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Autore: DAlessiana    10/10/2015    2 recensioni
“Cosa ti porta a Washington?” chiese, una volta incamminatosi con lei “Il BAU. Vorrei entrare nella squadra e, per miracolo, ho ottenuto un colloquio con l'agente Aaron Hotchner, che è a capo dell'unità. Devo sostenere il colloquio e se andrà bene e le mie preghiere verranno esaudite, lavorerò con la migliore squadra mai vista in campo!”
PRIMO CAPITOLO MODIFICATO!
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aaron Hotchner, Jennifer JJ Jareau, Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Ti rendi conto? Ci ha visti, Kim! Roberto ha visto me e Stephen mentre ci baciavamo nonostante fossimo a quasi tre isolati da casa mia!” urlò Aurora verso quella che era la sua migliore amica, lei sapeva della relazione clandestina tra Aurora e Stephen e, alcune volte, si ritrovava a coprire l'amica.
“Calmati! Pensi davvero che correrà a raccontarlo ai tuoi?” la prese per un braccio e la trascinò in un luogo più nascosto, perché altrimenti l'avrebbe saputo tutta la scuola per quanto Aurora urlava.
“Tu non hai visto il suo sguardo...era così freddo e, credo, deluso. Poi ha guardato Stephen come se fosse il peggior criminale” spiegò Aurora, dopo aver ripreso fiato. Rabbrividì ricordando gli occhi del fratello su di loro. Avevano preso tutte le precauzioni: Stephen quando l'accompagnava la lasciava minimo due isolati prima, poi non andavano mai in posti dove avrebbe potuto incrociare qualche membro della sua famiglia, aveva perfino calcolato gli orari esatti quando i suoi e il fratello uscivano di casa.
“Prima o poi vi avrebbero comunque scoperti! Siamo serie, Aurora, da quanto va avanti questa storia? Due? Tre mesi? Non ho mai capito come fate a vivere una relazione in questo modo, stando sempre e costantemente attenti ad ogni passo che fate” disse Kim in modo sincero. Aurora pensò che avrebbe rifatto tutto perfettamente uguale, perché Stephen era la cosa migliore che le era capitata e avrebbe dato la vita per lui.
“Non riesco nemmeno a immaginare una vita senza di lui, Kim. Lo amo davvero e se questa storia è tutto un grosso errore, allora è il mio sbaglio più grande che ripeterei anche ad occhi chiusi.” replicò Aurora e l'amica capì dal suo sguardo quanto l'amore per Stephen fosse grande, perché lei non era mai andata contro i suoi genitori, neanche se qualcuno l'avrebbe pagata, ma ora era bastata una festa ed un bacio dato in una frazione di secondo per farle cambiare idea così rapidamente.
“E allora, se ci tieni davvero a lui, parla con tuo fratello e se ti sa leggere negli occhi come me capirà che non può condannarti a morte!” l'ultima frase l'aveva detta per sdrammatizzare e anche perché lei non era un tipo che si perdeva in sdolcinate varie, al contrario di Aurora un'anima romantica come poche.


Non seppe il perché, ma quel ricordo le ritornò prepotentemente in mente e non fece a meno di sorridere ripensando ai rari momenti dolci di Kim. Ovviamente, il fratello l'aveva coperta e non era andato a spiattellare tutto ai genitori, conscio del fatto che l'avrebbe messa in guai seri, ma, ogni volta, non mancava di condividere insieme ad Aurora la sua disapprovazione sulla strada che aveva intrapreso.
Si passò una mano tra i capelli, come a scacciare i ricordi lontani perché sapeva che, prima o poi, sarebbero stati sostituiti con quelli dolorosi e non era pronta per affrontare nuove sofferenze.
Unì i capelli come se volesse legarli, ci pensò anche su, ma non lo fece e se li accarezzò portandoli sulla spalla sinistra, guardandosi le punte. Da quanto tempo non li tagliava? Le doppie-punte si potevano vedere da lontano per quante ne erano eppure, nonostante sua madre, fin da piccola, le ripetesse che i capelli lunghi e folti, come i suoi, andassero tagliati minimo due volte all'anno, lei non le aveva mai dato ascolto, perché Aurora non sopportava l'idea di doverli tagliare e solo se la situazione fosse stata tragica, come lo era adesso, avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di prendere un appuntamento dal parrucchiere.
