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Autore: cin75    12/10/2015    5 recensioni
Questa sarà una raccolta di storie, di pezzi di vita, di tanti "diversi" Jared e Jensen. A volte saranno storie tristi, a volte comiche, a volte romantiche. Saranno quello che mi ispirerà il mio animo nel momento in cui le scrivo. Quindi sperate sempre che io sia felice!!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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IL FUGGITIVO
- PRIMA PARTE -



Jensen stava finendo di riordinare il suo ambulatorio.
Era stata una giornata più o meno tranquilla  e i suoi ospiti animali, nel vero senso della parola, dato che il ragazzo era un veterinario, erano stati davvero disciplinati. Perfino l’isterico chihuaua che si era rotto una zampina per rincorrere un gatto randagio, sembrava stranamente calmo quel pomeriggio.
Aveva appena sistemato le gabbie e lasciato da mangiare e da bere quel tanto che serviva per la notte ed era ormai pronto a spegnere tutto, quando si ricordò di non aver chiuso a chiave la porta sul retro.
Era meglio rimediare, dato che avrebbe dovuto passare la notte sul divano nell’ufficio del suo ambulatorio a causa del cane pastore che aveva operato quella mattina. L’animale stava più che bene, ma lui voleva essere sicuro che anche durante la  notte tutto filasse liscio.
 
Attraversò il piccolo magazzino scorte e si accorse che la porta era socchiusa. Non doveva essere socchiusa.
Si guardò un attimo intorno. Guardò sommariamente tra gli scaffali paralleli tra loro. Aprì la porta e uscì appena nel vicolo. Non c’era nessuno. Rientrò e quando stava per richiudere, qualcosa di freddo e cilindrico gli premette alla tempia.
 
“Non fare sciocchezze o giuro che ti sparo!!” fu il minaccioso avvertimento.
 
Il medico deglutì a vuoto, dopo aver costretto il suo cervello a riprendersi e a rimanere concentrato.
“Senti…questo …questo è un ambulatorio veterinario..” cercò di spiegare mantenendo la calma. “Se credi che ci sia un tesoro nascosto in cassaforte, caschi male , amico!”
“Non cerco tesori e non voglio soldi. Ho solo bisogno che si calmino le acque lì fuori!” rispose il ragazzo ancora nascosto dall’ombra della stanza.
Jensen lo guardò di sghembo, per quanto poteva e rimase sorpreso da quell’affermazione.

Quando all’improvviso sentì chiamarsi dalla reception, nella sala di ingresso dell’ambulatorio.
 
Jensen sobbalzò , temendo una reazione da parte dello sconosciuto, che di istinto gli premette la canna alla testa.
“Sscch!!!” sibilò l’estraneo. “Non una parola. Andrà via!” fece.
“No. Non lo farà. È un mio amico e conosce i miei orari!” disse, preoccupato che da un momento all’altro potesse scoppiare l’inferno. “Non voglio guai nel mio ambulatorio, tra i miei animali. Non mi interessa chi sei e cosa vuoi. Voglio solo che tu vada via.” Fece deciso.
“E’ quello che voglio anche io!” replicò l’altro cercando di controllare la sua voce e il suo affanno.
“Ok!, allora ascolta. Il tipo là fuori è un poliziotto e…”
“Cosa??!” fece sibilando frustrato, tra i denti, la sua apprensione.
“…e se non vado fuori o almeno gli rispondo, verrà di qua e addio alla tua fuga per la vittoria!”

Il ragazzo sembrò tentennare. Jensen lo vedeva spostare lo sguardo da lui, allo spiraglio di visuale sull’altra stanza e poi ancora su di lui.

“Ok! Va’ da lui. Ma tieni presente che da qui ho un ottima visuale. Niente scherzi. Niente parole in codice o che so io. Niente allusioni o inizio a sparare. Intesi?!”
“Sei tu quello con la pistola!” argomentò Jensen.

