Questa è la mia prima
fanfic, non sono mai stata una brava scrittrice e spero che possiate perdonarmi
eventuali errori grammaticali e magari segnalarmeli. Un enorme saluto a tutti
nella speranza che la storia sia di vostro gradimento.
____________________________________
Capitolo 1° » Una notte
come tante »
Quando non si sa cosa raccontare è difficile narrare una storia, ma io, in questo caso vi racconterò la mia, ancora in corso e destinata a non vedere mai la parola Fine.
Tutto ebbe inizio il
giorno del mio diciassettesimo compleanno. Allora odiavo tutto ciò che faceva
parte della mia vita: la mia casa, ricca di tristi ricordi e promesse mai
mantenute; la scuola che frequentavo, piena di ragazzine griffate dalla testa
ai piedi, ragazzi senza un minimo di quoziente intellettivo e arroganti come
non mai; i miei genitori che non facevano altro se non lavorare; il pigro gatto
di mia madre che di tanto in tanto, mentre dormivo mi leccava il viso; la donna
delle pulizie indiscreta e completamente fuori di testa; gli insegnati che solo
Dio sa quanti ritardi riuscivano a mettermi nel giro di qualche giorno; la mia
unica nonna che non faceva altro se non creare problemi; mia zia Elena che con
la sua severità aveva cresciuto me e mio fratello in Russia quando io avevo
appena quattro anni e che ci costringeva, con un grande assenso da parte di mia
madre, a passare le vacanze estive da lei.
Non sarei mai
riuscita a trovare un senso alla mia vita se non ci fossero stati mio fratello
Edgardo, soprannominato dalla sottoscritta Ed, e le auto. Certo, una ragazza di
regola dovrebbe passare gran parte della sua vita tra smalti, rossetti e
pettegolezzi, ma come diceva Ed io non ero normale, imparai a guidare a
quindici anni e da allora iniziai a frequentare dei ragazzi che organizzavano
corse d’auto, a 16 anni gareggiai e vinsi per la prima volta e da allora ogni
giovedì sera, non appena i miei genitori si addormentavano, sgattaiolavo fuori
dalla finestra con in tasca le chiavi della BMW di mio padre e alcune volte, quando
lui andava fuori città per lavorare, prendevo la Mercedes di Ed. Di solito
mentre guidavo lasciavo i finestrini aperti per sentire il vento tra i capelli
ed era in quei momenti che mi sentivo veramente libera e riuscivo ad amare il
mondo. Quando correvo per vincere poi, era come se tutto intorno a me
scomparisse: le case, la gente, gli alberi; qualsiasi cosa. L’adrenalina
iniziava a fluirmi nelle vene e non pensavo ad altro se non a correre. Non
perdevo mai, vincevo e basta. L’unica volta che persi fu una settimana prima
del mio compleanno.
Quella sera avevo
litigato con Ed per colpa di Siria, la sua fidanzata. Non l’avevo mai
sopportata era precisa ed eccentrica. Mi aveva detto senza mezzi termini che
ero una ragazzina ribelle sgraziata e vittima di una generazione priva di
ideali, istintivamente risposi alla provocazione versandole tutta l’aranciata
che stavo bevendo in testa.
“Ed come fai a
sopportare una vipera del genere?!” si rivolse a mio fratello come se le avessi
ucciso il gatto, il cane o forse il criceto di casa, non badai a ciò che disse,
mi in quel momento mi interessai solo alla reazione di mio fratello, mi ignorò
e si rivolse alla fidanzata
“Andiamocene, non
avevi detto che volevi andare al cinema?” non mi salutò ne tanto meno mi degnò
di uno sguardo, pur di non vederlo arrabbiato con me, mi sarei fatta uccidere,
ma non volevo darla vinta a Siria chiedendole scusa.
