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Autore: Relie Diadamat    11/10/2015    4 recensioni
La storia parte dalla confessione di Mordred a Morgana, riguardo la vera identità di Emrys. La Sacerdotessa s'infiltra dunque a Camelot, sotto mentite spoglie, smascherando Merlin dinanzi al suo re. Arthur decide di risparmiare il suo servo, ma lo condanna all'esilio. Emrys viene poi catturato da Morgana, la quale desidera una sola cosa: portarlo dalla propria parte.
Dal testo:
«Io e te potremmo avere tutto. Un futuro, Camelot, il diritto di essere ciò che siamo. Insieme, potremmo essere invincibili, conducendo Arthur Pendragon verso la sua fine.» Il fiato di Morgana s’adagiava su ogni centimetro del volto del ragazzo, quasi come una carezza ammaliante. «Avremmo la nostra vendetta, tutto ciò che abbiamo sempre desiderato».
«Credo nella speranza, ho fiducia nelle buone intenzioni. Credo nel regno che Arthur è destinato a costruire.» Merlin ebbe come l’impressione che la sua voce non fosse mai stata tanto ferma. «Non me ne faccio nulla della vostra vendetta. Il vostro tutto equivale al niente, per me».

[Questa storia partecipa al contest "The Once and Future contest, indetto da Elisaherm e Chloe R Pendragon sul forum di efp]
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Morgana
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Nda: Salve a tutti!
Siamo arrivati quasi alla conclusione di questa storia ed io mi sento in dovere di ringraziare davvero di cuore tutte le belle persone che hanno aggiunto la storia nelle preferite/ricordate/seguite. Grazie a coloro che solo leggono in silenzio e alle persone pie che recensiscono. Lo apprezzo molto!
In questo capitolo ci sarà più lime quindi, a buon intenditore...
Aspetto i vostri pareri, non abbiate paura di esprimere la vostra opinione.
Buona, spero, lettura!
 


III.When everything’s made to be broken… 
 

 



Adrenalina.
Un filo, teso oltre il limite, che minacciava di spezzarsi.
Una lama di ghiaccio trascinata sul corpo, solleticante e proibita.
Un brivido, quello avido e perverso della caccia.
Era questo la scia umida e criminosa che Merlin aveva tracciato con la sua bocca, partendo dal collo diafano e seducente della donna fino a fermarsi sul suo ventre piatto. Lo morse, senza foga o violenza, né con impeto o prepotenza. Accolse la sua pelle con dolcezza disarmante ed implacabile, quasi sembrando sincero.
Fu questo a spaventarla e a condurla verso il più alto dei desideri. Morgana afferrò lo stregone per i capelli corvini, obbligandolo a guardarla negli occhi. L’azzurro delle sue iridi era limpido, vivo e talvolta si altalenava con l’oro intenso della magia. Le sorrise, Emrys, calmo ed esigente al contempo; affamato e sazio.
Una scossa fece vibrare il corpo nudo della Sacerdotessa, rendendola confusa e disorientata.
Aveva paura, per un qualche motivo illogico, che il mago fosse cosciente e non sotto l’effetto del sortilegio. Quel pensiero bastò ad agitarla e renderla irrequieta, premuta contro la sua pelle calda e traditrice: era lei ad avere il controllo!
S’impose sul corpo del giovane in una posizione dominante, facendogli comprendere, con la ferocia di quel gesto, come stessero le cose.
Lo vide sorridere ancora, prima si sentire la lingua di Merlin nel palato. Non era solo un bacio, il suo, ma era una carezza peccaminosa, quasi lieve e docile. Le labbra screpolate dello stregone erano armi ipnotiche e maledette.
Morgana si chiese, col fiato mozzato e la pelle gelata, se non fosse appena diventata la mercé di quel traditore.
Lo issò verso di sé, avendo finalmente gli occhi di lui ad un passo dal volto, le labbra aperte sulle sue ansimante, per riprendere il respiro.
Follia, quella era una follia pura quanto sbagliata.
La strega si aggrappò alla sua schiena, graffiandogliela anelante di controllo, scivolando però all’indietro, ritrovandosi sottostante al corpo di Merlin.
Cosa diamine stava succedendo?
 
