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Autore: lovebirds964    12/10/2015    1 recensioni
Durante le vacanze di Natale, un po’ per noia e un po’ per alleggerire la mente e allontanarsi dalla numerosa famiglia che ogni anno per le feste si riuniva a casa sua, a Lauren viene la fantastica idea di trascorrere le due settimane restanti prima che le lezioni riprendano il proprio corso nella baita in montagna dei nonni ormai defunti da anni. Con la scusa delle abbondanti nevicate sulle montagne canadesi, convince gli amici a seguirla per una rinfrescatina ai polmoni e un po’ di sano sport sulla neve. Le due settimane di vacanza trascorreranno così lentamente che il tempo pare essersi fermato nel resto del mondo. Lauren e i suoi amici trascorreranno giorni indimenticabili, e niente, nemmeno la cosa più banale, andrà come era prevista.
Sperduti sulle montagne innevate, i nostri protagonisti vivranno esperienze da brivido, e non solo a causa della neve.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vacanze innevate

- Strane interazioni -

 

 

 

La mia sveglia suona alle otto in punto, e tra un’ora ho appuntamento con i ragazzi al supermercato. È presto, eppure non me ne accorgo nemmeno tanta è l’euforia per questa gita in montagna. Fuori fa un freddo cane, e se già in città fa questo freddo non oso immaginare in alta montagna che temperature ci siano. Dopo la veloce doccia calda decido di indossare un maglione bianco molto caldo, i jeans più pesanti che ho e i miei comodissimi stivali. Lego i capelli in una treccia morbida e metto la mia cuffietta di lana pesante coordinata con la sciarpa chilometrica e i guanti; adoro l’inverno e adoro imbacuccarmi di roba fino a non potermi più muovere. Quando sono pronta afferro una borsa comoda e tutto ciò che devo metterci dentro, poi scendo di sotto prendendo al volo il cornetto caldo che mi offre mamma e corro dritta in macchina sparando l’aria calda al massimo. In poco tempo la mia auto diventa quasi più calda della mia stanza e sento i muscoli rilassarsi, mentre sento il telefono suonare in continuazione nella borsa. Mi fiondo a rovistare dentro la mia borsa-valigia gigante fin quando non lo trovo e rispondo di corsa senza neanche guardare lo schermo.

Dall’altra parte risponde Tyler che mi esorta a sbrigarmi perché sono già tutti lì che mi aspettano, mentre in lontananza sento la voce di qualcun altro che dice a Tyler di non farmi fretta altrimenti vado a schiantarmi. Chiunque sia stato, ha perfettamente ragione. Non sono proprio un asso con le automobili, la guido giusto per andare all’università o per sbrigarmi qualcosa da sola, ma ne faccio volentieri a meno se posso evitarla.

Chiudo quindi la chiamata con un sospiro e mi avvio verso il punto di incontro. E come previsto praticamente da tutti arrivo con quasi venti minuti di ritardo. Lo so, sono una ritardataria cronica dalla nascita, non posso farci niente io, è colpa di chi mi ha fatta nascere.

Quando scendo dall’auto vedo i volti dei miei amici sollevati e quasi contenti di vedermi. Ma che gli prende ora? Capisco il mio ritardo, ma fanno preoccupare la gente così!

<< Perché quelle facce? >> chiedo infatti, mentre richiudo la portiera dell’auto.

<< Hai perso la scommessa amico, ci dispiace. >> sento dire in risposta da Isaac, non riferendosi a me. Ma di che parlano?

Seguo con lo sguardo i movimenti di Isaac, fin quando non si avvicina a una bella auto blu notte metallizzata con dentro un ragazzo intento a torturare l’impianto stereo. E lui chi è?

Capisco di chi si tratta solo quando alza la testa e si gira verso di noi, e poi gli sento dire qualcosa come << Ah, è arrivata sana e salva. A volte si vince e a volte si perde… >>.

