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Autore: Cara_Sconosciuta    16/02/2009    17 recensioni
“Nome.”
“Kevin Jonas. Dove sono i miei fratelli?”
“Età.”
“Ventisei. Mi dice dove cazzo sono finiti i miei fratelli?”
“Non si agiti, il suo braccio è fratturato.”
“Me ne fotto del mio braccio! Voglio vedere i miei fratelli!”
“Potrà vederlo quando arriveremo in ospedale.”
“Vederlo?”
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con il nuovo aggiornamento.... we we ma le recensioni sono calate! *piange* dai, non abbandonatemi così, a pochi capitoli dalla fine!!!

In compenso ho raggiunto un grandissimo traguardo con le preferizzazioni: 50! Non mi sembra vero!!!

Purtroppo devo correre a cenare, fate come se vi avessi ringraziato tutti! Ma tutti tutti, eh!

Un bacio,

Temperance

 

-Capitolo Venticinque-

 

Non potrai fermare queste mani

Quanto tra mezz’ora sarai qui

Non avremo il tempo di uscire dai vestiti

Quel che è stato è stato e Dio ci aiuti

(i Pooh, Non lasciarmi mai più)

 

Kevin lanciò l’ennesima occhiata all’orologio, guadagnandosi da Joe e Clarisse uno sguardo di totale disapprovazione.

“Sai, si consuma se continui a fare così e dopo mi toccherà comprarti un orologio nuovo. E, tra l’altro, il tempo non passa più in fretta, così.”

“Lo so, lo so.” Sbuffò Kevin. “Ma tra poco Martha sarà qui e Chris non è ancora arrivato.”

“Guarda che possiamo uscire anche senza il tuo amichetto che ci fa da babysitter, sai?”

“Non se ne parla nemmeno!” Intervenne Clarisse, risoluta. “Io lo so perfettamente cosa faresti, tu, in tal caso. Mi romperesti le scatole fino a convincermi che a fare shopping ci possiamo andare un altro giorno. Se invece siamo in due a trascinarti non potrai fare proprio un bel niente.”

Joe sbuffò, soffiandosi via un ricciolo da davanti agli occhi, mentre Kevin iniziava a camminare avanti e indietro per il corridoio.

“Si può sapere perché cavolo sei così ansioso?” Sbottò, dopo pochi minuti, il mio caro fratellino, battendo un pugno non troppo convinto sul tavolo della cucina.

“Sono così ansioso perché la mia ragazza arriverà tra dieci minuti e voi siete ancora qui.”

“Se vuoi aspettiamo il prof Prato nell’ingresso, Kevin, non ci sono problemi.” Propose Clarisse, diplomatica.

“Sì che ci sono problemi!” Intervenne Joe, senza nemmeno più metterci troppa enfasi. “Non è che il fatto che tu sia sessualmente frustrato e non possa nemmeno lasciarla entrare in casa prima di saltarle addosso debba per forza condizionare la mia vita, eh!”

“Non ho intenzione di saltare addosso a nessuno.” Replicò Kevin, nervoso, puntandogli un dito contro, mentre Clarisse rideva sotto i baffi. L’ho già detto che io amo quella ragazzina? “E non sono io quello sessualmente frustrato in questa stanza.”

Ahi...colpo basso.

“Che cosa stai insinuando, Paul?”

“Che io non vedo Martha fuori da scuola da due settimane. Tu da quant’è che non stai con una ragazza? Ah, già, da mai.” Sibilò, a pochi centimetri dal viso del fratello. “Adam.”

“Mi chiamo Joe.”

“E io Kevin.”

“Di’ un po’, ma perché se starle lontano ti fa questo effetto non ti ingegni un po’? Dicono che lo stanzino del bidello è comodo per sco....”

“È suonato il campanello!” Esclamò Clarisse, bloccando Joe appena in tempo.

“Vado io.” Soffiarono in coro i miei fratelli, lanciandosi poi un’occhiata di puro odio.

Che bello vederli litigare... tutto proprio come una volta.

Christian, in piedi sul pianerottolo, indossava un minibomber nero molto più sportivo dei suoi soliti standard e un paio di jeans viola melanzana che, invece, li rispecchiavano alla perfezione.