Lo squillo del cellulare la riportò, suo malgrado, alla realtà che la circondava e dalla quale era scappata per alcuni minuti.
All'altro capo dell'apparecchio elettronico c'era Kate, che con voce incrinata dalla lacrime cercava di farsi capire dalla cognata. Aurora, tra i vari singhiozzi, riuscì a decifrare solo alcune parole, ma bastarono per metterla in allarme: Roberto è stato rapito.
Le disse che avrebbe mandato una pattuglia a prendere immediatamente lei e Ellie, per portarle in centrale e farsi raccontare tutto, dopo averle offerto qualcosa per calmarla, ovviamente.
Dopo aver chiuso la chiamata cercò con lo sguardo Morgan, perché se Roberto era stato rapito, quasi sicuramente anche Reid si trovava nella stessa orribile situazione. Lo trovò a fissare il cellulare in attesa di qualche segno di vita di Spencer o di Garcia, molto probabilmente.
“Roberto è stato rapito” gli disse, dopo essersi avvicinata abbastanza da non far ascoltare a nessun altro quella frase, che racchiudeva tutta la tragedia della situazione.
Dopo aver ottenuto, con successo, l'attenzione del federale, gli spiegò quello che Kate, tra le lacrime, le aveva raccontato. E, insieme, arrivarono alla medesima conclusione: Reid era stato rapito insieme a Roberto.
“Credo che dovremmo dirlo anche agli altri” sussurrò Aurora ed il suo sguardo si posò, inevitabilmente, sulla figura dell'agente Hotchner.
“Tu dici?” le rispose, in modo ironico, Derek, si passò una mano sul viso preparandosi mentalmente alla reazione di Hotch.
***
Reid si svegliò e sentì un dolore allucinante alla nuca, se la toccò con la mano buona e realizzò con sommo piacere che non sanguinava. Subito dopo si accorse che non era legato e che la stanza dove era stato confinato dovesse essere una specie di cantina. Con la luce fioca della lampadina precaria sul soffitto, distinse la figura di Roberto. La sua fronte sanguinava e, poco distante da lui, c'era una siringa vuota. Rabbrividì, realizzando che cosa potesse avergli iniettato, istintivamente si controllò le braccia e le gambe, costatando che a lui non era stato fatto alcun buco. Probabilmente, con una spalla fasciata e la pistola di Morgan presa da William, quest'ultimo non lo considerava un pericolo. Gli andò vicino e controllò il polso per verificare che fosse ancora vivo, sospirò quando lo sentì ed ebbe la conferma che era solo stordito. Prese la siringa accanto al corpo tremando leggermente con la mano, poiché in quei momenti i ricordi di ciò che aveva passato erano più vividi. La annusò e studiando meglio lo stato in cui giaceva Roberto, capì che doveva trattarsi di un banale sonnifero, giusto per tenerlo a bada un po'.
Si alzò in piedi ed iniziò a studiare scrupolosamente il perimetro nel quale erano confinati e, con non poca rassegnazione, vide che l'unico accesso era la porta in cima alla breve scala di legno. Non c'era neanche una finestra o un piccolo punto dove i raggi solari potessero far luce, quindi non sapeva se fosse notte o giorno e nemmeno da quanto tempo si trovassero in quel luogo.
Non restava altro da fare se non sperare di uscire da lì il più presto possibile sani e salvi.
Istintivamente pensò ad Aurora, al loro bacio e a quanto quest'ultimo lo facesse sentire in grado di toccare il cielo con un dito, cosa fisicamente impossibile, lo sapeva bene. Eppure quel piccolo gesto aveva racchiuso tutto ciò che potesse definirsi amore. Una volta, Hotch, nei primi anni di lavoro gli chiese di definire l'amore e lui rispose meccanicamente che esso non era altro che un processo chimico legato alla feniletilamina, molecola contenuta nel cioccolato e nei piselli.
Ora, però, dopo quello che aveva provato incrociando le labbra di Aurora si chiese che cosa fosse realmente l'amore, oltre ad una semplice reazione chimica. E, soprattutto, era quello che provava per l'agente Bianchi? Se sì, come doveva gestirlo?