È quello sbruffone patentato di Evan e la sua bella – e nuova – Bmw due posti, che adesso mi guarda con aria fintamente desolata e a tratti derisoria. Mi confondono quelle espressioni a volte. Lo guardo a mia volta accigliata e con le braccia strette al petto. Sento le ragazze ridacchiare e mormorare un << ci risiamo >>, mentre tutta la mia attenzione è puntata su di lui, mentre esce dall’auto con un gesto fluido e indossa lo stesso cappello di lana che aveva ieri al bar.

<< Tu cosa ci fai qui? >> Gli chiedo quando si avvicina a sufficienza da potermi sentire bene.

<< Non dirmi che ti dispiace, mi ci fai restare male così! >> risponde sorridendo sghembo. Ma che simpatico che è. Mi chiedo davvero cosa sia venuto a fare, anche se poi riflettendoci è una stupidaggine il fatto che io pensi quelle cose. Siamo in un supermercato, magari doveva passare anche lui per altre cose.

<< Si guarda, si vede dalla tua espressione quanto tu sia dispiaciuto. Riformulo la domanda; come mai sei da queste parti? >>

Lui sorride ancora e si avvicina un po’ di più senza staccare i suoi occhi smeraldini dai miei, e tutto ciò mi fa innervosire maggiormente. Non è la prima volta che lo fa, anzi, lo fa spesso e con tutti a dire il vero. Lo fa per destabilizzare la preda con il suo fottuto metro e ottanta e infondergli tanto di quel disagio da lasciare a bocca asciutta. Ammetto di esserci cascata anche io qualche volta, e di brutto anche, ma adesso sono più forte e so già cosa mi aspetta.

<< A parte il fatto che non dovrebbe essere affar tuo cosa ci faccio io qui, ma sfortunatamente sei arrivata sana con quel catorcio di auto che ti ritrovi e di conseguenza ho perso la scommessa >> risponde senza alzare la voce né staccare i suoi occhi dai miei.

<< Quale scommessa? >> rispondo prima di collegare bocca e cervello. Di che parla?

<< Avevo scommesso con i ragazzi che se tutto fosse andato bene avresti trascorso le vacanze in ospedale con qualcosa di rotto, e invece hai solo venti minuti di ritardo >> dice.

 

Restiamo tutti quanti in silenzio per un po’, fin quando la mia meravigliosa amica Keira non spezza la tensione con un colpo secco di tosse.

<< Scusate eh, non vorrei interrompere la vostra emozionante discussione, ma qui stiamo congelando letteralmente. Ne avete ancora per molto? >>

<< No, abbiamo finito >> rispondo in fretta. Quel deficiente mi ha già rovinato la giornata ancor prima che cominciasse. Quelle affermazioni da spavaldo se le può tenere per sé se proprio ci tiene tanto, a me non importa. È solo stramaledettamente offeso perché non verrà in vacanza con noi, ne sono certa ormai.

Il ragazzo in questione solleva il mento e mi dà le spalle, ma intravedo perfettamente un sogghigno sulle sue labbra.

Entriamo finalmente nel supermercato, dove una piacevole caloria ci accoglie all’ingresso. Comunico ai ragazzi ciò che mi ha detto mio padre ieri sera riguardo la tanta spesa, i vestiti pesanti e tutto ciò che ci serve per sopravvivere due settimane sulla neve lontani dalla civiltà. Setacciamo ogni singolo reparto accuratamente, senza tralasciare nessun prodotto e trovando praticamente utile ogni cosa che afferriamo. Rimaniamo uniti per prendere ogni decisione tutti insieme, anche se così facendo perderemo più tempo.

Ad un certo punto, nel reparto medicinali e cose di primo soccorso mi fermo a riflettere su quello che mi ha detto Evan poco prima al parcheggio. Sperava davvero che rimessi bloccata in un incidente o stava solo scherzando come al solito? Mi ha lasciata un po’ senza parole con quella frase del cavolo. Capisco che forse ho esagerato anche io a non invitare anche lui, ma non penserei mai una cosa del genere nei suoi confronti. All’improvviso sento qualcosa arrivarmi contro, qualcosa che sbatte sulla mia testa e poi cade per terra. Scuoto un po’ la testa per ritornare con i pensieri su questa terra e mi volto di scatto, temendo di aver fatto cadere qualcosa io sbattendoci contro. Invece trovo solo una confezione di cotone idrofilo ai miei piedi e Leah e Evan poco lontani da me. Li guardo interrogativa, chiedendo silenziosamente chi sia stato. Evan sogghigna e Leah alza le mani mostrandomi i palmi ed esclamando << non sono stata io, giuro! >> sospiro e guardo quell’altro, che invece fa finta di ricercare altri prodotti ma continuando a sorridere.

