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Autore: Stella cadente    08/10/2015    7 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XXII.
A Parigi

 
Olympe
 
 
 
«Siete la signorina de Chateaupers, vero?»
Guardai l’uomo che mi stava davanti con diffidenza, poi feci un segno di assenso.
Virgile Grenonat, a quanto ne sapevo, era anche più vecchio di Claudie Frollo, ma si conservava insolitamente bene per avere più di quarant’anni.
«Benissimo. Sono spiacente per il processo, credo che il precedente Inquisitore sia stato un po’ … intransigente, per tutti questi lunghi anni. Dico bene?»
Lo guardai. Non sapevo cosa rispondere.
A che gioco state giocando?
Mi schiarii la voce: dovevo pur dire qualcosa, in fondo.
«Sì» feci. «Presumo di sì».
Grenonat sorrise – un sorriso che mi sembrò stranamente accomodante.
«Signorina de Chateaupers» esordì. «Non sentitevi in soggezione, quando parlate con me. Frollo è stata spodestata ormai, non c’è ragione di avere questo atteggiamento.  Ma badate bene» mi avvertì «non vi sto dicendo che voi possiate comportarvi in maniera informale, nei miei confronti.»
«Sì, signore. Lo so».
Grenonat sorrise di nuovo.
«Sono certo che andremo molto d’accordo, signorina de Chateaupers. Eppure devo chiedervi» continuò «perché tutto quel trambusto, al processo».
Silenzio.
«Ho saputo che siete stata sottoposta alla prova del grano, che si è rivelata negativa».
Quella frase riportò alla mia memoria tutti i soldati che mi accerchiavano, il capitano di Montespan che gridava minacce di morte, gli uomini che ridevano, che mi picchiavano e mi additavano. Era stato umiliante.
Ero stata liberata da poco, sotto l’ordine di Grenonat, e ora mi trovavo nel suo studio – nello studio che prima era quello di Frollo. Mi guardai le braccia: ero ricoperta di lividi.
«Sì» ebbi la forza di dire, dopo aver preso un sospiro. «È così.»
Grenonat assottigliò gli occhi, come se stesse temendo che dicessi il falso.
«Sapete, signorina de Chateaupers» disse poi «per quel che ne so, voi eravate quanto più vicino fosse a Claudie Frollo, all’interno della Corte di Giustizia.»
Ecco dove voleva arrivare, il farabutto.
«Pertanto» continuò «devo chiedervi di affiancare me adesso, così come avete affiancato lei, in qualità di Viceministro della Giustizia.»
Pausa.
Viceministro? Cosa?
Non avevo ancora realizzato quello che mi aveva appena detto.
«Se non siete disposta a farlo, vorrà dire che potrei pensare che … anche voi tramiate qualcosa» aggiunse, con l’ombra del sospetto nella voce da serpente.
«Sono disposta, signore.» dissi solo. Sentivo un rivolo di sudore freddo scivolarmi lungo la tempia. «Volevo semplicemente vedere se avevate da aggiungere altro.» conclusi.
«Benissimo» si rallegrò l’uomo. «Allora devo spiegarvi delle cose, signorina de Chateaupers. Potrei chiamarvi Olympe?» chiese poi.
«Come volete, signore» dissi io in tono piatto.
«D’accordo. Olympe» cominciò. «Il piano che ho in mente, e che sto per spiegarvi, deve essere molto preciso e mirato. Come sapete, Frollo aveva già pensato allo sterminio degli zingari, alla loro eliminazione dalla nostra sacra Città» disse. «Tuttavia, abbiamo appena scoperto che non si è dimostrata all’altezza del suo compito; non solo non lo ha mantenuto, ma ha profanato il suo stesso nome e la sua stessa carica.» la voce gli si intrise di quello che sembrava disgusto.
Non fiatai.
«E dunque» concluse «chiedo a voi di occuparvi di questa missione.»
Come, prego?
«Accanto a me diventerete molto grande, Olympe» aggiunse. «Voglio fare in modo che abbiate prestigio, qua dentro. Anche se» convenne «non credo ci si possa più fidare di nessuno, oramai.»
Quello che diceva non mi tornava. Mi era già sembrata abbastanza rivoltante l’idea di dover cacciare, imprigionare e uccidere gli zingari, ma ora mi chiedevo: qual era il vero obiettivo di Grenonat? Che cosa avrebbe fatto quell’uomo, mentre io avrei macchiato le mie mani di sangue innocente?
Ero combattuta. Chiederlo, oppure no?
Ora che ero Viceministro accanto ad un’altra persona, non sapevo come funzionassero le cose, e sebbene la mia carica fosse prestigiosa avvertivo un brutto presentimento.
«Voi che cosa farete, signore?» mi sbilanciai alla fine.
Sul volto di Virgile Grenonat apparve un sorriso che non mi piacque per niente.
«Speravo che me lo avreste chiesto, Olympe» disse, raggiante. «Io ovviamente mi occuperò della Corte.»
Aggrottai le sopracciglia. Subito dopo, Grenonat assunse un’aria determinata.
«Se Frollo ha tradito la sua professione di Giudice, allora potrebbe averlo fatto chiunque.» spiegò.
La cosa cominciava a non piacermi.
«Che significa?»
Il giudice piantò i suoi occhi verdi nei miei.
«Significa che tutti i membri della Corte di Giustizia subiranno un interrogatorio. E poi» disse «dovrò radunare un esercito per cercare Claudie Frollo.»
Ero impietrita, come se avessi messo le radici nel pavimento.
«Perché?»
Era la domanda più stupida che potessi fare – difatti, il giudice mi guardò torvo – ma al momento non me ne venivano in mente altre.
«Non penserete che quella traditrice possa scappare così?» chiese, retorico. «In tal caso, vi invito a rinnovare la vostra idea, Olympe. Acciufferò quella criminale e la vedrò bruciare con i miei occhi. Lei e quello sporco zingaro a cui si è unita.»
Deglutii.
Le cose cominciavano a mettersi male.
 
