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Autore: vali_    07/10/2015    5 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Finalmente dopo mesi di attesa oggi è il grande giorno: stanotte torna Supernatural! *-* Io non lo potrò vedere fino a domani sera – che pizza! – ma non sto più nella pelle! Non vedo l’ooora!
Scemenza d’introduzione (non) necessaria a parte, spero che abbiate passato una bella settimana. Io ultimamente non ho tempo neanche per respirare, uff -.-
Noi ci siamo lasciati con la burrascosa lite tra Ellie e Dean e spero che ognuno di voi l’abbia salutata per bene, perché per un po’ non la vedrete. Non sapete quanto è stato difficile scrivere questo e i capitoli a venire senza di lei… mi faceva tanto strano, visto che la sua presenza è sempre stata una costante nella storia fino ad ora.
Questo è un altro di quei capitoli che mi mette un’ansia indicibile pubblicare ed uno dei motivi è perché credo di essere andata un po’ OOC con un personaggio. E’ vostro compito quello di dirmi se l’ho fatto oppure no, ma ho pensato che, in una situazione così incasinata e particolare, chiunque andrebbe fuori dai gangheri, anche il personaggio in questione. Ma ecco, magari mi sono sbagliata ed ho fatto un casino :(
Ancora una volta ho parlato troppo, perciò vi lascio e aspetto che mi lanciate tanti pomodori i vostri pareri come sempre!
Un abbraccio grande, a mercoledì! 

 
Capitolo 21: When the levee breaks
 
If it keeps on rainin’
Levee’s going to break
When the levee breaks
I’ll have no place to stay.
 
(When the levee breaks – Led Zeppelin)
 
 
Il letto è particolarmente scomodo, questa settimana. Il materasso è pieno di molle e non c’è verso di trovare una posizione adatta per dormire decentemente. Come se non bastassero già i pensieri a tenerlo sveglio.
 
Dean osserva il soffitto più e più volte, contando il numero di macchie sul muro fino ad impararne i contorni a memoria.
 
E’ lì da due o tre giorni, ormai ha perso la cognizione del tempo. A caso chiuso ha chiamato suo padre – come sempre – e non ha trovato risposta – come sempre, appunto –, ma prima si è preoccupato di spostarsi, che non era sicuro rimanere nel posto dove ha fatto fuori un uomo innocente, perché è questo che figurava nella cartella di Ray Joseph McKay [1], il nome che aveva adottato il mostro per mischiarsi alla gente comune.
 
Nessuna fissa dimora, si spostava da una città all’altra dopo aver compiuto un numero imprecisato di omicidi – in pratica dopo aver fatto il bottino di cibo e prima di venire smascherato –, ma la polizia non l’aveva mai beccato; era effettivamente insospettabile.
 
Questo, però, Dean l’ha scoperto solo dopo. Visto che negli ultimi giorni non ha avuto un granché da fare, si è divertito – per così dire – a leggere quello che gli era rimasto in sospeso, cercando di sfruttare meglio che poteva tutto quel tempo libero e, incrociando le informazioni che aveva raccolto in precedenza – ad esempio i luoghi dove erano state uccise le prede di quel coso nel corso degli anni – era riuscito ad avere un quadro completo – quello che forse avrebbe dovuto avere prima – di tutta la sua indagine.
 
Comunque sia, ha pensato bene di concludere definitivamente questa storia lontano da Linden, che sostare troppo a lungo dove hai appena ammazzato un figlio di puttana sputato dall’Inferno non è un bene – soprattutto se lo hai fatto troppo vicino al centro città con tre colpi che erano uno più assordante dell’altro, o forse questa è stata solo la sua impressione – e bla bla bla. Si è solo attenuto al copione ripieno di stronzate che segue da tutta la vita, le stesse che, però, continuano a salvargli il culo quando ne ha bisogno. Poi suo padre si è deciso a richiamarlo e gli ha detto di aspettarlo dovunque si trovasse – quindi a Lewisburg, Tennessee – così avrebbero potuto ricongiungersi, ma sono due giorni che aspetta e di John Winchester neanche l’ombra. E pensare che diceva di non essere tanto lontano da lì.
 
Dean sbuffa, seguendo il filo dei suoi pensieri. Pensava che le cose andassero meglio con lui. Non che avesse sistemato tutto quanto, ma che fosse sulla buona strada e invece si è solo illuso – di nuovo – perché questa storia continua ad andare avanti; è così da troppo tempo e lui si ostina ancora a dar corda a suo padre, a lasciarlo stare senza protestare o dire nulla. Forse perché ormai sa di non poterlo più cambiare, che quello di sparire e tardare è un suo vizio e che se lo porterà dietro fino alla tomba, ma non sa se tutto ciò è giusto. Un altro al posto suo – Sam, tanto per dirne uno – avrebbe già fatto qualcosa, si sarebbe già lamentato, ma Dean non crede che sarebbe bastato a trasformare suo padre in una persona rintracciabile, anche se magari sarebbe riuscito a far cambiare leggermente la situazione. O forse no, chissà.
 
La verità, comunque, è che Dean è talmente confuso con tutti gli impicci che ha in testa da non sapere più cosa sia giusto o sbagliato e l’unica cosa che vorrebbe fare davvero non è neanche lentamente contemplata nel lungo libretto di istruzioni che è costretto a seguire da sempre.
 