Socchiudo gli occhi fissandolo intensamente, come se improvvisamente potesse prendere fuoco.

<< No dico, ma sei scemo o cosa? Hai 6 anni forse? >> dico nella sua direzione, mentre lui finge disinteresse ed esclama << Dici a me? >>.

<< Certo che dico a te. Ti sembra modo di porgere le cose questo? >> dico afferrando il pacco di cotone tra le mani.

<< Non volevo porgertelo infatti, cercavo di richiamare la tua attenzione visto che non eri con noi. Ti ho fatto una domanda. >> risponde ora serio, tornando a prestare attenzione allo scaffale mentre afferra due confezioni di alcool etilico e una di garze disinfettanti.

Non avevo proprio sentito la sua domanda a dire il vero, e non mi ero accorta neanche che qualcuno stesse parlando intorno a me. Mi eclisso davvero quando inizio a riflettere.

<< Che vuoi? >> chiedo poco cortese infatti.

<< Ti ho chiesto se sei allergica a qualche farmaco, perché altrimenti conviene prendere farmaci generici in caso di influenza >> risponde tranquillo senza più l’ombra di un sorriso.

Rimango un po’ spiazzata da quella domanda sinceramente. Non mi aspettavo potesse chiedermi una cosa così. E poi a lui cosa interessa? Sta solo dando una mano con la spesa, non verrà mica con noi.

<< No >> rispondo dopo qualche secondo << non ho allergie verso i farmaci >>

<< Ok >> risponde lui, continuando a prendere un paio di confezioni di alcuni fermaci.

Mi rendo conto che il resto dei ragazzi sono molto più avanti rispetto a noi, quasi alla fine della corsia e verso l’inizio della prossima. Siamo rimasti solo io e Evan nella corsia dei medicinali, quindi gli dico di sbrigarsi e di raggiungere gli altri. In risposta mi mette tra le braccia un paio di confezioni di garze, pillole e altre cose da mettere nella valigia del pronto soccorso. Con tutta questa roba possiamo dare una mano a un sacco di gente in caso di incidente stradale.

<< Cosa devi fare con tutta questa roba? >> gli chiedo, faticando a reggere tutto quello che ho tra le mani e aiutandomi a bloccare le confezioni con il mento.

<< Sai sciare? >> mi chiede all’improvviso.

Aggrotto le sopracciglia e arriccio il naso << No, non proprio. Ma cosa c’entra questo? >>

<< Appunto. Ecco a cosa serve tutta questa roba >> risponde, accompagnando le parole con un sorriso furbo.

Questa volta non rispondo, riflettendo sul fatto che probabilmente tutta quella roba servirà davvero. Spero solo che nessuno si faccia seriamente male.

Poi però mi si accende una lampadina.

<< Perché parli come se tu sarai con noi? >>

Lui si volta a guardare me, prima di ritornare con la testa puntata verso lo scaffale, e risponde semplicemente << Perché io ci sarò. Ho perso la scommessa, ricordi? >>

<< Cooosa? La tua stupida scommessa riguardava anche questo? >> rispondo strabuzzando gli occhi. Non posso crederci.

<< Anche questo? Soprattutto questo! >> afferma << Pensavi davvero che la scommessa riguardasse un tuo probabile incidente? >> mi chiede sorridendo quasi incredulo. Sembra – e dico sembra – quasi dispiaciuto dalle mie parole.

 

<< Io… sì che lo pensavo davvero, da te mi aspetto di tutto ormai >>

Evan si mette a ridere mostrando i denti e scuote la testa.

<< Parli come se mi conoscessi davvero >> mi risponde, spiazzandomi << puoi pensare quello che ti pare, ma non saprai mai cosa potrei fare, dire o pensare io >> termina, facendomi l’occhiolino. Non è arrabbiato, sembra abbastanza sereno mentre parla.

