Principessa Prigioniera
Camilla osservava il regale giardino dalla finestra di camera sua.
I figli dei giardinieri stavano giocando con la candida neve caduta da
poco. Si rincorrevano, lasciandosi cadere su quel manto bianco che faceva da
sfondo alla loro allegria ed il loro unico problema era quello di riuscire ad
acchiappare l’altro.
La ragazza sospirò. Avrebbe voluto farlo anche lei, ma purtroppo alla
principessa non era consentito mischiarsi alla servitù. Inoltre lasciarsi
andare a quel modo non era conveniente per una signorina come lei e neanche
poteva permettere che il vestito si sporcasse.
-Principessa?-
Una vocina la distolse dai suoi pensieri. Camilla si voltò e sorrise
alla giovane ancella che le stava andando incontro.
-Dimmi, Sara.-
-Io... dovrei acconciarle i capelli, padroncina. Deve iniziare a
prepararsi, la cerimonia si svolgerà tra meno di un’ora e sua madre ha ordinato
che lei fosse vestita e pettinata a breve.-
-Non voglio, Sara.- mormorò Camilla sedendosi sul letto e lasciando che
la ragazzina le sciogliesse la stretta crocchia che portava affrancata sulla
nuca e che iniziasse a spazzolarle i lunghi capelli neri e lucenti.
-Lo so, padroncina. Ma non ci può fare niente, ha compiuto i sedici anni
ed il re vuole che si sposi.-
-Mio padre non può costringermi! Come posso sposare un ragazzo che
nemmeno conosco? Come posso farlo? Dovremo amarci, Sara.-
-Imparerete ad amarvi. Vostro padre non affiderebbe mai sua figlia a
qualcuno che non è in grado di amarla nel modo più giusto.-
-Il modo più giusto... Sei innamorata, tu?-
L’ancella arrossì violentemente. La principessa non le aveva mai rivolto
una domanda tanto diretta.
-Io... si, padroncina. Di... Fabrizio, il figlio del pastore del
villaggio.-
Camilla sorrise.
-Ed è per questo che hai quella luce tanto bella negli occhi, Sara. Nei
miei occhi, invece, vedi luce?-
La ragazzina la guardò attraverso il riflesso dello specchio. No, nei
suoi bellissimi occhi azzurri non c’era luce, ma solo tristezza, tanta
tristezza.
-No, principessa. Ma voi dovete essere felice. Voi... vi innamorerete di
questo giovane. Con il tempo lo conoscerete e vi innamorerete di lui e lui di
voi.-
-Ma io sono già innamorata, Sara!- esclamò Camilla sorridendo.
-Siete innamorata?-
-Sì, della vita! Io voglio... viaggiare, vedere il mondo, conoscere
gente nuova! Io voglio vivere!-
-Voi non potete fare questo, signorina, non potete!- sussurrò l’ancella.
–Non è il vostro destino!-
La principessa si alzò di scatto, distruggendo la metà dell’acconciatura
che era appena stata conclusa.
-Io credo che ognuno debba decidere del proprio destino. Non sei
d’accordo con me, Sara?-
-Sì, padroncina.-
-E allora liberami. Fallo, ti prego, fallo!-
-Ma io non posso, signorina. Ubbidisco a voi, ma devo ubbidire
soprattutto al volere di vostro padre. E vostro padre, il re, mio signore,
vuole che vi sposiate con il conte.-
-Non hai mai disubbidito, vero, Sara? No, neppure io l’ho mai fatto.
Ma... forse è ora di iniziare. Io inizierò. E quando lo farò la mia vita,
quella che desidero io, quella che voglio vivere, inizierà.-
La porta della stanza di Camilla si aprì un’altra volta e fece il suo
ingresso una bellissima donna, vestita con un abito di seta color crema e con
della filigrana d’oro intrecciata nei capelli.
-Camilla! Ancora non siete pronta, figliola? Sara, avevo dato ordini
precisi!-
-Lo so, mia regina, lo so, mi dispiace! È...
-Colpa mia, madre, colpa mia!- disse Camilla inchinandosi accanto
all’ancella. –Ho distratto Sara, chiedo scusa.-
-Va bene, va bene, ma ora vediamo di darci da fare! Vi mando altre tre dame.-
Un’ora passò e la giovane principessa era pronta per compiere il passo
più grande: unirsi in matrimonio.
Sara l’osservava avanzare lungo la navata della Chiesa con fierezza, ma
nelle iridi ghiacciate vi si poteva leggere lo sconforto e l’infelicità più
profonda.
-Sara, porta il calice!- ordinò padre Giovanni. Lo aveva convinto
all’ultimo momento ad investirla di quell’incarico importante. Ubbidì e portò
la coppa d’oro con inciso lo stemma della famiglia reale. La principessa ed il
conte suo sposo avrebbero consolidato il loro voto bevendo insieme da quel
calice. Ma Sara sorrise: qualcos’altro sarebbe successo, in verità. Camilla
avrebbe iniziato a vivere.
-Bevete solo voi, padroncina.- sussurrò quando fu davanti a lei.
E Camilla annuì, ora sorridente. Sara la liberava, la liberava!
Bevve tutto il contenuto d’un fiato e cadde a terra.
Sara salì sull’altare e rispose alla muta domanda degli invitati.
-È morta, mia signora. Voleva essere libera. Ed io l’ho liberata. Ed ora
vive.-
Un giovane ragazzo piangeva tra due lapidi bianche.
“Addio, mio dolce amore, riposa in pace accanto alla tua principessa
ribelle.”
“Addio, principessa Camilla, prenditi cura della mia Sara.”