Non sprecare lacrime nuove per
vecchi dolori.
Euripide
Quarto capitolo
“Danny
forza, sbrigati a portare dentro i nuovi arrivi”. Il ragazzo annuì, mentre
posava il primo grosso scatolone all’interno del negozio. Una folata di vento
entrò all’interno a causa della porta lasciata aperta dal giovane. “E chiudi
quella porta, appena hai finito”, aggiunse, per poi voltarsi e cercare l’ordine
di consegna originale per confrontarlo con i libri effettivamente arrivati.
“Eris…”. La voce arrivò alle sue orecchie come una scossa
elettrica. Erano passati anni, decenni, ma nemmeno il tempo poteva cancellare
l’effetto che quella voce aveva su di lei e nulla avrebbe potuto fargliela
dimenticare. Si voltò con il cuore che batteva veloce.
“Sì,
signora Schmerz, faccio in un attimo”. Danny depose
il secondo cartone e uscì veloce a prendere l’ultimo.
Quell’interruzione
le aveva dato il tempo di guardare la donna. Era invecchiata, certo, ma era
sempre la più bella donna che avesse mai visto. I suoi occhi erano timorosi nel
guardarla ma anche così brillavano di quell’intenso smeraldo in cui si era
tante volte persa. Le sue mani apparivano ancora morbide come le ricordava e
l’eleganza che aveva sempre avuto in ogni gesto non era sparita. Le parole di
Danny però le avevano anche permesso di sfuggire dall’incantesimo che quella
donna gettava infallibilmente su di lei.
“Vai
via”
“Eris, io…”
“Mi
sembrava di essere stata chiara anni fa. Hai scelto lui, hai scelto di vivere
senza di me e così hai perso ogni diritto di posare il tuo sguardo su di me.
Vattene via”. La donna fece un passo verso di lei, ma gli occhi di Eris brillarono di rabbia e lei si ritrasse.
“Signora
Schmerz? Va tutto bene?”. Il giovane aveva posato
l’ultima scatola e ora guardava le due donne con preoccupazione.
“Sì,
questa cliente non può trovare quello che cerca. Non qui”. La sconosciuta
abbassò la testa alle parole di Eris poi si voltò e
uscì dal negozio.
“Chi
era?”, chiese Danny curioso.
“Nessuno”
“Oh
non direi! Non l’ho mai vista mandare via un cliente, neppure quando le hanno
chiesto Cinquanta sfumature di grigio!”.
Ridacchiò, ricordando la scena.
“Non
sono affari che ti riguardano!”
“Ma…”
“Vai
a casa Danny”
“Devo
ancora mettere a posto i libri e…”
“Ho
detto vai a casa!”. Il ragazzo la guardò, arrabbiato.
“Non
è giusto”
“Non
ha nessuna importanza quello che è giusto e quello che non lo è! Torna a casa!”.
Danny
afferrò il suo giubbotto e uscì dal negozio sbattendo la porta, furioso per il
modo in cui era stato trattato. Eris però non lo vide
uscire, i suoi occhi si erano velati di lacrime e ora che fu sola scoppiò a
piangere, lasciando che il dolore la sommergesse. Il dolore di cui non si era
mai potuta liberare, il dolore di essere abbandonata dalla persona a cui aveva
donato il cuore.
Il
giorno dopo Danny non venne. Eris sistemò i libri da
sola, ma non aprì il negozio, voleva rimanere sola. Aveva passato la serata a
guardare vecchie foto, immagini che aveva deciso di bruciare almeno cento volte
ma di cui non aveva mai potuto disfarsi. Ricordava quegli anni, c’era la guerra
in Vietnam e i soldati tornavano a casa con sulle spalle dolori mostruosi e insaziabili,
aveva passato giorni negli ospedali, strappando un dolore dopo l’altro, aiutata
dalla forza della giovinezza. Ma non ricordava solo i dolori tolti di quegli
anni, ricordava anche quell’infermiera, Elisabeth,
dolce ed elegante che aveva fatto breccia nel suo cuore e che un giorno aveva
deciso di spezzarglielo.
Razionalmente
aveva capito, dopo tutto il suo più grande desiderio era stato avere una
famiglia e lei non avrebbe potuto dargliela, mentre lui sì.
Quando
Elisabeth l’aveva lasciata piangeva, le aveva detto
che avrebbe amato sempre e solo lei, ma che quella era l’unica decisione che
avrebbe permesso ad entrambe di essere felici. Mentre lo diceva, Eris aveva visto formarsi il dolore su di lei e lo aveva
strappato via. L’amava. L’amava così tanto da non poter sopportare di vederla
soffrire, così aveva tolto quel dolore e impedendole di provarlo, aveva
eliminato qualsiasi possibile futuro per loro due. Era stato un errore, un
errore che non aveva più commesso da allora ma che pagava ogni giorno che
passava sola, lontana dalla persona che amava.
