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Autore: ValeryJackson    06/10/2015    3 recensioni
[Seguito de La Pietra dei Sogni]
Dicono che non ci è dato scegliere la cornice del nostro destino, ma che siamo noi a decidere cosa mettervici dentro.
Skyler, però, non è affatto d'accordo. A diciassette anni si è ritrovata al centro di una profezia millenaria dettata dalle Parche, e non sa come venirne a capo.
Gli dèi hanno nominato lei, Michael, John ed Emma come i prescelti; custodi di doni che potrebbero salvare o peggiorare le sorti del Campo. E loro non possono tirarsi indietro.
Perché Prometeo è in agguato, deciso a tornare. Ma la figlia di Efesto non è sicura di essere pronta a fronteggiarlo.
Lui le ha rubato il fuoco, strappandole con la forza qualcosa di cui ora sente inspiegabilmente la mancanza, e lei avverte il peso di tutte le responsabilità che incombono su di lei.
Attraverso amori, dolori, amicizie, litigi, lacrime, promesse, delusioni e alleanze del tutto impensate, la ragazza dovrà ritrovare nel profondo della propria anima le fiamme che ha in sé, e prepararsi per la battaglia.
Perché Prometeo le ha già portato via tutto ciò per cui vale la pena vivere.
Ed ora è pronto a toglierle anche ciò per cui vale la pena morire.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Sorpresa, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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Era tutto buio, intorno a lei, tanto che faticava a distinguere anche il contorno delle sue stesse dita.
Allargando di poco le braccia, Skyler si rese conto di trovarsi in uno spazio decisamente troppo ristretto; un corridoio, a giudicare l’eco lontana che s’infrangeva contro le pareti. Giungeva ai suoi timpani come un rimbombo, mentre la puzza di fogna le si insinuava nelle narici, dandole la nausea.
Ben presto udì un mormorio serpentino; un incessante sovrapporsi di parole sussurrate che apparentemente erano incomprensibili, e che le diedero la pelle d’oca.
Barcollando in avanti, posò il proprio peso contro il muro per impedire che le vertigini la sopraffacessero.
Avanzò con fatica, il fiato grosso per via del panico che molesto le stava attanagliando il cuore. Per qualche arcano motivo, le sue gambe sembravano intenzionate a non rispondere ai suoi comandi, quasi si rifiutassero di sorreggerla e di aiutarla a scappare da quell’angusto luogo.
Si sforzò di correre, inciampando nei suoi stessi piedi. Ad ogni suo passo, i bisbigli nell’aria si facevano sempre più insistenti, rumorosi; come se la stessero inseguendo. E lei, ingenuamente, si voltò più volte a guardare indietro.
Il cuore le martellava così velocemente nel petto da smorzarle il respiro, e solo quando quell’ammasso di voci si fece così forte da minacciare di farle implodere la scatola cranica, la figlia di Efesto fu investita da una brezza gelida, che si intrufolò sotto i lembi dei suoi vestiti.
Si coprì il volto con le mani, a mo’ di protezione, rendendosi conto solo poi di andare a sbattere conto un’imponente porta di legno che, con un tonfo sordo, si aprì.
Non appena le ante si spalancarono, il vento che l’aveva attaccata si disperse con un ruggito, portando via con sé anche tutti quei tediosi brusii.
A sostituirli vi arrivò solo un’agghiacciante risata, che a lei era ormai fin troppo nota.
Guardandosi intorno, si accorse di trovarsi in una luminosa sala da ballo; il pavimento in marmo scuro e le alte colonne dorate fecero riaffiorare immediatamente alla sua memoria ogni brutto ricordo. Quel posto le era familiare, e questo la spaventava a morte.
Fece per andarsene, ma quando si voltò notò che la porta dalla quale era entrata sembrava essersi del tutto volatilizzata.
Qualcuno rise nuovamente alle sue spalle, costringendola a girarsi di scatto.