Con un sorriso smagliante, salutò i due che gli avevano aperto, ottenendo in cambio solo un paio di grugniti infastiditi.

“È... è successo qualcosa?” Domandò, perplesso, chiudendosi la porta alle spalle.

“Joe è un emerito stronzo.” Rispose Kevin, afferrando dall’attaccapanni la giacca del fratello e piantandogliela tra le braccia senza troppa grazia.

“Sì, tu invece sei un profumato e tenero mazzolino. Di ortiche.”

“Sto a casa Jonas o ad un asilo infantile?” Chiese il biondo, tra lo stupito ed il divertito, aiutando Clarisse ad indossare il suo cappotto.

“Perché, non sono la stessa cosa?”

Christian annuì, convinto, posandole sulla testa il cappellino di lana azzurra.

“Sei molto saggia per la tua età, sai?”

“Grazie, prof... però mi sa che è meglio che portiamo via Joe, sennò quelli si sbranano a vicenda.”

“Ok...” Rispose, per poi rivolgersi ai due che ancora si guardavano male appena oltre l’ingresso. “Bene, bambini, adesso io e il piccolo Joey ce ne andiamo, così Kev può giocare al dottore con la sua amichetta, d’accordo?”

“Non parlarmi come ad un bambino deficiente, razza di...”

“Io ti parlo come mi pare e piace, chiaro?” Ribatté Christian, a tono, avvicinandosi a Joe tanto che il suo fiato gli sfiorava il viso. “Perché io rido e scherzo, ma quando uno si comporta come un idiota, io lo tratto come un idiota. Quindi, Jonas, vediamo di chiarire le cose: volente o nolente tu oggi vieni a fare compere con me, perché, sinceramente, il mondo non ne può più di coprirsi occhi e naso quando passi, per cui, passi lunghi e ben distesi, fuori da quella porta e via, verso l’infinito e oltre, ok?”

Joe annuì, muto, gli occhi sbarrati.

Christian sorrise, annuendo, poi fece cenno a Clarisse di avvicinarsi.

“Bene, noi ce ne andiamo. Buon divertimento, Kev.”

“Grazie, Chris...davvero. Ah, e, Joe?”

Il moro si voltò con aria scocciata, un braccio alla disperata ricerca della manica in cui infilarsi.

“Io nello stanzino del bidello ci sono già stato.”

 

...and that’s why everything

Every last little thing

Every microscopical detail must go

According to plan

(The Corpse Bride, According to Plan)

 

Il campanello di casa Jonas suonò appena una decina di minuti dopo che Joe, Christian e Clarisse erano usciti.

“Ce ne avete messo di tempo ad arrivare.” Si lamentò Kevin, aprendo la porta e trovandosi davanti Francie e Martha, cariche fino al collo di sacchetti da supermercato e buste di carta contenenti chissà quale articolo di panetteria. “Temevo di dover fare tutto da solo.”

“Perdonaci, ma qualcuna si è persa nel reparto DVD.” Sbuffò Martha, consegnandoli un paio di contenitori, mentre lui richiudeva l’uscio con un piede.

“Ehi, io e Lex andiamo ad un raduno la prossima settimana e io non ho ancora visto l’ultimo fil tra quelli in programma.” Si difese la mora, sbuffando a sua volta.

“Lex, sempre Lex... perché non vi sposate, eh?”

“Mar, io e Lex siamo amici, non lo sposerei nemmeno fosse l’ultimo uomo rimasto sulla faccia della terra. Cercavo un altro single con cui trascorrere un po’di tempo. È sbagliato fare nuove conoscenze, prof?”

“Kevin.” La rimbeccò mio fratello, posando le buste sul tavolo e tornando a salire in piedi sulla sedia sulla quale si trovava prima che le ragazze entrassero, intento ad appendere uno striscione. “Prof solo a scuola, sennò mi sento vecchio. E comunque no, non è affatto sbagliato... ma se vuoi uscire dalle schiere dei single ti presento il mio fratellino: la sua ragazza l’ha appena mollato.”