<< Reggi anche questi >> dice, passandomi tre pacchetti di cerotti tutti e tre diversi.

Anche questa volta mi ha lasciata senza parole. Ci è riuscito di nuovo.  Non so cosa rispondergli, come ribattere ciò che mi ha appena detto. Perché effettivamente non c’è niente da dire. Evan ha di nuovo ragione, come tutte le volte che ci ritroviamo a discutere su qualcosa.

<< Quindi verrai con noi >> mi sento dire, prima ancora di rendermene conto.

<< Si >> risponde lui << non è da me invitarmi a casa di altri, ma visto che si tratta di te… >> sorride, lasciando la frase a metà.

 

<< Certo, ne approfitti perché sai che non ti dirò niente chiaramente >> rispondo, sorridendo a mia volta. Ed è la verità. Sa benissimo che non gli dirò di no perché non ne sono capace, e non perché sia lui a farlo, ho davvero difficoltà a dire di no alle persone. Non l’ho invitato per una questione di principio. Non volevo vederlo per un po’, è vero, ma pur detestandolo siamo costretti a vederci quasi ogni giorno per via degli stessi amici, e sinceramente sarebbe mancato un po’ a tutti, compresa me.

<< Ma no, cosa vai a pensare?! Guarda che lo faccio per farvi un favore >> mi risponde chiaramente scherzando e facendo un altro occhiolino. Nel frattempo ci allontaniamo da quella corsia e raggiungiamo gli altri che sono intenti a comprare schifezze da mangiare e roba da bere.

 

Per un po’ si parla del più e del meno, sulle altre mille cose da comprare, i vestiti pesanti da portare, le coperte che non dovranno mai mancare e il tempo che avremo in montagna più o meno per quelle due settimane. Ben dice di aver controllato ieri sera su internet e pare che non ci saranno grosse nevicate e il tempo sarà abbastanza stabile. Questa notizia devo ammettere che mi fa rasserenare un po’, visto che la neve è la cosa che mi preoccupa di più nel caso dovesse caderne ancora.

Dalle bevande passiamo poi a reparti più importanti come quello della pasta e di cibi in scatola. In tutto abbiamo riempito due carrelli quasi fino all’orlo e usciamo dal supermercato che quasi sono le 13:00. È ora di pranzo e siamo tutti affamati e stanchi, quindi decidiamo di non tornare a casa, pranzare fuori insieme e ritornare a fare shopping nel pomeriggio. Pranziamo in un posticino caldo che fa le pizze anche a pranzo e restiamo lì per un bel po’ a riscaldarci mentre scambiamo qualche parola.

Leah ammette di non aver mai provato a salire su un paio di sci e io le rispondo con tutta sincerità che non è complicato, basta solo capire come funzionano. Certo, le dico anche che da piccola ho provato più volte ad andarci e sono caduta altrettante volte, e in una di queste sono andata a sbattere contro un albero sbucato dal nulla e mi sono fatta un gran male al ginocchio. Ecco spiegato perché ho una tremenda cicatrice sul ginocchio adesso. Le cose belle della vita. I ragazzi scoppiano a ridere mentre racconto questo piacevole aneddoto legato agli sci e mi prendono simpaticamente in giro per come ho raccontato la storia.

<< Ecco cosa è successo al tuo povero ginocchio. Quella cicatrice non è così brutta come la descrivi però >> dice Tyler, ricordando probabilmente le poche volte che ho indossato una gonna lasciando quindi le ginocchia in bella vista.

<< Non ho detto che è brutta, ho detto tremenda perché è leggermente più chiara rispetto il colore della mia pelle. E si nota parecchio >> ribatto afflitta.

<< Quanti punti ti sei presa? >> mi chiede Leah, interessata all’incidente di percorso sulla neve.

<< Solo cinque per fortuna. Non è lunga la cicatrice infatti >>

 

Leah fa una smorfia quasi come se provasse dolore solo con il pensiero. Le dico che non c’è rischio di farsi tanto male nel posto in cui andremo. Non c’è una pista infatti, e so che non si potrebbe sciare, ma papà mi racconta spesso che da bambino lo faceva lo stesso, basta solo non allontanarsi troppo e tutto andrà liscio.