Il veterinario si ricompose immediatamente e si preparò ad andare verso l’amico.
“Tenente Collins, che ci fai qui?? Quell’orso del tuo capitano ha bisogno di me?! O magari la iena della tua collega??” scherzò, come faceva sempre, sui tanti appellativi che Misha stesso aveva affibbiato a qualcuno dei suoi colleghi e superiori.
“No, Jensen. Niente scherzi. Ascoltami!” fece serio, l’altro.
Jensen mutò immediatamente. Misha era davvero serio. “Che c’è amico?!” chiese mostrando preoccupazione. Infondo anche se doveva fingere era davvero preoccupato.
“Dalle stanze di sicurezza del Tribunale , qualche ora fa è scappato un uomo accusato di omicidio. E’ stato avvistato da queste parti e stiamo perlustrando la zona, quindi….” fece continuando a guardare fuori e tutto intorno.
“Ok!! Se vedo qualcosa di strano ti avviso!” rispose senza pensarci.
“Cosa??” esclamò allarmato Misha. “Io voglio che tu chiuda tutto e te ne vada a casa immediatamente. Quel tipo è pericoloso e furbo tanto da sfuggire a tre dei nostri. Quindi, fin quando non è tutto al sicuro, ti voglio lontano da questa zona, intesi?” sembrò ordinare. “Dove hai parcheggiato?!” chiese poi.
“Nel vicolo. All’ingresso sul retro. Come sempre!” rispose Jensen, guardando appena verso l’altra stanza, sapendo che dall’altra parte, qualcuno guardava loro.
“D’accordo. Spegni tutto e vattene a casa. La Gang del bosco, per stasera dovrà cavarsela da sola!” fece ironizzando sugli animali che Jensen avrebbe dovuto lasciare per la notte.
“Misha, ma io ho dei…” provò a replicare.
“Senti, lo so che loro per te sono pazienti come una persona lo può essere per un chirurgo, ma per favore, fa’ come dico.” insistette il poliziotto. “Per favore, amico!”.
Jensen pensò che Misha non era di certo uno che si faceva prendere dal panico o che magari esagerasse quando la cosa era più che rimediabile. Quindi , data la situazione, evitò di replicare.
“Che ha fatto?...dico, il tipo che è scappato!?” si ritrovò a chiedere sapendo che stava rischiando parecchio.
“Ha ucciso il suo compagno, sparandogli alla testa. Forse un omicidio passionale!” rivelò l’ufficiale.
“Sul serio?”
“Già!!” fece pensieroso e Jensen notò quello che sembrava essere un tentennamento.
“Ma non mi sembri…come dire….convinto!” azzardò allora.
Misha lo fissò.

Conosceva Jensen da oltre dieci anni. Dai tempi del liceo.
Poi lui era entrato in accademia e l’amico aveva frequentato l’università per seguire la sua indole da “dott. Dolittle” come la chiamava lui.  Si conoscevano bene. Migliori amici, in verità. E Jensen riusciva sempre a capire quando c’era qualcosa che non lo convinceva o magari c’era qualcosa su cui c’avrebbe messo la mano sul fuoco.
Beh!! anche questa volta Jensen aveva fatto centro e Misha, sulla risoluzione di quel caso, di certo , la mano sul fuoco non ce l’avrebbe messa.

“Non lo so, amico. Questo tizio è accusato di un omicidio cruento , portato a termine a sangue freddo. Ma allora perché dopo essere riuscito a sottrarre la pistola d’ordinanza al suo agente di custodia, non gli ha sparato? Perché quando è scappato e ha avuto l’opportunità di far fuori altri due poliziotti, ha preferito andare per tetti?
E poi…e poi la cosa più strana. Il poliziotto che lo ha seguito giù per la scala antincendio è scivolato ed è caduto malamente. La caduta gli ha provocato un taglio profondo alla gamba.”
“E…allora?!” chiese curioso, Jensen, sapendo di star tirando la corda.
“Lo abbiamo trovato con la gamba bendata alla meglio peggio e il poliziotto dice che non è stato lui a fasciarsi la gamba anche se non sa dirci chi è stato, perché è svenuto subito dopo la caduta!” confessò Misha.
“Ha soccorso il poliziotto prima di darsi alla fuga?!” chiese perplesso e sorpreso Jensen.
Misha fece un leggero cenno del capo come se non volesse né annuire né negare quello che era o meno  successo. “Comunque!!!” fece poi, riprendendo in mano la conversazione. “Fa’ come ti ho detto. Chiudi tutto e vattene a casa. Ci sentiamo domani, ok!?” e andò via.
“Ok!” bisbigliò Jensen restando dov’era fin quando non vide Misha uscire. Gli andò dietro e chiuse la porta di ingresso a chiave.
 
