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Autore: Elisir86    11/10/2015    3 recensioni
"C'è una strada piccola, affannosa e ripida che mi porta fino a te io vorrei percorrerla e senza rischi inutili, arrivare fino a te fino all'amore"
FINO ALL'AMORE - BIAGIO ANTONACCI
[No incesto]
[Coppie: Francia x Canada – Molte altre]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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Gennaio

 

 

 

 

8

Momenti d'imbarazzo

 

 

 

 

Eduard era appoggiato al muro della scuola con un libro aperto davanti al viso, come sempre ripassava quello che già sapeva a memoria.

Attorno a lui i compagni del liceo ridevano e scherzavano raccontandosi delle vacanze natalizie, cosa che lui stava cercando di dimenticare, ancora gli bruciava la faccenda del messaggio che gli aveva mandato Toris.

Amicizia lui dubitava di poter restare solo amico, perché nonostante il suo ok scritto con -estremo- sacrificio lui non poteva dimenticare quanto gli era piaciuto baciare Toris.

Sospirò girando pagina, gli occhiali scivolarono un poco sul naso dritto. Il fatto che avesse accettato era solo perché quei due erano gli unici amici che aveva, gli unici che si sedevano accanto a lui a pranzo o che restavano ore in biblioteca semplicemente per fargli compagnia.

Per quello aveva mandato quel maledettissimo ok perché non poteva tornare a non avere nessuno intorno come tre anni prima, sarebbe stato troppo perfino per lui che alla solitudine era abituato.

Spesso si domandava se al suo ultimo anno sarebbe riuscito a muoversi senza la presenza silenziosa di Toris e quella allegra e colorata di Feliks.

Ma quel ok ancora bruciava così come quel messaggio di amicizia che ancora teneva nei salvati del cellulare.

Alzò lo sguardo in tempo per vedere Toris avvicinarsi con aria cupa, il che era già insolito, ma capì che qualcosa non andava nel momento in cui realizzò che accanto a lui non c'era Feliks.

“Buongiorno.” lo salutò chiudendo il libro, si sistemò la tracolla nera sulla spalla e infine alzò -nel suo gesto abituale- gli occhiali. “Feliks sta male?” chiese mentre varcavano l'ingresso. Mancavano pochi minuti all'inizio delle lezioni, poi lui se ne sarebbe andato nella sua classe, invidiava spesso i suoi due amici che avendo la stessa età avevano avuto la fortuna sfacciata di finire nella stessa sezione.

Toris arrestò il passo e abbassò lo sguardo, aveva dormito poco quella notte e i suoi occhi erano rossi dal pianto, ma non voleva sfogarsi con Eduard: si sentiva così stupido.

“No, oggi mi sono svegliato tardi quindi...” iniziò torturandosi le mani, sentiva lo sguardo serio dell'amico sulla testa -si domandava perché fosse così alto, metteva ancor più soggezione-, “...Siamo venuti separati...”

Eduard non era stupido anche se a volte lo sembrava -forse per quell'aria di assoluta tranquillità anche nei momenti di crisi o perché l'aria da tonto era impressa sul suo viso- perciò non ci mise molto a collegare il fatto di quella serata allo stato di Toris in quel momento, non doveva nemmeno sforzarsi troppo per capire che in quei due amici tanto uniti qualcosa si era rotto.

Da una parte era felice: ciò significava che Toris avrebbe passato più tempo con lui e forse si sarebbe accorto che anche un secchione poteva essere interessante...forse poteva avere una possibilità ancor più elevata senza Feliks.

Dall'altra parte gli dispiaceva perché da che mondo e mondo non si era mai visto Toris senza Feliks e vice versa, erano così affiatati che sembrava impossibile vederli distanti e per molti era inconcepibile solo pensare che dormissero separati. Ed era sicuro che nessuno dei due sarebbe stato lo stesso…

“Va bene. Io vado in classe, mancano solo un paio di minuti...” Eduard non era stupido e nemmeno insensibile e decise di togliere dall'imbarazzo l'amico. “Ci vediamo a pausa!” lo salutò avviandosi con passo spedito lungo il corridoio.

 

 

Il banco di Feliks -accanto al suo- non era stato occupato, non c'era nessun astuccio color rosa e nessun quaderno con disegnati mille cuoricini.

