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Autore: Altair13Sirio    07/10/2015    3 recensioni
Kate è una tredicenne ribelle e solitaria. Ha pochi amici e non va d'accordo con i suoi genitori. Una notte torna a casa dopo una festa, e durante il suo ritorno a casa succedono cose strane... E' una ragazzina coraggiosa, affronta il pericolo a testa alta, ma ha paura... Una grande paura che la opprime nei momenti peggiori.
Kate è seguita da qualcuno, o qualcosa, e sente la sua presenza e la sua influenza farsi sempre più insistenti, e non ha nessuno con cui confidarsi, nessuno a cui appoggiarsi...
Lei è piccola. E' solo una piccola ragazzina che vorrebbe essere grande, e non può nulla contro i pericoli del mondo, ma ci sarà qualcuno, o qualcosa, a proteggerla, alla quale si affezionerà particolarmente, amandolo e desiderandolo, confidandosi con egli, diventando "sua"... Il suo angelo custode.
Genere: Fluff, Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Monster'
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Kate aveva appena finito di prepararsi per la festa, si guardava allo specchio in camera sua.
Indossava quell’abito nero che aveva comprato alcuni giorni prima con Jennifer, lo stesso abito che aveva sognato in uno dei suoi incubi e che l’aveva attirata come una trappola. Slender Man era seduto sul suo letto e la guardava interessato. Ti sta molto bene. Commentò girando la testa da una parte all’altra. Tremò quando sentì la sua voce nella sua testa.
Kate si voltò verso Slender Man e gli sorrise. << Grazie. >> Disse. << Oggi sarò a una festa, Slend. >> Cominciò con tono più costernato. << Se vorrai seguirmi, dovrai evitare di farti notare; nasconditi, non comparire per nessun motivo, a meno che non te lo dica io! >> Slender Man annuì. << E non fare scenate in mezzo alla gente se dovesse succedermi qualcosa, va bene? Non ci saranno pazzi maniaci alla festa, quindi puoi stare tranquillo. >> Volle assicurarsi che Slender Man capisse specialmente quell'ultima parte delle sue raccomandazioni.
D’accordo. Rispose Slender Man con tono di chi aveva capito. Annuì una seconda volta per rassicurare la ragazzina. Sei tesa? Chiese sapendo già di ricevere una risposta affermativa.
Kate sospirò spossata. << Sì. >> Rispose sinceramente abbassando lo sguardo. Andò a sedersi sul letto accanto a lui e sospirò di nuovo. << Oggi sarà una serata difficile… Dovrò cercare di aiutare Jennifer a rilassarsi, e allo stesso tempo dovrò preoccuparmi che non accada niente di brutto… Non posso sbagliare
… >>
Te la caverai. In fondo è solo una festa. Disse Slender Man facendole alzare lo sguardo per ricevere un sorriso di ringraziamento. << Già… Grazie. >>
Quello era il giorno che Kate aveva aspettato per tutto quel tempo, senza sapere bene perché… Voleva divertirsi con i suoi amici senza doversi preoccupare di pericoli o imprevisti, tragedie eccetera, però aveva uno strano presentimento, come se qualcosa sarebbe andato storto
 Ma in fondo, era così per tutto ultimamente, e una festa non poteva essere così dura.
Kate tirò un grande respiro e si alzò stringendo i pugni. << Bé… E’ ora di andare. >> Commentò guardando la porta. Si voltò sorridendo a Slender Man e disse:<< Tu fai il bravo. >>
Quello annuì e rimase seduto sul letto finché Kate non fu uscita.
Kate andò a piedi fino a casa di Jennifer, dove la trovò già pronta ad attenderla in salotto. Indossava l’abito celeste che le aveva regalato sua madre dopo la loro disavventura di alcune settimane prima; le stava benissimo, sorrideva, e aveva trattato i capelli in qualche modo per renderli più voluminosi e morbidi.
<< Jennifer… Sei bellissima! >> La salutò Kate quando la ragazza le aprì la porta. E non lo diceva solo per farla sentire meglio!
