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Autore: Relie Diadamat    11/10/2015    5 recensioni
A fine giornata, Merlin si precipita a casa della piccola peste Artie con l'intento di sfogarsi, ma una volta entrato in casa...
Dal testo:
«Non ci posso credere…», fu l’unica cosa che riuscì ad articolare, col volto più pallido e la bocca spalancata.
«Incredibile, non trovi? Per la prima volta si comporta come una ragazza.»
Merlin si voltò alla sua sinistra, ritrovando la figura ghignante della grande Pendragon che intanto si portava un bicchiere di solo-Dio-sapeva-cosa alla bocca, giocherellando con i denti sui bordi.
«E’ ubriaca!», boccheggiò allarmato. «Dobbiamo fare qualcosa.»
Morgana gli riservò un’occhiata scettica, issando il suo drink alcoolico. «Chi credi che l’abbia imbottita di Tequila?»

Modern!AU // fem!Arthur // [Merthur-alternativo] *Artie/Merlin*
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freya, Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Contesto generale/vago
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Nda: Buon salve! E' domenica, il che equivale a molta noia e rari momenti d'ispirazione... Beh, stamattina mi è venuta in mente questa one-shot e non ho potuto fare a meno che terminarla in breve tempo. 
Premetto che la mia OTP per eccellenza non è il Merthur - preferisco il bromance al romance -, ma il Merthur alternativo non è affatto male. Il personaggio di Artie P. è stato già utilizzato dalla sottoscritta in altre shot e, me ne sono innamorata! Sicuramente la preferisco alla fem!Merlin. E... niente, questo è tutto.
Grazie a chi si fermerà a leggere questa piccola storia senza pretese, dolce e divertente.
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate del mio piccolo esperimento.
Buona lettura!
 

“È STATA LA TEQUILA A PARLARE.”
 
 
 