Con sensazioni e timori che non riusciva a decifrare, andò verso il magazzino dove sapeva esserci il suo inatteso ospite, ma quando entrò, si trovò davanti un immagine ben diversa da quella che si sarebbe aspettato.
Il giovane era riverso a terra, svenuto. Un braccio abbandonato dietro la schiena e l’altro, la cui mano stringeva la pistola, rilassato davanti allo stomaco.
Vista la posizione,  evidentemente , il ragazzo si era lasciato scivolare contro il muro e poi lentamente si era accasciato, privo di sensi.
 Ma perché, poi?
Accese la luce e capì. Era ferito. Il suo aggressore era ferito ad una gamba che sanguinava vistosamente.

A quel punto, una persona saggia, avrebbe preso il telefono e chiamato la polizia, non prima di aver chiuso un simile soggetto all’interno del magazzino così da impedirgli qualsiasi fuga.
Sì, questo andava fatto!
E allora perché, invece, la prima cosa che venne in mente a Jensen, fu quella di soccorrerlo?
Gli andò vicino. Gli tolse la pistola riponendola in un cassetto dell’archivio alle sue spalle. Controllò la ferita che risultò essere una ferità da arma da fuoco.

Questo Misha però non glielo aveva detto!!!!! Evidentemente uno dei suoi poliziotti non aveva riservato al ragazzo la pietà che lui aveva riservato loro.

Guardò il suo inaspettato e inusuale paziente. I capelli sudati e spettinati ricadevano sul viso contratto dall’evidente dolore che la ferita gli doveva causare. Ma nonostante tutto sembravano lineamenti gentili e dolci. Le labbra sottili si muovevano appena , così, come era impercettibile il suo respiro.
Non sembrava un assassino a sangue freddo. Ma infondo era la stessa cosa che dicevano Ted Bundy.
Comunque si lasciò guidare dal suo primo istinto e pensò che se quel ragazzo lo voleva davvero morto, di occasioni per farlo, ne aveva avute. Invece lui era ancora vivo e vegeto.
 
Prese tutto il necessario per le suture, per disinfettare e bendare. Ripose tutto nella sua borsa, pistola compresa, e la mise in macchina.
Poi tornò nel magazzino e dopo aver controllato che nei dintorni e che nel vicolo non ci fosse nessuno, si caricò a spalle lo svenuto e lo adagiò sui sedili posteriori della sua macchina. Ci buttò sopra una coperta così da nasconderlo e dopo aver rimesso in ordine il magazzino e ripulito la macchia di sangue sul pavimento, chiuse gli occhi, sospirò affondo e andò via, sperando che quella sera , il destino non lo mettesse alla prova più di quanto stesse già facendo.
 


Quando riaprì gli occhi, Jared , si rese conto di essere sdraiato in un letto. In una stanza che non aveva niente a che fare con il pavimento sui cui si era reso conto star scivolando mentre osservava il suo sedicente ostaggio e il poliziotto con cui stava parlando.
Senza pensarci, provò a tirarsi su, ma una fitta lancinante alla coscia sinistra, lo fece gemere sonoramente. Il dolore lo costrinse a sbattere, letteralmente, la testa di nuovo sul cuscino.
In quel mentre, Jensen, fece capolino nella stanza.
“Sei sveglio!?” constatò forse sorpreso. “Il calmante che ti ho dato pensavo che ti avrebbe tenuto ko per almeno un'altra ora!” disse come se quella situazione fosse normale.
Jared non disse niente. Osservò con diffidenza lo sconosciuto. Poi spostò lo sguardo sul vistoso bendaggio che aveva alla coscia e guardò di nuovo il veterinario.
“Sì. Sono stato io. Stavi perdendo molto sangue. Sai!? Capita quando ti sparano mentre fuggi.” Ironizzò Jensen avvicinandosi solo di un po’ al suo ospite. “Quelli sono un paio di jeans puliti. Dovrebbero andarti bene!”
Jared stringendo i denti così da poter sopportare il dolore, si costrinse a mettersi seduto, anche se la fitta che sentiva pulsargli nella gamba gli impediva di sedersi dritto. Afferrò lentamente il paio di pantaloni e piano provò ad infilarli.
“Dove sono?!” chiese con un filo di voce, mentre finiva di sistemarsi.
“A casa mia!” fu la risposta semplice.
Il giovane si guardò ancora in giro come se stesse cercando qualcosa e poi sulla scrivania poco distante da lui e dal letto su cui era seduto, la vide.
La pistola.
La guardò. La fissò.
Sembrava quasi come se volesse che la pistola lo raggiungesse con la sola forza del pensiero. Ma quello che Jensen gli disse, lo sorprese, più del fatto che quel tipo gli avesse messo l’arma ad un solo passo.