Si mette a sedere sul letto, le mani che stringono il bordo del materasso e la testa dolorante. Ieri sera ha bevuto troppo e le prove della sua sbronza silenziosa sono ancora disseminate sul pavimento. Non è una cosa di cui si preoccupa molto, però: il suo fegato sopporta tutto ciò molto meglio di quanto facciano altri organi sparsi nel suo corpo – soprattutto quello situato al centro del petto –, perciò va tutto bene.
 
Volta il capo verso destra; c’è ancora mezza bottiglia di whiskey sul comodino e Dean l’afferra, portandosela alla bocca e bevendo un lungo sorso. Sarà anche mattina, ma ne ha bisogno per cominciare la giornata che sarà sicuramente una merda, proprio come quelle che sono venute prima.
 
Raramente beve prima delle dieci [2], ma ci sono sempre eccezioni e giorni di emergenza e questi sono decisamente momenti che rientrano nella lista dei casi straordinari.
 
Ieri sera non è andato in un bar come fa di solito. Ha preferito fare una bella scorta di liquore più o meno scadente al supermercato e rimanere nella sua stanza, seduto al tavolo. Il telefono lontano – che tanto nessuno si azzarda mai a telefonargli ultimamente –, ha cominciato a bere piano, un bicchiere dietro l’altro. La testa gli si affollava di pensieri e Dean beveva ancora e quando ha cominciato a sentirla più vuota e meno pesante, ha preso a farlo ancora di più, attaccandosi direttamente alla bottiglia, per non cancellare quella piacevole sensazione di leggerezza, per non lasciare che si affievolisse.
 
Era notte fonda quando si è ritrovato con entrambe le braccia sul tavolo e la testa affondata lì in mezzo. Non sa come ha trovato la forza di alzarsi e trascinarsi a letto, cercando di schivare le bottiglie vuote buttate a terra – una o due vittime di un’altra sera di bevute – che hanno avuto la fortuna di non frantumarsi perché cadute sul soffice tappeto di moquette di quella squallida stanza rimediata.
 
Appoggia un gomito su un ginocchio mentre con l’altra mano si stropiccia l’occhio destro. E’ stanco, ma nonostante ciò non riesce a dormire serenamente da quando ha litigato con Ellie. Anzi… da quando Ellie ha litigato con lui, perché si può dire che ha fatto tutto da sola.
 
Non l’aveva mai vista tanto stravolta, tanto arrabbiata. Non s’incazza mai e Dean crede di aver fatto qualcosa di davvero tanto sbagliato per averla portata a quel punto. O forse non solo lui.
 
Si è reso conto di essere veramente un mago nell’incasinare le cose, soprattutto quando è tutto perfetto e adesso per un maledetto malinteso è andato tutto a puttane. E pensare che gli sarebbe bastato fare una telefonata, una stupidissima telefonata.
 
Di certo adesso è tardi per cercare di rimediare, ma ha premuto davvero tante volte quel dannato pulsante verde per chiamarla ed ogni volta ha trovato la segreteria a rispondergli. Lo ha fatto per due giorni, poi ha deciso di rinunciare quando ha capito che potrà anche lasciarle ventimila messaggi per chiederle scusa, ma Ellie non risponderà mai perché non vuole parlargli e forse ne ha tutte le ragioni, anche se non gli era sembrato di sbagliare così tanto: voleva solo… vederla e poi chiarire tutto, aspettare per chiederle delle spiegazioni per qualcosa che ormai neanche si ricorda più.
 
La verità è che si è comportato così perché aveva paura che Ellie avesse cambiato idea, che si fosse pentita – e sarebbe stato peggio di qualsiasi rifiuto, per una volta che Dean si era lasciato andare davvero, che non si era limitato a infilarlo da qualche parte per distrarsi dai suoi casini per una fottuta ora o poco più – ed ha peccato di superficialità. Solo che adesso è davvero tardi per rimediare e non c’è proprio più niente che Dean possa fare in merito. Deve solo rassegnarsi all’idea di averla persa.
 
Fa per alzarsi, ma cambia idea quando sente la testa girargli forte. Forse ha davvero esagerato ieri sera. Non beveva così tanto da quando doveva festeggiare il compleanno di… afferra con rabbia la bottiglia poggiata precedentemente sul comodino prima di riuscire a concludere quel pensiero e la getta contro il muro dove questa finisce in mille pezzi. Una chiazza considerevole si espande sulla carta da parati beige e si aggiungerà alle altre già sparse su tutta la tappezzeria. Una in più o in meno… tanto scapperà, come succede sempre, prima che la donna delle pulizie potrà accorgersene e che il direttore del motel vorrà rincorrerlo per fargli pagare i danni, quindi non c’è nulla di cui preoccuparsi.
 
Le parole di Ellie gli rimbombano in testa da giorni e Dean le ricorda con fin troppa lucidità: tutto quello che gli ha detto prima di andarsene è ben piantato nella sua mente, come quanto era aspra e tagliente la sua voce. O almeno quanto provasse ad esserlo, perché Ellie non risultava davvero cattiva in quelle condizioni, con il viso rigato di lacrime e il naso gocciolante.
 
Dean, però, non avrebbe mai voluto vederla in quel modo, soprattutto per colpa sua.
 
«Io… io mi sono aperta con te, ti… ti ho dato tutto quello che ho. Ti ho confidato le mie paure e i miei problemi perché… perché mi fidavo di te».