Non c'era nemmeno il profumo delle varie caramelle che si portava sempre dietro e che si confondeva con quello dolce che si metteva addosso.

Nessun “Tipo” pronunciato in continuazione e nessun abbraccio improvviso durante i cambi delle ore.

Niente di niente.

Feliks non si era presentato ne nelle prime tre ore ne quelle a seguire.

Eduard aveva azzardato a pensarlo ammalato. Ma Feliks non si ammalava praticamente mai, in cinque anni che lo frequentava lo aveva visto con un misero raffreddore solo una volta.

Il motivo di quell'assenza poteva essere solo la loro conversazione -se si poteva chiamare così- della sera precedente e lui si sentiva tremendamente in colpa, talmente tanto che gli aveva inviato un messaggio.

E non aveva ricevuto risposta.

Non sapeva nemmeno se lo avesse letto o se lo avesse cancellato appena letto il mittente, sempre se aveva tenuto il suo numero.

Stupido, idiota, stupido!

Si era detto in continuazione mentre le ore passavano in preda a un'ansia che non sapeva di poter provare. Guardava l'orologio sulla parete sperando di poter muovere le lancette più velocemente così da andare a constatare lo stato di Feliks.

Ma tutto sembrava andare più lento del previsto.

 

°°°°°°°°°°

 

La risata di Feliciano era limpida e genuina, non era costruita e faceva capire subito che quel ragazzo era puro d'animo.

Feliks rimase deliziato ad ascoltare quella risata, inclinò leggermente il capo facendo scivolare di poco il capello di lana rosa. Nelle mani teneva la tazza di cioccolato caldo bianco.

“E io che ti avevo scambiato per una ragazza!” Feliks sorrise delicatamente mettendo una mano a coprirgli le labbra lucide, Feliciano non era il primo che ci provava con lui pensando appunto che fosse una donna ma era il primo che lo invitava a bere qualcosa anche se aveva scoperto che lui era un ragazzo.

Era stato carino fin da subito e lui ne era rimasto abbagliato, oltre ad aver un carattere socievole aveva anche un bel viso, un corpo longilineo e sembrava essere un bravo ragazzo.

Gli era venuto naturale accettare l'invito e si era sfogato con lui dicendogli ogni minima cosa era capitata al primo dell'anno e il giorno prima.

Tutto. Gli aveva raccontato tutto, perfino il fatto che il suo cuore aveva iniziato a battergli all'impazzata quando Toris lo aveva baciato la prima volta o quando era entrato in lui si era sentito inspiegabilmente sereno e completo.

Feliciano lo aveva ascoltato in silenzio mentre disegnava qualcosa sul tovagliolino di carta del locale -lo stesso dove Eduard lavorava durante le vacanze e nei fine settimana-, poi come niente fosse era scoppiato a ridere.

“Ma anche se tu lo fossi non saresti libera...” stava continuando a ridacchiare senza nessuna malizia, con gli occhi appena socchiusi che trasmettevano calore. Feliks lo ascoltava con attenzione, non capendo perché provava tale fiducia in uno sconosciuto.

Feliciano smise di ritrarre quel giovane tanto bello quanto triste, la sua storia era simile a molte altre e poco interessante, ma forse per il fatto stesso che fosse banale quel ragazzo la trasformava in qualcosa di affascinante.

“È ovvio che sei innamorato di questo Torren...Tori...Tony...” si incupì pensieroso cercando di ricordarsi il nome esatto “Toris?” venne in suo soccorso Feliks che incredulo lo guardava come se vedesse un asino volante. “Io non posso amare Toris!” continuò categorico, corrugando quelle sopracciglia perfette e formando dei piccoli solchi sull'attaccatura del naso.

Il castano sorrise prendendo un altro tovagliolino e tornando a ritrarre quella singolare espressione di sbigottimento, “Perché mai?” l'altro appoggiò la tazzina con estrema cura, “Beh, siamo amici!” rispose sicuro.

E forse fu proprio quell'aria battagliera che si poteva vedere nello sguardo o il fatto che avesse detto una frase così sciocca a far ridere Feliciano per la terza volta.

“Ma se l'hai detto tu che l'ami!” esclamò allegro, portandosi la penna dietro l'orecchio, “Parlandomi delle sensazioni che hai provato mentre vi baciavate o mentre facevate l'amore...”

