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Autore: DirceMichelaRivetti    12/10/2015    0 recensioni
Ora che la storia è stata scritta, rifaccio l'introduzione.
Ambientata qualche mese dopo "Giorni di un futuro passato", non tiene conto di quanto si vede in X-men Apocalisse.
Magneto pensa alla propria vita, ai propri affetti, a quel che teme per i mutanti e quel che vuole fare per loro. Non ultimo dei suoi pensieri è l'amicizia con Charles e le loro divergenze di opinioni.
Mentre si trova a Gerusalemme, un po' per ritrovare le proprie origini, Erik conosce una giovane mutante, Virginia, in viaggio da sola. Decide di accompagnarla, ma sul cammino si imbatteranno in Stryker, con cui si scontreranno più volte.
Charles, Hank e Raven interverranno. I problemi si svilupperanno su scala mondiale.
Mutanti. ONU. Stryker. Charles. Erik
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Stryker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il locale era piuttosto affollato, arredato alla stessa maniera dei bar che si vedevano in televisione nelle sitcom americane, molto colorato, la musica era tenuta a un volume piuttosto alto e permetteva di conversare con le persone vicine, ma non sentire chi era a un paio di metri di distanza.

Erik e Virgigna si erano accomodati ad un tavolino un po’ defilato, per essere sicuri di non essere ascoltati da altri; erano seduti l’uno di fronte all’altro e, dopo aver consultato il menù, ripresero a parlare.

“Allora” esordì l’uomo “Puoi evocare il fuoco? È questo il tuo potere?”

“Non proprio e non solo. Posso manipolare e controllare il fuoco e l’acqua, ma non posso crearli. Sono capace di prenderli anche da una discreta distanza e portarli rapidamente dove sono io, tanto che può parere ch’io li crei, ma è semplice evocazione.”

“Fuoco e acqua? Sembra una contraddizione.”

“È una delle naturali leggi di natura: due principi od energie una l’opposta dell’altro non sono in conflitto, così come può apparire, ma collaborano per generare. Se una prevalesse sull’altra, si arriverebbe a una situazione di stasi, la guerra o l’amore tra due opposti porta al progresso. Eraclito già lo sapeva bene, quando diceva che il conflitto è il padre di tutte le cose.”

“La guerra è proprio ciò che voglio: gli umani devono cederci il passo e se vogliono ostinatamente opporsi al naturale progresso, come d’altronde hanno già dimostrato, allora verranno estirpati. Una delle cose che la storia ha sempre dimostrato è che ogni civiltà nasce dalle macerie di quella precedente: la morte è necessaria per una rinascita migliore.”

La donna abbassò lo sguardo, sospirò e mestamente disse: “È vero, ma è un principio difficile da accettare. Un conto è se il crollo di una civiltà è dovuto a cataclismi o, in un certo senso, autodistruzione perché arriva ad un punto in cui è inevitabile il collasso … avere però la responsabilità di tale distruzione, per quanto serva a migliorare il futuro, è molto doloroso da accettare …”

“Sceglieresti il male maggiore anziché il minore.” la interruppe Erik “Bisogna avere lungimiranza: sacrifici nell’immediato eviteranno morti e dolori ben più gravi nel futuro. Se avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo e uccidere Hitler prima che prenda il potere, non lo faresti?”

“Non lo so … non avrebbe ancora fatto nulla …”

“Ma lo farebbe e si sa. Io non esiterei un istante, se ne avessi l’opportunità, sacrificherei volentieri Hitler e tutti i suoi collaboratori, prima che agiscano, per impedire gli orrori che hanno compiuto.”

“Noi, però, non veniamo dal futuro, non possiamo sapere se, chi, come provocherà  afflizioni.”

Se? Dubiti che i mutanti verranno perseguitati? Notizia neppure dell’ultimo momento: molti mutanti sono già stati uccisi o sottoposti ad esperimenti da parte di umani. Tu stessa, poco fa, hai dimostrato come l’uomo sia stupido e aggredisca sempre il diverso, credi davvero che noi mutanti riceveremo un trattamento differente?”

