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Autore: garakame    15/02/2009    7 recensioni
Oscar incontra una zingara che le leggerà la mano. Cosa le dirà? Storia scritta quasi dieci anni fa, la prima storia in assoluto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desclaimer. I personaggi presenti in questa fanfic sono frutto dell'immaginazione di Ryoko Ikeda, appartengono alla sua splendida immaginazione. Io li prendo in prestito solo per far vivere ai protagonisti quello che non è stato descritto nel fumetto e nel cartone animato.
Questa storia è anche stata pubblicata anche sul sito di Prisca. http://web.tiscali.it/prisca/
I personaggi di Christine e Jerardine gli ho inventati io. Buona Lettura




LA ZINGARA


01° Giugno 1789


"Morirai giovane, bella signora, ma amerai e sarai molto amata."
Oscar continuava a ripensare alle parole che la giovane zingara le aveva sussurrato in quel caldo pomeriggio di giugno.
Lei e i suoi uomini avevano ricevuto l'ordine di scacciare un accampamento di zingari alle porte di Parigi. La città era già piena di soldati, il popolo poteva insorgere ad ogni momento, gruppi di persone esasperate, piene d'odio, si aggiravano per la capitale.
Oscar lo sapeva bene, la brutta esperienza nella carrozza era solo un piccolo assaggio di ciò che il popolo poteva fare.
Al ricordo rabbrividì, l'idea di perderlo la faceva impazzire.
"Sarai molto amata…." Non era certo la profezia di una zingara a turbarla.
Lei lo sapeva ormai, lo sapeva da tanto.
Erano anni che Andrè si era dichiarato, ma lei non era mai riuscita a capire cosa fosse lui per lei.
Era difficile per lei ammettere di saper amare.
Le mancava il coraggio, non riusciva a farsene una ragione.
Aveva un carattere schivo, riservato, non pensava di riuscire a liberare i propri sentimenti.
Erano rinchiusi nel suo cuore. Non aveva il coraggio di liberarli come una colomba che vola libera nel cielo.
L'amore, i sentimenti….. Aveva provato a dichiararsi.
Ci aveva provato con Fersen, ma lo aveva perso per sempre come amico, amante lo era stato solo nei suoi sogni.
Rivederlo non le aveva causato nessun effetto strano, nessun batticuore.
La prima cosa che le era venuta in mente era stata
"Sono viva, mi sento a pezzi ma sono viva. Andrè perché non è qui? Lo hanno portato via?!" Il cuore le si era fermato, il sangue non scorreva più nelle vene, il suo corpo era diventato di ghiaccio.
Aveva raccolto tutte le sue energie, per gridare in faccia a Fersen che doveva andare a salvarlo. Finalmente lo aveva detto. "Il mio Andrè…"
Tre semplici parole. Le avevano fatto capire tutto. "Il mio Andrè è in pericolo, lasciatemi" Era rimasta immobile, esterrefatta.
Rivedeva uno stranito Fersen che le diceva "Andrò a salvare io il vostro amico."
Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Finalmente dopo anni d'incertezze se essere o no un uomo e vivere come tale, Oscar aveva finalmente ammesso a se stessa che era una donna e poteva amare come una donna.
"Comandante il campo è stato sgomberato."
La voce alle sue spalle la fece trasalire, si girò.
I suoi soldati erano perfettamente allineati sui loro cavalli.
Le armi in spalla, stanchi.
"Grazie Alain, torniamo in caserma."
Mandare via gli zingari non era stato semplice, ci avevano impiegato tutta la giornata.
I gitani erano un popolo fiero e indipendente.
Non si facevano comandare da nessuno.
Sorrise al ricordo, Oscar incontrava sempre uomini che non si facevano comandare da nessuno, ma finivano sempre per ubbidirle. Sorrise tra sé.
Girodel era uno di questi uomini, Alain anche.
Aveva parlato con il capo, un uomo sui cinquanta, con capelli e barba brizzolati, la pelle scura, bruciata dal sole, il corpo solido e massiccio.
Un uomo imponente.
Oscar non aveva esitato, come sempre.
Era scesa da cavallo, lo aveva guardato negli occhi nocciola.
Gli aveva chiesto, in tono autoritario, non irriverente, di andarsene.
Gli altri zingari l'avevano circondata minacciosi, sguardi ostili, fucili e pugnali in mano.
"Se mi attaccherete i miei uomini reagiranno. Nel vostro campo ci sono donne e bambini. Collaborate, non ho nessun'intenzione di usare la violenza e spargere il vostro sangue o quello dei miei uomini." Disse a voce alta e sicura.
Il capo alzò una mano, facendo segno ai suoi uomini di ritirarsi.
Quella donna in uniforme blu aveva coraggio da vendere.
Si giro verso i suoi compagni. "Ce ne andiamo, questa giovane donna parla come un anziano." Prepariamoci a partire. Nessuno dovrà morire fuori dalle porte di Parigi."

