Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: TheLonelyWriter    07/10/2015    0 recensioni
Quel giorno, stringendomi forte, mi ha detto: "Nella mia vita, amerò di più te.".
Fanfiction che partecipa al concorso "With the Beatles". con scadenza il giorno 10 ottobre 2015.
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Premessa: Come prima esperienza da partecipante ad un contest di questo sito, ho scelto un tema che amo davvero: i Beatles. Il concorso, che trovate qui, propone a chi vuole scrivere qualcosa una canzone e il proposito di chi l'ha indetto è quello di costruirci una storia intorno.  Io come canzone ho scelto In My Life. E questo è quello che ne è venuto fuori alla fine. Buona lettura a tutti.

Mio padre è da sempre, ai miei occhi, una persona misteriosa e dal passato sconosciuto a davvero tante persone. Non che sia un tipo enigmatico, semplicemente evita molto spesso di parlare di ciò che è stata la sua giovinezza. Ricordo che quando ero un bambino, lui si recava nella mia stanza e si stendeva sul mio letto, abbracciandomi forte. Mi sento un po' nudo, ora come ora, non avevo mai raccontato a nessuno questa cosa e forse sfogarmi sulla carta mi mette un po' a disagio. Ma ero un bambino, la pensavo davvero molto diversamente. E ora, a diciannove anni, se venisse ancora ad abbracciarmi, la prenderei molto pesante e gli direi un secco:

«Pa', non sono più un bambino, te ne rendi conto?»

Ma da bambino no. Mi sarei sentito al sicuro, sotto le sue calde braccia, mentre gli accarezzo la barba. Quando veniva quindi nel mio letto, per passare del tempo con me dopo una dura giornata di lavoro, mi sussurrava queste parole, più o meno:

«Tu un giorno farai strada, Mike. E spero che quel giorno ti ricorderai di me, che ti ho voluto un sacco di bene...» . Oppure mi diceva di non commettere i suoi stessi errori, quelli che ha fatto nel suo oscuro passato.

Un giorno di due anni fa, per l'ennesima volta, in una giornata dove infuriava un temporale davvero violento, corse nella mia camera, con l'impermeabile bagnato e disse:
«Mike, dammi venticinque dollari, ti prego. Altrimenti succede un casino.»

Per l'ennesima volta, apro la solita cassetta e caccio due banconote: una da venti e una da cinque. Sto per porgergliele e vorrei tanto chiedergli il motivo di tutto questo. Di tutti i debiti che ha nei miei confronti, che avranno superato le centinaia di dollari e quali sono i casini di cui mi parla ogni volta per convincermi a dargli i miei sudati risparmi. Ma nella mia stupida timidezza non ci sono mai riuscito e me ne pento molto. Ma questa volta non sarebbe andata così. Gliene avrei cantate quattro per davvero.

«Papà, me ne importa poco di cosa ne farai dei miei soldi. Ma, ti prego, in nome di Dio, dimmi il motivo per cui devi usarli.».

Lui si siede sul mio letto, si toglie il cappello e si mette le mani tra i capelli. Fa dei lunghi respiri e mi fissa negli occhi per qualche istante, con uno sguardo disarmante, che mi fa sentire in colpa per aver fatto quella domanda.

«Mike, oggi... Oggi è un giorno importante per la tua vita.»

Sento il cuore che inizia a pulsare sempre di più, inizia a battere forte. Sta per dirmi qualcosa che probabilmente cambierà la mia esistenza per sempre.

«Io... Sai, vorrei essere io la persona più importante della tua vita, quella che tra un annetto circa ti darà i soldi per i libri dell'Università. Oppure la persona che ti comprerà un motorino o addirittura una macchina, per uscire con la tua ragazza.».

La sua voce rauca, tenebrosa, profonda riesce a fare breccia nella mia anima. Rimaniamo in silenzio per qualche istante, mentre io chino il capo, cosciente del fatto che le sue prossime parole mi avrebbero potuto sconvolgere.

«Però, ahimè, non posso. Non posso e non potrò mai.»

Si ferma qualche altro secondo, come cercasse il coraggio di dirmi qualcosa.

«Io e tua madre abbiamo divorziato soprattutto per questo motivo. Perché ero costantemente al verde... E c'è un motivo, Mike, credimi. Un motivo che risale a trent'anni fa.».

Così tanto tempo? Da quando era solo un ventenne? Cosa sarà mai potuto accadere in quegli anni, per averlo ridotto in un cerca-soldi costante?
«Non lavoro per mantenere me stesso, con il mio stipendio di operaio.».

Questo non lo avrei mai detto, in parte. Cioè, effettivamente, nonostante il suo lavoro, come fa ad essere costantemente al verde?
«Io lavoro per persone che non conosco nemmeno!»

Lo dice ad un tono di voce più alto, nemmeno se urlasse. Chi sono queste misteriose persone? Io non ho il coraggio di guardarlo in faccia. Continuo a fissare l'orologio, che segna le otto e mezzo della sera. Mentre lo pronuncia, per una casuale coincidenza, un potente rombo, seguito da una temibile saetta, squarcia il cielo in due parti.

«Ma... Ma perché?» chiedo, balbettando.

«Tutto inizia trent'anni fa, quando avevo ventidue anni. Ai tempi le cose che andavano di voga erano ben poche, ma nel mio gruppo di amici tutti avevamo un debole... Il tavolo verde.»

Rimango un po' stupito da quelle parole, non avrei mai detto che fosse un giocatore d'azzardo, mio padre. Che fa la morale su tante cose e poi... Nel suo passato, se non in questo presente, gioca a poker.