Merlin sapeva che quella non era la sua giornata.
Freya, la sua ragazza, aveva chiamato per avvisarlo che il suo soggiorno in Germania si sarebbe prolungato di altri sette mesi: «Sono solo mesi, amore. Possiamo superarli, stiamo andando bene!»
Era innamorato di Freya, lo era da più di un anno, ma in quei sette mesi si era chiesto continuamente se per lei valesse lo stesso. Come poteva resistere tutti quei giorni senza toccarlo, averlo davanti agli occhi, accontentandosi di semplici chiamate la sera?
Sbuffò al sol pensiero, slacciandosi il casco dal capo.
Merlin non sapeva dirsi il perché, ma ogni volta che succedeva qualcosa che lo irritava – o lo metteva di cattivo umore -, doveva recarsi da Artie. La boriosa, testarda e piccola Pendragon.
A dire il vero, passava così tanto tempo da quella peste biondina che quasi convivevano. Merlin, ad esempio, aveva le chiavi della sua villetta. La sua gran bella villetta!
Il padre di Artie era un uomo ricco e stava sempre fuori casa per questioni lavorative. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, la sedicenne Artie ne soffriva molto ma al contempo ne gioiva: si sentiva la regina incontrastata in quella villa immensa; Merlin era il suo servetto personale – anche se, per solidarietà, alla gente lo identificava con l’appellativo “modesto amico”.
Dalla rabbia, Merlin non si accorse nemmeno delle file di macchine e motorini in bella mostra ai lati della casa, che entrò in soggiorno cominciando a brontolare: «Altri sette mesi, Artie! Non ci posso credere! Voi donne siet-»
Le parole morirono nella trachea del corvino non appena i suoi occhi chiari si posarono sul tavolo, dove, con una bottiglia di Tequila tra le mani, l’Asina Artie saltellava a ritmo di musica.
Lo stereo pareva impazzito, e Merlin cercò di tapparsi le orecchie d’istinto a causa del volume troppo alto. Tuttavia, sbiancò nel vedere la piccola Pendragon urlare frasi come: «Sono la regina della festa! Lunga vita all’alcool!»
Santo Cielo.
«Non ci posso credere…», fu l’unica cosa che riuscì ad articolare, col volto più pallido e la bocca spalancata.
«Incredibile, non trovi? Per la prima volta si comporta come una ragazza.»
Merlin si voltò alla sua sinistra, ritrovando la figura ghignante della grande Pendragon che intanto si portava un bicchiere di solo-Dio-sapeva-cosa alla bocca, giocherellando con i denti sui bordi.
«E’ ubriaca!», boccheggiò allarmato. «Dobbiamo fare qualcosa.»
Morgana gli riservò un’occhiata scettica, issando il suo drink alcoolico. «Chi credi che l’abbia imbottita di Tequila?»
Merlin provò l’impulso di portarsi le mani tra i capelli, o imitare goffamente l’urlo di Munch, ma la voce brilla della piccola Pendragon fu altrettanto efficiente: «Merlin! Non fare la persona inutile, sali!»
Al suo fianco, Morgana sogghignò tra le labbra ricoperte di rosso, lasciando delle pacche provocatorie sulla spalla del corvino. «Divertiti, Emrys».
«No! Aspetta!», cercò di fermarla, ma Morgana si era già incamminata verso chissà chi, pronta a fare qualsiasi cosa fuorché ascoltare le suppliche disperate del povero Merlin.
Merlin si sentiva con le spalle al muro, incapace di fare qualsiasi cosa: come avrebbe gestito una Artie ubriaca? E, stranamente affettuosa…
Fermi tutti! Stranamente affettuosa?!
La biondina, con la liscia chioma spettinata, si era gettata giù dal tavolo come un paracadutista senza imbracatura, atterrando tra le braccia di Mordred. Mordred.
Inquieto, Merlin scattò dal suo posto, saettando verso la piccola peste. Quest’ultima, del tutto sopraffatta dalla Tequila, cingeva il collo del maledetto sorridendogli con aria sognante, mentre quel vigliacco orientava le mani verso i fianchi della Pendragon.
Merlin non aveva mai nutrito gran simpatia per quel tipo, almeno non dopo aver scoperto che – mentre frequentava la giovane Artie – andava a letto con la più grande delle Pendragon, Morgana.
Avesse potuto, gli avrebbe spaccato il muso.
Si avvicinò il più velocemente possibile, slegando Artie da quell’abbraccio malsano, afferrandola per un polso. «Si può sapere cosa stai facendo?!»
«Oh, Merlin!» La ragazza assunse una buffa aria contrariata, munita di labbruccio malriuscito. «Cattivo, Merlin!» Fece per picchiarlo, ma dato il suo equilibrio precario rischiò di barcollare, ridendo della sua stessa incapacità.
«Sei ubriaca», le fece nota l’amico, sorreggendola. «E ti comporti in modo più stupido del solito.»
Artie lo scimmiottò come una bambina capricciosa, ripetendo le sue frasi in chiave ‘gne-gne-gne’, per poi appoggiarsi a peso morto sul petto del ragazzo. «Come sei noioso», e qui la vocale si prolungò per molto tempo.
Merlin voltò la testa di lato, con una smorfia, tentando ad ogni modo di sostenere il peso della Pendragon. «Il tuo alito è pessimo, Artie. Devi andare a letto.»
«Perché dici così, non mi vuoi bene?» domandò, avvicinandosi al collo del corvino, lasciandogli un bacio nell’incavo.
L’altro sbarrò gli occhi, tentando di allontanare le labbra della sedicenne dalla sua pelle. «Artie, dobbiamo andare a letto!»
Lei rise, picchiettandogli la mano come una mamma severa e, con un lieve saltello, posò la sua bocca ad un passo da quella di Merlin. «Sì, Merlin. Andiamoci insieme!»
Il giovane imporporò, cogliendo il doppio senso. Le prese il volto tra le mani, guardandola bene negli occhi. «Artie, non fare la testa di legno!»
Artie lo guardò in silenzio, le gote arrossate. Occhi negli occhi. «Perché non vuoi venirci con me?» mugugnò.
Qualcosa, nel petto del giovane Emrys, si sciolse, intenerendolo. Artie Pendragon, il maschiaccio dai lunghi e lisci capelli d’oro, sembrava una dolce bambolina di cera.
Un sorriso nacque spontaneo sul volto di Merlin. Artie era la persona più importante della sua vita. La più importante di tutte. Era l’unica, ma Emrys non aveva mai trovato il coraggio di farsi avanti. Artie era così speciale che temeva di non essere alla sua altezza, paventava il suo rifiuto e… poi era arrivata Freya.
«Perché, Merlin?», gli chiese ad occhi incatenati, quasi imbronciata. Una mano di Artie scivolò sulla guancia nivea dell’amico, carezzandogli col pollice la curva della mascella. «Perché non mi vuoi?»
Merlin non sapeva che dire, né tanto meno cosa fare. Era solo cosciente del fatto che, le labbra di Artie a quella distanza, erano dannatamente ammalianti. Per un istante, provò l’impulso di plasmarsi al suo viso, assaggiandole avidamente.
«A-Artie…»
La Pendragon si era avvicinata al suo volto, sembrando quasi lucida e sincera. Era lì, che accorciava lo spazio che li teneva separati, mentre il cuore nel petto di Merlin cominciava a martellare follemente. A momenti, gli faceva male, ma era un dolce dolore.
Ad un passo dalla bocca di Merlin, Artie chinò la testa verso il basso, vomitando sulle scarpe del corvino. Merlin si morse parte del labbro inferiore, sentendo tutta l’adrenalina scemare di colpo.
Aiutò la Pendragon a rialzarsi, facendola accomodare su una sedia, pulendole il muso con un tovagliolo di carta.
«Mi sento uno schifo», si lagnò quella, toccandosi la pancia corrucciata.
Merlin accennò un sorrisino di rimprovero, spostandole alcune ciocche dal viso. «Sei uno schifo, Artie».
L’altra, troppo debole per affrontarlo, si limitò a dedicargli una smorfia sofferente, tentando di fermare la nausea.
Emrys si avvicinò allo stereo, staccando la spina. «La festa è finita!» annunciò baldanzoso, beccandosi i reclami dei presenti. Alzò le spalle, fingendo cordialmente un’aria dispiaciuta, assicurandosi lui stesso che quegli individui uscissero dalla dimora Pendragon. Mordred tra tutti.
 