Più riflette su quelle parole, più si convince del fatto che è vero: Ellie gli ha dato tutta se stessa e non solo in senso fisico. E’ quello che ha sempre fatto, dimostrandosi sincera e leale fin dall’inizio e Dean si rende conto solo adesso di quanto avrebbe dovuto apprezzare di più la sua presenza, le sue stramberie ma soprattutto quel suo modo di guardarlo negli occhi e confessargli le sue cose più intime, quelle che per lei erano le più importanti.

Gli vengono in mente tanti momenti in cui Ellie si è confidata e gli ha parlato del suo passato, della mamma che adorava e che ha perso troppo presto, dei compagni di scuola e quei due che sono stati qualcosa di più per lei e Dean a volte – soprattutto all’inizio – non capiva il perché parlasse così tanto, perché si aprisse a tal punto da raccontargli certe cose e invece la risposta è proprio in quello che gli ha detto l’altro giorno: si fidava di lui, forse come non ha mai fatto nessun altro.

Dean, invece, non crede di essersi aperto tanto quanto ha fatto lei. Un po’ dipende dal carattere del cazzo che si ritrova, sì, ma forse avrebbe dovuto farle capire meglio le sue intenzioni, almeno provare a dirle qualcosa di più e… no. A cosa sarebbe servito mostrarsi diverso da quello che è? A nulla. Anzi, il nocciolo vero della questione, la base del loro rapporto era questo: il fatto che entrambi volevano essere se stessi e non nascondersi dietro bugie e sotterfugi; volevano – più o meno inconsciamente – cercare di costruire qualcosa di diverso dai rapporti che sono costretti a vivere con le persone di passaggio per il lavoro di merda che si sono ritrovati a dover fare. Invece sono finiti proprio così, a mentirsi l’un l’altra e a litigare e mettere una distanza così grossa da non poter più riuscire a sanarla.

Questo non aiuta Dean a sentirsi meno coglione, però. Perché nessuna cameriera di nessun fottuto bar sparso nella provincia americana potrebbe mai dargli neanche la metà di quello che gli ha dato Ellie, sotto tutti i punti di vista e lui è riuscito a perdere tutto. Per questo si sente davvero una merda all’idea di non poter rimediare all’errore che ha commesso.

Si passa una mano sugli occhi rendendosi conto che ce li ha lucidi e li chiude espirando forte.
 
La verità è che ci è rimasto male, per questo non è riuscito a spiccicare parola, perché non si aspettava quella reazione da lei. Ellie non aveva mai mostrato quel lato di sé, quella rabbia così forte da trasudarle dagli occhi. Si è sempre mostrata comprensiva, attenta a provare a capire prima di giudicare, invece stavolta è solo saltata alle conclusioni e basta. Forse perché aveva accumulato tanto nervosismo nelle ultime settimane – quelle che ha passato con Jim e di cui Dean non sa assolutamente niente – o forse perché si è semplicemente stancata di provare a decifrare i suoi sbalzi d’umore, i suoi silenzi e le sue continue paranoie, tutti i problemi che Dean si è fatto su di lei nell’ultimo periodo e quante volte ha cercato di tenerla lontana anziché provare a dimostrarle che ci teneva davvero.
 
In fondo, se prova a mettersi nei suoi panni, non può neanche darle torto: Dean è stato scostante da Bobby per tutto il tempo e nonostante questo lei era sempre lì, a intrufolarsi in piena notte nel suo letto per fargli compagnia o a buttargli la farina addosso per farlo sorridere. Dean ha continuato ad essere strano finché hanno discusso e poi è tornato più o meno normale un attimo prima di portarsela a letto e, quando lei l’ha chiamato la sera dopo, le ha risposto di traverso per poi sparire per ben due settimane e rispuntare e pretendere spiegazioni sullo strano atteggiamento di lei e… sì, non ha tutti i torti ad essersela presa tanto. Proprio il classico atteggiamento che potrebbe dare una qualche sicurezza a qualcuno, come no.
 
Avrebbe solo voluto essere meno spiazzato e risponderle qualcosa di sensato – perlomeno provarci –, averle almeno chiesto scusa. Soprattutto perché l’ha ferita così senza rendersene conto e non credeva che lei stesse tanto male da scoppiare in quella maniera.
 
Quello che dà più dolore a lui, comunque, è sapere che stava in quel modo per colpa sua, che è stato così superficiale da credere che guardarla negli occhi dopo due settimane di silenzio immediatamente successive a tutto quello che erano arrivati a condividere – un letto, la consapevolezza di poter e voler essere di più l’uno per l’altra – sarebbe bastato.
 
Se avesse un minimo indizio su come trovarla, prenderebbe l’Impala e andrebbe a cercarla. Raccoglierebbe tutto il coraggio che gli è rimasto, fregandosene anche di quello che lei gli ha chiesto di fare, cioè di non cercarla più, e manderebbe affanculo l’orgoglio, quello che gli impedisce anche solo di pensare una cosa del genere, ma non ha indizi, nessuna traccia da seguire ed è stanco di beccarsi la porta in faccia. L’ha fatto per praticamente tutto il tempo a Linden, cercando di digerire i suoi isterismi e i suoi musi lunghi e adesso… adesso non sa neanche se potrebbe valerne la pena.
 
L’unica cosa che proprio non capisce, però, è cosa c’entri lui con tutta la storia di suo padre. Sì, avrà sbagliato a correrle dietro per salvarla – anche se è l’unica cosa che davvero non rimpiange –, a dubitare di lei e della sua capacità di riuscire a cavarsela davanti ad un mostro succhia vita, ma per il resto lui cosa c’entra?
 
