile da spiegarci in che modo sei sopravvissuto a un'improvvisata al quartier generale degli Shadowhunters?»

Magnus sorrise. «Il mio ragazzo mi ha fermato in tempo» sorrise, strizzando l'occhio ad Alec con fare malizioso. Mentre tre paia di occhi stupiti si voltavano verso di lui, Alec non trovò niente di meglio da fare che arrossire come una ragazzina per essere stato chiamato “il suo ragazzo”. Decisamente, una giornata da dimenticare.

 

* * *

 

Alec era dovuto andare via dopo una manciata di minuti per via di una missione super-segreta da Shadowhunters che riguardava una certa banda di Demons nel Bronx. Magnus intuì che sia lui che i suoi amici -Raphael escluso; ma che ci faceva lui lì, poi?- erano considerevolmente in imbarazzo.

«Cioè... lui ti ha impedito di andare?» chiese Catarina, esitante.

Magnus annuì. «Però è lui» sospirò. «Lo so che è lui.» Non gliel'aveva nemmeno chiesto: non si era scomodato a dirgli “sai chi può essere?”, o “mi aiuterai a scoprire chi è?”, o addirittura “sei tu?”. Non avevano neanche affrontato l'argomento, perché la risposta era scontata.

Però Alec gli aveva detto che l'avrebbe aiutato. E gli era sembrato sincero quando gli aveva chiesto di partire, come se avesse il terrore di saperlo a New York, in pericolo. Magnus voleva credere a quelle parole.

«Sì, non è che ci fossero molti dubbi» fece Raphael, spiccio. «Vuoi una mano ad ucciderlo? Posso chiedere a qualcuno della mia Gilda, se...»

Magnus alzò lo sguardo, oltraggiato. «No! Certo che no» esclamò. «Se proprio... io non-» Ragnor lanciò a Raphael uno sguardo alla “te l'avevo detto” che infastidì Magnus oltre misura. «Oh, adesso non prendetevi gioco di me. Lo farò a modo mio, da solo» specificò, guardandoli tutti in cagnesco.

Non sapeva ancora cos'avrebbe fatto, ma giurò a se stesso che avrebbe trovato una soluzione. In qualche modo ce l'avrebbero fatta, perché Alec aveva detto che “stava con Magnus” e onestamente, la morte era un prezzo quasi adeguato da pagare.

 

* * *

 

Preso com'era dalle sue disavventure apocalittiche, Alec non aveva mai dedicato il massimo dei suoi sforzi ai problemi esistenziali della nuova ragazza di Jace. Anzi, si era praticamente disinteressato della faccenda: era felice per loro, per carità; ma recentemente tendeva a lasciare in secondo piano tutto ciò che non riguardasse Magnus.

Eppure, la situazione si era fatta così spaventosa che per lui era impossibile ignorarla. Quasi subito dopo che Clary -quello era il nome- era uscita con Jace, si era scoperto che sua madre era una Shadowhunter e che quindi lei aveva tutti i diritti di entrare nella Gilda con loro. Beh, urrà per la coppia più felice dell'anno. Però le cose non erano filate lisce, perché il migliore amico di Clary era stato reclutato con l'inganno dai Vampires ed ora non poteva più lasciare la Gilda, nonostante detestasse i loro modi di fare. In ogni caso, Alec riusciva a convivere con questo terribile problema senza subire danni collaterali. Ora però era spuntato fuori il fratellastro di Clary, un certo Sebastian, che stava segretamente seminando scompiglio in tutta la Gilda: aveva numerosi alleati tra i Demons e minacciava di distruggere gli Shadowhunters con un esercito dalle dimensioni mai viste prima. La Gilda era entrata ufficialmente in azione, e il Conclave si riuniva quasi quotidianamente: Alec aveva sempre meno tempo da passare con Magnus, nonostante avesse ricevuto il permesso di “sospendere tutte le missioni fino a emergenza superata”. Alla notizia, per poco Alec non si era messo a ballare dalla felicità.

Nel frattempo questo Sebastian aveva iniziato a muoversi anche nei confronti delle altre Gilde: aveva cercato di reclutarli tutti, ma a causa dei suoi stretti rapporti con i Demons era riuscito a conquistarsi solo i favori dei Fairies. In realtà si diceva che avesse sedotto la loro Master, la Regina, come le piaceva farsi chiamare. In ogni caso aver perso un'intera Gilda era stato un duro colpo per gli Shadowhunters, e tutti si preparavano alla peggiore delle guerre di quartiere mai viste nella storia della loro Gilda.

L'unica valvola di sfogo da tutto ciò, per Alec, era Magnus: lo aveva informato subito dell'ordine di interrompere ogni missione, così che potesse stare tranquillo per qualche tempo, e ogni volta che si vedevano era come se tutte le preoccupazioni venissero risucchiate magicamente via. Certo, anche Magnus aveva il suo bel daffare con la sua Gilda, ma trovava sempre un po' di tempo per lui. Alec credeva che, se non avesse avuto quelle serate, non sarebbe riuscito ad andare avanti.

