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Autore: Deliquium    06/10/2015    2 recensioni
Una manciata di storie. Fugaci occhiate alle vite di alcuni Specters. Tra presente e passato. L'addio all'umanità. I ricordi. Le cose che non faresti mai. E un solo Dio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Garuda Aiacos, Harpy Valentine, Wyvern Rhadamanthys
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sincretismo'
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Save Our Souls


[ Colui che sarà ]


Minos aggrotta la fronte e abbassa lo sguardo.
Suo padre, quell'uomo grande e grosso che spariva per settimane, se non addirittura mesi, quando era impegnato in qualcuna delle sue ricerche, adesso è tutto lì. In un'anfora di terracotta.
Sospira e torna a guardare il paesaggio dal finestrino.
Il treno rallenta all'approssimarsi del ponte.
Davanti a lui, l'anziana signora è scossa da colpi di tosse.
Minod si affretta a distogliere lo sguardo. L'ultima cosa che vuole è che la vecchia gli rivolga la parola.
Lo scompartimento è caldo, eppure la donna si ostina a tenere il cappotto e il cappello. Persino i guanti.
Lui appoggia la testa al sedile e chiude gli occhi.

Sua madre indossa i tradizionali abiti sami.
Lo abbraccia, e strofina la fronte contro la sua.
Minos si ritrae, imbarazzato da quel contatto.
«E' lui?» gli domanda lei, indicando con un cenno del capo l'anfora che porta sottobraccio. Minos annuisce.
Mari si limita a tendere le labbra in quello che solo con un grandissimo sforzo avresti potuto definire sorriso.
«Vieni, Minos, c'è molta gente che vorrebbe conoscerti.»
Il suo nome, Minos, suo padre gliel'aveva dato in omaggio al suo amore per l'antica Grecia. Un amore non corrisposto, a giudicare dalle volte in cui era riuscito a visitare le terre elleniche. Zero. C'era sempre qualcos'altro da fare. Una nuova ricerca che lo teneva lontano da casa per mesi interi; seminari all'università; nuovi libri da scrivere e pubblicare.
Il volto di suo padre occupava l'intero dorso delle sovraccopertine di libri che annualmente rilasciava alla sua casa editrice.
C'erano sempre nuove teorie da spiegare; nuove domande da porsi, a cui dare una manciata di nuove risposte...

La tenda di pelli sembra quasi mimitezzarsi nella foschia mattutina. Una donna vestita di nero, caracolla verso la slitta. Tra le mani, una pila di stoffe.
Mari la chiama.
Mamma, grida. Tuo nipote è arrivato.
Lo dice nel dialetto sami di Finnmark, compattando le parole.
La donna, sua nonna, si gira. Il volto è carta stropicciata, incorniciato dal panno di lana. Minos resta immobile. In attesa.
La donna sposta lo sguardo in basso. I suoi occhi si perdono in una manciata di ricordi lontani. Suo figlio. Mio padre.
Andate dentro, dice.
Mira gli siede accanto.
«Non far caso alla nonna, Minos» gli dice, sfiorandogli una mano. «La nonna è fatta così.» Sposta lo sguardo, verso l'apertura della tenda. «Qui» s'interrompe. «Tutto congela, persino le emozioni e le lacrime.»
Gli sorride. Nei suoi occhi schegge di cristallo.
Minos distoglie lo sguardo.
«Avresti potuto continuare a vivere a Oslo, anche dopo papà.» le dice. Gli occhi appoggiati sull'urna che tiene tra le gambe.
«Lo sai, Minos» comincia lei, dopo un lungo silenzio. «Il mio posto è qui, con la mia gente. È sempre stato così.»
Minos guarda fuori dalla tenda.
Sua nonna sta sistemando la slitta. Il vento le scompiglia la gonna. Come suo padre, anche suo nonno aveva tentato di portarla via, verso il futuro, ma come sua madre, anche sua nonna era tornata indietro.
Tornano tutti, nonostante il sangue si mescoli e si faccia impuro.
Anche lui, un giorno, bramerà l'immobilità dei ghiacci, il ricordo di un tempo sospeso nell'antichità delle memorie e delle leggende?
A quindici anni, quel pensiero lo sfiora, senza che lui se ne accorga. Ci pensa il suo inconscio a registrarlo, a ingabbiarlo.