“Frankie?” Si intromise Martha, aprendo un pacchetto di patatine ed iniziando a sgranocchiarne una. “Mi dispiace, cavolo!”

“Quelle sono per dopo.” La sgridò Francie, strappandole la busta di mano. “Però, pr...Kevin, non inizi anche lei a tentare di accoppiarmi! Sono molto esigente, sa?”

“E tu sai che se non la smetti di darmi del lei entro cinque minuti ti nominerò ufficialmente pulitrice di pavimenti alla fine della festa?”

“Non puoi darle ufficialmente un titolo che non esiste!”

Amore” Sibilò lui con una puntina in bocca. “Mentre io faccio qui potrefti anche... che ne fo, dare una mano a Francie con la tavola, non credi?”

“Ti do fastidio?” Domandò la bionda, fingendosi offesa.

Kevin alzò gli occhi al cielo, fissando anche l’ultimo angolo del festone.

“Sì, mi dai fastidio, ok? Dio santo, chi me l’ha fatto fare di dirti di sì... è dal liceo che non vado ad una festa...”

“Ma tu l’hai fatto per me...” Suggerì Martha, lasciandogli giusto il tempo di riappoggiare i piedi a terra prima di stampargli un sonoro bacio a fior di labbra, mentre Francie sorrideva, scuotendo il capo, divertita, e sistemando sul tavolo i piatti di plastica rossa che aveva comperato poco prima.

“Sei una serpe, un’infida serpe ricattatrice e nullafacente.” Rispose Kevin, prima di afferrare Martha per la vita e prendere a depositarle una lunga serie di pernacchie lungo il collo latteo, mentre lei tentava di divincolarsi, ridendo di gusto.

“Ehi!” Li richiamò Francie, agitando una forchetta a mo’di bandierina per portare su di sé almeno un po’della loro attenzione. “Non vorrei rovinare il vostro idillio, ma sono quasi le tre, gli ospiti arriveranno tra un’ora e tutto quello che abbiamo combinato... beh, che Kevin ha combinato, è infornare la torta ed appendere un paio di striscioni.”

Kevin annuì, lasciando di colpo la presa sul corpo della sua ragazza ed affiancandosi all’amica.

“Giustissimo, Francie. Allora, io finisco con torta e pizzette, Martha incarta i regali nostro e suo e tu continua con la tavola.”

“Agli ordini!” Risposero in coro le due ragazze, mentre lui, con un saluto militare, spariva oltre la porta della cucina.

Quando furono sole in salotto, Francie ridacchiò, scuotendo la testa in direzione dell’amica.

“Che c’è da ridere?” Domandò questa, frugando in un cassetto del secretaire alla disperata ricerca di un paio di forbici.

“Niente, è che.... cavolo, cucina pure! Ma c’è qualcosa che quell’uomo non sappia fare?”

Martha si strinse nelle spalle, arrossendo appena.

“Se c’è, io ancora non l’ho trovata... però, a pensarci bene, non ha mai cantato... forse è stonato.”

Francie inarcò un sopracciglio, versando una confezione di Smarties in una ciotola semitrasparente

“Kevin Jonas che non sa cantare? Ma fammi il piacere!”

“Beh, di certo non è una delle cose che gli vengono meglio.” Mormorò la bionda, catturando con la lingua una microscopica briciola che si era fermata all’angolo delle sue labbra, in un gesto che risultò, forse involontariamente, piuttosto malizioso.

 

I’m sitting in here

In the boring room

It’s just another rainy Sunday afternoon

I’m wasting my time

I’ve got nothing to do

(Blind Melon, Lemon Tree)

 

Joe sedeva su un puff lilla nel bel mezzo del negozio più rosa che avesse mai visto, il mento poggiato sulle palme delle mani e l’aria annoiata di quando mamma ci costringeva ad andare con lei a comprare i vestiti per il primo giorno di scuola.

Beh, effettivamente, la situazione non era tanto diversa, se non per il fatto che Denise era stata sostituita da un esuberante Christian e Joe non aveva sette anni, ma andava per i ventinove.

Che volete, dettagli insignificanti.