 
 
 












Aithusa si lasciava carezzare del mago senza alcun disturbo, porgendogli il proprio muso bianco e sofferente. Merlin era compassionevole col drago: la guardava con pena e sofferenza, capace di confonderli con amore e pietà.
Morgana era terribilmente gelosa della sua piccola Aithusa, ma toccata da Merlin non le recava alcun fastidio: erano entrambi di sua proprietà. Vederli insieme, e in una certa maniera complici, accentuava in lei il concetto di possesso che nutriva nei loro confronti, facendola quasi sentire protetta.
Mordred, invece, continuava a rimanere diffidente: Emrys era passato davvero dalla loro parte? Era seriamente intenzionato ad eliminare Arthur Pendragon?
Dalla sua infanzia, il druido si era abituato a riconoscere le figure di Merlin e Morgana come ad un qualcosa di molto simile ad una famiglia; col tempo, però, si era ricreduto del grande valore dello stregone ed aveva riposto tutta la sua fiducia nella Pendragon.
Emrys era sempre stato fedele ad Arthur, ed era pur sempre dotato di poteri eccezionali. Chi poteva affermare con certezza che non stesse bluffando? E perché Morgana pareva sì assuefatta dalla sua presenza? Che l’incantesimo fosse andato male, che Emrys li stesse ingannando abilmente come suo solito?
Così assorto dai suoi pensieri, non s’accorse neppure del tocco affabile e cortese della mano di Morgana sulla sua guancia.
«Sembri stanco», gli disse.
Mordred indicò col mento la figura di Emrys china sul drago disteso. «Ci possiamo fidare di lui?»
La strega seguì lo sguardo del ragazzo, pietrificandosi di sasso; Merlin si era voltato verso di lei, sorridendole col suo solito modo spensierato e goffo… Eppure, c’era qualcosa nei suoi gesti che non andava. Quel sorriso appariva più sicuro, più sinistro e in qualche verso oscuro.
Dinanzi agli occhi della donna, prepotenti e insistenti, i gemiti e le immagini ovattate della notte scorsa tornarono a galla.
«Staremo a vedere», rispose al druido, ricomponendosi. «Staremo a vedere».
 
 
 
 
 



















Dormiva nelle sue stanze fredde, su un letto scomodo se paragonato a quello che vantava di possedere a Camelot.
Un incubo.
Morgana sudava dimenandosi tra le lenzuola scure, sognando sangue sulla sua tunica nera. L’urlo agghiacciante di Aithusa riempiva il cielo rosso fuoco; riverso sull’erba, il corpo privo di vita e dilaniato di Mordred tendeva un braccio verso la figura dolorante di Arthur.
Morgana tentava di respirare, mantenendosi viva, ma dalla ferita continuava a stillare liquido denso, dello stesso sapore della ruggine. Dinanzi a lei, Emrys sorrideva macabro, calmo e composto, con Excalibur tra le mani.
Precipitosamente, la Sacerdotessa si levò a sedere, spalancando gli occhi verdi nell’oscurità. Si guardò intorno alla ricerca del suo drago, ma non riuscì a proferire parola dal momento in cui si ritrovò Merlin impalato sulla soglia della porta, un’espressione mista al preoccupato e all’apprensivo.
«State bene?», le chiese senza muoversi.
Terrorizzata dalle reminiscenze dell’incubo, gli urlò contro allarmata: «Cosa ci fai qua?! Chi ti ha dato il permesso di entrare?!»
«I-Io…», il mago balbettò per un secondo, per poi azzardare un passo verso la donna. «Ho avvertito la vostra agitazione… Volevo solo assicurarmi che steste bene».
 
«Grazie, Merlin».
«Ehm… E’ bello riavervi qui».
 