Ripensa a quello che Ellie gli ha detto da giorni ormai e semplicemente non riesce a credere che l’uomo che lo ha cresciuto si sia comportato così. Senza dubbio non è perfetto, ma neanche così stronzo. E poi Jim è un suo amico, perché mai avrebbe dovuto dargli picche definitivamente? E’ vero che forse si stava prendendo una buona parte di braccio invece che una mano come aveva chiesto in partenza, ma… tutto ciò è abbastanza, per suo padre, per mandarlo al diavolo? Dean non ne è pienamente convinto, ma è sicuro del fatto che Ellie non abbia mentito. Era troppo stravolta, troppo… toccata nel profondo per poter parlare a vanvera e, con il passare dei giorni, Dean si è reso pienamente conto del perché.
 
Ellie non ha mai preteso niente, ma ha sempre cercato di dimostrare di valere qualcosa, di essere… utile, adeguata. E se suo padre ha davvero detto a Jim che Ellie è un peso – qualcosa che Dean non ha mai pensato neanche per sbaglio –, è piuttosto normale che lei si sia sentita offesa. In un certo senso, ne ha tutte le ragioni, ma l’unica cosa che gli sfugge è perché se la sia presa tanto anche con Dean quando sapeva benissimo – perché ne hanno parlato più di una volta e lui non è mai stato tanto sincero come quando le ha detto che era in gamba – che i suoi pensieri su di lei erano ben altri.
 
E’ altrettanto sicuro, tuttavia, che la sua non era una scusa per allontanarlo o per farla finita. Ellie lo pensava sul serio ed è questo ad addolorarlo di più, perché o non ha capito niente di lui oppure qualcuno le ha messo queste idee in testa e se quel qualcuno è Jim – che è un maledetto bastardo che non ha fatto altro che trattarla come un sacco di immondizia di cui liberarsi ed escluderla dai suoi affari per tutto questo tempo – gliela pagherà cara in un modo o nell’altro. Perché Dean è l’unico che è stato davvero vicino a sua figlia e che ha sempre cercato di capirla, perciò lui non ha il minimo diritto di mettersi in mezzo.
 
Dean si passa le mani tra i capelli ancora immerso in quei pensieri quando la porta si apre. Si volta in quella direzione con gli occhi ancora socchiusi e vede rientrare suo padre. Lo fissa e non sa come sentirsi adesso, dopo giorni di attesa e silenzio lunghi come la peggiore delle agonie.
 
John si chiude la porta dietro di sé e lo guarda storto «Beh? Ancora stai così? Sono le otto passate».
Dean non sa cosa dire dopo quell’affermazione, ma si stupisce che l’unico pensiero di suo padre dopo essere tornato da non si sa quale viaggio del mistero – l’ennesimo – è se suo figlio si sia alzato dal letto oppure no.
 
Si mette in piedi senza rispondere – la testa che gira e lo costringe a chiudere forte le palpebre per qualche secondo prima di riaprirle a fatica – e si incammina verso la porta del bagno.
 
Si lava la faccia senza guardarsi allo specchio – non gli è mai piaciuto tanto farlo, ma negli ultimi giorni meno che mai – e, quando torna indietro, trova suo padre osservare qualcosa a terra con sospetto.
 
«Che diavolo hai combinato, ragazzo? Questo posto è—»
«Un porcile, sì. Ma tanto lo lasceremo presto» si sfila la maglietta che portava per dormire e ne mette una pulita per poi afferrare un paio di jeans e indossarli sopra i boxer, continuando a dare le spalle a suo padre finché non è costretto a voltarsi e guardarlo.
 
John sembra rilassato rispetto al solito, un po’ com’è sempre stato nelle ultime settimane e solo adesso Dean si rende conto di quanto lo abbia preso in giro. Il suo silenzio, la costante sensazione che stesse andando tutto per il meglio, che stesse tornando quello che era prima che Sam se ne andasse era tutta una puttanata, una specie di messa in scena, un modo come un altro per fingere che tutto stesse andando alla perfezione e che non c’era niente che dovesse dirgli.
 
John aggrotta lievemente le sopracciglia «Va beh, allora… fa i bagagli. Vorrei farti vedere un posto».
Dean alza le spalle e si mette le scarpe per poi raccattare le poche cose che aveva lasciato in giro.
 
Lui, al contrario di Ellie, non disfa mai le poche valigie che ha. Di solito già è tanto se tira fuori due paia di calzini: vuol dire che è stato tanto a lungo in un posto da farlo.
 
Della sbronza gli è rimasto solo il mal di testa, perciò non gli pesa troppo guidare e quando sale sulla sua macchina in silenzio ne accarezza il manubrio quasi involontariamente, constatando che forse sarà sempre lei la sua sola e unica compagna. Poteva andargli peggio, questo è sicuro, ma non è la stessa cosa quando hai assaporato anche per un istante la felicità che puoi provare con la persona con cui ti senti completo. Peccato che la paura più grande che Dean aveva riguardo questa storia si è avverata, perché Ellie è lontana adesso e non solo fisicamente.
 