Il freddo si fa ancora più freddo.
Infagottato nel suo anorak, Minos fissa la lampada al centro del cerchio. Ci sono sua madre, sua nonna, alcune persone del villaggio, una donna che sembra sua madre, ma più giovane, forse una zia. Un bambino dorme tra le braccia di una ragazza. Minos le lancia un'occhiata furtiva, prima di distogliere lo sguardo e tornare a fissare la luce della lampada.
Davanti a lui, il vecchio nuojd tossisce e apre gli occhi.
Occhi come ghiaccio, splendore delle stelle. Occhi che sembrano celare in loro la giovinezza perduta. Lo sciamano sorride, scoprendo una bocca senza denti e solleva una mano rinsecchita.
Potrei avere un po' d'acqua, maman. Lo sente dire.
Sua nonna potrebbe benissimo essere sua figlia, e il volto del vecchio sciamano è come uno scarabocchio di linee intersecate.
Mari, sua madre, tiene l'urna, suo padre, tra le gambe. In silenzio, attende, che il noujd cominci a parlare, che la smetta di fingere di dormire, che interrompa quell'immobilità e che consenta loro di dire addio.
Minos muove le dita dei piedi, intropidite, dentro gli scarponi.

Il nuojd ha pronunciato le parole d'addio e la morte è diventata reale.
Amore è una parola troppo spessa ed è difficile farla passare dalla gola. Minos osserva la volta stellata che in quella stagione dell'anno non disdegna il brillio delle stelle.
Che strano, pensa, mentre con il capo piegato all'indietro congiunge stelle lontane. Come la morte sia così naturale, eppure così terribile.
Passi alle sue spalle, lo fanno trasalire di colpo.
Minos si volta.
Il nuojd è in piedi. Le mani giunte dietro la schiena. Il volto confuso nell'oscurità della notte.
Sorride in quel modo che solo un vecchio potrebbe fare, come se custodisse tutti i misteri del mondo.
«Chi sei?»
Minos sbatte gli occhi. L'oscurità cela l'espressione dello sciamano, ma il tono lascia immaginare un sorriso.
«E' una domanda trabocchetto, nuojd?»
«Dipende dai punti di vista.» Minos apre la bocca per ribattere, ma il nuojd lo precede. «Il tuo nome lo conosco, Minos, così come conosco il nome di tuo padre e quello di tua madre. Tu sei Minos. Oggi. Questa notte. Ma domani ... lo sarai ancora? Sarai ancora lo stesso Minos di adesso?»
«Parlate per enigmi. Comprendervi è impossibile.»
«Già. Basterebbe dire che il domani non è l'oggi e ciò che era non sarà, ma non è così semplice... non è così semplice ...»

Le parole del nuojd aleggiano attorno a lui anche dopo molto tempo che è rimasto solo.
Diventare altro. Essere altro.
Minos sa che l'anziano sciamano non parla mai a proposito. Possiede la saggezza degli antenati e sa cose che gli altri non vedono, non sentono.
La notte è cupa e il frullio d'ali d'un grande uccello lo tirano fuori dalle sue riflessioni. Minos si guarda attorno. Una lieve inquietudine aleggia in lui.

La morte di suo padre. Il suo diventare altro. Le parole dell'anziano sciamano. Il luogo in cui si trova, sospeso nel gelo del tempo.

È la morte ...

la morte


Note dell'Autrice - Il nome degli Specter. Non seguo una regola fissa, così come loro. Sarebbe più logico che attribuissi a tutti loro dei nomi diversi, e non solo con alcuni. Ma io seguo delle mie logiche, spesso, come dire... ingarbugliate. ^^

   
 
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