«Sto bene», rispose secca, liberandosi dalla morsa fradicia delle lenzuola.
Merlin era libero di usare i suoi poteri a proprio piacimento, Morgana voleva sapere se poteva fidarsi di lui dopo averlo soggiogato; voleva comprendere se aveva sbagliato nel liberarlo dalle catene.
Furtiva, infilò una mano sotto il cuscino, abbrancando il pugnale. Se lo nascose dietro la schiena, avanzando all’erta verso Emrys. «Mi posso fidare di te, Merlin?»
Il corvino la fissò muto nella quiete della stanza, illuminata dalla lattescente luce della notte. Le linee sinuose della donna erano un’arma a doppio taglio, maledettamente invitanti a quell’ora tarda della terza veglia, laddove le stelle brillavano tremolanti con più zelo.
«Potete farlo, Morgana.» Si avvicinò incerto al suo volto. «Voi sapete che potete…»
Allora, mentre le labbra rosee dello stregone tentarono di arrivare a quelle carnose della corvina, ella gli puntò il pugnale alla gola con sguardo serio e penetrante. «Come posso averne la certezza?»
Merlin, la bocca schiusa e gli occhi calmi, non si scompose al gesto della Sacerdotessa bensì, continuò a navigare nei suoi occhi belli e dannosi. «Io farei qualsiasi cosa per voi, Morgana. Qualsiasi cosa».
Mantenne la schiena dritta, Morgana, cacciando aria dal naso. Alzò un sopracciglio in aria di sfida, parlando con tono impudico: «Orbene… Infiltrati tra le mura di Camelot… e portami il cadavere di un cavaliere della Tavola Rotonda».
Con un’espressione inscrutabile, Emrys rimase teso nella sua blusa blu ed i pantaloni scuri. Il pomo d’Adamo volò su e giù nella trachea, prima che un nuovo sorriso affiorasse sul suo viso. «Sarà fatto».
Incosciente, cercò di combaciare le loro bocche, lasciando scivolare una mano titubante appena sotto il seno della strega, raggiungendo la sua schiena.
Morgana sembrò perdere un briciolo della propria diffidenza, accogliendo le labbra dello stregone con foga e desiderio. Per un secondo, si concesse addirittura il lusso di calare le palpebre, adagiando la mano libera dietro la sua nuca nera, sentendo a stento la presa ancora salda sul pugnale.
Merlin, sorridendo infantile nel bacio, pensò di osare di più, risalendo con la mano la schiena della corvina. Quest’ultima, sentendosi sopraffare, si staccò dalla stretta del giovane, minacciandolo nuovamente col l’arma che aveva tra le mani, agitandola in segno di rimprovero. «Tu portami il corpo del cavaliere, poi avrai ciò che meriti».
Sorrise provocatoria, poggiandogli due dita sulle labbra.
Quel gioco che si era creato tra loro la divertiva, ma non poteva rischiare di farsi battere o dominare. Tra lei ed Emrys le cose erano chiare: uno dei due sarebbe diventato succube dell’altro e, Morgana, ci stava ancora lavorando per averla vinta.
 
 
 