Il suo sorriso era sincero e rilassato; in fondo era lei quella che aveva detto che bisognava pensare ad altro quando si stava male, e doveva esserselo ricordato giusto in tempo. << Grazie… >> Rispose imbarazzata. << Stavo aspettando di indossare questo vestito per… Qualcosa di speciale… >>
Kate sorrise sinceramente. << Vedrai, ci divertiremo. >>
Insieme lasciarono la casa e si avviarono a piedi verso il luogo dove avrebbe avuto luogo la festa. Kate chiese a Jennifer se preferisse prendere la scorciatoia attraverso il bosco, oppure la strada normale, che si presentava come un lungo marciapiedi in una strada illuminata da diversi lampioni dalla luce giallastra. L’amica disse che non le dispiaceva fare un po’ di strada in più, aggiungendo che sarebbe stata più frequentata di un sentiero nel bosco, così presero la strada più lunga, ma diversamente da quello che avevano pensato, non trovarono nessuno lungo la strada.
Erano da sole in strada, non passavano automobili, e il fischio del vento tra i rami degli alberi adiacenti alla strada metteva in soggezione. Jennifer cominciava a chiedersi se avesse sbagliato a scegliere quella strada, ma Kate la rassicurava, dicendole che non sarebbe successo niente. << E’ impossibile che succedano cose brutte ogni volta che usciamo da sole, non ti pare? >>
Il sorriso di Kate sembrava sicuro, la stessa ragazzina era certa che sarebbe andato tutto liscio, nonostante Jennifer fosse un po’ preoccupata dalla situazione, ma in fondo solo pensando molto negativamente si sarebbe potuti finire in una situazione pericolosa…
Le due ragazze erano in una piazzola di sosta della strada; mancava ancora poco e sarebbero arrivate alla festa, si sarebbero potute rilassare e divertire, non si sarebbero dovute preoccupare di niente, ma prima di arrivare lì, c’era quella strada buia e inquietante da percorrere… Non ci avrebbero messo molto, in ogni caso, e Kate non pensava nemmeno a un eventuale pericolo. Si erano fermate per alcuni minuti perché Kate era inciampata e si era rotta un tacco.
<< Come va? >> Chiese Jennifer guardando l’amica seduta sul bordo dell’asfalto a guardarsi la scarpa rotta.
<< Non mi sono fatta male, ma la scarpa è andata… >> Mormorò rattristata. Era la prima volta che le capitava una cosa del genere, e se fosse stata nelle vicinanze di casa sua, non si sarebbe nemmeno preoccupata tanto. Sospirò; sapeva che Jennifer avrebbe potuto proporre di tornare indietro per quel piccolo incidente, avendo poca voglia di partecipare alla festa, quindi decise di reagire prima che l’amica potesse dire qualsiasi cosa. << Vabbé… Andrò alla festa scalza! >> Si tolse l’altra scarpa e si alzò rapidamente, saltellando sulle punte dei piedi, sentendosi libera dopo aver tolto le scomode scarpe col tacco.
<< Ma che dici? Non puoi fare tutta la strada a piedi nudi! >> Fece Jennifer ridendo. << Ti lamenterai per tutta la sera. >>
<< Se lo faccio, prendimi a sberle. >> Rispose sorridente lei, cominciando a incamminarsi. Jennifer la guardò sorridendo, scuotendo la testa piano come per dire che fosse impossibile trattare con lei. Kate si girò e ammiccò divertita.
All’improvviso si sentì un rombo provenire dalla strada, seguito dal suono di un clacson e delle voci maschili. Kate si girò e si vide puntati addosso i fari di un’automobile. Non riuscì a vedere bene finché la macchina non fece una derapata e si mise parallela alla piazzola in cui erano Kate e Jennifer. C’erano tre ragazzi dentro a un’auto sportiva; non avranno avuto più di venti anni e sembravano tutti troppo vivaci; forse venivano proprio dalla festa a cui erano dirette loro, forse venivano da un’altra festa, o forse erano solo dei ragazzi che si erano divertiti per conto loro, finendo per esagerare…
<< Ehi, belle! Non volete venire a spassarvela con noi? >> Fece uno seduto sul sedile del passeggero. Dal suo tono di voce, si poteva benissimo intuire che non era sobrio. Lo sguardo di quei ragazzi, però, nonostante potesse sembrare distratto e divertito, mise paura a Kate, che vide dei mostri rabbiosi, pronti a prendere quello che volevano con la forza.