All’ennesimo paio di jeans di un colore ai suoi occhi decisamente inquietante che cadde accanto a lui, il mio fratellone scattò in piedi, dirigendosi a passo di marcia verso l’espositore dove Chris e Clarisse stavano animatamente discutendo sulla dimensione delle losanghe sul suo nuovo maglione.

“Scusate” Chiamò, battendo con la mano sulla spalla del biondo e rivolgendogli il suo migliore sguardo adorante. “Vi ho viste e non ho potuto trattenere l’entusiasmo. Carrie, ma dove sono finite Charlotte e Samantha? Non andate insieme, di solito, a fare shopping?”

Clarisse lo guardò spaesata, mentre Chris gli rivolgeva un sorriso ironico, abbandonando il leggero golf verde con piccoli motivi rosa sulla spalla.

“Le ragazze sono al lavoro, al momento. Però, Big, potresti provare questo, nel frattempo. Poi ti prometto che andiamo a farci un Cosmopolitan tutti insieme, eh?”

“Apprezzo il fatto che tu non mi abbia chiamato Miranda, ma io questo coso non me lo metto.”

“Si può sapere chi cavolo è Miranda?” Chiese Clarisse, intromettendosi tra i due uomini e saltellando per attirare l’attenzione.

“Poi ti spiego.” Rispose, sbrigativo, Chris, per poi tornare a rivolgersi a Joe. “Primo, ti ho chiamato Big per il semplice motivo che tu hai chiamato me Carrie, e chi ha orecchie per intendere lo faccia. Secondo, che ha quel maglione che non va?”

“È rosa.”

“Il rosa va di moda.”

“Forse per le belle bambine come te.”

“Sai che pare che tutti abbiano un lato omosessuale più o meno nascosto? L’ha detto Freud.”

Joe si strinse nelle spalle, rendendogli l’indumento.

“Ah sì? In effetti il commesso laggiù è molto intrigante.”

“È una donna...”

“Per questo lo è.”

“Joe Jonas, sei un grandissimo stronzo, te l’ha mai detto nessuno?”

“Oggi in effetti sei il primo.”

Clarisse scosse la testa, poi afferrò un paio di Jeans, una camicia e la mano di Joe, trascinandolo verso il camerino lì di fronte.

“Entra. Prova. Esci.”

“Ehi, come ti...”

“Fila!” Quasi strillò, spingendolo oltre la tenda viola e lanciandogli dietro i vestiti.

“Wow... sei decisa, eh?” Domandò Christian, ridacchiando, per poi concentrarsi su una pashmina azzurra appesa ad un espositore lì accanto. “Dici che questa può piacergli?”

“A Joe?”

Con un ultimo sguardo piuttosto malinconico, sospirò, scuotendo la testa.

“No, probabilmente no. Bene...” Si strinse nelle spalle, riconquistando il sorriso. “Vorrà dire che mi farò un regalo.”

“A te donerà sicuramente di più.” Lo rincuorò Clarisse, prendendogli una mano nelle sue. “Sai, sei davvero forte a fare questo.”

“Questo cosa?” Domandò l’uomo, perplesso, mentre Joe, nel camerino, sbraitava contro chiunque avesse messo in giro la voce che gli uomini in rosa erano sexy.

“Questo: aiutare Joe a rendersi guardabile per Eliza, anche se lui ti piace.”

“Già... non ho molta fortuna con la famiglia Jonas.”

Clarisse strinse un po’più forte la sua mano, rivolgendo a Chris un sorriso pieno di comprensione.

Mentre Joe usciva dal piccolo spogliatoio a passo di marcia con le braccia incrociata davanti al petto ed un espressione truce.

“Come sto?” Domandò in tono piatto.

“Però...” Esalò Chris. Che Joe fosse un bell’uomo si vedeva anche prima, ma così, con i blue jeans aderenti ma non troppo e la camicia che segnava il fisico asciutto nei punti giusti... beh, così era tutta un’altra storia.

Oh, e badate che io sto semplicemente riportando i pensieri di Chris...non fatevi strane idee!

“Joe, sei...”