I soldati erano visibilmente sollevati. Contenti di non dover combattere.
Seduti sui loro cavalli guardavano il via vai di donne, uomini, bambini preparare le loro cose per riprendere il viaggio verso sud.
Un bimbetto di tre anni si avvicinò incerto a uno dei soldati.
André gli sorrise, vedendo che il bimbo cercava di allungare le manine verso il muso dell'animale, scese da cavallo, lo prese in braccio e lo avvicinò.
Il bimbo tutto contento si mise a ridere. Non aveva mai visto dei cavalli così grandi e tutti dello stesso colore.
Una donna minuta con gli stessi occhi nocciola del bimbo si avvicinò ad Andrè ringraziandolo.
Il bimbo ritornò tra le braccia della madre tutto soddisfatto.
Era come se il tempo si fosse fermato e subito rimesso a scorrere.
Gli uomini sempre all'erta avevano smesso di attorcigliare corde, caricare casse, smontare tende per vedere come reagiva il soldato.
Poi tutto era ripreso.
Anche Oscar aveva visto la scena, si sentiva onorata di essere amata da un uomo così gentile.
La madre del bambino le si avvicinò:
"Dammi la mano, bella signora." Oscar voleva replicare, non credeva a certe cose, ma senza rendersene conto gli e la porse.
L'espressione della zingara da serena diventò preoccupata.
Gli occhi tristi fissarono quelli di Oscar, per nulla sorpresi.
"Morirai bella signora, ma forse questo lo sai già."
Oscar le sorrise, sapeva di avere la tisi, il viso pallido, spento, la tosse secca che non le dava tregua, il sangue, la sensazione di avere sempre la febbre, la spossatezza che l'accompagnava fin dal mattino quando si alzava per tutta la giornata.
Erano sintomi chiarissimi.
Per sicurezza sarebbe andata dal medico, appena avrebbe avuto un po' di tempo.
La zingara continuò.
"Ma in questa breve vita, ti sarà concesso di amare, amare molto e di essere molto amata."
La zingara dai lunghi capelli corvini si voltò per guardare l'uomo che poco prima aveva preso suo figlio tra le braccia. Poi guardò Oscar.
"Sarai molto amata."
Questa volta fu Oscar ad essere sorpresa, non si aspettava le parole della donna, tantomeno che guardasse Andrè.
Distolse gli occhi dalla donna, imbarazzata. Proprio in quel momento arrivò il capo degli zingari.
"Dei soldati che si fanno comandare da una donna, dovete essere una persona speciale e un buon comandante. Ce ne andiamo, non perché ce lo avete ordinato voi, sia ben chiaro. Su questa città si stanno addensando nuvole nere, portatrici di morte e violenza."

Oscar guardò Parigi, da lontano si vedevano indistinti tetti e campanili; il cielo era limpido, azzurro intenso.
Soffiava una lieve brezza che dava un certo sollievo a uomini e animali nella calura del pomeriggio.
Mentre guardava la carovana allontanarsi lentamente, Oscar ripensava alle parole della zingara: "Sarai molto amata."


Emise un sospiro profondo, trasalì, si rese conto che i soldati stavano aspettando l'ordine di rimettersi in cammino.
"Tornati in caserma, per oggi sarete liberi. Niente esercitazioni. Questa sera libera uscita per tutti…" Disse in tono serio, ma un sorriso le curvò le labbra sentendo le ovazioni di gioia dei soldati.