“Ciao…”.
Eris alzò la testa dal libro e appuntò lo sguardo su
Danny che, le mani in tasca, la fissava dalla porta del negozio.
“Cosa
fai lì impalato, entra”. Il ragazzo obbedì, muovendosi incerto verso di lei.
“Dai su, non mordo mica”
“Non
ne sono così sicuro…”. Eris fece una smorfia, come se
avesse un gusto molto amaro in bocca poi pronunciò due parole che di sicuro non
pronunciava spesso.
“Mi
dispiace”. Danny sgranò gli occhi, stupito.
“Dispiace
anche a me signora Schmerz”
“Bene,
allora discorso chiuso?”
“Posso
dire solo una cosa?”
“Una
sola, bada bene a che non siano due”. Danny sorrise poi si fece di nuovo serio.
“Lei
si occupa molto dei dolori altrui… ma… ecco, dovrebbe imparare a lasciare
andare anche i suoi”. Eris guardò il ragazzo a lungo.
Era appena fuori dall’adolescenza, alto e forte, i suoi occhi azzurri, che un
giorno avrebbero fatto innamorare una donna, erano franchi e aperti.
“Sei
un bravo ragazzo Danny, ma questo dolore è tutto ciò che mi resta di una persona
che ho amato profondamente. Se lo lasciassi andare, allora non avrei più nulla”.
Il giovane sembrò riflettere poi annuì.
“Posso
capirlo”. Allungò il collo e vide la foto che lei aveva messo nel libro due
sere prima. “E’ lei?”
“Avevamo
detto: una cosa”, gli ricordò Eris, ma lui non ritirò
la domanda. La donna sospirò poi annuì. “Sì, è lei”
“Era
bella”, commentò Danny, mentre prendeva la foto tra le mani.
“Lo
è ancora”
“Era
la donna che è venuta ieri?”
“Sì”
“E
perché l’avete mandata via?”. Alzò le mani per bloccare la protesta nascente
“Lo so, lo so. Però, perché l’avete mandata via? Vi ha fatto soffrire, immagino
che vi abbia lasciato, ma ora era qui e chiaramente voi l’amate ancora”
“Danny…”,
disse debolmente Eris. “La vita è complicata e…”
“Non
siete stanca? Soprattutto del male che gli uomini fanno a tutti gli altri
uomini. Stanca di tutto il dolore che sentite nel mondo ogni giorno? Non ce n’è
troppo per voi? Non è come avere pezzi di vetro conficcati in testa
continuamente?”. Dopo la tirata prese un profondo respiro “Ho guardato Il miglio verde ieri sera e ho
riadattato la citazione per voi”
“Danny,
se vuoi ti regalo il libro del miglio verde, ma non citarmi più dei film”, disse
esasperata Eris.
“Davvero
me lo regalereste?”, chiese entusiasta il ragazzo.
“Certo”
“Forte”.
Danny batté le mani poi le puntò il dito contro “Ma ero serio, non siete stanca
di tutto questo dolore? Forse l’amore è meglio, anche se… beh…”
“Cosa?”,
chiese lei, stringendo gli occhi in una minaccia.
“Beh,
siete vecchia quindi…”
“Oh
taci!”, lo bloccò lei mentre lui arrossiva. “Vai a prendere della carta e del
prodotto per vetri, visto che sei qui tanto vale che mi aiuti a pulire la
vetrina”. Il giovane sbuffò ma corse a prendere quello che gli aveva chiesto. Eris scosse la testa, chiedendosi perché dovesse sempre o
correre o trascinare i piedi, la cara e bella via di mezzo non era tra le
opzioni di Danny.
La
porta alle sue spalle si aprì e lei si voltò per accogliere il cliente ma si
ritrovò davanti lei.
“Eris, lo so, mi detesti ancora… ma devo parlarti!”. La
donna si stropicciava le mani, tesa.
“Va
bene”. Detto questo Eris si voltò e si diresse alle
scale.
Danny
spuntò in quel momento e nel vedere con chi era si bloccò di netto.
“Io
parlerò per alcuni minuti con questa persona, tu assicurati che la vetrina sia
ben pulita prima che scenda”
“Ok”,
disse solo mentre lei lo oltrepassava e saliva le scale fino al suo
appartamento.