Feliks tossì imbarazzato, non aveva mai pensato a ciò che aveva provato: troppo preso a chiedere scusa a Toris e tanto meno si era posto tale problema, per lui era stato così naturale andare a letto con il suo migliore amico…

Scosse la testa energetico “No, non lo sono.” Feliciano sorrise enigmatico prima di tornare al suo disegno “Mi sarò sbagliato io!”

 

°°°°°°°°°°

 

“Mamma, non sto dicendo che la sua presenza mi da fastidio!” esclamò irritato Gilbert al cellulare in quella che stava diventando la chiamata più difficile di tutta la sa vita.

Lui con sua madre ci andava d'accordo e la chiamava almeno due o tre volte alla settimana, quel giorno però lei non sembrava voler capire il motivo della sua chiamata.

“No, davvero, è qui solo da tre giorni come può aver combinato qualcosa?” esclamò facendo cadere la ciotola dei biscotti sul divano, guardò irritato le briciole sul tessuto di velluto bianco, “Mamma, potevi comunque chiamarmi e avvisarmi di questa...” mosse le mani come se la donna potesse vederlo “...cosa! Insomma, che è successo di così grave da far lasciare Ludwig sulla strada!”

Annika dall'altro capo del telefono non sapeva cosa rispondere, non tanto perché non volesse mettere al corrente Gilbert, ma nemmeno lei aveva la più pallida idea di cosa fosse successo.

Semplicemente un giorno -di mattina- Ludwig aveva dato la notizia che non volesse più continuare a studiare Scienze Politiche e poi era scoppiato il caos, suo marito che urlava e suo figlio che rispondeva come mai era successo.

Ludwig aveva perfino alzato un braccio probabilmente voleva colpirlo, ma si era fermato. Con i muscoli che aveva poteva stenderlo suo padre, ma non lo aveva fatto, Klaus invece lo aveva colpito al petto con un pugno -che non lo aveva scalfito minimamente- e lo aveva buttato fuori di casa.

E ci stava mettendo tutta se stessa per farlo capire al figlio maggiore che però sembrava non contento della spiegazione.

“Mamma, voglio solo sapere, perché non mi hai avvisato quando è capitato tutto!” Gilbert amava alla follia sua madre, ma perché non avvertirlo dell'arrivo del fratello?

Ed ecco che dall'altra parte la donna aveva iniziato a raccontargli la seconda parte della storia, Ludwig era semplicemente andato da loro nonno per un periodo di tre mesi, dove aveva lavorato la terra e imparato a mungere…

Insomma nonno Augustus lo aveva messo sotto!

Poi era arrivata una lettera di lavoro dall'Italia inaspettata, lui non aveva fatto domande per l'estero, ma era un buon lavoro e per giunta lontano dal padre che continuava a tartassarlo. Sua madre gli confidò che era stato il nonno a convincerlo ad andarsene, che magari Klaus si sarebbe calmato e lo avrebbe riaccolto in casa. E sempre lui gli aveva dato il suo numero per avere un appoggio -il fatto che il lavoro fosse a Venezia era tutta una causalità- ma Gilbert stava iniziando a sospettare che fosse tutta opera del nonno.

Ecco spiegato il motivo del perché era lì, si chiese quando avrebbe iniziato a lavorare e soprattutto dove, ma se Ludwig non glielo aveva detto non sarebbe stato lui a iniziare l'argomento.

Ma ancora non capiva il motivo del perché avesse deciso di lasciare l'università.

Annika sospirò stanca, era la prima volta che Gilbert faceva così tante domande riguardanti a suo fratello, di solito si limitava a “Come sta Lud? E a scuola?” ogni tanto se ne usciva con “Ma non ha la ragazza?” o “Non lasciarlo studiare troppo, dovrebbe uscire come ogni ragazzo della sua età!”

Non che a lui non interessasse, mandava a Ludwig regali che nel corso degli anni erano sempre stati utili per lo studio e lei sapeva che erano stati scelti con molta cura.

“Centra forse una ragazza? Perché Lud non mi da una risposta. Ha magari messo incinta la figlia di un professore?” questa volta Annika sibilò un no che poteva far gelare il sangue a chiunque -quando si arrabbiava assomigliava molto a suo padre-.