C’era Matthew, di fronte a lei; e nonostante sapesse trattarsi del titano, il suo aspetto non aveva proprio nulla di immortale. Ma irradiava potere, e l’aura di Prometeo era tangibile nonostante tra loro ci fossero alcuni metri di distanza.
Il ragazzo sembrava divertito da quella situazione, e la mora fu consapevole di star tremando solamente quando lui ghignò sprezzante.
«Non aver paura, Ragazza in Fiamme» le intimò mellifluo, avvicinandosi a lei. «Non ti farò del male.»
Skyler indietreggiò, pervasa dal terrore; ma prima che potesse sperare di fuggire, lui le fu addosso.
Cacciando un gridolino, la semidea cadde supina a terra, battendo con violenza la nuca al suolo.
Puntini neri presero a danzarle nella retina, mentre il corpo di Matthew ancorava il suo al suolo, impedendole di sottrarsi per quanto potesse scalpitare.
«Non puoi sfuggirmi» le fece notare beffardo, con un sibilo; la ragazza rabbrividì nell’avvertire il suo alito caldo a pochi centimetri dal proprio volto. «Non più, ormai. Tu sei mia.»
Quella parola le diede un conato di vomito, e calde lacrime presero a rigarle il volto contro la sua volontà. Non voleva mostrarsi debole, ma purtroppo domare il panico che l’annientava diventava sempre più difficile.
«Io non sono di nessuno!» avrebbe voluto urlargli, ma quando schiuse la bocca per parlare tutto ciò che le sue corde vocali emisero fu un lamento strozzato.
Il titano le accarezzò malizioso le labbra, e in seguito il suo viscido tocco scivolò nell’incavo dei suoi seni; poi il fianco, e giù fino all’interno coscia.
La figlia di Efesto strizzò gli occhi, singhiozzando disgustata, e il sorriso sprezzante sul viso di lui diventò più ampio.
«Io avevo bisogno del tuo fuoco» continuò dunque, misurando con accortezza ogni frase. «Avevo bisogno che tu ti concedessi a me. E invece che hai fatto? Ti sei ribellata. Ti avevo chiesto solo un bacio, giusto? E tu ti sei tirata indietro.» Le sue dita si insinuarono sotto la sua maglietta, toccandole con desiderio la pelle nuda. «Ma non sarà così semplice, mia cara. Tu hai ancora qualcosa che mi appartiene. Ed io te la strapperò via ad ogni costo, chiaro? Ancora non l’hai capito? Noi due siamo un unico essere. Siamo legati. Non hai scampo.» E chinandosi ulteriormente su di lei, le sfiorò l’orecchio con le labbra. «Io mi nutro della tua paura» le rivelò, prima di posarle un languido bacio nell’incavo della mascella. Le lasciò un’umida e rovente scia sul collo, mordicchiandoglielo leggermente.
Con brucianti lacrime a rigarle il viso, Skyler avrebbe soltanto voluto opporsi a quella molestia; e dar sfogo al grido che ribolliva in fondo alla sua gola, ma che invece pareva essere intenzionato a non andar via di lì.
«Fallo, Ragazza in Fiamme» le intimò ad un tratto Matthew, al ché lei voltò il capo di lato, strizzando con forza gli occhi. «Urla per me.» Ma lei non lo fece.
«Urla, Skyler» ripeté lui, e stavolta suonò più come un ordine dal quale traspariva tutto il suo furore.
«Urla!»
 
Ω Ω Ω
 
Quella mattina, a colazione, la figlia di Efesto non aveva fatto parola con nessuno dell’incubo che l’aveva fatta risvegliare in preda al panico.
Non che questa fosse una novità. La ragazza si sentiva sempre a disagio nel raccontarlo a qualcuno.
Nemmeno i suoi migliori amici sapevano delle visite che Prometeo le riservava ogni notte, durante le quali la annientava, mentre i lineamenti di Matthew si stendevano in un ghigno perverso.
Non aveva idea quanto di irreale ci fosse in quel sogno ricorrente, e quali parole avrebbe dovuto soppesare con maggiore cautela, perché ovviamente non dettate affatto dal suo umile subconscio.