***
Morgan e Aurora avevano deciso, di comune accordo, di dividersi i compiti. Lei avrebbe parlato al detective Brown, Rossi e JJ, mentre lui ad Hotch, dato che lo conosceva meglio dopo che aveva lavorato con lui per anni.
Derek sapeva che JJ e Rossi non rappresentavano un grosso problema e che si sarebbero concentrati solo sul trovare Reid e Roberto. Hotch, però, doveva fare la parte del capo e, seppur preoccupato per la vita di Roberto e Reid, sapeva che si sarebbe concentrato anche sulle azioni di Morgan, contro i suoi ordini.
Sorprendentemente, però, Hotch si era limitato ad uno sguardo severo e a dirgli che, a caso chiuso, avrebbe parlato con lui e Reid da soli in modo da chiarire tutto ciò che stava accadendo. Ora l'importante era trovare i due e riportarli a casa.
“Penso che sapete già tutto e che Aurora vi abbia informato dei fatti” esclamò Hotch appena uscito dalla stanza dove Derek gli aveva spiegato la vicenda.
“La cosa più importante è riportare Roberto e Reid a casa sani e salvi. Siamo tutti consapevoli delle probabilità e sappiamo quanto la tempistica sia essenziale in questi casi” iniziò il discorso e tutti erano attenti in attesa di ordini. Con la coda dell'occhio, Aurora intravide Kate e Ellie entrare in centrale e per evitare che ascoltassero cose alquanto spiacevoli andò da loro.
“JJ tu occupati di Kate e la figlia insieme ad Aurora. Morgan, tu e Rossi rivedete il profilo e tutto ciò che ci può far capire dove William si nasconda. Detective, io e lei studieremo una tattica per farci consegnare i due ostaggi possibilmente senza perdite. Dobbiamo fare del nostro meglio, muoviamoci.” appena le disposizioni furono date tutti si misero a lavoro con un solo scopo: riportare Reid e Roberto a casa.
***
Interrogare Kate non sarebbe stata una passeggiata e JJ lo sapeva. Lei era moglie e madre e poteva immedesimarsi in ciò che Kate stava affrontando, qualcuno le stava portando via il padre di sua figlia e l'uomo con cui aveva deciso di condividere il resto della sua vita.
Aurora, ovviamente, si occupò di tenere a bada Ellie e JJ sperò vivamente che questo non la portasse a fare promesse senza avere certezze concrete.
Fortunatamente tra un singhiozzo e l'altro, JJ ottenne qualcosa che si avvicinava ad una deposizione e poté ricostruire gli ultimi passi di Roberto. Stava per entrare nella stanza dove c'erano Aurora e Ellie, ma si fermò sentendole parlare.
“Riporterai a casa il mio papà, vero zia?” chiese la bambina con sguardo supplichevole, i suoi occhi grandi si specchiarono in quelli di Aurora.
“Certo, piccola.” rispose l'agente abbracciando la nipotina. Non avrebbe permesso a William di rovinare l'infanzia di Ellie e la vita di Kate. Loro non meritavano di soffrire, ma soprattutto, non avrebbe permesso a William di portarle via suo fratello e colui che gli aveva fatto battere di nuovo il cuore dopo anni di silenzio.
Sciolsero la stretta quando udirono la porta aprirsi e Aurora vide spuntare la figura di JJ. Con un solo sguardo capì che la conversazione con Kate fosse andata a buon fine e disse ad Ellie di correre dalla mamma, perché aveva bisogno di lei.
“Non dimenticare una cosa, Ellie. Se vuoi piangere, fallo. Se vuoi gridare, urla più forte. Se vuoi restare semplicemente in silenzio allora restaci. Non fermare le tue emozioni, fai ciò che senti.” prima di mandarla via le disse questa frase e JJ restò particolarmente sorpresa.
“Di solito si dice: sii forte, so che puoi farcela” scherzò e guardò Aurora con sguardo perplesso.
“Lo so, ma troppe persone me lo hanno detto quando i miei genitori morirono ed io mi chiedevo perché non potevo piangere e dar sfogo a tutto ciò che provavano. Perché dovevo essere forte e fingere che andasse tutto bene, allora mi sono promessa che io non avrei mai detto quella frase a nessuno, ma avrei semplicemente detto di fare ciò che quel qualcuno provasse, indipendentemente da quello che fosse.” ribatté lei e la bionda fu stupita dalla logica di quella risposta, le accarezzò il braccio in modo da farle capire che poteva comprendere il perché di quella frase.