****
 
 
Parigi era in fiamme. La guardavo in tutta la sua magnificenza, dall’alto della torre che mi era stata già riservata da Grenonat al Palazzo di Giustizia; sembrava un quadro dell’Apocalisse, con tutte quelle colonne di fumo che si levavano dalle case e dagli edifici. Notre-Dame era accerchiata da volute scure e i falò erano così numerosi da aver tinteggiato il cielo di un cupo rosso rame.
Sospirai; non potevo fare niente per fermare tutto ciò.
Ormai da ore ero chiusa in quella stanza, schematizzando di malavoglia i posti per le pattuglie che il giudice mi aveva affidato per la caccia agli zingari.
Qui la questione si faceva seria. Fin troppo. Ma avevo le mani legate: non avrei mai potuto oppormi a Grenonat, se non volevo fare la stessa fine di tutti quei disgraziati rinchiusi nelle segrete del Palazzo.
Guardai l’orologio: a breve avrei dovuto cominciare. Sentivo il cuore battermi forte in gola. Io non volevo farlo.
Sospirai e uscii dal mio studio, cercando di non mettermi a piangere mentre mi recavo a radunare i soldati.
 
 
Cavalcai con finta calma nei sobborghi di Parigi; dietro di me, un’ordinata fila di uomini.
«Grenonat mi ha dato l’ordine di condurre una spedizione contro gli zingari. Voi siete abituati a questo, no?» chiesi, mentre i soldati mi fissavano – alcuni con troppa insistenza.
Silenzio.
«Bene» dissi, con tono risoluto. «Cercatene più che potete, e portateli al Palazzo di Giustizia. Mi occuperò io di loro».
Gli uomini si dileguarono, mentre io mi addentravo nelle strade con una piccola squadra a seguito, al galoppo su Achille che mi guardava contrariato.
 