Quello era un ciclo che si ripeteva tutte le volte: dopo aver corso a perdifiato per poter scappare dai petulanti mormorii che le ottenebravano la ragione, si ritrovava nella stessa, identica sala da ballo nella quale aveva rischiato di morire solamente l’anno precedente; lì c’era quello che un tempo credeva un figlio di Eris, ad aspettarla, e prima che potesse anche solo metabolizzare il tutto lui era sopra di lei, e la mora non riusciva a sfuggirgli. Si sentiva impotente, sotto il suo peso; troppo debole per poterlo contrastare. E quando lui le faceva notare che la guerra tra loro non era ancora finita, Skyler non poteva dargli torto.
Solo un dettaglio non riusciva ad interpretare, ed era forse la chiave per attenuare ogni suo tormento: il titano le rivelava che dopo il loro ultimo incontro, c’era un legame tra loro che li univa indissolubilmente. Come se parte di quel fuoco che lei gli aveva impedito di rubarle, in realtà fosse diventata comunque sua.
Le spiegava poi come lui si nutrisse della sua paura, e incurante del suo terrore misto a disgusto le chiedeva di urlare; di urlare per lui.
Ma la ragazza non ci riusciva mai, continuando a svegliarsi prima ancora di poterci anche solo provare.
E non poteva fare a meno di chiedersi: cosa sarebbe successo, se l’avesse fatto?
Davvero Prometeo desiderava così tanto che lei gridasse?
O era il suo stesso inconscio a suggerirglielo, di modo che se gli avesse dato ascolto, molto probabilmente sarebbe riuscita a dileguarsi da quella situazione?
Perché trovava così difficile dare libero sfogo alle proprie corde vocali?
Se sentiva come un barattolo stracolmo di caramelle, che però non riusciva ad essere aperto neanche con la forza.
C’era qualcosa, nascosto nei meandri più remoti del suo cuore; proprio lì, intrappolato nella sua gabbia toracica. Che premeva per poter uscire, ma non era in grado di capire quale fosse il modo giusto per farlo, e soprattutto se fosse possibile.
La figlia di Efesto lo sentiva, lo percepiva mentre le danzava nel petto.
Eppure non sapeva dargli un nome. Ed esternare le proprie stranezze con chiunque – per quanto fossero importanti e indifferenti per lei – era fin troppo imbarazzante per essere in discussione.
Sgranocchiando svogliatamente una fetta di pane e marmellata, la mora fu distratta dai propri pensieri solamente da Chirone, che quando richiamò l’attenzione generale annunciò ai semidei le ultime novità.
«A causa di impegni…» Esitò, cercando il termine giusto. «Divini» puntualizzò. «Il Signor D. ha dovuto momentaneamente abbandonare il suo posto di direttore qui al Campo per potersi recare sull’Olimpo fino a tempo indefinito.»
La notizia non turbò né soprese nessuno dei ragazzi, tranne Skyler.
E non appena tutti tornarono alle loro disinteressate chiacchierate e alla loro colazione, lei si alzò da tavola, raggiungendo il centauro al suo solito tavolo e aspettando che quest’ultimo la notasse.
Quando la vide, l’uomo inarcò curioso un sopracciglio. «Posso aiutarti, figliola?» le domandò, con gentilezza.
«Sappiamo entrambi di che genere di ‘impegni’ il Signor D. deve occuparsi sul Monte Olimpo, vero?» lo interrogò a sua volta lei, e a quelle parole, Chirone si corrucciò.
«Non credo sia il momento giusto di parlarne» sentenziò, con disappunto.
«Ah, no? E quando lo sarà allora?» sbottò la ragazza, adirata. Poi moderò i toni. «Senta, ho capito che vuole proteggermi, d’accordo? E che è convinto che non essere a conoscenza della verità per me sia un bene. Ma non sono stupida, okay? Io l’ho capito. Ho capito che c’è qualcosa che non va. L’ho anche so-» Si bloccò all’istante, giusto in tempo per poter evitare quel discorso. Non era ancora pronta a parlarne con qualcuno; non se questo significava ricordare.