Le
gatte le vennero incontro facendo le fusa e richiedendo coccole, Eris prese Morte tra le braccia e si sedette al tavolo.
“Ti
sono sempre piaciuti i gatti…”, iniziò lei.
“Sì,
siediti e dimmi quello per cui sei venuta”
“Eris…”
“Per
favore, Elisabeth”. Il suo tono fece abbassare gli
occhi alla donna che annuì.
“Sì,
certo. Io ho bisogno del tuo aiuto”. Mentre lo diceva Eris,
che fino ad allora era stata accecata dai proprio sentimenti vide.
“Oh”,
disse soltanto.
“Hai
visto?”, chiese allora Elisabeth, tesa.
“Quanti
anni ha?”
“Tre
anni”
“E’
tua nipote?”
“Sì,
la figlia di John, il mio primo figlio”. Eris chiuse
gli occhi a quelle parole. Dentro di lei il dolore era forte. “Mi dispiace
chiederti questo… non ne ho nessun diritto, ma i medici hanno detto che morirà…
le resta poco tempo…”
Eris
aprì gli occhi, fissandoli in quelli verdi della donna che amava.
“Sai
cosa mi stai chiedendo?”
Elisabeth
aveva i pugni chiusi, le labbra strette e gli occhi pieni di lacrime. Sì, lo
sapeva. Eris non ebbe bisogno del piccolo cenno
affermativo per comprenderlo.
“Portala
qui, domani. A quest’ora”. Sul volto della donna dolore e sollievo combattevano
senza che nessuno dei due prendesse il sopravvento.
“Io…
grazie Eris…”. Si alzò senza riuscire a dire altro.
Scese le scale e sparì. Dietro alla porta però c’era Danny.
“No”,
disse prima ancora che lei potesse parlare. Il suo tono era duro e fermo, come
mai lei lo aveva sentito. “Non vi permetterò di farlo”
“Non
avresti dovuto origliare! Comunque è deciso, lo farò, tu, caro ragazzo, non
potrai fermarmi”
“Sì
che posso!”. La sua voce si incrinò mentre le lacrime si facevano strada sulle
sue guance. “E’ colpa mia, non avrei dovuto incitarvi ad ascoltarla!”
“No
no, suvvia Danny, vieni qua”. Lo fece accomodare accanto a lei e gli prese la
mano. “Avevi ragione. Sai cosa diceva Sofocle?”. Il ragazzo scosse la testa e
lei recitò: “Una parola ci libera di tutto il peso e il dolore della vita:
quella parola è amore”. Eris sorrise “Avevi ragione,
era ora che io mi liberassi del mio dolore, era ora che io finalmente
conoscessi la pace”
“Ma…”
“Non
ti preoccupare per me, non ho paura di morire, nulla può essere peggio dei
dolori che ho visto in questo mondo”
“Siete
troppo vecchia per queste cose! Non dovete fare il supereroe! Voi stessa avete
detto che non lo siete!”
“Danny,
non si è mai vecchi per un atto di amore e sacrificio”
“Ma
io non voglio che moriate”
“Sei
gentile”
“No”,
si impuntò il ragazzo e Eris gli sorrise.
“Andrà
tutto bene”
“Voglio
esserci”. L’improvvisa risoluzione seccò le lacrime dal volto del ragazzo.
“Non
credo che…”
“Signora
Schmerz, voi siete libera di prendere le vostre
decisioni e così lo sono io”
“Perché
vuoi assistere alla mia morte? Non sarà bello”
“Lo
sapete bene, certi dolori devono essere vissuti”. Rimasero in silenzio tutti e
due poi Eris guardò le sue gatte accoccolate sul
divano in un garbuglio di zampe e peli.
“Ti
prenderai cura dei miei cavalieri?”
“Quali
cavalieri?”, chiese il Danny confuso.
“I
Cavalieri dell’Apocalisse. Le mie gatte”, specificò poi.
“Oh…
certo… mamma non ne sarà contenta ma… è una promessa”, disse poi serio.
La bambina sentiva i polmoni
scoppiare ma non smise di correre. Arrivò a casa, senza perdere tempo spalancò
la porta e risalì gli scalini il più in fretta possibile poi senza indugio si
intrufolò ansimando nella fenditura tra la sua casa e quella della vicina. La
soffitta era scura come sempre.
“Sarah?” Chiamò piano, il cuore che
batteva all’impazzata.
Nessuno rispose: la soffitta era
vuota.
Eris
si svegliò con il cuore che batteva veloce, si era assopita per un momento e le
era stato portato quel sogno, un altro momento del passato. Si alzò e guardò
fuori. Era l’alba. Bene, doveva fare ancora molte cose.