Kate si girò verso Jennifer, lanciandole un’occhiata incerta; l’amica le avrebbe detto di non rispondere a quei tre, per nessun motivo.
<< Ehi! Quanto volete per venire a bordo? >> Fece di nuovo quello appoggiandosi allo sportello con fare sguaiato. I tre ragazzi scoppiarono a ridere di gusto di quella battuta, e Kate si trattenne dal mettersi a urlare contro a quegli idioti. Furono i continui cenni di Jennifer a farla rimanere in silenzio, girata di spalle, stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi. Avrebbe mantenuto la calma, per Jennifer.
<< Andiamo via… >> Mormorò Jennifer prendendo Kate per una mano e trascinandola lentamente via da lì.
Ma i tre ragazzi non demorsero, e questa volta fecero sgommare l’auto per mettersi rapidamente davanti alle due ragazze, bloccandogli la strada. << Andiamo, non siate timide! Ci divertiremo! >>
Kate stava a guardare Jennifer che cercava di girare intorno all’auto. A un certo punto il braccio di uno di loro cercò di afferrarle i capelli, e Jennifer lanciò un urlo di sorpresa. Kate urlò a sua volta, attirando l’attenzione di quei tre. Li fissò con odio, con l’intento di far vedere bene i suoi occhi. Dopo un po’ che si fissarono, quello che guidava girò lo sguardo e disse:<< Bah! Andiamocene, queste stronze non sanno proprio divertirsi… >>
Quello non avrebbe dovuto dirlo. Poteva chiamare lei una stronza, Kate lo avrebbe anche accettato, ma il ragazzo aveva parlato al plurale, includendo in quella categoria di “stronze” anche Jennifer, e Kate non lo poteva permettere. << Se non veniamo è perché l’unica cosa con cui ci si potrebbe divertire in quell’auto è la leva del cambio! >> Fece all’improvviso con tono malizioso. Kate si stava divertendo, mentre i ragazzi giravano lo sguardo increduli e Jennifer la guardava preoccupata.
Il ragazzo che aveva parlato prima guardò divertito i due amici, poi si fece sfuggire un sorrisetto. Rise e si girò verso lo sportello. Lo aprì e uscì dalla macchina, continuando a ridere. << Ne sei davvero sicura, troietta? >> Chiese facendo sparire il suo sorriso e squadrando la piccola Kate con occhi malvagi.
Jennifer sapeva che la discussione sarebbe degenerata e si mise in mezzo ai due per cercare di convincere lo sconosciuto a demordere. << Per favore, perdonala! Noi non… >>
Quello però la spinse via con un braccio, ringhiandole contro parole offensive. << Ehi! >> Urlò Kate dopo che Jennifer fu caduta a terra. << Tu non la tocchi! >> Gli disse facendo un passo in avanti e puntandogli contro l’indice.
Il ragazzo la guardò con la coda dell’occhio prima di voltarsi totalmente verso di lei. << E tu chi sei, per impedirmelo? >>
<< Una ragazza incazzata! >> Rispose Kate con tono minaccioso, guardandolo con calma, nascondendo la sua furia. La sua postura era dritta e composta, la testa era leggermente reclinata in avanti, e sembrava controllare ogni singolo muscolo del suo corpo, ma stava lottando per trattenere quel desiderio di sferrare un pugno in faccia allo sconosciuto, come anche le gambe tremanti dalla paura.
Il ragazzo si voltò ridendo agli amici, prima di tornare a ringhiare verso Kate. << Forse vuoi insegnata una lezione… >> Sussurrò infuriato, nascondendo a malapena l’ira che stava per assalirlo.
<< NO! Ti prego… >> Lo supplicò Jennifer rialzandosi da terra e tirandolo da un braccio. Quello la spinse via con una spallata e a quel punto tirò fuori dalla giacca di pelle un coltellino.