«L’ho capito» ripeté, dopo essersi sgranchita la voce. «Ma ciò che ancora non mi è chiaro è quale sia il mio ruolo in tutto questo. Perché Prometeo abbia scelto proprio me, tra tanti.»
«Tu sei speciale, mia cara» si limitò a mormorarle lui.
«Sì, ma perché?»
Ma nel momento stesso in cui pose quel quesito, capì che non vi sarebbe stata alcuna risposta.
«Tutto a tempo debito» le promise il centauro, con sguardo paterno. «Non sei l’unica ad avere un ruolo importante, in questa storia.»
«Ma sarà quello decisivo, giusto?» intuì lei, invitandolo a darle un indizio. «Alla fine dipenderà tutto da me?»
«Può darsi.»
«Può darsi da cosa?»
Chirone sospirò. «Da chi sarà presente, quando questa fine avrà inizio.»
Skyler non negò a sé stessa che quelle parole la turbarono più del dovuto. Cosa sapeva, lui, che non voleva rivelarle?
Ma soprattutto, che motivo aveva di tacerle il suo stesso destino?
Quegli incubi non erano solo delle orride fantasie. Il volto di Matthew accorreva realmente ogni notte per deriderla, importunarla e metterla in guardia.
Voleva che lei sapesse che ben presto sarebbe giunto a strapparle via l’ultimo sprazzo di quel fuoco che le era rimasto.
Ma quando? E come?
O meglio: perché?
 
Ω Ω Ω
 
Quel pomeriggio, proprio un paio d’ora prima di cena, John avrebbe raggiunto Melanie, che sapeva lo aspettava come sempre al lago.
Amavano rifugiarsi lì, a parlare del più e del meno quasi il resto del mondo, in quegli istanti, si volatilizzasse. Come se il sorriso di lei, così bello, bastasse per allontanare tutti i problemi, e per permettergli di rilassarsi, e di smetterla di preoccuparsi per le sorti dei suoi amici.
Dopo gli ultimi avvenimenti dell’estate precedente, conviveva con il costante timore di poterli perdere da un momento all’altro; e che quando sarebbe arrivato il tanto temuto uragano a separarli da lui, tutti i suoi sforzi per impedirlo sarebbero stati vani.
Ma decise di non pensare a quell’evenienza mentre abbandonava la propria Cabina per potersi dirigere al suo tanto atteso appuntamento. Aveva deciso di raccogliere un paio di fragole, prima, e di nasconderle in un foulard giusto per avere qualcosa da sgranocchiare nel frattempo che stringeva a sé la propria ragazza.
Passando davanti al Campo del Signor D., si chiese come avrebbe reagito il dio, se avesse scoperto che non era stato un figlio di Demetra a portar via i suoi preziosi frutti. Ma si disse che avrebbe corso il rischio.
Infondo cosa sarebbe stata mai una sfuriata da parte sua, se per contro c’era un luccichio entusiasta negli occhi di…
«Ehi, John!» lo salutò una voce a pochi metri di distanza da lui, e il figlio di Apollo dovette assottigliare lo sguardo per poter riconoscere al volo quel lineamenti.
«Rose» ricambiò, un po’ sorpreso, per poi regalare alla giovane figlia di Poseidone un ampio sorriso. «Che ci fai qui?»
«Potrei farti la stessa domanda» gli fece notare lei, guadagnandosi la riverenza di un ‘touché’.
«Io ero soltanto… ehm, diretto al lago» confessò, omettendo però ogni altro dettaglio.
La ragazza sembrò accorgersi della sua poca voglia di aggiungere altro, e si limitò ad annuire lentamente, dondolando leggermente nello spostare il peso ora sui tacchi, ora sulle punte.