<< Anche io ho una cicatrice >> dice ad un certo punto Evan, e Tyler annuisce con vigore, infatti risponde << Ricordo benissimo quel giorno. Ti sei fatto male davvero amico. >>

Keira interviene per tutti << Perché non racconti anche a noi il tuo, di incidente? >>

Evan sorride leggermente e giocherella con il bordo del tovagliolo con lo sguardo di chi sta ripercorrendo quegli attimi. Dopo una manciata di secondi risponde.

<< Io faccio snowboard se proprio devo fare qualcosa sulla neve. Quella volta era davvero pessima la pista in cui sciavo e sono scivolato dopo un atterraggio da un salto fantastico. Non mi sono rotto niente per fortuna, ma un sasso micidiale che non doveva esserci mi ha lacerato la felpa e graffiato il braccio. Proprio qui! >>

Evan solleva la manica del suo maglione e ci mostra la cicatrice sottile che rovina la pelle del suo braccio all’altezza del polso ma dalla parte esterna, tra il polso e il gomito. È sicuramente più lunga della mia, eppure non me ne ero mai resa conto. Lui ha la pelle un po’ più scura rispetto la mia, e sicuramente è per quello che la cicatrice risalta di meno, eppure non è argentata come la mia, quindi penso che la sua pelle abbia assorbito meglio i punti e quindi ha ripreso colore. Infine ci dice che in tutto gli hanno dovuto mettere quattordici punti, e insomma, fa un po’ impressione sentirglielo dire con tanta tranquillità visto che io mi lamentavo tanto per i miei cinque.

Parliamo un altro po’ anche dopo aver pranzato, e usciamo da quel posto solo quando ci rendiamo conto che sono le tre del pomeriggio. I negozi riapriranno alle quattro, quindi per una buona ora ce ne stiamo a gironzolare in macchina al caldo, giusto il tempo di raggiungere il centro commerciale per l’orario di apertura. Quando arriviamo, i ragazzi prendono in mano la situazione e danno un compito a tutti – ma non era il contrario una volta? –.

Isaac, un maniaco dell’organizzazione, dà il compito alle ragazze di andare a comprare un paio di coperte pesanti, mentre i ragazzi dovevano dare un’occhiata al negozio di articoli sportivi per la neve. Noi li avremo raggiunti lì una volta prese le coperte.

Scegliamo quindi di entrare in un negozio che si occupa proprio di queste cose e compriamo sei coperte calde e morbide e tutte della stessa dimensione, ovvero quella più grande da letto matrimoniale. Visto che ci siamo passiamo anche a comprare dei cappelli di lana nuovi, un po’ più caldi e imbottiti rispetto quelli che usiamo ogni giorno. Quando siamo tutte soddisfatte dei nostri acquisti raggiungiamo i ragazzi al negozio di articoli sportivi.

Li troviamo intenti a chiacchierare con un bel commesso che dà alcuni consigli sul materiale migliore da prendere. Evan gira intorno alla sezione con gli articoli per lo snowboard, Isaac, Ben e Tyler, invece si occupano degli sci.

<< Voi ragazze come siete messe con questi? >> ci chiede Ben.

Nessuno di noi ha un paio di sci, visto che nessuno di noi ha mai pensato di fare sci. I miei sono ormai andati e in ogni caso non mi verrebbero più, visto che erano della misura per bambini. Dovremo acquistare anche noi qualcosa se vogliamo tenerci impegnate in queste due settimane sulla neve. Ben allora richiama il bel commesso, un tipo alto, biondo e spalle larghe, che ci aiuta a scegliere il modello che fa per noi. Per quanto mi riguarda so già quale modello fa per me, devo solo prendere quelli adatti a me e sono a posto. Keira e Leah invece devono prendere tutto e provare ogni cosa, compresi gli occhiali da sci e gli stivali che io ho già. Mentre loro provano tutto ciò che gli propone il commesso e i ragazzi sono intenti a cercare altro in altre sezioni del negozio, mi lascio scappare distrattamente uno sbadiglio con tanto di lacrime agli occhi. Mi volto verso il reparto snowboard e vedo solo Evan intento ad osservare attentamente una tavola, così decido di avvicinarmi a lui. Ovviamente solo perché mi stavo annoiando, non perché me ne importasse qualcosa di lui e delle sue tavole. 