 
 
 



 
*



 
 






Merlin si era caricato Artie tra le braccia, salendo le scale lentamente, tentando di non inciampare. «Sei più pesante di quanto ricordassi!»
Artie, tra le sue braccia, bofonchiò qualcosa di unibile facendo sorridere il corvino. Artie, ragazzina viziata e testarda, era davvero adorabile senza forze.
Finite le scale, si diresse verso il corridoio, arrivando accanto alla porta della Pendragon. Artie era così ubriaca da non reggersi neanche in piedi.
Armatosi di pazienza, Merlin fece pressione sulla maniglia col braccio, aprendola a stento, spalancandola poi con un piede.
Si trascinò fino al lettone della ragazza, adagiandola sul materasso. Questa vi si strusciò sopra con un lamento, nascondendo mezza parte della faccia nel cuscino. Merlin, addolcito nel vedere quella piccola peste così indifesa, le accarezzò d’impulso una guancia, rimboccandole le coperte. «Sogni d’oro, piccola Asina».
La biondina sorrise intontita alla sua carezza, bloccandogli la mano. «Resta con me», soffiò nel sonno. Ad occhi chiusi, immobilizzò il braccio di Merlin – che intanto aveva rischiato di collassarle addosso -abbracciandolo, mettendosi comoda.
Il corvino, impreparato dal quel gesto, dopo un attimo di titubanza decise di stendersi col petto contro la sua schiena. «Tu dormi, però», le disse.
Silenzio.
«Artie?»
Nessuna risposta.
 «Non è vero che non ti voglio.» La voce di Merlin tremò, impaurito nel confessare i suoi sentimenti. Artie era sempre stata lì, ad un passo da lui ma Emrys non aveva mai rischiato. Non voleva perdere la sua amicizia, ne sarebbe morto. Comunque stessero le cose, Artie non poteva sentirlo e Merlin non poteva tenersi tutto dentro. «Sono sempre stato innamorato di questa piccola testa di legno. Lei è l’unica, per sempre… Comunque, so che è stata la Tequila a parlare.» Cercò di calare le palpebre, senza pensare più a niente. «Solo la Tequila…»
Il breve bip della sveglia sul comò adiacente, segnalò la mezzanotte.
Artie, dall’altra parte del letto, sorrise ad occhi aperti.
 
 
   
 
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