“Ridicolo?” Ironizzò mio fratello, passandosi una mano tra i ricci scuri con un sorriso beffardo.

“Stupendo!” Esclamò Clarisse, correndogli incontro ed abbracciandolo stretto.

Eccola lì, l’unica in grado di sciogliere in un nanosecondo quel pezzo di ghiaccio che risponde al nome di Joseph Jonas.

“Sì, stai bene, Big.” Mormorò Christian, gli occhi bassi sulla sua nuova pashmina.

“Grazie, Carrie.” Rispose Joe, ricambiando l’abbraccio di Clarisse e rivolgendo a Christian un sorriso che, se il biondo avesse alzato lo sguardo anche solo di pochi centimetri, gli avrebbe fatto letteralmente spiccare il volo.

 

Voglio farti un regalo

Qualcosa di dolce, qualcosa di raro

Non un comune regalo

Di quelli che hai perso, mai aperto, lasciato in treno o mai accettato

Di quelli che apri e poi piangi

Che sei contenta e non fingi

E in questo giorno di metà gennaio ti dedicherò

Il regalo mio più grande

(adattamento da Il regalo più grande, Tiziano Ferro)

 

“E non te lo puoi riprendere un’altra volta?”

Derek si strinse nelle spalle, continuando a percorrere il corridoio a passo deciso, letteralmente trascinando Beatrix con sé.

“Perché? Un giorno vale l’altro, no? E poi ci metto cinque minuti, mi serve quel cd.”

“Dio... il mio compleanno e vado a casa di un professore. Dio.”

“Ma è Jonas!”

“Potrebbe essere anche il Papa. Io voglio andare a ballare, Derek!”

“Dopo ti ci porto, te l’ho promesso, ma quel disco mi serve davvero per quell’arpia di musica. Poi” Continuò, fermandosi un istante per prenderle le mani. “Poi andiamo a casa mia che ho un regalo bellissimo tutto per te.”

“Promesso?” Chiese, mogia, la ragazza, mettendo un broncio giocoso solo a metà.

“Promesso.” Replicò lui, chinandosi a darle un bacio veloce.

“Ok, allora, ma che siano davvero cinque minuti, perché io vi conosco, a te e a quell’altro, e so benissimo che quando iniziate a chiacchierare non vi ferma più nessuno.”

“Ma oggi è diverso: oggi è la tua giornata.”

“Ruffiano.” Ridacchiò Bex, dandogli un buffetto sulla spalla.

“È un’arte che ho affinato con anni di pratica.” Così dicendo, Derek si avvicinò alla porta e bussò un paio di volte, senza ottenere alcuna risposta.

“Sarà in bagno... provo ad entrare, magari è aperto.”

Pessimo, pessimo attore, ragazzo mio.

Ma, d’altronde, si sa: gli occhi innamorati vedono tradimenti anche dove non esistono, ma quando qualcosa è lì, ben in vista davanti a loro, tendono ad ignorarlo nel modo più totale.

Misteri...

“Derek, non dovresti aspettare? Magari è successo qualcosa... magari si è sentito male...”

Derek si strinse nelle spalle.

“Un motivo in più per entrare, no?”

La porta dell’appartamento, ovviamente, non era chiusa a chiave e Beatrix seguì il giovane, di malavoglia, continuando a borbottare che si sentiva dentro che quello sarebbe stato il peggior compleanno della sua vita.

“Sai almeno dove cercare?” Domandò, sottovoce, nemmeno stesse per commettere un reato.

“Non ne ho idea.” Ammise Derek, muovendosi a tentoni nel salotto buio all’apparente ricerca di un interruttore che gli permettesse di accendere la luce.

In quel momento, però, alcune note strimpellate su una chitarra raggiunsero le loro orecchie da un luogo imprecisato ma, comunque, troppo vicino per trovarsi al di là di una porta.

“Che cos’è?” Chiese Beatrix, stringendosi un po’di più a Derek, che sorrise nella semioscurità. Amava il suo lato fifone...

“Jonas, no? Per quello non ci sentiva: sta suonando.”

“Sì, ma dove...”