Kate, quando si vide puntata contro la lama, a pochi centimetri dal proprio ventre, si sforzò di mantenere il sangue freddo, e rivolse uno sguardo divertito al ragazzo; piegò un labbro e sussurrò:<< Tutto qui? >> Quella frase fece infuriare ancora di più il ragazzo, che alzò il coltello con l’intento di abbassarlo su Kate, oppure di spaventarla. Qualunque fosse la sua tattica, quel tizio non avrebbe dovuto fare nulla, perché in questo modo condannò sé stesso.
Da dietro la schiena di Kate su erse un’ombra; come se fosse un’estensione dell’ombra della ragazza, la figura alta e nera di Slender Man sovrastò il corpo di tutti i presenti, lasciando a bocca spalancata sia Jennifer che lo sconosciuto, compresi i suoi amici. Una mano bianca afferrò il polso armato dell’aggressore, che perse istantaneamente il coltello e cominciò a dimenarsi come un forsennato, preda della paura e incapace di capire cosa stesse succedendo.
<< Hai sbagliato a insultare la mia amica. >> Sussurrò Kate con un sorrisetto e una strana ombra negli occhi. << Per aver tentato di farci male, questa è la tua punizione. >>
Mentre quel ragazzo urlava, l’altra mano di Slender Man guizzò rapida come un fulmine per coprirgli la bocca, zittendolo all’istante. In quel modo, l’unica cosa che quello sventurato poteva usare per comunicare era la vista. E nei suoi occhi si vide il terrore più puro, il terrore di qualcuno che, incapace di comprendere cosa gli stesse succedendo, lo avrebbe divorato da dentro.
Cercò di urlare più forte, forse riuscì addirittura a smorzare una supplica, ma a un tratto, Slender Man gli spezzò il collo con un semplice gesto, spegnendo la sua vita come una candela.
Jennifer fissava terrorizzata la scena, mentre Kate guardava con divertimento la vita abbandonare il corpo dello sconosciuto; a pochi metri da loro, i due restanti ragazzi guardavano esterrefatti l’enorme sagoma nera di Slender Man, che ancora teneva sollevato il corpo del loro amico.
Il sorriso compiaciuto di Kate si trasformò in una smorfia inquietante senza che lei se ne accorse, e il suo sguardo si spostò lentamente dal viso del morto a quelli increduli dei suoi due amici. Un pensiero si formò nella sua mente e raggiunse Slender Man come un messaggio chiaro; Kate avrebbe affermato di non averlo voluto, di non aver mai nemmeno pensato a quella cosa, ma in quel momento, ciò che raggiunse la mente di Slender Man fu un solo ordine.
Uccidili.
Non appena l’ordine arrivò a Slender Man, l’essere cominciò a muoversi in avanti, lentamente, mettendo un piede di fronte all’altro, mandando avanti prima una spalla e poi l’altra; la schiena, leggermente inarcata verso le prede, aveva un aspetto troppo armonioso, che non si addiceva allo Slender Man, il demone del terrore, ma allo stesso tempo trasmetteva un senso di devastazione che avrebbe fatto tremare la terra. Si mosse così lentamente che sembrò che il tempo fosse rallentato; Kate fremeva dal desiderio di vedere i corpi martoriati di quei due ragazzi tremanti dalla paura; erano così spaventati adesso, così indifesi che avrebbero ritirato subito il loro titolo di “uomini” pur di salvarsi il culo.
Prima che Slender Man potesse avvicinarsi all’auto per compiere il suo dovere, il ragazzo che era seduto sul sedile accanto a quello del guidatore, che aveva un aspetto più fresco del suo amico ormai morto e sembrava essersi reso conto con chiarezza del pericolo, saltò al voltante e fece partire l’auto con un rombo assordante, accompagnato da uno scricchiolio di gomme fastidioso che fece digrignare i denti a Kate; era inutile scappare, avrebbero pagato anche per quello.