“Sì. E’ quella che mi hai puntato alla testa. Se vuoi, puoi riprendertela. Io di certo non mi opporrò!” suggerì stranamente.
“Scommetto che la polizia sta già arrivando, così io prendo la pistola, loro fanno irruzione e mi piantano una pallottola in fronte perché penseranno che sto per farti fuori come credono abbia fatto già con Matt.” Disse tutto di un fiato, anche se Jensen non potè non notare la forte amarezza che , specie nelle ultime frasi, il tono di voce, del ragazzo, aveva assunto.
“Niente telefonata. Niente polizia. Niente assalto delle forze speciali. Lo avrei fatto al mio ambulatorio, non credi? Ma sei libero di andartene e di sistemare le tue cose come meglio credi!” fece Jensen mostrandogli la porta di ingresso.
“Perché?!” chiese sinceramente stupito Jared.
“Perché, cosa?!”
“Perché stai facendo questo? Tu…tu potevi consegnarmi al tuo amico poliziotto e fare anche la parte dell’eroe cittadino. Invece mi porti a casa tua, mi curi e a quanto pare mi permetteresti perfino di scappare indisturbato!!” spiegò davvero incredulo.
Jensen gli si avvicinò, poi andò verso la scrivania  e prese la pistola e tornò verso di lui. Gli porse l’arma, ma rimase perplesso quando vide che il giovane non la prese.
“Lo faccio perché a quanto pare non tutti nella polizia sono convinti della tua colpevolezza.  Perché, a quanto pare, potevi far fuori tre poliziotti e non lo hai fatto, preferendo andare per tetti e scale. Lo faccio perché a quanto pare hai preferito rischiare di essere preso piuttosto che lasciare che uno dei poliziotti che ti ha sparato, morisse dissanguato.  Lo faccio perché oggi pomeriggio avresti potuto uccidermi tranquillamente e non lo hai fatto!” spiegò porgendo ancora la pistola.
Pistola che ancora fu ignorata.
Jared abbassò lo sguardo come un bambino che è stato scoperto dopo aver commesso una marachella.
Jensen gli porse l’arma. Ancora. Insistendo.
Alla fine Jared scosse il capo in segno di diniego.

“Odio le pistole!” confessò , in imbarazzo.

Ma lo disse con un tono talmente di ribrezzo che non poteva essere una menzogna.  A Jensen sembrò quasi come se avesse tremato nel dirlo.
“E allora come hai fatto a sparare al tuo compagno a sangue freddo e alla testa per giunta!?” domandò all’improvviso.
“IO NON HO UCCISO MATT!!” quasi urlò esasperato.
Chissà quante volte gli avevano chiesto in quelle ore!!
Poi, Jensen lo vide mettersi le mani tra i capelli e lo sentì ripetere sommessamente “Io non ho ucciso Matt…Io non ho ucciso Matt…Io non ho ucciso Matt…”, e allora dopo aver riposto in un cassetto la pistola, andò a sedersi accanto al ragazzo.
“Il mio nome è Jensen. Vorrei aiutarti perché…..che Dio mi aiuti davvero non lo so, ma credo che tu sia innocente.” fece mettendogli una mano sulla spalla in segno di conforto.
Il giovane girò appena lo sguardo su di lui e senza spiegarsi come, capì che poteva fidarsi.

Tanto che aveva da perdere??!!