«Sono arrivato!» gridò, facendo scattare la serratura. Qualche giorno prima Magnus gli aveva persino fornito le chiavi del suo appartamento, ed per Alec era stato il gesto più bello che Magnus avrebbe mai potuto fare. Izzy aveva azzardato un “forse non pensa che sia tu”, ma Alec non si era fatto troppe illusioni: Magnus sospettava ancora di lui, ma ormai loro due passavano tanto tempo insieme che, se Alec avesse voluto ucciderlo, non avrebbe avuto bisogno delle chiavi. Era un pensiero in egual misura confortante e orribile.

«Buongiorno» lo salutò Magnus, baciandolo sulla bocca. Alec sorrise, senza arrossire nemmeno un po'. Faceva progressi. «Tutto bene? Hai l'aria stanca.»

Alec sospirò, sedendosi sul divano accanto a Magnus. «È un casino, sul serio. Sarebbe un po' meglio se sapessimo da che parte cercarlo. Un quartiere generale, robe così. Ma quel ragazzo è inafferrabile» si lamentò. Non aveva fatto altro che sentir ripetere lo stesso concetto nelle ultime due settimane, non ne poteva davvero più.

Magnus lo fissò con preoccupazione. «E... credi che la tua presenza sia indispensabile da quelle parti?»

Alec inarcò un sopracciglio. «No, assolutamente no. Se non venissi, non se ne accorgerebbero nemmeno. Voglio dire, è logico, visto che sono ancora giovane, non intendo mica che...» si precipitò a spiegare.

Magnus sorrise, sventolandogli sotto il naso un plico di brochures. «In questo caso, che ne diresti di una vacanza?»

 

 

* * *

 

Catarina sbatté le mani sul tavolo. «Adesso basta! È andata avanti anche troppo, Magnus. L'hanno mandato a ucciderti, e tu... lo porti in vacanza?» domandò, calcando l'ultima parola con tono ironico.

Magnus incassò in silenzio. «Io do ragione a lei, amico» aggiunse Ragnor. «Va bene scherzarci, va bene divertirsi, ma a tutto c'è un limite» continuò. Non voleva darlo a vedere, ma era seriamente preoccupato per lui.

Non che questo intenerisse Magnus. «Ho il permesso di vivere la vita come mi pare o no?» sbuffò.

«Non se significa concluderla!» ribatté Catarina. «Oltretutto, passi sempre più tempo con la sua cricca di Shadowhunters, ultimamente, non negarlo. Ti sfruttano per tutti i lavori che di solito facciamo pagare a peso d'oro, e tu nemmeno te ne accorgi!» sarebbe andata avanti ore, ma in quel momento a Magnus squillò il telefono. «Ed evidentemente è...» borbottò.

«Alec!» trillò Magnus rispondendo al telefono. «A cosa devo il piacere?» Ma la sua espressione mutò rapidamente. «Sei sicuro? Il nome era proprio quello?» chiese velocemente. Ci fu una lunga pausa, e Magnus annuì seccamente. «È vero. La conoscevo bene. Non ti muovere, arrivo.» il suo tono si addolcì un po'. «Ah, perfetto. Sì, lo so, tranquillo. Grazie. Sì, arrivo subito. Ciao.» Schioccò un grosso bacio al microfono del telefono e riagganciò. «Scusate, ragazzi, devo proprio andare» disse indossando in fretta e furia la giacca.

«Che succede?» chiese Ragnor, preoccupato: quando sulla fronte di Magnus appariva quella ruga, significava guai in arrivo.

«Gli Shadowhunters hanno fermato un prigioniero Vampire latitante da tre anni» comunicò a labbra strette. «Esige di parlare con me. Comunque non preoccupatevi, ha detto che ho un lasciapassare per l'Istituto, visto che è una richiesta specifica di un prigioniero. Che non sarò in pericolo.»

Ragnor afferrò subito e sbiancò: «Aspetta, non sarà mica...»

Magnus annuì, prendendo la porta. «Camille Belcourt» proclamò prima di uscire in fretta e furia.































Angolo autrice:
Eccomi qua! Scusate il ritardo, ma ho avuto un weekend devastante e un lunedì da dimenticare, quindi non sono riuscita ad aggiornare ç.ç Ma non preoccupatevi, se Dio vuole da settimana prossima ricomincerò ad aggiornare regolarmente ogni domenica.
Parlando del capitolo... Alec e Magnus chiariscono, più o meno: che lo Warlock non se ne sarebbe andato immagino che l'aveste capito tutti, ma volevo fosse chiaro che, in parte, lo fa anche per Alec. Magnus sa benissimo che Alec è quello che lo deve uccidere, e Alec sa che Magnus sa, eppure continuano a vivere in un'impasse che dura già da qualche mese: cosa sperano di ottenere continuando così? E perché Magnus ha deciso di invitare Alec in vacanza?
Ah, e nel frattempo ho cercato di introdurre un po' un riassunto delle vicende dei libri: Clary e Jace possono amarsi perché la madre di Clary era una Shadowhunter in pensione, Simon è stato reclutato con l'inganno dai Vampires (immagino abbia partecipato per caso a un rituale o a una celebrazione, fate un po' voi) ed è apparso Johnatan Christopher Morgersten, alias Sebastian, a seminare un po' di scompiglio. Avrà un ruolo un po' più importante nei prossimi capitoli ^^
E infine... cosa succederà con Camille?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto; grazie a tutti quelli che hanno recensito/messo tra le ricordate/preferite/seguite: siete tantissimi, grazie davvero di cuore!
A settimana prossima, un abbraccio, vostra
Emma <3

 

  
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