Segue il pick-up di suo padre e pensa che, in realtà, non ha mai veramente pensato di essere quello che Ellie voleva, la persona che desiderava, quella con cui lei avrebbe potuto condividere qualcosa di davvero profondo. Sa che ci avrebbe provato, però, se ne avesse avuto l’occasione, che si sarebbe impegnato perché gli sarebbe piaciuto tentare di renderla felice, di farla sorridere. Forse perché Ellie faceva stare bene lui.
 
Magari non sarebbero comunque durati neanche un giorno, ma sarebbe stato bello provare a vedere come poteva andare, se erano in qualche modo legati da un qualche filo invisibile e quelle stronzate di cui parlano tutti, se avrebbero potuto avere un qualche futuro.
 
Avrebbe voluto trovare le parole per dirglielo, almeno una volta. Peccato che adesso è troppo tardi.
 
Non sa come affrontare suo padre adesso che sa a grandi linee cosa è successo, però non ha più voglia di stare in silenzio a farsi prendere in giro. E’ stanco di questo suo modo di affrontare le cose, del suo essere sfuggente di fronte alle situazioni più delicate e magari, se Dean manterrà la calma, potrebbe anche riuscire a farlo parlare, com’è successo nell’ultimo periodo. Forse non ci sarà bisogno di litigare anche con lui per sapere qualcosa, per conoscere la verità.
 
A Dean non è mai interessata tanto come in questi ultimi giorni, ne è certo.

John ferma il pick-up – dopo aver percorso un lungo tratto di strada di terra battuta – nelle vicinanze di un’immensa zona di macchia, non tanto lontana da un campo coltivato, e Dean accosta, perplesso. Scende dalla macchina e lo guarda confuso.
«Che facciamo qui?»
John piega le labbra in una sottospecie di sorriso ed apre il portabagagli, da cui estrae un paio di fucili di cui uno ne lancia a Dean che lo afferra prontamente. «Andiamo a caccia. In questo posto si può». [3]
Dean serra la mascella. Quando era piccolo, era uno dei modi che aveva suo padre di insegnargli come gestire una preda, come mantenere la calma e non farsi sentire, avvicinarsi cauto e poi colpire quando questa era scoperta, ma adesso gli sembra di essere grande e soprattutto più esperto di allora per queste lezioni. «Cos’è, pensi che io sia fuori allenamento?»
John stringe le spalle «No, ma non credo ti faccia male. In fondo non dobbiamo fare niente». Oh ma certo, perché mai dovremmo fermarci e riposarci quando non abbiamo un cazzo da fare, tanto vale andare ad impallinare qualche pennuto selvatico.

Si avviano lungo la strada fianco a fianco e Dean osserva con la coda dell’occhio il profilo di suo padre che cammina diritto, come un soldato d’altri tempi e pensa a quanto a lungo ha provato ad essere come lui, ad avere quella fierezza nell’andatura e nello sguardo e quanto, però, in questo preciso momento si senta lontano da lui, distante. Forse è una sensazione solo passeggera, forse presto tornerà ad essere il soldatino personale di John Winchester, come ha sempre fatto e riprenderà ad esserlo senza lamentarsi di nulla, ma quel giorno non è oggi.

«Posso farti una domanda, papà?» John lo guarda e per un attimo Dean vorrebbe rimangiarsi quelle parole, scuotere la testa e fingere di non averle mai pronunciate, ma ormai il danno è fatto perché ha catturato la sua attenzione. «Perché non vediamo più Ellie e Jim?»

Vuole tastare il terreno prima di andarci giù pesante – e spera con tutto il cuore di non doverlo fare  – e non è riuscito a formulare un po’ meglio la domanda. Gli sembra di averlo fatto in un modo molto infantile, ma questo non cambia il succo della questione.
 
John sospira appena – un movimento quasi impercettibile per un occhio poco attento – ma non si scompone troppo «Ultimamente io e Jim non ci becchiamo molto. Ha interessi diversi dai miei e per questo non credo lo vedremo per un po’».
 
Dean rimane in silenzio ad ascoltare le balle di suo padre, la testa bassa e la consapevolezza sempre più tagliente che Ellie aveva ragione ed è qualcosa che fa così male a Dean da causargli quasi un dolore fisico, una fitta al centro del petto.

A Sam, papà ha sempre raccontato un sacco di bugie. Perché era il più piccolo e andava protetto, ma Dean invece era più grande e poteva gestire meglio le cose e caricarsi di pesi che con il passare del tempo hanno finito col farlo diventare vecchio dentro prima del tempo. Lui stesso, più di una volta, ha dovuto rivelare la verità a Sammy, quella che suo padre si prodigava con tutte le forze nel nascondere, e gli è sempre pesato tanto. Però, con Dean, papà era sincero perché era lui che doveva tenere d’occhio la situazione e quindi doveva sapere; per questo lui non è abituato alle menzogne di suo padre e fatica davvero a comprendere il perché di questo suo atteggiamento, quest’omissione di qualcosa che suona sempre più veritiero alle orecchie di Dean. Di cosa ha paura? Che suo figlio non riuscirà più a guardarlo in faccia, dopo? Perché non è così, Dean gli ha perdonato cose ben peggiori.

Di una cosa, comunque, è certo: stavolta ha tutta l’intenzione di andare fino in fondo. E’ stanco di mangiare pane e frottole, soprattutto perché provengono dall’uomo che più di tutti ha il dovere di essere sincero, almeno con lui.
 