“Il mio nome è Jared.” Disse sottovoce.
“Ok, Jared. Vuoi dirmi che cosa è successo?!” domandò.
“E’ questo il problema!!!” rispose esasperato l’altro.
“In che senso?!”
“Io non lo so.  Non lo so!!” ripetè con più enfasi.
“Spiegati. Avanti.” Lo incoraggiò il biondo.
“Io sono un tecnico informatico. Circa un mese fa una compagnia mi ha contattato per propormi di soprassedere ad un corso di aggiornamento dei suoi impiegati. Sono tornato una settimana fa e quando sono andato all’appartamento…”
“Quello che dividevi con il tuo compagno?!” chiese innocentemente.
“Nooo!” si esasperò decisamente. “Matt e io non stavamo insieme. Lui non era il mio compagno!!” si giustificò.
“Ohw!!! Scusa!” disse imbarazzato Jensen. “Mi sembrava di aver capito che tu fossi…”
“E lo sono. Sono gay, ok?!” ammise quasi seccato.
“Non scaldarti troppo. Sto solo cercando di capire e poi….se la cosa può aiutarti a fidarti di me, siamo nella stessa barca in fatto di gusti!” ironizzò.
Jared lo guardò stupito e non seppe cosa dire. In un'altra occasione, in un'altra situazione, in un altro universo in cui lui non era un ricercato per omicidio, sapendo che quel ragazzo era gay, si sarebbe dannato l’anima pur di uscirci insieme, ma ora….
 
“Allora, vuoi spiegarmi?!” si frappose la voce di Jensen tra i suoi pensieri.
 
“Io e Matt siamo….” e poi a malincuore, si corresse.  “…eravamo amici da anni. All’inizio ci siamo anche frequentati per un po’, ma poi abbiamo capito che non eravamo fatti per stare insieme. L’averlo capito ci ha permesso di rimanere amici. Decidemmo di prendere un appartamento insieme , per dividerci le spese. Niente altro.” Confessò.
“Che è successo mentre eri via?!” domandò quasi dolcemente Jensen.
“Due settimane dopo che andai via , lo chiamai e lui mi disse che aveva conosciuto uno. Che questo tipo sembrava essere quello giusto…sai?, cose che si dicono ai primi appuntamenti perciò non ci feci caso più di tanto. Ma poi…” e per un attimo rimase in silenzio come se stesse rivivendo tutto.
“Poi, cosa?!” domandò Jensen.
“Una settimana dopo, lo richiamai e lui…sembrava diverso. Triste…nervoso….” Confessò.
“Gli hai chiesto che cosa avesse?!”
“Certo e lui mi confessò che il ragazzo con cui usciva si era come trasformato in un'altra persona. Lo chiamava in continuazione con un numero anonimo, se lo ritrovava inaspettatamente davanti al suo ufficio o magari davanti casa anche quando non dovevano vedersi. Insomma quei gesti che all’inizio potevano sembrare romantici, sembrava si stessero tramutando in una sorta di …ossessione!” azzardò la parola.
“Matt ha provato a parlargli?!” chiese ancora.
“Quando qualche giorno fa tornai a casa, non sembrava nemmeno lo stesso Matt che conoscevo. Chiudeva la porta a chiave, notte e giorno. Guardava spesso dalla finestra come per controllare la strada. Sussultava ad ogni squillo di telefonino. Gli dissi che non poteva continuare così. Che doveva sistemare le cose , che se serviva doveva andare alla polizia. Ma lui non voleva, era spaventato. Mi confessò che alcuni giorni prima quando aveva provato a parlargli, il ragazzo aveva reagito in maniera violenta. Lo aveva preso a schiaffi e aveva gettato all’aria metà soggiorno di casa.”
“Che bastardo!!” si ritrovò ad affermare Jensen. “Tu lo conosci, lo hai mai visto?!”
“No. Purtroppo no. E Matt non mi ha mai detto il suo nome. Mi disse che voleva fare le presentazioni per bene, quando fossi tornato a casa…..oddio, Matt!” esclamò poi, ripensando a quanto l’amico doveva aver sofferto e al fatto che lui non era stato capace di difenderlo.
“Come ti sei trovato invischiato in tutto questo? Perché la polizia ti ha arrestato?!” chiese Jensen.
“Il giorno in cui Matt è stato ucciso io non ero in casa. La mattina dovevo consegnare i tabulati e i resoconti della mia trasferta. Gli promisi che sarei tornato per ora di pranzo così da fargli compagnia. Era circa l’una quando rientrai e …” deglutì sconforto, orrore, e forse ancora l’odore del sangue rappreso. “…non appena misi piede in casa capii che c’era qualcosa di strano. Uno strano odore. Uno strano silenzio. Chiamai Matt ma non mi rispose. Andai verso il soggiorno e fu allora che lo vidi.”