“Andiamo a riprenderci i nostri ragazzi!” esclamò e un sorriso, seppur tirato, si fece strada sulle labbra di Aurora.
***
Impiegarono cinque minuti per capire dove William avesse portato i due e solo trenta secondi per mettersi in auto per correre a salvarli. Sommariamente solo sei minuti...solo sei minuti per riassumere un caso di dieci anni. Solo sei minuti per raggiungere il luogo dove erano certi si trovasse William. Possibile?
Aurora osservava assente tutto ciò che stava accadendo attorno a lei. Sapeva che William voleva ucciderla emotivamente, portarla al limite, ma quello era troppo anche per un essere perfido come lui. William non solo con l'aiuto di Stephen aveva ucciso i suoi genitori, ma ora aveva rapito Reid e Roberto per portarli nella casa in cui un tempo abitava insieme ai suoi. Aveva violato l'unica cosa che era rimasta pura in tutta la sua vita, l'unico pezzo che avrebbe potuto, seppur spiritualmente, unire le anime della sua famiglia. Il luogo nel quale custodiva i suoi ricordi più profondi, dove aveva pianto fino a prosciugare le proprie lacrime. Dove, quel giorno di dieci anni fa, la sua vita fu cambiata per sempre.
“Ci vado io” lo aveva detto quasi con un sussurro, così lo urlò per sovrastare la confusione che si era creata. Con queste tre parole attirò su di sé gli sguardi di tutti i presenti.
“Assolutamente no!” fu il detective Brown a parlare, la stessa persona che, da agente qualunque, bussò alla porta di una ragazza di sedici anni per darle una devastante notizia, dieci anni prima.
Aurora lo guardò negli occhi con sguardo determinato: se William aveva sempre puntato a lei perché non andare e affrontarlo una volta per tutte? Perché continuare a rincorrersi a vicenda? Era stanca di fuggire, voleva solo riprendersi le persone che amava e chiudere per una buona volta tutta quella storia, definitivamente.
Non ascoltò gli ammonimenti del suo supervisore mentre si sfilava il giubbotto anti-proiettile e la pistola, per darli a JJ, ferma accanto a lei. La bionda aveva capito fin da subito che niente l'avrebbe fermata, nemmeno il rischio di essere licenziata seduta stante. Anche gli altri agenti dell'FBI non proferirono parole e si limitarono ad osservare in silenzio Aurora che si incamminava ad affrontare il suo passato per porre la parole fine a quella storia che la stava scavando nell'anima.
***
Rientrare di nuovo in quella casa le procurò dei brividi alla schiena. Aveva varcato più volte la soglia di quella casa da quando lei e suo fratello si erano trasferiti, ma mai aveva avuto la sensazione che la sua vita sarebbe dipesa da quello che sarebbe accaduto nei prossimi minuti.
Come sospettava, si ritrovò con una pistola dietro la nuca e William a impugnarla. Alzò le mani in segno di arresa e prese un grosso respiro, le danze erano iniziate.
“Dove sono?” chiese fredda, senza lasciar trasparire nessuna emozione. Lo sentì ridere e, dopo aver costatato che non avesse armi con sé, allentare di poco la presa della pistola.
“Cammina. Ti ricordi la cantina, vero? Quella dove tu ti nascondevi per parlare con Stephen. Non dirmi che l'hai dimenticata!” esclamò e Aurora incassò l'ennesimo colpo, sapeva tutto su di lei, era a conoscenza di ogni dettaglio. Iniziò a incamminarsi e scese le scale verso il seminterrato, con la paura che William le potesse conficcare un proiettile in testa in ogni momento.
Quando accese la luce e la stanza fu illuminata lo sguardo andò alla ricerca di Roberto e Spencer: il primo era accasciato in un angolo con del sangue incrostato in una ferita sulla fronte, si sentì morire in quello stesso momento. Il secondo, invece, era vigile ma non osò alzarsi in piedi, poiché William aveva una seconda pistola puntata nella sua direzione. Incrociò lo sguardo di Aurora e, per quel che poteva, cercò di trasmetterle sicurezza e fiducia, Spencer credeva in lei.