Non appena la macchina si mise in moto e cominciò a voltarsi, Slender Man allungò la gamba sinistra, poggiandola a terra con maggiore forza e sbilanciando in avanti il proprio busto, piegando lateralmente la spalla destra e ritirando il lungo braccio; con una rapida falciata dalla potenza inaudita, Slender Man fece ruotare il braccio verso sinistra, rilasciando dal fianco un tentacolo che si estese fino all’auto e la colpì con violenza, facendola ribaltare più volte, travolgendo la barriera dall’altro lato della strada, per poi continuare attorno al corpo del mostro stesso, finendo per ritirarsi in esso dopo aver compiuto un giro completo.
Il rumore dell’auto che si capovolgeva ripetutamente fu indimenticabile, Kate fu estasiata da quella scena e si mise a saltellare ghignando. << Sì! >> Esclamò eccitata. << Questo è quello che si meritano quei bastardi! >> Urlò allungando il braccio, imitando il movimento di quello di Slender Man, ma ritirandolo rapidamente dopo aver raggiunto metà strada. << Non è vero, Jennifer? >>
Kate si girò verso la sua amica, ma a quel punto tutto cambiò.
Jennifer era in piedi, gli occhi tristi puntati sul rottame dell’auto, arenatosi nello spiazzo erboso appena fuori dalla strada; la postura della ragazza era innaturale: la sua schiena era piegata in avanti, ma il bacino si puntava indietro, e l’equilibrio della ragazza era sbilanciato indietro; anche le sue gambe, una avanti e una dietro, avevano un aspetto strano, teso. Stava sudando, ma non faceva tanto caldo, e una lacrima le scendeva dall’occhio destro. Nel suo fianco destro, invece, si era appena aperta una ferita talmente sottile da passare inosservata, ma talmente profonda da aver raggiunto quasi metà del fianco, e il suo abito celeste si era già macchiato di rosso con il suo sangue.
<< Ah… >> Esalò prima di cadere, perdendo l’equilibrio precario che aveva acquistato poco prima.
<< JENNIFER!!! >> Urlò Kate lanciandosi da lei per aiutarla. La afferrò per le spalle e la strattonò nel tentativo di farla rimanere cosciente. Poi la strinse con forza al petto, cercando di trasmetterle più calore, come se fosse rilevante… << Jennifer… Non lasciarmi… Parlami… >> Piangeva singhiozzando senza sosta. Era ferita, cosa poteva dirle?!
Slender Man si girò e vide Kate accasciata sul corpo inerme di Jennifer; preferì rimanere in disparte, per evitare di peggiorare la situazione.
Mentre piangeva, Kate si rese conto che Jennifer era ancora viva, si muoveva e respirava a fatica. Alzò lo sguardo e vide i suoi occhi azzurri che esprimevano dispiacere, ma anche perdono. La ragazza si sforzò di alzare il braccio destro, e Kate, quando capì cosa volesse fare, abbassò il viso per permetterle di avvicinarsi. Le mise la mano dietro la testa e la tirò a sé. << Scu… >> Mormorò senza voce. << Scusami… >>
Quella frase spezzò il cuore di Kate. Scusa? Per cosa? Era Kate che doveva chiedere scusa per quel suo errore! Era tutto colpa sua!
La ragazzina guardò in faccia l’amica, cercando di scovare qualche indizio, ma vide solo un leggero sorriso. << Che cosa… Jennifer… >> Non riusciva più a parlare, la voce le si smorzava in gola, le parole arrivavano a metà, le lacrime le coprivano la vista, il suo trucco le era ormai colato tuto lungo il viso, non sapeva nemmeno che aspetto avesse a quel punto, e non le importava. << Scusa di cosa, Jennifer?! >> Alzò la voce incredula. Non era possibile che la sua amica avesse trovato ancora una volta un motivo per addossarsi la colpa di tutto quello.
Jennifer sorrise dolcemente, nascondendo una smorfia di dolore. << Mi dispiace… Di non essermi accorta… Prima… Di quello che stava succedendo… >> Sussurrò perdendo un’altra lacrima da un occhio. << Avrei potuto aiutarti… Ma non ci sono riuscita… >>
Kate la guardò con terrore. Era di quello che si stava preoccupando: era per lei che chiedeva scusa. Non le importava che stesse morendo, le dispiaceva che non fosse riuscita ad aiutare Kate prima di quel momento. La ragazzina la strinse con forza. << Tu mi hai aiutata, Jennifer… Mi hai aiutata… >>
Jennifer non disse niente; lasciò che le braccia dell’amica si stringessero attorno a lei.