*
 
La giornata è stata lunga e Dean ha fatto una bella collezione di fagiani: ne ha uccisi sette. Due ne ha falliti, ma ci ha pensato suo padre poi a farli secchi, proprio lui che non manca mai un colpo. Il suo vecchio è insuperabile in questo e Dean lo sa bene.
 
John, comunque, sembrava sereno. Forse perché è riuscito a passare un giorno intero con suo figlio, o perché anche lui, in fondo, aveva qualcosa da smaltire, un po’ di quella rabbia che ha sempre dentro.
 
Dean non crede di averlo mai visto davvero contento o tranquillo. E’ così da quando non c’è più la mamma ed ogni occasione è buona per trovare qualcosa da uccidere, per buttare addosso a qualcun altro quello che lo fa star male ogni giorno, ciò che non potrà mai placare.
 
Comunque sia, anche Dean ha sfogato un po’ della sua frustrazione contro quelle povere bestie, ma questo non è certo bastato a far calare il rancore che cova in corpo, nel profondo. Non tollera le bugie – soprattutto se è suo padre a raccontargliele – ed è ancora convinto di volere una spiegazione.
 
E’ sdraiato sul letto della stanza che hanno scelto per questa notte e chissà per quante altre, le gambe incrociate e lo sguardo perso mentre fissa un punto sul muro rigirando tra le dita l’amuleto che ha sempre al collo.
 
Un debole sorriso gli fa capolino sulla faccia quando pensa che Sammy, al posto suo, non si sarebbe fatto fregare dall’educazione e dal rispetto. Avrebbe parlato chiaro fin dall’inizio, senza paura che papà gli si sarebbe fiondato contro, senza il timore di litigare di brutto. Dean tante volte ne ha fatto le spese per questo, tante volte ha dovuto subire le urla e poi i silenzi strazianti perché quei due dopo a malapena si guardavano in faccia e se lo facevano era con rabbia, ma suo fratello non aveva paura di questo, non gliene importava niente.
 
Dean non crede di essere capace di comportarsi come faceva lui, di avere la stessa forza di andare contro il suo vecchio in quel modo. Però… è tanto stanco di tutto questo, di non sapere le cose come stanno. Forse perché, in cuor suo, vorrebbe tanto che Ellie si sia sbagliata, che abbia torto. Faciliterebbe le cose forse perché preferirebbe essersi sbagliato su di lei che su suo padre, che ha sempre venerato come si fa con un eroe o un idolo.
 
Per lui, John Winchester è sempre stato l’esempio con la E maiuscola, il modello per eccellenza da seguire senza esitazioni né dubbi e invece adesso sono il caos e la confusione a regnare nella sua testa e Dean ha tutta l’intenzione di fare chiarezza.
 
Se si è sbagliato su Ellie, beh… pazienza, avrà un motivo in più per farsela passare – anche se è difficile crederlo visto che lei, in queste cose, non ha mai mentito –, ma se avesse ragione…
 
Continua da non sa quanto a fissare quel punto invisibile sul muro, completamente assorto in quei pensieri, l’espressione cupa e gli occhi stanchi quando suo padre esce dal bagno, un asciugamano bianco che si passa sulla fronte.
 
John tira le labbra in una linea sottile per un istante e aggrotta un po’ la fronte «Hai sentito quello che ti ho detto?»
Dean trasale e lo guarda «No… cosa?»
«Dicevo, ci siamo divertiti oggi, no?» Dean annuisce, ancora pensieroso. John lancia l’asciugamano sull’altro letto e si avvicina appena, gli occhi comprensivi «Si può sapere che hai?»
«Niente, perché?»
«Sei strano. Parli poco, stamattina c’era un campo di bottiglie vuote per terra… che c’è? Qualcosa non va?»
 
Dean si mette a sedere sul letto, i gomiti sulle ginocchia e le braccia in avanti. Di stranezze ne ha viste tante nella sua vita, ma suo padre che si preoccupa per lui in questo modo, beh, è qualcosa di nuovo e, per quanto lo avesse desiderato tanto certe volte – di sentire parole appena più dolci del solito “Stai attento a Sammy” o tutta la tiritera di ordini che gli rifilava ogni volta –, oggi non gli crede. Non si fida di quella facciata di padre improvvisamente buono e caritatevole e pensa intensamente a cosa dire perché si fa presto a mandare tutto a puttane. Lui ne è la prova vivente perché non fa altro da che ricorda di essere al mondo. Solo che, davvero, non riesce più a rimanere coi dubbi che sono tanti e gli martellano la testa e anche rifletterci un secondo in più non riuscirebbe a fargli cambiare idea.
 
Volta la testa verso suo padre che lo guarda concentrato – non preoccupato, solo… attento, come si scruta una preda in una caccia importante – ma non abbastanza da capire cosa succede davvero «E’ solo che… perché non mi hai detto che tu e Jim avete litigato, papà?»
John lo guarda strano; aggrotta appena le sopracciglia e lo scruta attentamente «Cosa—»
«Ho visto Ellie giorni fa. Mi ha detto… mi ha detto che tu e Jim non vi parlate più».
 
Il viso di suo padre si incupisce. Stringe le labbra e sospira forte, buttando fuori aria dal naso, lo sguardo infuocato «Ellie, Ellie, Ellie, c’è un momento della giornata in cui quel maledetto nome non ti frulla per la testa?»
 
Dean quasi non riesce a credere a quello che suo padre gli ha appena detto. Non tanto per le parole che ha pronunciato, ma il come. C’è una sorta di rabbia malcelata, un rancore che non si sta per niente sforzando a nascondere e Dean continua a non capire il motivo di tanto odio nei confronti di Ellie.
 