 
Dopo circa un quarto d’ora vidi una ragazza.
Una zingara.
Mi salì un groppo alla gola, sapendo quello che dovevo fare – sapendo cosa avrei fatto.
Un soldato mi guardò, come per ricevere un segnale. Feci un cenno di assenso.
«Prendetela» dissi poi, diretta agli uomini, che si lanciarono subito su di lei.
Sarebbe scappata più veloce del vento, se solo avesse avuto il tempo necessario per farlo. Sarà stata sui venticinque anni; era alta, con lunghi ricci neri e un’aria sbarazzina. Sul suo volto, tuttavia, era poggiata un’espressione smarrita, preoccupata quasi. Ma non era per il fatto di essere stata avvistata e circondata, si vedeva. Era per qualcos’altro, perché riservava ai soldati uno sguardo di puro e sfacciato coraggio.
Assomigliava a qualcuno …
Spalancai gli occhi, mentre lei si dibatteva con tutte le sue forze per sfuggire – inutilmente – agli uomini che la accerchiavano.
È la sorella di Eymeric.
L’avevo vista alla Festa dei Folli, me la ricordavo benissimo.
Quando finirà tutta questa crudeltà?
«Portatela nelle segrete.» feci, impassibile.
Fu in quel momento che lei mi guardò. E mi riconobbe, perché aggrottò le sopracciglia e i suoi occhi verdi – così simili a quelli del fratello – si riempirono di quella che sembrava paura mista a delusione.
«Voi …» sussurrò.
Feci un cenno ad uno degli uomini che le stavano più vicino e quello la immobilizzò mettendole delle manette.
«Adesso vedrai come ti diverti, carina …» le sussurrò. La zingara – mi sembrava si chiamasse Antea – fece una smorfia di disgusto.
«Non osate trattarmi come fossi una …» cominciò lei.
«Silenzio» ordinai, voltandomi. «Non voglio che nessuno dica neanche una parola fino a che non saremmo arrivati. Chiaro?»
Antea si limitò a chinare il capo, mentre il soldato si zittì.
 