<< Non andare via, Jennifer… Ho ancora bisogno di te… >> Mormorava Kate addolorata. << Non lasciarmi… >>
<< Mi dispiace… >> Rispose Jennifer a quella sua supplica. Non poteva restare. Era impossibile. << Non vorrei… Andare neanche io… >> Confessò mettendosi a piangere dopo. << Ho… Paura, Kate… >> Cercò di alzare le braccia per abbracciare l’amica a sua volta. << Ho paura… >>
<< Resta con me… >> Sussurrò Kate. << Non temere, non ti lascerò andare via… >> Disse con voce dolce per far stare meglio la sua amica.
Jennifer rimase in silenzio per alcuni secondi, facendo venire a Kate il dubbio se fosse già morta, ma il suo respiro affannato c’era ancora, il suo fiato era sul suo orecchio, e la sua voce flebile era ancora udibile. << Ho freddo… Kate… >> Mormorò debolmente la ragazza, facendo piangere ancora di più l’amica.
<< Non… Non è niente… >> Cercò di rassicurarla Kate, piangendo. Jennifer le aveva sempre tirato su il morale quando ne aveva avuto bisogno, e ora Kate non sapeva proprio cosa fare. Si sentiva inutile, non era mai stata di aiuto alla sua amica; aveva causato lei la sua morte, ma avrebbe cercato di fare quello che avrebbe fatto lei, e le avrebbe parlato come se tutto quello non importasse, come se non ci fosse un domani. << Sai… >> Mormorò per controllare in che condizioni fosse la sua voce. << E’.. Strano che tu abbia freddo… Proprio in questo periodo dell’anno… >> Disse senza pensare bene a quello che stesse dicendo. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e tornò a guardare l’amica, sorridendole leggermente. << E’ quasi arrivata l’estate… >>
Jennifer sorrise. << Già… >>
Kate guardò da un’altra parte. << Chissà se verrò promossa, quest’anno… Io… >> Tornò a guardare il viso sorridente dell’amica. << Io passo sempre a stento… >> Mormorò piagnucolando, schiacciando la fronte contro il petto di Jennifer. << Sei tu quella brava… >> Jennifer chiuse gli occhi per qualche istante. << E chissà… Magari riusciremo a capire come stanno le cose tra me e Tommy, no…? >> Chiese sperando che l’amica rispondesse. Per non farle chiudere gli occhi, Kate continuò a parlare. << E poi… E poi potremmo trovare un ragazzo anche a te… Così staremo insieme tutta l’estate, e… >> Non volle arrendersi. << E io ti prometto che aiuterò Jamie a riprendersi… Tornerà a sorriderti e a chiederti di aiutarlo con i compiti… E tu sarai là, pronta ad aiutarlo, come la brava sorella maggiore che sei sempre stata… >>
Jennifer inspirò profondamente e con serenità, prima di rilasciare l’aria che aveva nei polmoni, facendo restringere la sua cassa toracica e chiudendo infine gli occhi, senza mai perdere il sorriso.
<< E… E… E io ti porterò in giro tutta l’estate… Andremo sempre al mare e ci divertiremo sempre… Ti prego, Jennifer… >> Ormai Kate stava lottando per una partita già persa. Si mise a piangere e si piegò sul corpo esanime dell’amica. Nascose il viso sul suo petto, mentre la testa si reclinava indietro a causa della forza di gravità, che agiva ormai su una Jennifer stanca di lottare, senza più forze.
Era finita. Era finita, come le vite di quei ragazzi, come l’anno scolastico, come la loro amicizia… Era davvero finita, questa volta, e Kate dovette accettarlo. Quando se ne rese conto, scoppiò in lacrime, senza più riuscire a fermarsi. La voce le rimaneva in gola e la strozzava, le usciva solo un lamento infantile, cercava aria ma si sentiva il piombo nel petto, faceva caldo, ma il suo corpo era diventato freddo, trasmessole da Jennifer, e il dolore al cuore era sempre più forte, nonostante non se ne fosse ancora accorta… Piangeva sul corpo di Jennifer, piangeva sul suo vestito nuovo, sulla sua ferita, su quel suo sangue che si era espanso e aveva sporcato anche il suo di vestito. Piangeva come credeva che non avrebbe mai fatto; non pensava che fosse possibile sentirsi così male, non aveva mai provato un simile dolore, e non avrebbe voluto più provarlo!