L’accendersi improvviso della nuda lampadina che pendeva, al posto del lampadario, al centro della stanza la costrinse ad interrompersi bruscamente, mentre quelle che prima sembravano note suonate a caso od appartenenti ad una melodia sconosciuta iniziavano a dare forma ad una canzone a tutti ben nota, che fu presto completata da un piccolo ma sostenuto coro di voci tutte diverse e tutte da lei perfettamente conosciute.

Le voci dei suoi compagni di classe, dei suoi migliori amici che, usciti dai loro nascondigli costituiti da mobili e tende, cantavano per lei la più irritante, imbarazzante e dolce delle canzoni.

 

Tanti auguri a te....

 

Eh già, Bex, anche se tu di certo non mi hai sentito, c’ero anche io lì con te quel giorno, anche io facevo parte di quello sciocco coro stonato...

Beatrix si portò entrambe le mani alla bocca, trattenendo per un istante il respiro, mentre Francie e Martha si avvicinavano a lei, affiancandosi a Derek che, nel frattempo, le aveva circondato i fianchi con le braccia, stringendola forte.

Non aveva notato, quando era entrata, preoccupata com’era, i festoni con la scritta ‘Auguri Bex’ che attraversavano la stanza, colorati di un milione di tinte diverse. Festoni fatti con carta crespa, cartoncino e pennarelli sui quali riconosceva il tratto e la mano di Martha e la precisione di Francie.

Non aveva notato nemmeno Kevin che, seduto su di uno sgabello ad un passo dalla porta della cucina, abbracciava la sua vecchia chitarra classica, unica superstite di una collezione che contava decine e decine di esemplari, completando la magia bambina di quell’istante con quella musica che, in qualsiasi forma, era sempre la sua ragione di vita.

E poi c’era la torta... neanche quella era riuscita, nel buio, ad attirare la sua attenzione.

Una torta grande come per lei non ne avevano mai fatte, con le firme di tutti i presenti tracciate sulla pasta chiara con una linea di dolcissimo inchiostro al cioccolato.

“Perdona la firma sbavata di Francie, ma qualcuno ha fatto danni con il guanto da forno e lo zucchero a velo.” Disse Martha, sorridendo, mentre Kevin riponeva lo strumento e si avvicinava al gruppetto dei suoi ormai ex alunni, uno sbuffo candido di zucchero a velo ancora ben visibile tra i capelli scuri, sentendosi tornare un po’ragazzo anche lui.

“Ehi, se non fosse stato per quel qualcuno quella torta nemmeno ci sarebbe, razza di piccola ingrata.” Esclamò, scompigliando i capelli di Martha.

“È perfetta!” Replicò Beatrix, muovendo due passi veloci verso di lui e gettandogli le braccia al collo con un gran sorriso e un paio di lacrime di commozione. “È tutto perfetto... grazie, ragazzi!”

“Non ringraziare noi.” Intervenne Francie, sorridente come non mai. “È un’idea di Derek.”

Bex si voltò di scatto verso il suo ragazzo, gli occhi spalancati, quasi a chiedere conferma di ciò che le era appena stato detto.

“Ehi, non guardarmi così.” La riprese lui, un po’rosso sulle guance. “Volevo farti un regalo speciale e ho pensato...beh, che forse una festa non sarebbe stata una brutta idea, per iniziare.”

“Per iniziare? Der, che ci può essere più di questo?”

“Ti ho detto o no che il resto è a casa mia?” Rispose il giovane, con un sorriso sornione.

 

E mi vergogno un po’

Perché non so più fare oh

Non so più andare sull’altalena

Di un fil di lana non so più fare una collana

(Povia, I bambini fanno oh)

 

Kevin sedeva semisprofondato nella piccola poltrona dove Joe si addormentava quasi ogni sera, da quando si erano trasferiti lì.

Non aveva mai capito perché la trovasse tanto comoda, sformata e troppo morbida com’era e, sinceramente, anche a me piace poco quella cosa, però Joe la adora e nessuno si è mai permesso di spostarla. In ogni caso, in quel momento era l’unico luogo relativamente libero dell’appartamento, quindi o lì o lì.

Chiudendo gli occhi, si passò una mano tra i ricci scuri.