Deglutisce a vuoto, cercando di celare il suo nervosismo «Volevo solo farti una domanda, non pensavo che—»
«Perché quella ragazzina non si fa mai gli affari suoi? E perché tu l’ascolti?»
Dean lo guarda ancora più perplesso, muovendosi sul materasso fino a voltarsi completamente nella sua direzione «Perché non dovrei? Da come reagisci, poi, credo che mi abbia detto la verità».
 
John scuote il capo e sbuffa, andando verso la finestra e appoggiandosi al davanzale, i pugni chiusi sul marmo freddo e le spalle appena chine in avanti. Dean si alza dal letto, camminando fino al centro della stanza; osserva la schiena di suo padre, la sua testa bassa finché lui non si volta di nuovo, scuro in volto.
 
«Va bene, sì, sono sorti dei problemi ed abbiamo discusso. Perché t’interessa tanto?»
Dean stringe gli occhi; non gli piace il tono che sta usando suo padre, soprattutto perché Dean non gli ha chiesto mai spiegazioni di niente, neanche di cose molto più importanti di questo cazzo di litigio e non gli sembra di chiedere la luna, vorrebbe solo sapere perché non è stato onesto con lui a riguardo. «Perché di solito ne parli e invece stavolta sei tutto misterioso e mi hai raccontato una marea di balle».
«Beh, la tua amichetta è stata tanto sincera in merito?»
«Speravo di no, ma sto cominciando a pensare che sì, lo è stata» fa una pausa «Mi spieghi perché non la sopporti? Che ti ha fatto?»
«E’ una palla al piede, va bene?» John lo guarda dritto negli occhi, sembra sempre più furioso «Jim aveva detto che era una frana, ma non pensavo così tanto! Credevo avesse bisogno di un addestramento di base, non di un cavolo di corso completo da principiante! E’ una mocciosa, non è adatta per questo lavoro e probabilmente non imparerà mai».
«Ma chi te le ha dette queste cazzate? Perché non è vero, è brava, deve solo migliorare un po’ ma sbagliamo tutti e lei sa cavarsela e… e poi tu come fai a saperlo se l’hai vista sparare sì e no una volta?»
 
Dean è consapevole del fatto che si sta scaldando, che sta alzando il tono della voce ma non sopporta che suo padre parli così per partito preso perché non sa niente di Ellie e sta dicendo queste cose solo sulla scia di uno stupido pregiudizio o, peggio, di qualcosa che gli ha detto quel figlio di puttana di Jim.
 
John allarga gli occhi «Ti sei fatto imbambolare proprio bene, vedo».
Dean aggrotta la fronte «Cosa? Ma che dici?»
«Credi che non me ne sia accorto? Lo sai come funziona nel nostro lavoro, Dean: nessuna distrazione di nessun tipo. Niente amici, niente legami».
Dean è un po’ spiazzato da quest’ultima uscita; è praticamente lo stesso ragionamento che ha fatto a Sam quando se ne voleva andare [4] e adesso capisce perché l’aveva fatto arrabbiare tanto. «Perché mi stai facendo questo discorso? Che cosa c’entra adesso?»
«Quello che devi capire è che lei è diversa. Viene da un mondo differente dal nostro, ha altre idee, altri… atteggiamenti! Vede le cose in un’altra maniera, prova addirittura pietà per quello che cacciamo, prima o poi finirà col farsi uccidere!»
«E per questo tu vuoi che smettiamo di aiutarla? Che lasciamo perdere?» Dean gesticola, tremendamente irrequieto «Jim la butta sul campo senza un minimo di riguardo, non gliene frega un fico secco di lei e—»
«Vedi? Ti dice quello che le fa comodo» John scuote la testa, espirando forte.
«Ma non è così! Maledizione, io l’ho visto con i miei occhi, una volta le ha addirittura fatto ammazzare un lu—» si ferma, rendendosi conto di quello che gli ha praticamente appena confessato suo padre «Quindi… quindi è vero, tu… hai smesso di parlare con Jim perché… perché non te ne frega niente».
«Ma certo! E’ solo una mocciosa, un dannato peso e mi ha fatto solo perdere tempo in questi mesi. Lo sai che stiamo cercando la cosa che ha ucciso tua madre e Jim mi chiamava in continuazione per ogni cavolata, per ogni caso, anche il più stupido, perché ha per figlia un’imbranata. A volte ero costretto a lasciare quello che stavo seguendo, a buttare notti insonni nel cesso per seguire quel coglione e alla fine mi sono stancato. Oltretutto, non potevo neanche contare su di te, ovviamente, visto che tu dovevi badare a lei».
 
Dean stringe i pugni; non gli ha mai dato tanto fastidio sentire quella parola «Non è una ragazzina, chiaro? Si è sempre badata da sola ed è Jim quello che ti ha riempito di balle, cazzo, perché Ellie non è così! Non è una rammollita, è una brava persona e… e non posso credere che tu ti sia fidato del giudizio di quel figlio di puttana».
 
Suo padre lo guarda e avanza di qualche passo, quasi minaccioso «Perché la difendi tanto?» Dean tentenna un attimo di troppo, rimanendo in silenzio «Dean che hai combinato? Non avrai mica—»
«Sì!» lo urla e abbassa gli occhi per un istante, quasi di riflesso, come si fosse tolto chissà quale peso dal cuore, quando in realtà è fin troppo consapevole del fatto che è stato tutt’altro «Sì, va bene? Cosa cambia adesso?»
 