Perché Jennifer era morta? Era colpa sua, di Kate! Lei aveva ordinato a Slender Man di uccidere quei ragazzi, ed era stato il tentacolo del mostro a ferire mortalmente la sua amica. Ma come era potuto succedere? Pensava che Slender Man fosse più preciso di così, pensava che non potesse sbagliare! Slender Man non avrebbe mai commesso un errore simile, e non avrebbe nemmeno ucciso Jennifer di sua volontà, sapendo che avrebbe aperto una ferità talmente grande nel cuore di Kate, da non poterla più guarire.
Quindi…? Cos’era quella sensazione che aveva invaso il suo corpo da quando aveva visto Jennifer in piedi, con quella ferita sul fianco? Non può essere una coincidenza. Non lo era. Non era una coincidenza, perché non sarebbe mai potuta accadere una cosa simile, così stupida e tragica allo stesso tempo!
Sono stata io…? Era stata lei a desiderare quello? Anche se inconsciamente, Kate aveva desiderato che quei ragazzi morissero, ma nonostante non fosse stato esplicito, aveva sempre sentito un tipo di avversione verso di loro che avrebbe potuto indicare il suo desiderio di vederli morti. E se aveva desiderato la morte di quegli sconosciuti, perché non avrebbe potuto desiderare, anche inconsciamente, senza nemmeno pensarci né accorgersene, la morte della sua migliore amica?
Ma non aveva senso. Perché avrebbe dovuto? Perché no? La sua sete di sangue era tale, che la ragazza aveva voluto spingersi ancora di più, in un campo che non aveva ancora visto, una sensazione che non aveva ancora provato, e che adesso l’aveva dissetata.
Uccidili? Non si riferiva ai ragazzi, non soltanto. Poteva essere rivolto a tutti i presenti, tutti quelli che avevano assistito alla scena e che avevano visto Slender Man. Se fosse stato così, allora perché non si sarebbe potuto rivolgere a tutto il mondo? Perché non avrebbe potuto sterminare l’intera razza umana, per liberarsi di quel suo desiderio di morte, rimanendo sola con il suo Slender Man, a quel punto? Perché aveva provato quel dolore… Il dolore che aveva colpito i familiari del signor Anderson, i genitori di Becky Johnson, e tutti gli altri che avevano perso qualcuno… Era orribile. Non avrebbe mai voluto che quello accadesse. Ma era successo, ormai, e quella cosa avrebbe portato a delle conseguenze; il dolore non sarebbe stato solo suo…
Kate alzò la testa dal petto della sua amica. Guardò avanti, con le lacrime che le avevano completamente devastato il trucco, e aprì la bocca. << Jennifer è morta. >> Disse ad alta voce senza staccare lo sguardo dall’oscurità. Sembrava che non si rivolgesse a nessuno in particolare, che semplicemente parlasse da sola. Forse voleva convincersi di quello o forse stava cercando di pronunciare quella frase senza mettersi a piangere; ma la sua voce tremante la tradiva e quella morsa alla gola tornava non appena provava ad aprire bocca. Abbassò di nuovo lo sguardo e avvicinò le labbra al viso di Jennifer. << Mi dispiace. >> Sussurrò senza più voce. Poi le diede un bacio sulla fronte e si allontanò lentamente da lei. Rimase in ginocchio a guardarla per qualche minuto, prima di rialzarsi e rivolgere lo sguardo davanti a sé, nel buio della notte.