Non gli era mai sentito di sentirsi così dannatamente vecchio...

Certo, nel periodo più buio c’erano stati momenti in cui gli era parso di avere più di cent’anni, ma era normale... era una componente fondamentale della sua autodistruzione, l’auto convincersi che nessuno al mondo aveva mai sofferto quanto lui. Lì, invece, era tutta un’altra storia.

Lì era felice, era innamorato ed era circondato da persone che lo adoravano, che gli volevano bene nonostante il suo passato... eppure ancora si sentiva come un ventenne ad una festa delle elementari.

Non annoiato o simili, no.... semplicemente fuori posto.

E ingrato da morire.

Con quei ragazzi la vita gli stava offrendo una seconda possibilità, eppure c’era qualcosa che...

“Ehi, mastro chef, ti annoi?” Gli domandò la voce di Martha, mentre un dolcissimo e ben noto peso si depositava sulle sue gambe.

“Mar...” Mormorò lui, posandole le mani sui fianchi senza aprire gli occhi.

“Non ti senti bene, amore?” Domandò lei, preoccupata, scivolando un po’in avanti sulle sue gambe e chinandosi verso il suo viso.

“No, sto... mi sento solo un po’strano...” Replicò Kevin, facendo scivolare le mani dietro alla schiena di lei e allacciandole appena sopra l’orlo die suoi pantaloni.

“Hai mal di testa? O hai mangiato troppo? Dove ti fa male?”

Kevin ridacchiò, costringendosi finalmente a guardarla in viso.

“Sei un po’apprensiva o sbaglio? Sto bene... solo che mi sento un po’un pesce fuor d’acqua.”

“Non capisco...” Mormorò lei, inclinando leggermente il capo da un lato.

“È che siete tutti così giovani...”

“Anche tu lo sei.”

“Martha, io non sono un ragazzino.”

“Mi stai dando della ragazzina?” Chiese lei, riducendo gli occhi a due fessure, ma rilassandosi quando Kevin scosse il capo.

“Tu sei la mia donna, piccola, e questo non cambierà mai... ma stare con te è una cosa, uscire con i tuoi amici è un’altra.”

“Se...se vuoi li mando via. Tanto è quasi sera e...”

“Ma no, non ti preoccupare, sono solo paranoie mie, ok?”

“Kevin...” Soffiò, spingendosi ancora un poco in avanti e depositandogli un bacio a stampo sulle labbra ancora socchiuse.

“Vorrei vivere questo amore come lo vivi tu... vorrei far davvero parte del tuo mondo.”

“Kev, tu sei il mio mondo. E, come dici tu, questo non cambierà mai.”

“Ma...”

“Niente ma.” Lo zittì la ragazza, annullando il residuo spazio tra i loro corpi e regalandogli un nuovo bacio, questa volta un poco più ardito.

Che lui decise di ricambiare.

Con parecchia convinzione.

Sapete, comincio ad essere stufo di descrivervi la vita amorosa di mio fratello maggiore... preferirei poter intercalare, ogni tanto, con quella di Joe.

Peccato sia inesistente.

“Ci sono venti altre persone qui...” Mormorò Kevin, allontanandosi un poco dalla ragazza per riprendere fiato. “E scommetto che ci guardano tutte, visto che siamo decisamente la coppia più interessante della scuola. Poi...”

“Vuoi sentirti a tuo agio in mezzo a noi?”

Mio fratello annuì rapidamente, facendo per guardarsi intorno, ma sentendosi bloccare immediatamente dalla mano di lei, che gli afferrò il mento tra due dita, costringendolo a fissare di nuovo gli occhi nei suoi.

“E allora impara che siamo ad una festa e alle feste nessuno fa caso ad una coppia che si fa gli affari suoi.”

“E tu come lo sapresti, questo?”

Martha si strinse nelle spalle.

“Anni di esperienza come tappezzeria ai balli della scuola. Dunque, vuoi tornare diciottenne per una sera?”

“Sì, signora mia!” Esclamò Kevin, ritrovato il buon umore.

“E allora baciami....”

 

Continua...

 

 

   
 
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