Non si accorge neanche di me quando gli arrivo praticamente accanto, tanto è interessato a scrutare la tavola. Mi avvicino ancora un pochino, così che possa sentire il rumore che emette la mia rumorosa borsa piena di roba, e riesco finalmente a farlo voltare dalla mia parte.

<< Che c’è? >> mi chiede, sempre molto gentile ed educato lui.

<< Niente, mi stavo annoiando a guardare il commesso che cerca di convincere Leah e Keira ad acquistare roba inutile. Tu che fai? >>

<< Non lo vedi? >> Mi risponde, ancora con tanta gentilezza.

Sbuffo e faccio ruotare gli occhi con disinvoltura.

<< Oh sì, interessante fissare le tavole, davvero! >> rispondo, incrociando le braccia al petto. Lui ignora ogni mio gesto e ritorna silenziosamente a scrutare gli attrezzi. Poi riprende a parlare dopo attimi di silenzio totale.

<< hai detto che non c’è una pista, vero? >>

Annuisco.

<< Ok, sono indeciso su quale prendere. Quale mi consigli? >> mi chiede addirittura. Strabuzzo gli occhi quando gli sento pronunciare quella frase. Cosa hanno appena udito le mie orecchie? Mi ha appena chiesto un parere?

Ma stiamo parlando di Evan o di qualcun atro?

<< Non lo so >> rispondo confusa << non capisco la differenza >> e sincera.

Evan mi indica la prima, che ha una trama con fondo bianco e disegni in blu scuro << Questa è più leggera ma presumo sia anche meno resistente >>, poi indica quella accanto, che invece è tutta azzurra con disegni arancio e bianco << questa invece è fatta con materiali più resistenti ma resta comunque una delle più leggere. Credo sia più adatta per un fuori pista >> commenta fra sé e sé, un po’ in confusione. Evan, in confusione. La situazione è più seria di ciò che sembra.

<< Allora prendi questa. Perché sei così indeciso? >> chiedo sincera.

Lui mi fissa un po’ e poi torna sulle tavole.

<< Perché è da un po’ che non ci vado. Quella che avevo si è spezzata in due quando sono caduto >> mi risponde, e sembra sincero anche lui. È calmo mentre parla e sembra che tutta quell’aria che si dà di solito sia momentaneamente svanita. Mi fermo a pensare che probabilmente si è fatto davvero male quella volta in cui è caduto, e per uno come lui che non accetta molto le cadute, da tutti i punti di vista, credo sia stato un duro colpo.

Dopo un paio di minuti decide di chiamare il commesso-bello-e-biondo per provare la seconda tavola e studiarsela per bene. Mentre lui si avvicina per aiutare Evan mi sposto un po’ mettendomi da parte e a dire il vero non ho smesso di fissarlo neanche per un secondo. Mi sento un po’ scema a fissare il ragazzo biondo come se non avessi mai visto qualcuno di tanto bello così da vicino, eppure non riesco a staccare gli occhi da quelle spalle forti e il torace sodo, tanto che – giustamente – se ne accorge. Nel momento in cui Evan stava per chiedergli qualcosa, il ragazzo biondo si gira dalla mia parte sfoderando un sorriso che mostra tutti i denti perfettamente allineati e mi chiede se ho bisogno di qualcosa anche io. Non so per quale motivo, ma arrossisco incredibilmente come non mi capitava da tempo immemore. Mi limito a scuotere le testa e sorridere a mia volta verso il ragazzo che, sempre con un sorriso sulle labbra, lascia Evan da solo a provare la sua tavola per poi avvicinarsi a me.

<< Sei sicura che non ti serva niente? Hai già preso i tuoi sci? >> chiede quando ormai è praticamente a un passo da me.