Suo padre avanza ancora di qualche passo, finendogli praticamente davanti e sembra fuori di sé dalla rabbia, così tanto che Dean può sentire già le urla nelle sue orecchie. «Ci sei andato a letto, non ci posso credere! Maledizione, ma perché fai sempre così? Non è neanche maggiorenne!»
«Sì invece e poi… e poi non l’ho mica costretta!»
«Ma ti avevo detto di lasciar stare! E’ la figlia di Jim».
«E allora? A me piace Ellie e stavo… ci stavo bene con lei! Non capisco perché ti dà tanto fastidio tutto questo».
«Perché è una distrazione, Dean, tu non te le puoi permettere!» lo guarda ancora, gli occhi spalancati trasudanti di collera «Devi essere sempre concentrato e attento, non ti è concessa nessuna disattenzione di nessun tipo!»
Dean non ce la fa più a trattenersi «Basta, smettila!» si rende conto che sta davvero perdendo il controllo e non dovrebbe perché sa bene chi ha di fronte, ma non riesce più a frenarsi «Non lo so perché ti sei accanito così tanto con lei, ma non ha più importanza perché adesso non mi parla ed è tutta colpa tua e del tuo carattere di merda, perché tu rovini ogni cosa!»
John allarga di più gli occhi «Come sarebbe a dire?»
«Aveva ragione Sammy, tu… t-tu vuoi avere il controllo su tutto e l’hai allontanato perché non riuscivi più a tenerlo a freno. Prima lui, adesso hai mandato tutto a puttane anche con Jim. Chi sarà il prossimo, Bobby? O caccerai via anche me?»
John lo guarda male, molto più di quanto abbia fatto negli ultimi minuti «Dean non mi piace il tono che stai usando. Vedi di piantarla, stai esagerando».
«No, sei tu che esageri! Vuoi sempre fare tutto da solo e prima o poi discuti con tutti! Che c’è, vuoi anche crepare da solo, come un cane? Perché se continui così è sicuramente quello che accadrà!»

La mano di John è pesante sulla guancia di Dean dopo le sue parole, così tanto da fargli inclinare la testa di lato e mozzargli il fiato. Si tocca la guancia arrossata con la mano, facendo finta di non accorgersi che l’angolo della sua bocca perde sangue.

«Non azzardarti mai più a usare questo tono con me» Dean non lo guarda ed è così sconvolto da quello che ha detto e che ha ricevuto che non capisce come faccia a reggersi in piedi. «Hai capito?»
Tiene lo sguardo basso, rendendosi conto troppo tardi di quello che ha fatto «Sissignore» e la sua voce è un sussurro mentre si arrende, conscio di quello che ha combinato.
 
Suo padre si toglie dalla sua vista e Dean lo sente afferrare la giacca dall’appendiabiti prima di sbattersi la porta dietro le spalle e quando è da solo si siede a terra, la schiena appoggiata al bordo del letto, entrambe le mani sulla faccia e gli occhi chiusi.
 
Non ha idea di come si sente, ma avrebbe tanta voglia di sprofondare in un abisso e non tornare più in superficie, di nascondersi per sempre.
 
Vorrebbe capire come gli è venuto fuori tutto quello che ha detto. Non sa neanche se lo pensa veramente, ma non cambia il fatto che sta uno schifo. Non tanto per quello che gli è uscito dalla bocca, ma perché solo adesso si rende conto che chiedendo spiegazioni, alzando la voce e disobbedendo a quelli che sono sempre stati gli ordini di suo padre ha ottenuto quello che non avrebbe mai voluto per sé: il completo abbandono da parte di tutti quelli a cui tiene.
 
Si è fatto prendere dalla rabbia con la persona più sbagliata di tutte e rimane lì, rannicchiato su se stesso, stringendo più le ginocchia al petto e cercando quasi di fare da scudo con il suo stesso corpo contro qualcosa di invisibile che potrebbe assalirlo da un momento all’altro, perfettamente consapevole del fatto che d’ora in poi contare solo su se stesso sarà tutto quello che dovrà fare per andare avanti e sopravvivere all’ondata di solitudine che l’ha appena travolto. 

 
[1] Il cognome utilizzato dal mostro dei capitoli precedenti, McKay, è preso in prestito da un personaggio di Dexter, Hannah McKay, presente nelle ultime due stagioni della serie tv.
[2] Battuta barbaramente “scopiazzata” dall’episodio 2x06 “No exit”. Dean la pronuncia quando entra nella Roadhouse insieme a Sam e trova Jo ed Ellen litigare. 
[3] Negli Stati Uniti, la caccia alla selvaggina ha delle regole particolari: visto che entrare in apposite riserve o club di caccia è estremamente costoso, vi sono dei territori di macchia o foresta, situati accanto a degli appezzamenti agricoli, dove è possibile cacciare senza spendere una fortuna. L’unica cosa importante è prendere accordi con i contadini a cui appartengono i terreni vicini.
[4] Nell’episodio 4x19 “Jump the shark” Sam e Dean discutono sul fatto che questo stesso discorso – che il minore stava riproponendo al fratellastro Adam – era quello che John aveva fatto a lui quando voleva andare a Stanford, perciò questa piccola considerazione di Dean viene da lì. 

 
  
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