Un cameriere si accostò al tavolo per prendere le ordinazioni e dunque interruppe la discussione per qualche minuto.

Appena furono rimasti di nuovo soli, Erik le chiese: “Quando hai scoperto il tuo potere? Come l’ha presa la tua famiglia?”

“Oh, da questo punto di vista sono stata fortunata: si sono arrabbiati maggiormente quando ho loro detto che avevo intenzione di studiare all’università e non di andare a fare la segretaria da qualche parte.”

“Davvero?!”

“Anche mio padre è un mutante e lo sono i miei fratelli, per cui non c’è stata alcuna sorpresa, quando ho manifestato i miei poteri.”

“Sei stata molto fortunata, hai avuto comprensione, sostegno amorevole. Io ho scoperto le mie capacità in un campo di concentramento e sono stato usato come cavia.” Erik si sforzò di scacciare quei ricordi angosciosi e, incuriosito, chiese: “Come vivete? Dove? Qualcuno sa di voi?”

“Pochi e fidati amici. Vengo dall’Italia. Mio padre e i suoi fratelli erano partigiani e combatterono contro i tedeschi e i repubblichini. Usarono spesso i loro poteri negli scontri e, lì per lì, furono molto apprezzati dai loro compagni, ma, finita la guerra, alcuni che avevano visto mio padre agire iniziarono ad avere paura che lui usasse le sue capacità contro di loro e quindi decise di trasferirsi in una città più lontana, dove fosse più facile mimetizzarsi tra la gente e dove nessuno lo conoscesse. Mantenne i contatti solo con pochissimi dei vecchi amici.”

“E i tuoi zii?” domandò Erik che ascoltava molto attentamente.

“Non li ho mai conosciuti.” rispose la giovane, tristemente “Uno venne ucciso, mentre solo copriva la ritirata ai suoi compagni d’arme, altri due furono presi prigionieri dai nazisti e non si seppe più nulla.”

“Probabilmente è toccato loro il mio stesso fato, forse peggiore. È curioso che nonostante tutto ciò tu non condivida le mie stesse preoccupazioni circa le sorti dei mutanti. Sei nata a guerra finita, è vero, eppure dovrebbero esserti ugualmente noti i meccanismi dello sterminio di una razza, del controllo sulle vite, le umiliazioni … Forse è perché voi, bene o male, eravate tra i persecutori o, per lo meno, tra quelli che si voltavano dall’altra parte e fingevano di non vedere, quelli che non condividevano l’odio per una razza, eppure non hanno mosso un dito per impedirlo, troppo presi dalla paura di perdere quelle briciole di benessere che avevano.” Erik si sforzava di parlare a bassa voce, ma era evidente come stesse tentando di mascherare la profonda ira e sofferenza che ribollivano nel profondo del suo animo; ripensò ai toni buonisti di Charls e continuò dire tra i denti: “Mi hanno detto di sperare nella bontà del genere umano, di confidare, avere fiducia … insulse teorie da codardi. Quale bontà? Negli uomini c’è solo egoismo: i capi di stato dicevano di non avere idea di quello che accadeva nei campi di concentramento, che non immaginavano la follia di Hitler … Menzogne, menzogne e basta! Come potevano non sapere o almeno sospettare? Perché credevano ci espropriassero dei nostri beni o ci ammassassero sui treni peggio di bestie? Gli animali mandati al macello erano trattati meglio di noi, perché la fatica o la paura avrebbero guastato il sapore delle carni. La nostra sofferenza, invece, non importava, anzi, non era mai abbastanza. La gente tenta di placare la propria coscienza rifugiandosi dietro il stavamo solo eseguendo degli ordini, oppure fingendo di ignoranza. La verità è che c’erano due sole categorie di persone: chi provava gusto nel perseguitarci e chi era troppo vigliacco o avido per mettere da parte il proprio interesse per fare ciò che era giusto. Per quanto mi riguarda, chi non ha fatto nulla per impedire il massacro è responsabile tanto quanto chi l’ha compiuto: tutti siete coinvolti.”