“Vedesti chi?!” chiese Jensen con l’ansia di chi sta per scoprire l’assassino.
“Vidi Matt, riverso a terra. La sua testa in una pozza di sangue. Schizzi del suo sangue e del suo cervello macchiavano la parete vicina….Mio Dio!!! non potrò mai dimenticarlo!!” quasi piagnucolò. “Gli sono andato vicino. L’ho appena sfiorato nella vana speranza che si muovesse o respirasse. Ma niente. I suoi occhi erano aperti, privi di vita. Inespressivi. Mi accorsi di essermi sporcato le mani di sangue quando lo avevo toccato e istintivamente mi ritrassi. Per quanto mi sentissi scioccato e spaesato e terrorizzato, io…io sapevo quello che dovevo fare: non toccare niente. Chiamare la polizia. Aspettare il loro arrivo e soprattutto evitare di vomitare sul luogo del delitto.”
“Perché non lo hai fatto, allora?!” domandò perplesso Jensen.
“Perché un attimo dopo che mi allontanai appena dal corpo di Matt, non capii più nulla!” confessò.
“Sei ……svenuto?!” 
“No. O meglio sì, ma solo perché qualcuno mi ha colpito alle spalle mettendomi ko. Prima di chiudere gli occhi ricordo solo di aver visto delle parole che mi passavano davanti agli occhi. Mi sentii muovere e anche se inconsciamente credo di aver reagito. Sono certo di essermi aggrappato a qualcosa , di aver graffiato qualcosa. Ma poi….”
“Parole?!” fece stranito Jensen.
Jared sembrò concentrarsi   per ricordare quelle parole.  “Timebo…mala….mecum…” ma poi ci rinunciò, sconfortato, perché non ricordava altro.
Non timebo mala, quotiam tu mecum es.” suggerì Jensen.
“Sì!” esclamò forse felice Jared.
Non temerò la morte, poiché tu sei con me.” recitò l’altro. “E’ un verso della Bibbia, dai Salmi! Fa' parte del brano che di solito si legge ai funerali.” spiegò Jensen. “Poi, che è successo?!”
“Quando ho ripreso i sensi ho fatto solo in tempo a vedere l’irruzione della polizia nell’appartamento. Ero ancora confuso e stordito dal colpo ricevuto mentre i poliziotti mi sfilavano dalle mani la pistola e mi ammanettavano e un terzo mi leggeva i miei diritti.” spiegò rassegnato.
“Hai detto tutto questo alla polizia?”
“Credi che non lo abbia fatto? Andiamo!!!” esclamò sarcastico. “Ma sai a volte come sono fatti gli sbirri, no? Hanno un cadavere, un uomo in stato confusionario sporco di sangue. Armato. Aggiungici il particolare che chiunque mi ha colpito sapeva come non lasciare segni e poi l’effetto scabroso che i due sono gay e vivevano insieme ed ecco il caso di omicidio passionale della settimana!”
Jensen abbozzò appena, perché  a volte era quello che succedeva, ma si rifiutava di far di tutta l’erba un fascio.
“Non tutti sono così, Jared!” lo ammonì con calma.
“Già!!! il tuo amico poliziotto!” replicò ironico.
“Sì! Il mio amico poliziotto!” fece piccato.

Jared poteva ironizzare su tutto e tutti e Jensen glielo avrebbe concesso data la sua situazione, ma Misha….beh!, Misha era intoccabile.
La lealtà e l’etica professionale dell’amico erano indiscusse e nessuno doveva permettersi di metterle in discussione. 

“Se tu non mi fossi collassato privo di sensi nel magazzino, lo avresti sentito dire che non è per niente convinto della tua colpevolezza e che si guarderà per bene in giro prima di chiudere il caso.” Disse con ferma convinzione.
Jared , dopo aver ascoltato quella specie di sfogo, si sentì confuso.

Che doveva fare?
Andare? Restare?
Fuggire? Consegnarsi alla polizia?



N.d.A.: Lo so, avete ragione!!! Ma proprio non ce l'ho fatta a non dividere questa Slice. Troppo lunga da postare per intera, così.....
Ma non temete ( e molti di voi staranno dicendo: No , tranquilla!! chissene....) e avreste ragione.

Comunque , la seconda parte è in fase di correzione, quindi abbiate solo un po' di pazienza. PLEASE!!!!!

A presto.
Baci, Cin!!!!
   
 
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