 
*
 













La sala del consiglio era luminosa, completamente irradiata dai raggi dorati del sole deciso.
Il legno pregiato dell’immenso tavolo rotondo fungeva da ottima base per i gomiti del re, che se n’era rimasto con gli occhi pensierosi per molto tempo.
In quei giorni aveva spesso ripensato ai principi validi e morali che lo avevano condotto a sedersi ad una tavola senza spigoli, innalzando fiero e sicuro l’idea di uguaglianza tra tutti gli uomini. Poi, aveva ripensato a Merlin. Poteva biasimarlo per ciò che gli aveva fatto, per come gli aveva mentito? Forse, ma dopo molte notti insonni era giunto alla conclusione di compatirlo. Avrebbe rischiato la morte se gli avesse detto la verità e, come per assurdo, tutta quella situazione andava contro ogni morale del suo regno.
Arthur, convinto delle sue conclusioni, aveva riunito i suoi fedeli alleati ad un’assemblea speciale.
«Il mio regno», iniziò alzandosi in piedi, «la nostra casa si basa su delle fondamenta di un ideale che vede uguali gli uni con gli altri.» Il biondo fece scivolare il proprio sguardo su tutti i componenti della Tavola Rotonda, riprendendo deciso: «Uomini e donne, adulti e bambini, servi e nobili: hanno tutti gli stessi diritti…»
Si fermò un istante, solo per calibrare al meglio le parole. «Stregoni e non. Siamo tutti figli di questa terra, siamo uomini e commettiamo errori; succede, è comprensibile, ma è compito di un buon re aiutare il suo popolo, tendendogli la mano quando più ne necessita… Perché se vacilla il popolo, il re cade con esso. Ed è per questo motivo che mi accingo a conferirvi la mia decisione nel revocare la condanna alla magia a Camelot nella speranza che un domani, gli sbagli di oggi vengano cancellati».
Erano rimasti ammutoliti tutti.
Gwaine con la sua faccia stranamente seria, Leon con un volto impassibile, gli altri cavalieri immobili. Arthur era sicuro della sua scelta, solo… Avrebbe voluto più appoggio, che arrivò dal suo fianco: Gwen, sua moglie, aveva battuto i palmi della proprie mani, alzandosi in piedi.
Il secondo ad alzarsi, fu Sir Gwaine seguito a ruota dall’anziano Gaius ed il resto della Tavola Rotonda.
Sorrise fiero Arthur, orgoglioso del suo popolo, al limite della commozione: avrebbe ritrovato Merlin, riportandolo a casa sua, Camelot; forse, con un po’ di fortuna anche Morgana lo avrebbe perdonato per i crimini di cui Uther si era macchiato.
Un tonfo sordo, gli applausi nella sala erano cessati di colpo mentre, tutti i presenti, volgevano lo sguardo verso le porte spalancate della stanza.
Arthur si voltò verso le ante aperte. C’era una sola persona tanto irruente in tutta Camelot, un solo servo idiota capace di comportarsi in maniera tanto inadeguata.
Il biondo si allontanò dalla tavola, sussurrando appena: «Merlin».
Non c’era nessuno tra le porte sprangate, ma Arthur era sicuro che fosse lì.
S’incamminò veloce fuori dalla sala, aumentando il passo nel corridoio, mentre il rosso mantello gli sventolava alle spalle.
Il corvino si era nascosto dietro una parete del castello, appena accanto la rampa di scale, mordendosi colpevole il labbro inferiore. Il Pendragon continuava a richiamarlo, correndo nel castello, spalancando le porte delle stanze in cui pensava potesse nascondersi.
Merlin, le mani criminose ancora tremanti, rabbrividiva per la malefatta. Sicuro di essere lontano da Arthur, uscì allo scoperto scattando verso la rampa, andando a sbattere contro un corpo pieno e familiare.
«Merlin!» La voce sorpresa e meravigliata di Gaius fu come una lama nel cuore. «Sei tornato!»
Nel vedere il volto affranto del protetto, il medico di corte corrugò la fronte confuso. «Cosa ti prende, figliolo?»
Con le labbra tremanti, il corvino ammise: «M-Mi dispiace…»
«Cosa hai fatto, Merlin?» chiese agitato, comprendendo che le lacrime del ragazzo non erano un buon segno. Solo sporgendosi oltre, vide il corpo senza vita di Percival capovolto al suolo.
Non volendo credere ai propri occhi, si voltò sconvolto verso lo stregone. «Dimmi cosa hai fatto, Merlin!»
«Ho dovuto farlo», confessò, «io l’amo».
Gaius si sentì crollare il mondo addosso. «Misericordia, Merlin… Cosa ti ha fatto?!»
Merlin indietreggiò, scuotendo il capo. «Non avvicinatevi».
L’anziano l’ignorò, cercando di prendergli il viso tra le mani, forse quasi sul punto di lacrimare. «Che cosa ti ha fatto?», ripeté. «Che cosa ti ha fatto?»
Un momento dopo, Gaius fu gettato contro una parete con violenza. Emrys rimase impietrito mentre Mordred con un gesto del capo gli suggerì di scappare.
Il primo, a giungere sul luogo del misfatto, fu Gwaine. Si catapultò apprensivo su Gaius, chiedendogli se andasse tutto bene. Leon accorse un attimo più tardi, aiutando il cavaliere ad issare l’anziano.
«Cosa è successo?», domandò un affannoso Arthur, col sorriso debole. «Era lui?»
Si accorsero di Percival solo quando, scandalizzata, Gwen soffocò un’imprecazione con le mani.
Il sorriso sul volto del sovrano scomparve, lasciando il posto solo al dolore e al disdegno. «Morgana», concluse a pugni stretti.
«No» lo corresse Leon, indicandogli con lo sguardo una bandana rossa dimenticata al suolo.
Arthur sentì il cuore creparsi, esplodergli in mille frammenti di vetro perforandogli la carne. Probabilmente, morire sarebbe stato meno doloroso.
Come avrebbe potuto dimenticarsi quegli stupidi fazzoletti che il suo servo si legava al collo? Dimenticare… In quel momento avrebbe tanto voluto farlo.
«Lo ha soggiogato, Sire.» intervenne Gaius. «Non è più lui».
 