La rabbia di Magneto era tale da far oscillare i lampadari e tremare leggermente le posate. Per evitare di attirare l’attenzione o creare agitazione nel locale, l’uomo si impose la calma

“L’Italia ha avuto la sua  parte di colpa e, per quanto può valere, ti chiedo scusa a nome dei miei connazionali. Non siamo però stati a guardare e basta o carnefici, c’è stato anche chi si è opposto, chi ha combattuto …”

“Quando ormai gran parte del danno era fatto” la interruppe Erik, con calma glaciale e inquietante “E non lo avete fatto per senso di giustizia, ma animati da vendette personali per i torti subiti da voi o, nel migliore dei casi, per la vostra stessa libertà. Non c’era generosità verso gli altri presso di voi, ma solo istinto di autodifesa.”

Arrivò un cameriere a consegnare bevande e cibo. L’uomo sorseggiò la propria birra, si rilassò un poco prima di proseguire: “Non voglio rimanere ancorato al passato, ma non devo neppure dimenticarlo. Trent’anni fa è successo a me come Ebreo, presto potrebbe accadere a noi come mutanti ed è a questo che dobbiamo pensare. C’è chi pensa che possa essere possibile la pacifica convivenza tra umani e mutanti, ma non è così: gli umani pensano solo all’autoconservazione, consapevoli che i mutanti erediteranno il mondo, cercheranno di sterminarli, prima di essere loro stessi ad estinguersi.”

“Io non riesco a vedere la differenza tra umani e mutanti.”

“C’è eccome, è preoccupante che tu e altri non le vediate. Tu stessa hai detto che hai sempre dovuto nasconderti, non hai mai potuto essere apertamente te stessa: è così che vuoi vivere? Non pensi di avere il diritto di essere libera e, soprattutto, rispettata?”

“Se devo essere sincera, nel mio piccolo ho subito anch’io vessazioni. Non ho mai mostrato i miei poteri in pubblico, ma per il resto sono sempre stata me stessa, ho seguito i miei interessi, le mie inclinazioni anche quando erano in contrasto con l’opinione comune. Il risultato? Essere isolata, essere additata come quella diversa, quella strana. Io non volevo essere come gli altri, volevo semplicemente che loro capissero che le mie differenze non mi rendevano sbagliata. Da pochi, emarginati anche loro, ho avuto comprensione amicizia, ma per la maggior parte della gente sono, nei migliore dei casi, pazza o noioso, comunque da evitare. Una ragazza che decide di fare l’università anziché sposarsi a vent’anni e iniziare a fare figli, è considerata anormale, poco raccomandabile. Non ho certo subito le tue tragedie e mi rendo conto che ai tuoi occhi questo paragone possa suonare anche come un’offesa, tuttavia ti garantisco che anche senza un’aperta persecuzione e senza torture fisiche si può soffrire immensamente, morire dentro, quando si vorrebbe dare qualcosa al mondo e il mondo ti ignora. Di una cosa mi sono convinta: l’isolare il diverso è tipico degli umani, mutanti compresi e quando ci saranno solo mutanti nel mondo, si inventeranno altre ragioni per odiarsi, aver paura e combattere.”

Erik avrebbe voluto ribattere qualcosa, tuttavia non gli venne in mente una buona replica, quindi rimase ad ascoltare.

“È inutile che la natura ci dia poteri straordinari, se la nostra mentalità continua ad essere violenta, chiusa ed egocentrica. È il nostro atteggiamento verso l’altro che deve evolvere, solo così si potrà migliorare davvero il mondo. La questione è morale e l’unica rivoluzione efficace è quella culturale … ma non come quella pagliacciata di qualche anno fa. Il piccolo contributo che posso dare al mondo è quello di cercare di far ragionare i singoli uomini: convertire le masse è un’utopia.”

“Se siamo d’accordo sul fatto che istillare buon senso agli umani sia impossibile, allora perché non lo siamo sul fatto di combatterli? Sei anche tu una vigliacca che ha paura di assumersi delle responsabilità: non hai il coraggio di essere ciò che sei, forse in fondo nemmeno tu credi di meritare di vivere”

A quelle parole, istintivamente, Virginia corrugò la fronte, abbassò lo sguardo e le sue spalle si strinsero, come nel tentativo di chiudersi a uovo.