Inizia a raccontarmi la storia di un gruppo di amici che fanno una partita a carte, giocando soldi veri. Un giorno, nel bar piomba un uomo misterioso, muscoloso, alto e con una giacca di pelle, una di quelle che non le vedi tutti i giorni. Erano davvero molto costose, le giacche di pelle, cosicché mio padre e i suoi amici si chiesero chi fosse quell'uomo per possedere quel vestiario tanto ricercato.

«Chi sarà mai quel tipo?» gli chiese un suo amico.

«Un riccone sfondato, al quanto pare.» risponde lui.

L'uomo si avvicina ai ragazzi ed esclama:
«Buonasera, gente. Mi fissavate con tanto stupore, posso saperne il motivo?»

Tra l'imbarazzo generale, si fa avanti proprio mio padre, che risponde accendendo una sigaretta:

«Non capita tutti i giorni vedere qualcuno con una giacca di pelle così, amico.».

«Come credi l'abbia comprata, giovanotto? Lavorando in fabbrica?». Parte una sua risata, inquietante quanto divertita.

«Di sicuro non lavorando nei teatri facendo il ballerino.» ironizza uno.

Dopo qualche secondo di silenzio, sotto la calda luce del lampadario del bar, l'uomo sussurra:

«Sono un vero e proprio giocatore di poker professionista. Vengo pagato per vincere le partite e guadagnare soldi. Ogni giorno vedo entrare nelle mie tasche milioni di dollari.». L'ultima frase la dice con un tono di voce più alto e più strozzato allo stesso tempo, come per vantarsi e per mettere in rilievo questo particolare.

«Noi ci giochiamo il portafoglio dei nostri genitori.» gli risponde uno, come per prenderlo in giro.

«Dubiti della mia bravura, ragazzino? Molto bene. Chi è il più bravo a poker, tra di voi?» chiede l'uomo, guardando in faccia il gruppo di sei ragazzi.

Tutti indicano mio padre, che non aveva cambiato per nulla espressione del viso. Sapeva di essere davvero molto bravo a poker e, da buon ventenne spavaldo e coraggioso, non si spaventava di un giocatore professionista.

«Non avessi mai accettato quella sfida...» dice adesso a me, mio padre.

Posso immaginare già il seguito, ma me lo racconta direttamente lui. Quella partita durò cinque ore, nelle quali il vero dominatore fu ovviamente il giocatore professionista. Mio padre, da buon ventenne ostinato, non voleva fermarsi, nonostante i suoi amici, vedendo che stava perdendo molto di più dei suoi reali averi, gli suggerissero di arrendersi. Era convinto di poter giostrare la situazione e far tornare tutto a suo favore.

Alla fine, distrutto, si arrese. L'uomo, alzandosi in piedi e stringendosi la cintura, gli disse:
«Giovanotto, ti andrà bene questa volta. Ti farò pagare la metà di quanto hai realmente perso. Ecco a te un assegno che mi garantisce che mi restituirai tutti i soldi.».

Mio padre diede uno sguardo a quell'assegno e lesse le paurose cifre: “54.000$”. Scattò in piedi, urlando:
«Cinquantaquattromila dollari? Dove volete che li trovi, tutti questi soldi?»

«Non m'importa, ma io voglio il mio denaro, tutto. Fino all'ultimo centesimo.».

Detto questo, se ne andò.

Qui mi spiegò la sua drastica situazione, ogni mese, l'uomo stesso o un suo emissario, gli chiedono i soldi. E ogni volta se ne andavano via centinaia di dollari, per un debito dovuto alla sua ostinazione da adolescente.

«Ora capiscimi, Mike. Non dirlo a nessuno, però, te ne prego. Che rimanga solo tra noi.» mi dice infine singhiozzando.

Gli do in mano i soldi, poi mi guarda negli occhi e ci abbracciamo davvero forte. L'abbraccio più forte della mia vita e il più emozionante.

«Nella mia vita» sussurra «Amerò di più te.»

Se ne esce, senza nemmeno voltarsi o esitare. E qui, crollo in un pianto liberatore, uno di quelli che fai raramente.

Ma giusto due mesi fa, mentre si recava nel solito posto a dare finalmente l'ultima rata di quel lungo debito, si incontrò con l'uomo che lo aveva sfidato vent'anni prima.

«Bene, ragazzino. Grazie mille per il tuo aiuto, ma ora sai troppo e non ci servi più, addio.».

Un altro uomo nella macchina, caccia la pistola e lo fredda, con un solo colpo al cuore. La macchina nera riparte via, sgommando. Sotto una inconsueta e rara luna rossa, rossa quasi come il sangue che aveva formato un lago per tutta la strada.

Tutti, il giorno dopo, si chiedevano il motivo di questa brutalità. Tutti definivano mio padre come un uomo tranquillo, senza apparenti problemi. E, potete già capire cosa feci io. Da buon codardo quale sono sempre stato, sono stato in silenzio, sempre. Un segreto era e un segreto è rimasto.

Oggi sono andato al cimitero. Nessuno ha scoperto o ha voluto scoprire i suoi assassini. Vedendo il suo volto inciso nella lapide, ho pensato a quel momento della vita in cui mi abbracciava e mi diceva che avrei fatto strada... Mi dispiace solo averlo deluso.

Mettendo i fiori sulla sua tomba, guardo intensamente la sua data di morte. La tocco, per poi chiudere la mano in un furioso pugno. Poggiando la testa sul freddo marmo, inizio a piangere. Ed è proprio qui, che ho voglia di far sapere al mondo quello che gli ho detto... Perché sono convinto che mi ha ascoltato, da lassù.

 

«Nella mia vita, amerò di più te.»

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: TheLonelyWriter