Doveva parlare ad Andrè, voleva dirgli quanto lo amava, sentire il suo caldo abbraccio.
Quella sera avrebbe provato a parlargli.
Aveva il coraggio di affrontare degli uomini armati, ma non riusciva a dire all'uomo più importante della sua vita due semplici parole.
Dannata timidezza, avrebbe voluto essere spontanea come quel bambino gitano. Avvicinarsi a lui, dirgli quanto era importante per lei.
Dirgli che senza di lui si sentiva persa, che la sua presenza le dava forza, la rassicurava. Belle parole pensò, avrò mai il coraggio di dirglielo?
I soldati ritornarono in caserma. Attraversando la città incontrarono altri reparti, vigili, ostili. Il popolo, gruppetti di persone, guardavano i soldati preoccupati.
La tensione era palpabile, nell'aria. Ancora a nessuno era venuta la bella idea di armarsi, la gente se ne andava in giro senza fucili, forconi, piccozze pensò Oscar, ma quando sarebbe successo sarebbe stata davvero dura, calmare gli animi cercando di non far del male a nessuno. Ma a gente aveva paura e ce l'avevano anche i soldati.
Oscar sapeva bene a cosa portasse la disperazione, lei e André avevano rischiato di morire. Ma per fortuna era passata.
Rientrando in caserma Oscar percorse il lungo corridoio, immerso nella penombra, dalle vetrate entrava una luce arancione, il sole era una palla rosso fuoco, arrivò nel suo ufficio. Sulla scrivania c'erano dei documenti da visionare e da firmare.
Questa sera farò tardi, ma non sarebbe una cattiva idea tornare a casa con André, pensò.
Prima di mettersi al lavoro decise di godersi gli ultimi istanti di un tramonto magnifico, si avvicinò alla finestra e guardò fuori.
Il sole era uno spicchio rosso, all'orizzonte si vedevano il rosso, l'arancio sfumando nel bianco, nell'azzurro sempre più scuro, nel blu notte.
Verso l'alto le prime stelle della sera iniziavano a brillare.
Rapita da questo spettacolo Oscar abbassò lo sguardo verso il basso. Notò che nel cortile un soldato parlava a una donna.
Era André.
Andrè le sorrideva e le parlava, ogni tanto metteva una mano dietro la testa, in atteggiamento imbarazzato.
Dopo poco tempo un altro soldato si aggiunse ai due, era Alain. Salutò la giovane e le diede un pacchetto.
Anche Alain le sorrideva.
Sembravano entrambi rapiti da quella piccola donna.
La giovane era carina, aveva di sicuro meno di vent'anni. Minuta ben proporzionata. Assomigliava a Diane ma aveva capelli rossi e un sorriso dolcissimo.
Vedendo la scena ad Oscar si chiuse lo stomaco in una morsa, i battiti del cuore accelerati.
Cosa mi sta succedendo, sono gelosa? Da quella distanza poteva sentire solo voci indistinte e risate.
Oscar sospirò, allontanandosi dalla finestra, si sentì improvvisamente stanca. Decise di far chiamare André più tardi, visto che ora era impegnato.
Anche se le era difficile concentrarsi, ci provò. Il lavoro riuscì a non farle pensare l'episodio del cortile.

La sera era ormai calata, l'aria si era fatta più fresca, dando sollievo alla calura estiva che quell'anno il 1789, si era già fatta sentire dai primi di maggio.
Oscar sentì bussare, "Avanti" disse ad alta voce, ma il tono sembrava stanco. Lo vide entrare e mettersi sull'attenti.

"André Grandier a rapporto. Come posso esserle utile?" chiese Andrè.
Oscar stette al gioco e disse "Tornando con me a Palazzo Jarjayes questa sera." Andrè stava per ribattere ma lei lo bloccò continuando:
"Tua nonna è molto preoccupata per te, e da mesi che non ti vede, mi ha chiesto di riportarti a casa."
Alzandosi in piedi, si udì lo stridio della sedia sul pavimento.
"Qui ho finito, si parte tra cinque minuti, gli ordini del comandante non si discutono."
André era rimasto stupito, ma sapeva che quel tono di voce, anche se per gioco, non ammetteva repliche.
"Sì signore" le disse sorridendole, si voltò e uscì dalla stanza.
Oscar si era riseduta, aveva appoggiato la schiena contro lo schienale.
"Sarai molto amata," ripensò alle parole della zingara per alcuni secondi.
Controllò le ultime scartoffie, aveva finalmente finito.
Si alzò, uscì dalla stanza.

   
 
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