Magneto continuava: “Per questo hai scelto di nasconderti, di seguire una strada che tu definisci pacifica e che io definisco codarda e da ignavi. Siamo a questo mondo e non possiamo permetterci di lasciare scorrere gli eventi, senza fare nulla per cambiarli. Se la nostra vita dev’essere un patetico passare il tempo in attesa della morte, allora sarebbe meglio non nascere affatto.” Erik aveva assunto un tono molto deciso, si sentiva il vigore vibrare in ogni sillaba “Lascio ad altri ambizioni meschine ed egoiste, io non ricerco ricchezze, prestigio o altro. Io ho deciso che la mia vita sarà votata al migliorare quella dei mutanti e farò tutto ciò che sarà necessario. La vita di ciascuno di noi vale per quanto facciamo per il mondo e la società e non per noi stessi. A te, come a molti altri, sta bene una vita da poco, ma io non mi accontento.”

Virginia rimase in silenzio per alcuni lunghi momenti, fissava il suo interlocutore e nei suoi occhi si potevano distinguere ammirazione e invidia per quell’uomo e anche malinconia. Infine disse: “Vorrei tanto provare la passione che ti anima. Il mio spirito non è quieto, bensì insensibile da troppo tempo. Penso che, dopo i venti, venticinque anni al massimo, non si possa più essere idealisti: chi lo rimane è o estremamente stupido o estremamente nobile d’animo. Penso tu faccia parte della seconda categoria.”

Erik abbozzò un sorriso e stava per rispondere, ma la giovane non gliene diede il tempo: “Quand’ero giovane, anch’io ero appassionata ad una causa, quella che ritenevo portasse al vero bene comune.”

“Ferma un attimo. Hai detto quand’eri giovane? Mi pari piuttosto più piccola di me, sono un po’ fuori luogo discorsi colorati da nostalgia.”

“È vero, vado per ventisei anni, ma ciò non toglie ch’io avverta come lontano passato ciò che riguarda dieci anni fa ed ero una persona molto diversa.”

“Com’eri?”

“Allegra, piena di speranza e combattiva. Vedevo il bene da una parte e il male dall’altra, sapevo che cosa volevo ed ero determinata a cercare di raggiungere l’obbiettivo. Poi, pian, piano, soprattutto studiando, mi sono resa conto di come tutto scorra e passi, che voler perseguire il bene è una chimera, che nella storia ci sono stati momenti di benessere e di decadenza e che tutto ciò che riguarda questo mondo è effimero. Faticare qui non è né più né meno di allestire uno spettacolo teatrale: può essere bello da vedere, ma in fondo è tutto falso.”

“Almeno, però, ci sarà stato un momento felice, almeno per qualcuno.”

“E per qualcun altro no. Qui non c’è un bene finale da raggiungere, è inutile e sciocco affannarsi in questo mondo.”

“Ne conosci un altro?”

“Non bene come vorrei. Io penso all’anima, a ciò che è eterno, solo l’imperituro ha importanza. Ho imparato il distacco da ciò che accade attorno a me, almeno dalle macrovicende. Voglio consacrare la mia vita a un bene superiore che trascende i limiti della vita mortale: voglio elevare la mia anima e quella altrui.”

“Io penso che tu abbia paura del fallimento. Raccontami più esattamente come hai perso la voglia di lottare.”

“È stato graduale, una consapevolezza che si è  pian, piano impadronita di me. Hanno influito soprattutto i fatti del ’68 e del ’69 … non so cosa sia accaduto esattamente, ma ho visto come la quasi totalità della gente sia guidata unicamente da emozioni, rabbia, ricerca di piacere, voglia di lotta, senza troppo curarsi dello scopo. Contava solo l’entusiasmo che infiammava gli animi e non c’era razionalità e consapevolezza. Ciò che ha dato speranza a molti, a me ha reso una disillusa.”