In quel momento fu come se il mondo mi fosse
caduto addosso, l’orgoglio mi impediva di chiamarlo e sapevo che anche lui mi stava
abbandonando proprio come avevano fatto mamma e papà tanti anni prima quando
scoprirono di avere una figlia ribelle ed eccessivamente scontrosa. Quella sera
mi rinchiusi in camera e come un pulcino spaurito mi rannicchiai in un angolo a
piangere, non andai a mangiare e nemmeno mi preparai per andare a letto, rimasi
lì fino a quando non sentii vibrare il mio cellulare. Mi era arrivato un
messaggio:
Nel dove sei? C’è un ragazzo che vuole conoscerti… Adele
Guardai l’orologio erano le due di giovedì
mattina, avevo perso la cognizione del tempo, senza esitare mi alzai svuotando
la mente da ogni pensiero negativo, presi il cappotto, la chiave della BMW di
mio padre e scesi senza problemi dalla finestra. Guardai il cielo, nubi
minacciose preannunciavano un imminente temporale, vidi un lampo squarciare il
cielo, la mia casa apparì e sparì subito, un tuono rimbombò nella nera notte.
Arrivai al posto scelto per la corsa in pochi
minuti e notai subito una Ferrari rosso fiammeggiante parcheggiata vicino al
traguardo, un ragazzo appoggiato ad essa fumava tranquillamente. Mi fermai
vicino alla sua auto e guardandomi allo specchietto retrovisore notai i miei
occhi ancora rossi e gonfi a causa del pianto. Scesi e mi avvicinai ad Adele:
“’Sera.”
“Vorresti dire
buongiorno visto che sono le due giusto?” mi puntò i suoi occhi verdi in faccia
“Che hai fatto? Sembri appena uscita da un film dell’orrore.”
“Niente.Non ho fatto
niente e soprattutto non è successo niente.”
“Ok” disse senza
insistere e continuando “allora… vedi il moro appoggiato alla Ferrari?”
“Difficile non
notarlo non credi?”
“Hai ragione,
togliendo la macchina non passerebbe inosservato in qualsiasi caso”
“Ok che vuole?”
“Ehi?! Sicura di
star bene? Uno come quello cosa potrebbe volere da te?! Il tuo numero di telefono
forse?”
“Che vorresti dire
che sono brutta?”
“Certo che no, ma le
tue domande sono troppo scontate.”
“Ok ho capito quanto
ha puntato?”
“Trecento”
“Va bene punto
altrettanto”
“Nel viene verso di
noi, Nel mi raccomando non farmi fare brutte figure” iniziò ad agitarsi e a
mettersi apposto i capelli “ come sto?”
“Impeccabile come
sempre” mi fece cenno di voltarmi e non esitai.
Vedendolo di
sfuggita, non ero riuscita ad apprezzare la bellezza di quel ragazzo. Sembrava
un angelo sceso dal cielo, anzi era mille volte meglio, aveva i capelli neri e
i suoi occhi celesti come il cielo in una giornata di sole, come un mare
tropicale, come un “non ti scordar di me”, rapirono la mia anima. Quel ragazzo
non era un angelo, ma un diavolo tentatore. Mi lanciò un sorriso radioso e mi
offrì la mano, l’accettai
“Ciao, sono Ariel”
disse con una voce roca, ma sensuale
“Melania, qui tutti
mi chiamano Nel, ma probabilmente tu non avrai nemmeno il tempo per chiamarmi per
nome, verrai sconfitto ed umiliato da una bambina e come tutti quelli prima di
te non avrai più il coraggio di avvicinarti a me” detto questo non gli diedi
nemmeno il tempo di rispondere e spavalda mi diressi verso la BMW, quella frase
la sapevo a memoria ed era diventata per me una specie di rito scaramantico, mi
portava fortuna. Sedendomi al posto di guida mi voltai verso l’angelo
nero, rideva come se avesse sentito la
più divertente delle barzellette. Irritata dal suo comportamento puntai gli
occhi sulla strada e dopo pochi secondi il mio telefono vibrò, era una chiamata
da parte di un numero sconosciuto, non esitai a rispondere e non feci in tempo
a dire “pronto” che un’altra voce mi zittì all’istante:
“Neliel” riconobbi la voce di Ariel, anche se
l’avevo sentita solo per pochi secondi “sei stata troppo presuntuosa non credi?
E sai cosa succede alle bambine cattive?!” fece una breve pausa “Vengono punite” disse le ultime due parole
tutte d’un fiato e senza lasciarmi il tempo per ribattere riagganciò.
Una ragazza diede il via e
io automaticamente, dando gas, sfrecciai sull’asfalto.