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Autore: Word_shaker    09/10/2015    3 recensioni
Jane Foster, dopo aver guardato il telegiornale ed aver scoperto che Thor è stato a Midgard (ma non è neanche passato a salutarla), cerca di scoprire qualcosa di più su di lui da chi è rimasto accanto a lui durante quella folle battaglia tenutasi a New York. L'unico che si sforza di raggiungere è Tony Stark, ma Jane non sa che il destino, cercando di accontentarla, le offrirà diverse occasioni di parlare con gli Avengers per sapere di più su Thor. Cercando i Vendicatori, imparerà a difendere e coltivare il suo amore, nonostante tutto.
Genere: Comico, Commedia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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«Darcy,» stava dicendo Jane ad alta voce con un palpabile nervosismo, la testa inclinata, il cellulare incastrato fra l’orecchio e la spalla e le mani - più o meno - salde sul volante «ti ho detto che non posso parlare, sto…» …Avrebbe dovuto continuare la frase con “guidando”, ma, sfortunatamente, proprio mentre svoltava a destra per raggiungere la destinazione, aveva preso il marciapiede e il pick-up si era ingranato in una posizione a dir poco sguaiata su quel tratto di strada. 
Poiché la sua auto non intralciava la circolazione, l’astrofisica decise di lasciarla lì dov’era e di raggiungere il palazzo di Tony Stark a piedi; in fondo, si trattava solo di qualche metro.
Jane Foster aveva il cellulare in tasca, il quadernino che conteneva tutte le sue ricerche fra le mani ed una domanda che perseguitava ogni tratto della sua anima: perché Thor era stato a Midgard e non era andato a trovarla? Perché non l’aveva cercata e non le aveva detto nulla? Insomma, si trattava della loro relazione! «Se vuole mettere fine al nostro rapporto, che faccia l’uomo e me lo venga a dire!» aveva ripetuto più volte alla sua stagista, ma ormai non era più tanto convinta di quanta virilità potesse avere un uomo sfuggente.
Per darsi pace, nella speranza che i Vendicatori sapessero qualcosa in più di lei, Jane aveva deciso di andare a parlare con Ironman soltanto perché era il più facilmente rintracciabile: i giornali dicevano che, probabilmente, Bruce Banner era tornato a Calcutta, Steve Rogers si era trasferito nella capitale - un viaggio che lei, più per mancanza di tempo che di denaro, non si poteva permettere il lusso di affrontare - e per rintracciare Occhio di Falco e la Vedova Nera avrebbe dovuto chiedere aiuto allo S.H.I.E.L.D… Cosa che, per questione di orgoglio, non avrebbe mai fatto. Perché far credere alla concorrenza che una brillante scienziata aveva bisogno del loro aiuto, specialmente in ambito amoroso? 
Citofonò - e ci mise un po’ per capire come fare, dato che il citofono di casa Stark era costituito da un touch screen - per poi sentire una voce che chiedeva: «Lei è?» 
«Jane Foster, astrofisica» rispose Jane con tutta la fermezza che possedeva in quel momento. 
«Il signor Stark non riceve nessun’astrofisica di nome Jane Foster, oggi» disse quella sorta di segretario che si trovava dall’altra parte dell’edificio.
«Lo so… Mi chiedevo se avesse dieci minuti per un paio di domande» 
«Sono a fine scientifico?»
«Sono qui per chiedergli di…» stava per raccontare tutta la verità, quando la porta si aprì e quella voce esclamò: «Benvenuta in casa Stark, signorina Foster! Il signor Stark la aspetta al secondo piano».
Chissà a chi apparteneva quella voce? Quell’uomo, a giudicare dalla sua educazione e pacatezza, doveva essere un santo. 
Il quadernino stretto al petto, gli occhi spalancati dallo stupore, percorse ogni gradino sperando che quella visita servisse a qualcosa. Quando arrivò al secondo piano, davanti ad una grande porta di vetro, un uomo la aspettava con le braccia spalancate ed un sorriso accogliente.
«Jane! Sapevo che saresti venuta da me, prima o poi» disse con una sovrabbondanza di superbia. Perché sapeva che, prima o poi, lei l’avrebbe cercato? Che sapesse cose sulla sua vita sentimentale che lei non conosceva? E se Thor, fra tutti quei combattimenti, gli avesse confidato che, per lui, Jane era un capitolo chiuso? Se la sua non fosse stata una semplice considerazione dovuta alla superbia? Quanto più le domande si affollavano nel suo cervello, tanto più lo sguardo della donna si faceva assente e sospettoso.
Presto, Tony le cinse le spalle con un braccio e la invitò ad entrare in quello che aveva l’aria di essere un bar. Nonostante fosse arredata in chiave moderna e fosse un po’ eccentrica, quella stanza conservava il tocco familiare ed accogliente tipico di una sala in cui si ricevono degli ospiti.
«Che cosa ti piacerebbe bere? Un caffè? Un tè nero? O preferisci un Martini?» chiese lui mentre cominciava a trafficare con alcune bottiglie dietro un bancone.
«Come, scusi? Sono appena le cinque, un Martini forse è esagerato…» osservò con la fronte corrugata mentre si sedeva su una di quelle alte sedie che costellavano il bancone.
«Niente è esagerato quando si tratta di me, Jane» commentò Tony con un sorriso scaltro, per poi sentenziare con uno sguardo che non ammetteva obiezioni: «E non darmi del lei, mai più».
«Credo che prenderò un caffè» decise la scienziata, il quadernino sulle ginocchia e la testa leggermente inclinata.
