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Autore: Amantea    08/10/2015    21 recensioni
Dall'episodio 36, la mia 'visione', narrata da Oscar, dell'ultimo incontro con Maria Antonietta.
"Il sole lambisce l'orizzonte e vi si adagia. Mi chiedo perché il tramonto sia l'ora degli addii. Sarà forse per i colori che indorano il paesaggio, per la confidenza che dà l'approssimarsi della sera."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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COME PETALI NEL VENTO




Osservo il giardino del Palazzo, le mani sulla balaustra di marmo, lo sguardo sospinto tra il roseto e le siepi aromatiche.

Mi chiedo dove ci porterà quest'estate torrida, e questo sole così splendente, che pure non riesce a scaldarmi.

E tu, cosa pensi, André?

 

Sei arrivato alle mie spalle, in silenzio, su questo balcone.

Il mio custode, tu, nel tuo modo discreto e gentile, sempre lo stesso, da una vita a questa parte. Mi osservi, un passo dietro a me, e non dici nulla.

Forse mi credi assorta, forse pensi che non ti ho sentito.

E invece vorrei gridarlo che ti sento, André. Ogni giorno un po' di più.

Ma non riesco a proferire parola.

Lasciami qui ancora un poco, André.

Lasciami pensare, ancora un'ultima volta, alla mia Regina. Al destino di questo nostro Paese. Alla decisione che ho preso.

E poi, te lo prometto, verrò con te, a Parigi.

 

 

I tacchi risuonano secchi nel lungo corridoio silenzioso. L'elsa racchiusa nel pugno, un'abitudine, tintinna appena nel ritmo feroce dei miei passi.

Ho il fiato corto, lo trattengo. I polmoni bruciano ogni volta che inspiro aria.

Qualcosa mi chiude la gola, annaspo e ingoio.

Il sapore del sangue non mi abbandona mai, è un retrogusto ferroso sulla lingua, un demone seduto sul mio petto.

Lo irrido.

Non sarà la tisi a uccidermi. Che sia ben chiaro, lassù.

Non morirò con la bocca premuta contro un fazzoletto, tra rantoli e umori schifosi.

La sola idea mi fa ribrezzo. Io sono un soldato, e i soldati non possono morire di consunzione. I soldati muoiono in battaglia.


Mi chiedo se la mia Regina noterà il mio pallore, le ombre scure sotto gli occhi, la mia magrezza.

Avanzo decisa, sono stata annunciata, ero attesa.

Ha sempre tempo per me.

E finalmente, la vedo.

 

Siete ancora bella, Maestà. Gli occhi un poco meno grandi, il volto affilato.

Nel Vostro sguardo la stessa fierezza di quando Vi proclamarono Regina. 

Vi osservavo, anche allora. Sono sempre stata al Vostro fianco. Era il mio dovere, l'ho compiuto.

Un brivido percorre la mia schiena.

C'é stato un tempo in cui Vi bastava uno sguardo, perché io comprendessi il Vostro volere.

C'è stato un tempo, Maestà, che eravate solo una Principessa-bambina, e io un maschiaccio al comando delle Guardie Reali.

Ero così irruente al tempi, così impulsiva, presuntuosa, sicura dei miei giudizi e del mio mondo.

E voi così capricciosa, così volitiva, fresca e ingenua come una rosa appena sbocciata.

Cosa siamo adesso, mia Regina?

Donne, entrambe, adulte, senza dubbio.

Ma dentro non siamo cambiate poi di molto... e so che concordereste con me.

 

Sento i Vostri occhi osservarmi, mentre mi donate un sorriso sincero.

Mi inchino al Vostro cospetto.

Vi siete forse accorta della mia esitazione.

Il pavimento è talmente lucido che incontro il mio stesso volto.

C'è un motivo per cui non mi guardo mai allo specchio. Mal sopporto la mia immagine riflessa, per un certo senso d'ineluttabilità, e qualche inevitabile rimorso.

Nulla in confronto alla tragedia che Voi dovete sopportare.

Non sono in grado di comprendere il dolore di perdere un figlio.

Il tempo Vi ha resa sposa, amante, madre... ed io, invece, come allora, sono ancora e solo una Vergine di ghiaccio.

 

Mi accogliete con parole gentili, cariche di affetto.

Sono venuta a ringraziarVi per avermi perdonata. E Voi mi confidate di sentirVi alquanto sola, e preoccupata.