«Capisco» convenne, un ghigno tirato ad incurvarle gli angoli della bocca. Poi prese un profondo respiro. «Magari un giorno racconterai anche a me cosa ti passa per la testa» si augurò, colpendolo con il suo tono profondo e sincero.
«Già» assentì lui, incrociando inavvertitamente il suo sguardo. «Magari.»
Al di là dell’espressione seria che poteva avere dipinta in volto, quegli occhi ora di un blu acceso tradirono il divertimento della mora. Il biondo si sorprese nell’ammettere quanto lo ipnotizzassero quelle iridi cangianti e cristalline, che in quel momento erano screziate d’azzurro e parevano simulare le dolci onde del mare.
E poi il suo profumo misto di salsedine e vaniglia, e la sua pelle rosea e delicata, e le sue ciglia lunghe e scure… tutto, in quella semidea gli dava l’impressione di averla appena conosciuta.
Trovava impossibile pensare che quella fosse la stessa figlia di Poseidone che solamente l’anno prima non sapeva neanche cosa fossero cipria e phard, e che avesse davvero subito un cambiamento così drastico nell’arco di un semplice inverno.
Oppure era lui a non essersi reso conto di quanto lei stesse cambiando? Era stato così preso da Skyler prima, e da Melanie dopo, da non pensare neanche di buttare un occhio intorno a sé.
Non che adesso si sentisse in dovere di farlo, sia chiaro. Quella era decisamente l’ultima delle sue intenzioni, eppure con Rose era successo e basta.
Quasi fossero state le Parche stesse a tessere il loro scontro, quella mattina, per renderlo finalmente consapevole di come il mondo continuasse a girare nonostante lui a volte avesse la sensazione di essere rimasto indietro.
Che cosa ne pensavano Percy e Michael, di questa sua repentina metamorfosi?
Sapeva quanto il primo potesse essere geloso, e conosceva il proprio migliore amico fin troppo bene per non riuscire a figurarselo mentre prendeva in disparte un suo possibile spasimante e gli elencava tutto ciò che non doveva permettersi di fare alla sua sorellina.
Quell’immagine fece nascere un lieve sorriso sulle sue labbra, ma chissà perché in quell’istante sembrò invece buttato lì per poter interrompere il tenero silenzio che li aveva inaspettatamente avvolti.
«Sarà meglio che vada» esordì la ragazza, e John poté giurare di averla vista arrossire leggermente.
«Sì, è meglio che vada anch’io» pattuì lui, per poi osservarla voltarsi nuovamente a guardarlo dopo averlo superato di un passo.
«Quindi…» cantilenò lei, portandosi una boccolo ribelle dietro l’orecchio. «Ci vediamo stasera al falò.»
«Al falò, certo.»
«Perfetto.»
«Bene.»
«Bene.» E detto questo la mora se ne andò, dandogli le spalle e dirigendosi verso la propria Cabina.
Il figlio di Apollo la seguì con lo sguardo finché quell’elegante figura non sparì dal suo campo visivo. Dopo di ché si guardò intorno, consapevole di aver momentaneamente perso il senso dell’orientamento.
Si grattò la nuca, perplesso.
Che cosa ci faceva lì?
Rose era riuscita a distrarlo. Dei, era davvero così stanco che bastava una chiacchierata con qualcuno a fargli andare il cervello in panne?
L’appuntamento con Melanie, ricordò improvvisamente, anche se faticava a capire come mai in precedenza si fosse diretto dalla parte opposta al lago.
Ma facendo spallucce scelse che, fondamentalmente, poco importava.
La figlia di Demetra lo stava aspettando. E a quel punto lui aveva solo voglia di assaporare dolcemente le sue labbra.
 
Ω Ω Ω
 
«A cosa stai pensando?»
John non si rese conto di avere gli occhi persi in un punto imprecisato nel vuoto finché Melanie non gli pose quella domanda.
Scrollò leggermente il capo, nel tentativo di allontanare ogni residuo di quell’ultimo stato di trance.
«A niente» mentì, e lei lo sgamò fin troppo presto.