<< Si, li ho già scelti. Sono qui solo per… >> mi blocco. Già, per cosa ero lì? << dare un consiglio a lui, si, solo per questo >> rispondo infine, lanciando uno sguardo fugace a Evan che, sorpresa delle sorprese, ci sta guardando mentre prova distrattamente la tavola.

<< Fantastico! E dimmi un po’, dove andrete in vacanza tu e i tuoi amici? >> mi chiede il biondo, riportando la mia attenzione su di lui.

<< oh, in realtà non è un posto da vacanza, è solo una casa in montagna di cui erano proprietari i miei nonni >> rispondo sorridendo.

<< Interessante. Io comunque sono Ian, molto piacere >> dice, porgendomi la mano destra. Resto quasi senza parole, perché non mi aspettavo si presentasse davvero. Ian… bel nome però!

<< Oh sì, ehm… io sono Lauren, piacere mio >>

 

Ian stava per dire altro, prima che un Evan un po’ scocciato interrompesse le sue parole sul nascere.

<< Quando hai finito di flirtare con una delle tue clienti che ne dici di ritornare qua a darmi una mano con questa? >> dice a voce un po’ alta per farsi sentire.

Ian si volta nella sua direzione, prima di farmi un occhiolino e ritornare da quel guasta feste di Evan, che è intenzionato a prendere quella maledetta tavola.

Quando è abbastanza distante da me mi lascio scappare un sonoro sbuffo, che per mia grande gioia non passa inosservato – come sempre –. Evan infatti si gira a guardarmi e quando ha finalmente – per lui – fatto allontanare il commesso da quella corsia – con mio grande dispiacere – mi si avvicina fissandomi con un’espressione tra il divertito e scocciato.

<< Non ti facevo così audace da provarci anche con i commessi >> provoca, sorridendo e guardandomi dall’alto.

<< Non ci stavo provando >>

<< Ma lui si >> risponde.

Non vedo quale sia il suo problema a questo punto, e inizio un po’ ad agitarmi.

 

<< Non ci stava provando, si è solo gentilmente presentato >> rispondo io, sospirando leggermente.

<< Si certo, e io sono gay >>

<< Quello è un tuo problema! >>

Ovviamente so che scherza e che quella voleva essere una battuta, perché dire che Evan sia gay è come dire che io sia figlia unica. E ovviamente non è così, in entrambi i casi.

Evan sorride e socchiude leggermente gli occhi fissandomi quasi mi stesse minacciando con lo sguardo, o scrutando a fondo, dipende dai punti di vista.

<< Qui abbiamo finito tutti, possiamo andarcene >> afferma, facendo un passo indietro per poi darmi completamente le spalle. Due secondi dopo sono dietro di lui e insieme raggiungiamo gli altri alle casse. Paghiamo tutto e portiamo i nostri mega acquisti nelle macchine visto che ormai è pomeriggio inoltrato e fuori si è già fatto buio. Decidiamo di rientrare a casa per cena, visto che la partenza è programmata per il mattino successivo e abbiamo ancora le valigie da preparare, quindi ci salutiamo appena fuori dal centro commerciale prima di raggiungere la propria auto.

 

Quando rientro in casa sono stanca morta e l’unico pensiero fisso in questo momento è rivolto alla doccia calda e rilassante che mi aspetta in camera. Sono talmente stanca che scendo a cena già con il pigiama e mangio solo un’insalata e qualche crostino di pane, poi do la buonanotte a tutti e mi dileguo in camera mia, crollando quasi subito in un sonno profondo.

 

 

 

 

 

 

 

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Note autrice:

Questo terzo capitolo racchiude l’intensa giornata che affrontano i nostri protagonisti prima del grande giorno, voi che ne pensate?

Evan e il suo bel caratterino alla fine parteciperanno a questa fredda vacanza, ve lo aspettavate oppure no? Avrà perso davvero una scommessa o c’è altro da sapere?

Naturalmente scopriremo tutto un paio di capitoli più avanti, intanto spero che questo capitolo nel suo piccolo vi sia piaciuto e vi abbia tenuto compagnia :)

Al prossimo capitolo ;) 

   
 
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