Dopo qualche attimo di silenzio lei tornò a parlare di quanto ci aveva provato a capire Ludwig, andando a trovarlo ogni qualvolta le era possibile, infine era stato proprio suo padre a farla demordere “Te ne parlerà quando avrà fatto chiarezza nella sua mente. In questo momento nemmeno lui sa darti una risposta.”

Quello era tutto.

Lei non sapeva altro.

 

“Va bene mamma, non ti preoccupare, guardo io a Ludwig! No, non lo farò uscire spesso e si gli dirò di coprirsi...” alzò gli occhi al cielo certe volte le madri sapevano essere esasperanti. Alla quarta raccomandazione Gilbert perse la pazienza “Mamma, ha ventidue anni! Saprà che non deve dare confidenza agli sconosciuti!”

Dopo quaranta minuti di chiamata Gilbert era riuscito a chiudere la conversazione. Era stanco quanto lo era dopo una corsa campestre alle medie.

Antonio entrò in quel momento con una busta della spesa, era da solo. “Dov'è Ludwig?” chiese mentre lo spagnolo si toglieva giacca e sciarpa “Sta aiutando una signora anziana a portare la sua di spesa!” rise “Non mi avevi mai detto di avere un fratello così bravo.”

Gilbert gli lanciò una ciabatta in testa “Lui non si tocca, maniaco!” esclamò con fin troppa convinzione.

 

 

Ludwig chiuse piano la porta cercando di dare meno disturbo possibile, anche se tutti svegli magari stavano studiando o leggendo.

Fece qualche passo in salotto corrugando la fronte alla vista delle briciole sul divano e sul tappeto, possibile che a nessuno interessasse la pulizia in quella casa?

Alzò un sopracciglio quando sentì un gemito provenire dalla stanza accanto. Gli era sembrato un “Oh si!” ma era impossibile, in quel momento nell'appartamento c'erano solo lui, Gilbert e Antonio. Si azzardò a fare qualche passo, dalla cucina si sentiva il rumore di padelle che sbattevano con forza e mugolii maschili che sembravano tutto tranne che di dolore.

Il biondo arrossì fino alla punta delle orecchie, quei suoni li aveva sentiti solo in quei video porno che si era guardato nella sua adolescenza -e che poi si era vergognato di aver visto-.

Possibile che suo fratello e Antonio stessero facendo sesso?

Non gli era sembrato che tra quei due ci fosse qualcosa di tenero, Gilbert gli aveva presentato lo spagnolo come un amico che si era trasferito lì per “...Staccarsi dalla vita universitaria” o meglio si era preso un anno sabbatico. Ma a sentire quei ansimi così poco casti sembrava proprio che tra loro due ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.

Ritornò indietro sui passi cercando di calmarsi, magari aveva immaginato tutto, Gilbert stava solo cercando una pentola -ed ecco spiegati i rumori- ed aveva sbattuto la testa imbranato com'era -svelato il mistero dei gemiti-.

Un esclamazione in spagnolo pronunciato in un modo talmente erotico -che avrebbe fatto un baffo agli attori porno- lo fece arrossire come un pomodoro maturo, agitandolo ancor di più.

Doveva uscire! Con passi veloci uscì da casa chiudendo silenziosamente l'uscio. Non voleva essere beccato proprio in quel momento, che figura ci avrebbe fatto?

E soprattutto avrebbe dovuto guardare in faccia suo fratello… Oddio! Non era sicuro di riuscire a guardarli senza immaginarli a fare certe cose!

Si appoggiò alla porta con le spalle respirando come se avesse fatto sollevamento pesi.

 

Da domani vado alla ricerca di qualche appartamento.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

 

Altro capitolo corto e forse potevo unirlo a quello prima, ma volevo far iniziare la scuola.

In caso non si fosse capito Feliks e Toris frequentano la quinta (e quest'anno fanno gli esami…) mentre Eduard è in quarta.

Ho letto che Polonia e Italia sono amici (ciò non mi stupisce visto i personaggi -_- ) perciò ho pensato d'inserire quest'amicizia anche qui e di farla iniziare proprio nel momento di rottura tra Feliks e Toris.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

 

NOTA BENE: Se entro i prossimi due capitoli non leggo almeno due recensioni per capilo, chiudo poiché non ho la certezza la fanfic piaccia.

 

 

 

  
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