“Perché non li lasci andare? Hai me è questo che hai sempre voluto” disse la ragazza con voce stranamente calma.
“Davvero credi che sia così facile?” sghignazzò l'uomo, spostò l'arma nella direzione di Roberto e Aurora fu presa dall'istinto di fermarlo, ma si trattenne.
“Mio fratello è morto per colpa tua e voglio che provi lo stesso dolore che sto provando io!” esclamò e caricò la pistola, pronta a sparare.
“Lui non può difendersi. Davvero vuoi uccidere un uomo disarmato e non vigile? Stephen ha fatto una scelta e se non avessi premuto il grilletto lui avrebbe ucciso sia me che un agente dell'FBI. Davvero credi che l'avrebbe passata liscia dopo aver commesso l'omicidio di due agenti?” Aurora tralasciò il fatto che a sparare a Stephen non fosse stata lei, ma Reid. Infatti quest'ultimo la guardò con sguardo interrogativo, ma tacque.
“Saremmo scapati e ci saremmo lasciati tutto alle spalle. Però a causa tua niente di questo sarà possibile! Lui era il mio fratellino, non doveva morire!” replicò William e l'agente vide della vulnerabilità nei suoi occhi mista a rabbia.
“Ora sai cosa ho provato io, cosa abbiamo provato io e Roberto, quando avete ucciso i nostri genitori. Il nostro mondo è caduto a pezzi, come quello di altre famiglie che avete rovinato!” stavolta non riuscì a placare l'istinto e diede voce ai suoi pensieri in tono velenoso.
“Non lasciare che il passato influisca su ciò che sei oggi, non fargli prendere il sopravento sulle tue scelte” la voce di Spencer, un sussurro che, fortunatamente, William non udì, fece placare l'ira che si stava impossessando di Aurora. Fu allora che la ragazza capì, se voleva che tutti uscissero illesi da lì allora doveva stabilire un contatto con l'uomo e convincerlo ad arrendersi.
“C'è davvero bisogno di altre vittime? Di mettere fine ad altre vite? Mi dispiace per Stephen, ma non mi ha lasciato via d'uscita. Tu, invece, puoi scegliere. Ragiona, fuori ci sono dozzine di poliziotti che appena sentiranno uno sparo faranno irruzione, la domanda è: vuoi uscire vivo o morto da qui?” riprese a parlare in modo calmo e razionale. Non pronunciò mai la parola casa, per il semplice fatto che non poteva definirla tale. La casa è un posto in cui ti senti al sicuro e protetto, mentre lei stava oscillando tra la vita e la morte.
William non sghignazzava più e la vulnerabilità prese totale possesso del suo sguardo. Abbassò le armi e le gettò a terra, Aurora le prese e inserì la sicura. L'uomo si inginocchiò e mise le mani sulla testa senza che gli fu ordinato, l'agente raccolse una corda da un vecchio baule e gli legò le mani, mentre Spencer corse ad avvisare il resto della squadra e urlò di chiamare i soccorsi.
In attimo il quartiere fu invaso dalle luci della polizia e dell'ambulanza. Reid fu medicato da alcuni paramedici sul posto, mentre Roberto fu portato di corsa in ospedale dopo che Spencer comunicò che non aveva ripreso conoscenza da ore.
Aurora, invece, ammanettò William e gli elencò i suoi diritti, mentre lo scortava verso la pattuglia che lo avrebbe preso in custodia.
Fu con il sottofondo delle sirene e le loro luci, che l'agente Bianchi corse tra le braccia del dottor Reid e lì poté sentirsi, finalmente, a casa.



-Sono tornata con un capitolo bello lungo, così magari riuscite a perdonarmi la lunga assenza! ;)
Mi scuso anche per eventuali errori/ripetizioni, ma dopo ore passate al pc qualche cosa può anche sfuggire, comunque spero che non sia così.
Tranquilli che questo non è l'ultimo capitolo e non vi lascerò appesi sul destino di Aurora e Reid. Ci sarà un altro (spero simile a questo come lunghezza, ma non prometto niente) capitolo: l'ultimo della serie! 
Spero che questo capitolo vi piaccia che non vi annoi. Grazie di tutto <3
Alla prossima! :33 

  
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