“Pari affranta. Continuo a credere che tu ti sia tirata indietro per paura di fallire. Avevi un sogno e lo hai visto naufragare, ti sei resa conto di non poter fare affidamento sugli altri per realizzarlo e allora, piuttosto che subire una sconfitta, hai preferito fare un passo indietro e non tentare. Se tutti facessero così, non si otterrebbe mai nulla.”

“Purtroppo o per fortuna io non sono tutti.” sospirò Virginia “Credimi, vorrei tanto poter trovare una causa terrena che mi paia valga la pena essere combattuta, ma nulla mi sembra abbia reale importanza.” si scosse, volendo scacciare la malinconia “Per questo ho deciso di intraprendere questo viaggio, dopo essermi laureata, altra cosa che i miei genitori non hanno apprezzato. Da una parte ho voglia di vedere dal vivo ciò che finora ho studiato, dall’altra penso che entrare a contatto con culture diverse possa aiutarmi a trovare una nuova prospettiva con cui vedere le cose.”

“Dove vuoi andare?”

“Non ho un itinerario preciso. Da queste parti sono di passaggio, voglio esplorare soprattutto l’antica Mesopotamia, poi passare in Persia e infine, se ce ne sarà modo,  forse raggiungere l’India.”

“È una strada lunga da fare in automobile.”

“Ancor più lunga a piedi. È una sorta di pellegrinaggio il mio, marcio molto e quando posso utilizzo autobus o treni, anche se non posso farlo spesso, devo conservare il denaro, visto che non so quanto a lungo rimarrò lontana da casa.”

Erik ragionò rapidamente: quella ragazza aveva dei poteri che sarebbero tornati molto utili in una guerra, se fosse riuscito a vincerla alla propria causa; inoltre lei aveva almeno altri tre parenti mutanti che, chissà, forse sarebbe riuscito a far entrare nelle proprie fila.

Valeva la pena trovare la maniera di restare vicino a quella ragazza qualche giorno, per provare a persuaderla che combattere contro gli umani era la cosa migliore?

Mah, non ne era affatto sicuro. Tuttavia, sarebbe potuta essere un’occasione per viaggiare verso oriente, in una porzione di mondo che non aveva ancora realmente conosciuto. Si iniziò a domandare se la sua fama fosse arrivata fin là, che cosa pensassero di lui, se avrebbe incontrato altri mutanti pronti a seguirlo.

Improvvisamente l’idea di un piccolo viaggio l’allettava, forse gli avrebbe schiarito le idee e avrebbe capito come agire e quale sarebbe dovuta essere la prossima mossa per promuovere la supremazia dei mutanti.

Dopo aver fatto questi conti, Erik osservò ad alta voce: “Hai valutato le difficoltà del viaggio che intendi intraprendere?”

“Sì, la fatica non mi spaventa.”

“Non è a questo che mi riferivo. Finora hai attraversato stati abbastanza occidentalizzati o, per lo meno con un briciola di elasticità, ma tu stessa hai visto che già qui le donne sono trattate differentemente rispetto agli uomini. Più ti spingerai ad oriente, più sarà difficoltoso per te muoverti da sola, non sarebbe né prudente, né saggio.”

“Penso che potrò cavarmela: non rinuncerò.”

“Ho un’idea migliore: verrò con te.”

“Come?!” sbalordì la ragazza.

“Se viaggerai con un uomo, troverai meno ostacoli, semplicemente perché darai meno nell’occhio e le varie polizie non ti fermeranno ad ogni passo.”

“Non mi conosci.” replicò Virginia, sospettosa “Perché dovresti volermi dare una mano?”

“Poiché sei una mutante. Siamo pochi, ci danno la caccia, nonostante la nostra superiorità non siamo al sicuro: dobbiamo proteggerci vicendevolmente.”

La ragazza rimase turbata, non sapeva che cosa pensare: tanta bontà verso di lei non le sembrava plausibile.

Non ricevendo risposte, Erik concluse: “Hai detto che alloggi in un ostello? Prendi i tuoi bagagli e vieni da me: è meglio così.”

   
 
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