«Puoi dirmi tutto, lo sai» lo invitò.
«Sì, ovvio.»
«E allora cos’è che ti turba?»
«Stavo solo…» Il ragazzo cercò il termine giusto, storcendo la bocca in una piccola smorfia. «Riflettendo.»
Seduta fra le sue gambe e con la schiena poggiata contro il suo petto, la bionda gli accarezzò dolcemente una delle due braccia che sin da subito lui aveva avvolto attorno alla sua vita.
«Su qualcosa in particolare?» si informò, ben consapevole, ad ogni modo, di conoscere già la risposta.
«Più o meno» convenne infatti lui, poco prima di lasciarsi sfuggire un breve sospiro. Premette le labbra contro la base del collo di lei, concedendosi qualche secondo per meditare.
«Sono preoccupato per Skyler» esordì poi, tanto improvvisamente da farla quasi sobbalzare.
«E per quale motivo?»
«Non lo so» ammise il biondo, corrucciato. «Ultimamente è sempre più… assente. C’è qualcosa che la turba, me ne sono reso conto. Ce ne siamo accorti tutti. Emma spera sempre di riuscire a trovare il modo migliore per invogliarla a confidarsi con lei; Michael è furioso perché sente di non poterla aiutare, e il fatto che non conosca neanche la natura del vero problema non facilita affatto le cose; e ci sono dei momenti in cui io mi sento… inutile.»
A quella confessione, la figlia di Demetra si rabbuiò. «Tu non sarai mai inutile, John» lo rimproverò, con disappunto.
«Però non ho idea di come aiutarla, né perché lei stia tacendo la verità proprio a noi, che siamo la sua seconda famiglia. So che ha un motivo ben preciso per farlo, ma vorrei che capisse che così si fa solo del male.»
«Forse è proprio questo il punto» suggerì allora la bionda, voltandosi di tre quarti per potergli studiare il viso. «Dato che è consapevole di quanto questa verità faccia male, preferisce proteggervi da tanto dolore.»
Il figlio di Apollo prese fiato per replicare, ma inizialmente le sue corde vocali non emisero alcun suono.
Sì, in effetti quello sarebbe stato un comportamento proprio da Skyler, sarebbe stato insensato negarlo. Ma lui non poteva accettare che una dei suoi migliori amici affrontasse i propri problemi da sola; non da quando loro erano diventati una delle poche certezze che gli restavano.
«Vorrei esserci per loro tanto quanto loro ci sono stati per me, nelle difficoltà» le spiegò, e Melanie non poté trattenersi dall’accarezzargli con amore una guancia, rivolgendogli un’occhiata intenerita.
«Ehi» gli sussurrò, posandogli due dita sotto il mento per costringerlo a guardarla. «Tu sei fin troppo presente nella vita di tutti noi, okay?» gli palesò. «E questo tuo animo così… gentile ed altruista è una delle cose che mi hanno fatto innamorare di te. Ma vorrei che ogni tanto tu pensassi anche a te stesso, e che qualche volta mettessi il tuo bene prima di quello di tutti gli altri.»
John abbozzò un sorriso sghembo, abbassando timidamente lo sguardo. «Sai che non ci riuscirei mai» le fece notare.
«Sì, lo so» pattuì lei. «Ma ciò non significa che tu non possa provarci.»
Il giovane posò le proprie iridi smeraldine sul suo volto, con aria interessata. Effettivamente, quella era una richiesta del tutto insolita. Ma sarebbe stato capace di seguire quel consiglio solo ed unicamente perché gliel’aveva dato lei.
Quella ragazza era il suo punto fermo, e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di assicurarle pace e serenità, anche andare contro i propri stessi principi.
Spostandole con delicatezza i capelli dalle spalle, si chinò verso di lei, baciandola con trasporto ed inebriandosi del suo rassicurante profumo. Le loro labbra si schiusero nello stesso istante, e le loro lingue presero a giocare silenziosamente, spingendosi maliziose.
