Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Spara_Fulmini01    12/10/2015    1 recensioni
Perché effettivamente, Titani o meno, un Kirschtein non avrebbe mai avuto fortuna con una Ackerman, tanto meno con una Jaeger.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ogni anno il genere umano festeggiava la fine della minaccia dei Titani con grandi feste che coinvolgevano l'intera popolazioni e duravano una settimana intera. Le persone festeggiavano in casa con i famigliari o si ritrovavano con gli amici nei presi delle macerie dei muri caduti anni prima. E ogni anno il loro paese organizzava una piccola festa in favore di suo padre, considerato uno degli eroi della guerra. Marco Kirschtein, figlio dell'ormai ex soldato Jean Kirschtein, era stanco di tutto questo. Era costretto a festeggiare la fine di qualcosa che non aveva conosciuto e che poteva solo immaginare dai racconti di suo padre. Capiva quale era stata la gravità dell'esistenza dei Titani, ma non si sentiva davvero partecipe di quella felicità che coinvolgeva l'intera umanità. A suo padre piaceva pavoneggiarsi per la città portandosi dietro moglie e figli, mostrandosi orgoglioso a tutti di quello che era riuscito a fare durante e dopo la fine dei Titani. Quell'anno poi, suo padre era più euforico del solito. Il vecchio corpo cadetti di sarebbe riunito per festeggiare quella ricorrenza dopo quasi vent'anni che si erano persi di vista. Chi per volontà propria o per forze superiori, ma nessuno -o quasi- era rimasto insieme ai vecchi compagni. Ogni sera a cena suo padre raccontava le sue vecchie avventure, rendendo orgogliosa di suo padre la piccola Yui che si sedeva sulle sue gambe, facendo sorridere sua moglie che conosceva a memoria quei racconti e che sapeva riconoscere le bugie che il marito raccontava. L'unico che non era felice di quei racconti era proprio Marco. Un tempo anche lui, come sua sorella, era stato orgoglioso di suo padre e delle sue gesta. Con il tempo aveva imparato a vedere le cose da un diverso punto di vista. I racconti di suo padre si facevano più ricchi di dettagli inventati, o privi, e ne notava le discordanze. Vedeva la faccia di suo madre ogni volta che saltava fuori il nome Mikasa e stringeva i pugni perché suo padre non si rendeva conto di nulla. Ma la cosa che più odiava era vedere le lacrime di suo padre quando raccontava del suo migliore amico. Morto in solitudine, diventato cenere fra tanti. E che lui portasse lo stesso nome di quel ragazzo lo faceva arrabbiare, perché ogni volta che suo padre lo chiamava per un attimo il suo sguardo si oscurava. Un continuo promemoria di quello che era successo. Quella sera avrebbe incontrato tutti quei ricordi, tutti quei racconti che tanto odiava. E non sapeva cosa aspettarsi da loro. Non sapeva se aspettare gli stessi uomini di quei racconti o un immagine sbiadita di questi. Sua madre gli aveva raccomandato di tornare a casa puntuale per la cena quando l'aveva visto uscire. E aveva aggiunto qualcosa su sua sorella, quando la bambina lo aveva inseguito fuori casa aggrappandosi alla sua gamba. Lui aveva scompigliato i capelli biondo scuro della piccola e l'aveva lasciata camminare in avanti così da tenerla sotto controllo. Presto però si perse di nuovo nei suoi pensieri. Avrebbe conosciuto Connie, Sasha, Armin? Avrebbe riconosciuto Mikasa, la ragazza che suo padre continuava a nominare come se non potesse fare a meno? Ed Eren? Eren, l'eroe dei suoi ricordi da bambino, l'avrebbe riconosciuto o sarebbe stato completamente diverso da come lo aveva sempre immaginato? "Marco" lo chiamò sua sorella. "Marco, guardami!" Lui la rispose con un verso, a dire che stava ascoltando, ma in realtà pensava alle famose litigate di suo padre ed Eren. Si sarebbero abbracciati o insultati, quella sera? "Marco!" Sua sorella urlò più forte, quasi spaventata. "Si, certo." "Marco, cado!" Alzò gli occhi di scatto. Sua sorella era in equilibrio instabile sull'argine del fiume. Stava per cadere giù e lui era troppo lontano. Corse verso di lei il più velocemente possibile, ma i vidi comunque quei piedini dentro le scarpette azzurre staccarsi dalla pietra dell'argine. "Marco!" Stava per gridare il suo nome, quando il corpo della bambina sospeso per aria si bloccò all'improvviso. Osservò sorpreso sua sorella che veniva poggiata di nuovo a terra, le braccia esile strette intorno al collo di una sconosciuta. "Stai bene?" La bambina annuì e lui lasciò uscire il fiato. "Yui!" Corse verso sua sorella che scese dalle braccia della sconosciuta e lo raggiunse, aggrappandosi