 
*
 
Tommy era circondato da gente. Non c’era una persona che sembrasse essere nel posto sbagliato; tutti quanti ballavano e gridavano, bevevano bibite e alcolici, e altri ancora fumavano e vagavano senza meta nel locale. Un po’ come lui, che girovagava in cerca di una persona. Lui spiccava di sicuro, in quel locale, in mezzo a tutta quella gente vestita in modo particolare, con abiti stretti e scintillanti, alla moda; il suo abbigliamento non poteva dirsi comune, in quella folla, e nemmeno il suo umore. Non si stava divertendo, era solo, pensava che sarebbe stato lì con una o due persone, ma a quanto pare gliel’avevano data buca questa volta. Si sentiva triste, a stare lì da solo, senza fare niente. Stava pensando di tornarsene a casa, in fondo non avrebbe fatto altro che perdere tempo, a quel punto.
Cercò di districarsi tra la gente fino ad arrivare all’uscita, ma notò che tutto a un tratto, la folla si era fatta più fitta, come se tutti si stessero stringendo per non farlo passare. Che fastidio. La musica gli rimbombava costantemente nelle orecchie, le luci stroboscopiche gli davano fastidio agli occhi; al ragazzo non piacevano poi tanto quelle feste… Se ci era andato, era perché aveva sperato di poter incontrare delle amiche, ma era da solo, non era mai arrivato nessuno per lui… Si chiedeva se non lo avessero raggirato. Era piuttosto facile, prendersi gioco di un ragazzo come lui, in un posto come quello, ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Cercò di farsi strada tra la gente, ma capì che erano proprio stretti l’uno con l’altro, a malapena riuscivano a muoversi, anzi, erano fermi. E anche la musica si era abbassata tutto a un tratto; non c’era gente che urlava, nessuno ballava, la puzza di fumo c’era ancora, ma le persone che tenevano delle sigarette tra le dita erano immobili, e avevano lasciato che la cenere avanzasse di parecchio senza preoccuparsene. Guardavano tutti da una parte, sembravano esterrefatti, spaventati. Cosa c’era lì in mezzo di così straordinario?
Tommy si alzò sulle punte dei piedi, stendendosi per poter vedere oltre il mare di teste davanti a lui. C’era qualcosa che si muoveva, facendosi strada in mezzo alla gente, che si faceva da parte a sua volta. Qualcosa o qualcuno? Tommy riuscì a infilarsi in uno spazio per guadagnare un po’ di metri e vedere meglio la persona che stava passando in mezzo a tutti loro. A un certo punto vide una figura alta, abbigliata con un completo nero da uomo, con al collo una cravatta rossa e la pelle bianca come la carta. Non aveva faccia. Non c’era proprio niente sul suo viso. Che razza di pupazzo era? Qualcuno doveva aver portato una specie di costume alla festa, forse per impressionare la gente, e infatti c’era una piccola figura accanto a quella alta. Era gracile e bassina, a Tommy sembrò di riconoscerla.
Era una ragazzina dai capelli neri, indossava un vestito nero, con una gonna corta larga, e i bordi bianchi sul corpetto nero stretto. Aveva gli occhi neri, oscuri, incuteva timore, e sembrava guardare storto tutti quanti. Era scalza. Teneva la mano a quella figura alta accanto a lei, e questo fece pensare a Tommy che ci fossero due persone dietro quello strano scherzo. A un certo punto la vide bene in faccia, e la riconobbe.
<< Kate…? >> Disse a voce alta, ma non abbastanza alta da raggiungere le orecchie della ragazzina. Che stava succedendo? Vide la ragazzina fermarsi in mezzo alla pista, girarsi verso l’alta figura nera e mettersi in posa con quella. Era una scena piuttosto strana, confusa e inquietante.
La musica riprese, e i due si misero a ballare lentamente, quasi come se il sottofondo fosse un altro. Lei, la ragazzina in nero, capace di incutere timore nelle anime degli altri con uno sguardo, e lui, il suo strano, alto, e ingobbito cavaliere. Lei lo guardava dove avrebbe dovuto avere gli occhi, e la sua espressione era gioiosa, sembrava innamorata di quel viso piatto. Lui la guardava in viso, ma non si riusciva a capire dove esattamente, a causa della sua mancanza di tratti somatici. Sembravano quasi due persone normali, in mezzo a un mucchio di persone diverse da loro… E niente sembrava toccarli minimamente…
   
 
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