Anche quando si allontanarono quel tanto che bastava per potersi guardare negli occhi, i loro nasi continuarono a sfiorarsi, e i due non poterono fare a meno di sorridersi.
«È un modo carino per farmi capire che condividi la mia idea?» lo punzecchiò lei, al ché lui inarcò le sopracciglia.
«È un modo carino per poter assecondare la mia gran voglia di baciarti continuando a sembrare un perfetto gentiluomo» ribatté.
«Ah, sì?» ridacchiò la bionda.
«Proprio così» annuì il figlio di Apollo, per poi farsi contagiare dalla sua risata e attirarla a sé, posandole un tenero bacio sulla fronte e stringendosela dolcemente al petto.
E in quel momento, senza una ragione apparente, ebbe la sensazione di essere appena stato liberato da tutti i suoi brutti pensieri.
Perché lei aveva questo potere: riusciva a farlo stare bene anche senza volerlo. Ed ogni secondo in più che passava accanto a lei il ragazzo era sempre più convinto che tutti i passi che era stato costretto a fare nell’arco della propria vita non erano altro che un avvicinarsi ulteriormente – e con molta calma – al fatidico giorno in cui l’aveva finalmente trovata. 
Erano state le stelle, a volere il loro incontro.
Il loro era sempicemente destino

Angolo Scrittrice.
Bounjour!
Eccoci qua, in un altro martedì che volge al termine con la pubblicazione di un nuovo, nonché fresco capitolo. 
Beh, che dire, stavolta? 
Se pensavate che
Matthew/Prometeo avesse spaventato Skyler quella sera al falò... ora sapete come la terrorizza in sogno. Ma che cosa sta cercando di dirle? E soprattutto, quante parole sono del titano, e quante dettate dal subconscio della figlia di Efesto? 
Chirone non vuole porre fine a tutti i suoi dubbi, e lei si ritrova con troppe domande e troppe poche risposte. 
E qui arriva
John, pronto a preoccuparsi della sua migliore amica. Sia lui, che Michael, che Emma hanno capito che c'è qualcosa che non va, ma non hanno idea di come aiutarla.
Credete che Skyler debba confidarsi con i propri amici? Cosa sarebbe tenuto a dirgli, e cosa sarebbe meglio di no?
Che mi dite invece di
Rose? Il nostro dolce figlio di Apollo non fa fatica ad immaginare un Michael e un Percy gelosi ed iperprotettivi con lei, e anche se siamo ancora agli inizi si intravede già una certa... simpatia, tra il biondo e la mora, non trovate?
Ma adesso giungiamo al quesito più importante: vi è piaciuto il capitolo? Vi ha fatto schifo? 
Dei, fatemelo sapere, vi prego.
Non nego di essere un po' delusa dal fatto che da quando è stata pubblicata, questa storia è stata considerata ben poco; e questo mi mortifica, perchè mi fa capire di non essere riuscita nel mio intento di fare un buon lavoro. 
Io ce la metto tutta, sacrificando gran parte del mio tempo libero per poter pubblicare con regolarità. Ma per quanto possa sforzarmi, a quanto pare è tutto inutile.
E proprio per questo motivo, per ora ho deciso di non pubblicare martedì prossimo, ma di aspettare due settimane. Spero che questo tempo mi permetta di capire cosa farne di questa storia. 
E se così non sarà, allora che Zeus mi accompagni! 
Ad ogni modo, ringrazio come sempre i miei fantastici Valery's Angels, che continuano a supportarmi e a regalarmi un sorriso:
unika, TamaraStoll e Sarah Lorence
Grazie davvero, angeli! 
E un ringraziamento anche a tutti coloro che stanno leggendo questa parte in viola, perchè significa che per la nostra Ragazza in Fiamme c'è ancora qualche speranza. 
Che dire? 
Alla prossima, ovvero tra due martedì! 
Spero di fare la scelta giusta. 
Sempre vostra, 

ValeryJackson
 

 
  
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