Mi annunciate che truppe provenienti da tutta Europa stanno marciando verso Parigi.

Lo dite con orgoglio e soddisfazione. Siete la Regina di Francia, e terrete alto l'onore della Corona.

E io mi sento morire.

 

Di nuovo il gusto salmastro del sangue mi offende il palato, lo caccio in gola con tutta la forza che mi rimane. Vorrei tanto poterVi aprire il mio cuore.

Vi urlerei di ascoltare il popolo. Il Vostro popolo. Di accontentarlo nelle sue richieste. Di essere magnanima, generosa, illuminista e visionaria, perché io so di cosa sto parlando.

I miei soldati sono povera gente. L'uomo che mi ama è un uomo del popolo.

Siamo uguali, io e lui. Voi ed io. Potremmo essere liberi, magari anche felici, un giorno.

Non permettete che sparino sulla folla.

 

Ma non dico nulla, sarei una folle più di quanto non mi senta già.

Voltate il busto verso il parco.

La veste sontuosa si ricompone sulla Vostra figura, come ali di farfalla dischiuse e poi riaccoste al corpo.

Non avete nessuna intenzione di spiccare il volo.

Il Vostro sguardo è pesante e denso come piombo. Ogni fibra del Vostro essere è abbarbicata in questo luogo.

Difendereste il trono con il Vostro sangue se necessario, e altro lo lascereste versare, in nome della Vostra Dinastia.

 

I soldati sono arrivati dunque a Parigi.

E io, presuntuosa come vent'anni fa, torno da Voi.

Mi accogliete all'aperto stavolta.

Un fuoco indomito mi dà il coraggio di parlare, di nuovo inginocchiata davanti a Voi.

Un'amicizia antica ci unisce. Sollevo gli occhi, Vi cerco.

-Ve ne supplico, Maestà, fate in modo che i soldati lascino immediatamente Parigi. Perché qualunque cosa accada bisogna evitare uno scontro tra il popolo e la famiglia reale.

-Sì, Oscar, ma se accadesse questo... Voi mi restereste vicino per difendermi?

-Maestà, io... ho lasciato da tempo la Guardia Reale, lo sapete.

 

Il sole lambisce l'orizzonte, e vi si adagia.

Mi chiedo perché il tramonto sia l'ora degli addii.

Sarà forse per i colori che indorano il paesaggio, per la confidenza che dà l'approssimarsi della sera.

Per la pesantezza di questo silenzio, carico di emozioni senza voce.

O forse è solo questo vento estivo, che sa di fiori e di sale, e agita i cuori, da dentro. Che inanella i capelli di fili di luce, e gonfia le vesti con sapienza di risacca.

Sento i miei occhi farsi liquidi, e la Vostra immagine davanti a me sfuma di un poco.

Io so cosa fare. So che, se i miei soldati me lo chiederanno... se André me lo chiederà, io combatterò per la libertà del popolo di Francia.

Non sono riuscita a farVi cambiare idea... 

 

Piccoli cristalli risplendono nei Vostri occhi, gemelli dei miei tra le lacrime.

Ora è chiaro ad entrambe: è l'ultima volta che la vita ci pone l'una di fronte all'altra.

Vicine, eppure infinitamente distanti.

Guardo l'abisso che si è aperto sotto ai miei piedi, e non lo temo.

 

Le Vostre ultime parole mi raggiungono quando ormai mi sono congedata.

Non mi volto, esito.

-Perché state piangendo come se non dovessimo vederci più?

Questo non è un addio.

Vorrei che fosse così, Mia Regina. Vorrei davvero che fosse così.

Forse avete ragione... forse qualcosa ci unirà ancora.

Forse moriremo in un modo simile, ognuna combattendo la sua battaglia.

Questo penso, anche se non posso dirVelo.

Vorrei tanto augurarVi una vita ancora lunga, e felice.

Ma non so se ne avrete il tempo: non sembra anche a Voi che le nostre esistenze siano appese ai fili della Storia, trascinate in un ordito più grande e imperscrutabile, che tutto muove e travolge?

Eppure, sapete... non ho paura... se chiudo gli occhi... e lascio che questa brezza mi smuova i capelli e i pensieri... mi par di vedere un mare smeraldo sotto di me... e su di esso posso vedere il mio corpo rutilare, fragile forse, ma libero, infine, e leggero al contempo...

Non siamo altro, in fondo, che petali nel vento.

 

 

 

 

 

 

   
 
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