ancora una volta alle sue gambe. "Scusa, principessa, dovevo starti più vicino." "Si, avresti dovuto." Marco alzò lo sguardo verso quella voce dura. La ragazza che aveva salvato sua sorella si stava avvicinando, le mani nelle tasche della giacca rossa. E rimase incantato a guardarla invece di rispondere. Era bella, molto più bella di qualsiasi ragazza avesse mai visto. Era più bassa di lui, con dei bellissimi capelli corvini lunghi fino alle spalle e degli occhi di un verde incredibile. Così incredibile che sarebbe stato impossibile riprodurre anche per il migliore degli artisti. Quei occhi esprimevano rabbia e una strana indifferenza e presto, contro la sua volontà, abbassò lo sguardo davanti a quello impenetrabile della ragazza. "S-si, avrei dovuto. Io... Grazie, per Yui. Cioè, per aver salvato la mia sorellina. Grazie." La ragazza rimase e lui invece si sentiva in fiamme. "Sta più attento." Si voltò, i capelli mossi dal vento, nascondendo quegli occhi bellissimi. Marco entrò in panico, stringendo più forte sua sorella, alla ricerca di qualcosa da dire perché non poteva lasciarla andare via così. "Aspetta!" La ragazza si voltò a guardarlo. Fantastico. Cosa poteva dire? Presentarsi? Offrirle qualcosa per ringraziarla o farle complimenti per gli occhi? Ma probabilmente prima di lui erano arrivati altri ragazzi che avevano pronunciato quelle parole e lui non avrebbe detto niente di nuovo. Un commenti suoi capelli, forse, perché erano davvero belli e gli veniva voglia di dipingerli da qualche parte. "Hai dei bellissimi-" Fu interrotto subito. "Sora!" La ragazza guardò in fondo alla strada dove un ragazzo biondo agitava frenetico le braccia. "Siamo in ritardo, sbrigati." "Arrivo." Si girò di nuovo verso Marco, ma guardò Yui. "Sta attenta la prossima volta." La piccola Yui annuì e Marco guardò la ragazza dai capelli corvini andarsene al fianco del ragazzo biondo. "Sei un stupido" sussurrò Yui. "Sarebbe stata una sorellona bellissima." "Si" mormorò cupo in volto "sono decisamente uno stupido." **** Eren guardò sua figlia Sora correre verso il figlio di Armin e posizionarsi al suo fianco. "Chi era?" chiese il biondo. "Un idiota che stava per vedere sua sorella morire. Faccia da ebete." Eren guardò quel ragazzo che si stava allontanando con la bambina in braccio. "Mi ricorda qualcuno." "Jean" mormorò Mikasa. Eren si girò verso sua moglie e la guardò torvo. "Faccia da cavallo?" Quella annuì. "Impossibile" decretò Eren convinto. Avrebbe significato che quel ragazzo era imparentato con Jean o peggio, era suo figlio.. "In effetti aveva la stessa espressione si un cavallo" disse Sora, avvicinandosi alla madre. "Una faccia da ebete." "Ha fatto commenti sui tuoi capelli?" chiese Eren, preoccupato. Sora lo ignorò. In effetti Faccia da ebete non aveva detto nulla, o meglio, non aveva fatto in tempo a dire nulla. "Lo scopriremo stasera" disse Mikasa. "Ora andiamo." "Zio Levi?" chiese Sora. "Ha trovato un negozio di the o qualcosa del genere." Sora annuì e si allontanò. Eren si maledì mentalmente perché sua figlia aveva passato troppo tempo con "zio Levi", tanto da essere contagiata dalla sua passione del the. Doveva ringraziare che non pulisse la casa da cima a fondo due volte al giorno. **** Camminarono ancora qualche minuto fino ad arrivare al ponte che collegava le due sponde. A quel punto le campane suonarono le sette di sera e Marco corse con in braccio sua sorella che si lamentava perché erano in ritardo e lei voleva conoscere Armin. "Ha gli occhi azzurri! È un principe!" E poi urlava: "Capitano Levi! Combatterò al suo fianco per sempre!" Tutto questo mentre si agitava sulle sue spalle, rendendo la corsa più difficile per Marco che si prendeva calci in faccia a ogni grido di gioia. Lasciò sua sorella a terra e si appoggiò al muro di casa sua mentre la bambina entrava dentro urlando. Sentiva un insolito vociare da casa sua, segno che gli ospiti erano già arrivati. Entrò lentamente, chiudendosi la porta alle spalle. Gli eroi che avevano sconfitto i Titani, come sarebbero stati? La risposta arrivò subito, mentre riconosceva i loro volti dai racconti di suo padre. Sasha e Connie si abbracciavano quasi con le lacrime agli occhi. Quella che doveva essere Mikasa, una donna bellissima dai tratti orientali, porgeva un vassoio di cibo a sua madre, che le sorrideva. Armin, biondo e con paio di occhiali sugli occhi azzurri, fissava la piccola Yui che lo salutava riempiendolo di domande. Suo padre fissava una ragazzo dai capelli castani che a sua volta incrociò le braccia. "Faccia