 
 
 
 
 









«I miei uomini!» Morgana sorrideva sorniona sul suo trono quando vide Mordred e Merlin fare ritorno. «Devo considerarvi tali o come spie di Camelot?»
A chinarsi per primo alla sua presenza, baciandole il dorso della mano, fu Mordred. «Possiamo affermare con certezza che da oggi Camelot vanterà di un cavaliere in meno alla Tavola Rotonda».
Sorrise fiera dei suoi uomini, spostando le sue iridi verdi sul corpo in attesa di Merlin. «Bene».
Il druido si sollevò, capendo l’implicito ordine della Sacerdotessa: lasciarli soli.
Senza indugiare oltre o fare commenti, il moro sparì dalla stanza.
La corvina scese dal trono, avvicinandosi compiaciuta allo stregone, facendo strusciare parte della gonna al pavimento.
«Qui qualcuno merita un premio», stuzzicò lei, facendo scendere una mano sul cavallo dei pantaloni marroni del ragazzo, sussurrandogli la provocazione sulla guancia.
Prima che potesse slacciare l’indumento, Merlin le bloccò il polso bruscamente, penetrandola con i suoi stupendi occhi di ghiaccio. «Prima, dovete concedermi un favore…»
 
 
 
*
 
 








Il sangue scorse dal palmo chiaro della donna come un filo sottilissimo.
Alla luce del fuoco, sembrava di un rosso più chiaro di quel che ricordava.
Emrys si ferì a sua volta, lasciando così che una lacrima di liquido denso cadesse dalla propria mano.
Gli occhi degli stregoni si tinsero di un oro pregiato, luminoso quanto potente. Recitarono all’unisono parole dell’Antica Religione, tenendo lo sguardo fisso sui palmi feriti.
Una volta terminato l’incantesimo, Merlin allungò il volto sulla mano della donna, succhiandone delicatamente il sangue. Quando il mago alzò le iridi chiare sulla Sacerdotessa, questa rideva soddisfatta.
Qualora toccò a Morgana, Emrys non le tolse gli occhi di dosso. L’amava, alla follia e che fosse peccato o meno poco gl’importava: ormai erano legati. Le loro vite dipendevano l’una dall’altra.






Relie's corner
- Penso che, secondo l'ideologia della 'Tavola Rotonda' questo discorso doveva essere affrontato nella serie;
- L'immagine ad inizio testo non mi appartiene, l'ho solo modificata;
- Merlin è uscito fuori di senno e vuole unirsi a Morgana per sempre.
A voi la parola :)

 
   
 
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