«Non è la scelta che avrei fatto io, ma… Va bene, un caffè in arrivo per Jane Foster!» esclamò mentre cominciava a preparare quanto richiesto; dopo qualche secondo, porgendole una tazzina colma del liquido scuro, domandò: «Ho sentito parlare molto di te. Come vanno le ricerche?» 
«Bene. Molto bene, in realtà! Ultimamente sto facendo parecchi progressi e ho anche ottenuto uno studio, ma non so per quanto tempo ci lavorerò… Solitamente preferisco fare le mie ricerche per conto mio»; Jane gli raccontò quelle cose come se lo conoscesse da una vita, confidando nel fatto che lui, avendo sentito parlare di lei, avesse associato il suo volto alle ricerche svolte nel campo della teoria Foster, più che alle peripezie amorose del Dio del Tuono.
«Ti capisco perfettamente!» esclamò lui mentre annuiva con uno sguardo eloquente. Anche il signor Stark - questo era risaputo - preferiva lavorare autonomamente; scelta che Jane condivideva pienamente.
La donna prese a sorseggiare il caffè (doveva ammettere che il magnate, con le bevande, non se la cavava affatto male!), mentre lui riprese a parlare.
«Sai, mi piacerebbe farti vedere i miei giocattoli, visto che sei qui. Non puoi perderteli»
Dopo aver bevuto tutto il caffè, Jane rispose: «In che senso “giocattoli”
«Sì, insomma, le mie armature. Ne ho parecchie… Anche se prima mi piacerebbe sapere che cosa ti ha condotta qui». Il suo volto non era turbato, tanto meno dispiaciuto; semplicemente mostrava una curiosità di fondo, una curiosità non ancora contaminata dal sospetto.
Prima che Jane cominciasse a parlare, lui si era posto dietro di lei e aveva messo le mani sulle sue spalle. L’astrofisica, istintivamente, sussultò e si strinse nelle spalle, guardandolo con circospezione.
«Jane, rilassati!» le ordinò pacatamente mentre cominciava a massaggiarle le scapole. Un po’ sorpresa del suo comportamento, pur di ricevere le informazioni tanto agognate, lei obbedì.
«Aspetta: non ci stai… Provando, vero?» domandò, dubbiosa.
«Provarci? Io? Che cosa te lo fa pensare?» rispose lui con eccessivo sarcasmo ed un sorriso malizioso. Pensando che arrivare al punto fosse la cosa migliore, Jane decise di proseguire.
«Thor non è venuto a trovarmi mentre era qui sulla Terra e non so che cosa fare, se considerare la nostra storia finita o se pensare che mi abbia dimenticata». La sua voce era fluida, al contrario dei suoi pensieri. Quei dubbi spinosi le facevano male, non le lasciavano un attimo di respiro, non la facevano dormire.
«Mmh,» rispose Stark, placido «ha parlato di te. Si è assicurato che tu stessi bene e fossi protetta, e se posso dire qualcosa a sua discolpa, non ha avuto molto tempo per bussare alla tua porta per colpa di Loki. E’ dovuto ripartire subito dopo la conclusione della battaglia».
«Davvero? Quindi–» Jane non poté continuare a parlare perché lo stupore glielo impedì: sentì le labbra di Tony premute contro il suo orecchio, la sua voce calda e disinvolta così vicina al suo udito che quasi la percepì scorrere nelle vene; «Io sarei riuscito a trovarli comunque, cinque minuti per te».
«Davvero?» domandò di nuovo, paonazza ed accaldata. Lei non era abituata a quel tipo di contatto. 
Abbassò lo sguardo e, ripensando alle parole di lui, sorrise. Thor si era assicurato che lei venisse protetta. Forse, dopo aver fatto pagare a Loki i suoi delitti, sarebbe tornato da lei per farle una sorpresa. C’era ancora speranza, dopotutto. Poteva ancora avere la certezza di essere amata, e questa certezza per lei era una fonte preziosissima di forza. Quante notti l’aveva sognato, quante volte, fissando le stelle, aveva immaginato che lui, lontano almeno due galassie da lei, le stesse sorridendo! Quante volte era andata a dormire con la malinconia in mezzo agli occhi, sperando nel suo ritorno… Jane non voleva vederlo dietro le immagini di uno schermo, mentre un giornalista parlava con una voce piatta di tutte le sue imprese. Jane voleva toccarlo, voleva sentirsi chiamare dalla sua voce, sentire il suo odore, fare ciò che ogni coppia fa; voleva andare a pattinare con lui, voleva studiare le stelle con lui… E tutti quei sogni e quelle speranze erano stati ricomposti, grazie ad un paio di belle parole, nella stessa velocità con la quale si erano frantumati davanti ad uno schermo televisivo. Probabilmente avrebbe dovuto comprare un regalo da dare a Thor quando fosse venuto sulla Terra… Sì, questa era una buona idea.
Due emozioni differenti si stavano impadronendo di lei: la tenerezza verso Thor e la soggezione in cui la stava mettendo Tony. 
«Ehm… Mi dicevi dei tuoi giocattoli…» ribatté ad un certo punto, guardandolo, decisa a non fare attenzione alle sue avances - o presunte tali -. 
«Quindi vuoi vederli?» domandò lui con gli occhi che gli brillavano dall’emozione. La sua espressione assomigliava a quella di Charlie mentre scopriva di aver trovato l’ultimo biglietto d’oro della cioccolateria Wonka.
«Sì» rispose nitidamente. In fondo, Jane aveva ottenuto quel che voleva, aveva scoperto - o meglio, immaginato - che, probabilmente, Thor sarebbe venuto presto a farle visita e tutto il mondo (perlomeno il suo, di mondo) sembrava sorriderle. Aveva tutto il tempo del mondo per vedere le armature di Tony Stark, adesso.







   
 
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