 
****
 
 
Era calata la notte, e non riuscivo a dormire.
La vergogna che avevo di me stessa era troppa. Le atrocità a cui dovevo assistere erano troppe.
Grenonat si era divertito molto con Antea; la povera ragazza, una volta che il giudice aveva scoperto che era la sorella di Eymeric, era stata sottoposta alla tortura dello stivaletto, e poi messa alla gogna, sotto gli occhi di tutti che la additavano e la deridevano, la guardavano e la esaminavano, come fosse uno strano animale, per quattro giorni. Sapevo, in un certo senso, cosa si provasse, ed era orribile.
Avevo sentito le sue urla, mentre le spaccavano le ossa con quell’arnese. Avevo sentito gli insulti che rivolgeva al suo aguzzino, il modo in cui coraggiosamente non aveva mai supplicato, ma in cui il dolore l’aveva piegata, attimo dopo attimo.
E poi l’umiliazione, in piazza, di fronte a Notre-Dame, afflosciata su se stessa, con le gambe che le dolevano ad ogni passo e le ossa che premevano contro la pelle per uscire.
Le lacrime onnipresenti, seccate in quegli occhi ormai spenti e vuoti.
Uno spettacolo straziante.
Mi veniva spontaneo chiedermi se anche Frollo usasse quei metodi, con gli zingari. Io ne ero sempre stata all’oscuro, e preferivo che rimanesse così.
Da quando Grenonat aveva cominciato la sua caccia, Parigi non era più la stessa – in confronto, anche quando al comando c’era Frollo sembrava un luogo più pacifico. Gli zingari venivano perseguitati, ma con loro anche i comuni cittadini. Ogni giorno gli interrogatori si susseguivano in una giostra incessante. Grenonat diventava più paranoico col passare dei minuti ed io non riuscivo a vedere un’uscita in tutto questo.
L’unica cosa che potevo fare, era sperare.
Un mese prima non l’avrei mai detto, ma speravo che, in qualche modo, Claudie Frollo riuscisse a tornare in carica.
Fissai il soffitto, tentando con tutte le mie forze di respingere le immagini del viso scarno di Antea che non mi permettevano di dormire.
Ormai risiedevo stabilmente nell’ala principale del Palazzo di Giustizia. Grenonat aveva molto apprezzato la mia efficienza, e mi aveva rivelato che probabilmente avrebbe avuto per me un incarico da Giudice.
Era un sogno che si coronava per me, ma in quel contesto sembrava più un enorme incubo da cui speravo di svegliarmi il prima possibile.
Eymeric lo avrà già saputo che sua sorella è stata deportata …
Chissà come si sente.
Mi odierà.
Eymeric mi odierà.
Che cosa ho fatto …?
Strizzai gli occhi e feci come per rigirarmi dall’altra parte, ma dei rumori provenienti da fuori attirarono la mia attenzione.
Era un vociare, che io sentivo ovattato per via dell’altezza della torre, ma dal tono non sembrava affatto una discussione amichevole, e questo mi allarmò.
Soprattutto quando distinsi chiaramente la voce fine e temibile di Virgile Grenonat.
Mi alzai, con gambe tremanti, e mi avviai verso la grande finestra che dava su tutta Parigi, rabbrividendo di continuo per quello che probabilmente avrei visto. Mi affidai alla luce della luna: non mi portai una torcia, perché non volevo attirare l’attenzione.
E, quando vidi cosa stava succedendo, ebbi la conferma che sì, sarebbe stato meglio così.
L’ Inquisitore stava ordinando a cinque uomini del suo esercito di portare nelle segrete del Palazzo una donna, che cercava di spiegare – cosa? Che stava succedendo?
Ma fu quando mi resi conto di chi fosse l’imputata che provai una fitta orribile e improvvisa di paura, che mi arrivò fino al cervello – e, al tempo stesso, capii perché Grenonat mi avesse promesso un incarico più elevato.
Riconobbi subito la sagoma magra e slanciata, i capelli biondi, la carnagione pallida. E una toga da Giudice.
Quella era Marguerite Rousseau.
Una della Corte di Giustizia.

 
 
 
 
  
Questo capitolo è stato un po’ un minestrone di eventi, ma spero che sia comunque risultato sufficientemente chiaro.
Olympe si trova in una posizione di svantaggio: non sa come fare, mentre sotto il controllo di Grenonat Parigi sta andando a scatafascio, arrivando persino a vedere nelle segrete del Palazzo di Giustizia gli stessi Giudici. Claudie Frollo sembra essersi volatilizzata e – ahimè, da questo potrete ben capire quanto sia grave la situazione – la nostra protagonista rimpiange il periodo in cui a dettare le regole era il nostro Inquisitore Supremo, ora spodestato.
Antea, la sorella di Eymeric, viene catturata e torturata. E adesso potrete ben capire come reagirà il nostro coraggioso (e decisamente impulsivo) zingaro, una volta appresa la notizia …
In poche parole: un bel casino.
Spero, come sempre, che comunque vi sia piaciuto :)
Alla prossima,
Stella cadente

PS Vorrei ringraziare  tantissimo Helen_TheDarkLady per essersi offerta di fare un collage e per aver fatto la meraviglia qua sotto. Quando ho visto questa immagine ho capito che è solo grazie a voi se questa storia è quello che è. Mi sembra ieri che ho postato il primo capitolo, con la convinzione che pochi avrebbero recensito. Sono quasi cinque mesi che la scrivo, e in questi cinque mesi Paris è diventata grande grazie a voi lettori, che mi spronate ad andare avanti.
Siete meravigliosi.
GRAZIE MILLE.






 
  
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