da cavallo." "Eren" lo richiamarono Mikasa e Armin. "Bastardo che ha fretta di morire." "Jean, caro" lo riprese sua madre. I due si avvicinarono e per un attimo pensò che si sarebbero presi a pugni. Invece, in uno scatto, si abbracciarono colpendosi forte sulla schiena. "Non ci credo, sei sempre più brutto!" "Da che pulpito." "Mocciosi. Non sono cambiati affatto." Marco sussultò. Al suo fianco contro il muro, e non se ne era reso conto, c'era un uomo basso, gli occhi cerchiati di scuro che guardava le persone in casa con un piccolo sorriso sulle labbra, nascosto a tutti. Il Capitano Levi... Era davvero basso come lo descriveva suo padre. "Due figli?" chiese sorpreso Eren. "Però, Faccia da cavallo, sono sorpreso. Una moglie potevo accettarlo, ma due figli! Allora funziona qualcosa in te." Mikasa scosse la testa. Armin si scusò invece con sua madre, come se fosse compito suo e non di Eren. Jean si avvicinò a Marco e lo prese sotto braccio, mentre nell'altro c'era la figlia più giovane. "Eccoli qui! La mia Yui, la principessa di casa." La bambina si nascose contro la spalla del padre, in imbarazzo. "E il mio primo figlio... Marco" disse quasi sussurrando. Il silenzio scese sulla stanza. Un continuo promemoria di quello che era successo. "Meglio di quanto mi aspettassi" disse Eren, rompendo il silenzio. Prese Mikasa a braccetto, mostrando l'anello che la donna portava al dito. "Guarda qua, cavallo." Marco si irrigidì. Se suo padre avesse detto qualcosa di sbagliato davanti a sua madre... Jean invece sorrise a Mikasa. "E così alla fine ci sei riuscita. Brava." Eren sorrise. "E non è finita qui. Sora, lascia in pace il figlio di Armin e vieni qui. Guarda qui, Jean. Una sola, ma un capolavoro." "Avrà preso da Mikasa" scherzò Connie. "Lo spero" mormorò il Capitano e tutti risero. Marco trattenne il respiro quando Sora, la figlia di Eren e Mikasa, la ragazza che quel pomeriggio aveva salvato sua sorella, si fece avanti al fianco dalla madre. "Occhi a parte, ha preso tutto da Mikasa. Carattere compreso" disse Eren. "Tranne quando si arrabbia" disse il ragazzo biondo di quel pomeriggio. "Irascibile come il padre." Eren e Sora alzarono gli occhi al cielo mentre il ragazzo, il figlio di Armin, si scusava. Yui lo tirò per un braccio. "C'è la sorellona. Questa volta non fare lo stupido, Marco." Scosse la testa, guardando Sora. "Stavolta non lo sarò." **** Jean guardò il figlio provarci palesemente con la figlia di Eren, suggerito qualche volta da Yui. Eren lo notò e si alzò in piedi, ma fu subito bloccato da Mikasa. "È un Ackerman" sussurrò Levi. "Nel caso sa come cavarsela." In quel preciso momento Sora buttò a terra Marco, sedendosi poi di nuovo come se nulla fosse successo. Il figlio di Armin, rosso in tutto il viso, si alzò in piedi ad aiutare il giovane a terra. Eren rise. "Finiscila, idiota" disse Jean. "Zitto, cavallo." "Tu non puoi mettermi il silenzio, maledetto!" E come ai vecchi tempi iniziarono una lunga gara si insulti, ma nessuno li fermò mentre fuori dalla finestra il cielo iniziava ad illuminarsi grazie ai fuochi d'artificio. "Mocciosi" sussurrò Levi, chiedendosi quando Hanji avrebbe trovato la strada per la casa di Jean. "Non cambierete mai." Ogni anno il genere umano festeggiava la fine della minaccia dei Titani con grandi feste che coinvolgevano l'intera popolazioni e duravano una settimana intera. Le persone festeggiavano in casa con i famigliari o si ritrovavano con gli amici nei presi delle macerie dei muri caduti anni prima. E ogni anno il loro paese organizzava una piccola festa in favore di suo padre, considerato uno degli eroi della guerra. Marco Kirschtein, figlio dell'ormai ex soldato Jean Kirschtein, era stanco di tutto questo. Era costretto a festeggiare la fine di qualcosa che non aveva conosciuto e che poteva solo immaginare dai racconti di suo padre. Capiva quale era stata la gravità dell'esistenza dei Titani, ma non si sentiva davvero partecipe di quella felicità che coinvolgeva l'intera umanità. A suo padre piaceva pavoneggiarsi per la città portandosi dietro moglie e figli, mostrandosi orgoglioso a tutti di quello che era riuscito a fare durante e dopo la fine dei Titani. Quell'anno poi, suo padre era più euforico del solito. Il vecchio corpo cadetti di sarebbe riunito per festeggiare quella ricorrenza dopo quasi vent'anni che si erano persi di vista. Chi per volontà propria o per forze superiori, ma nessuno -o quasi- era rimasto insieme ai vecchi compagni. Ogni sera a cena suo padre raccontava le sue vecchie avventure, rendendo orgogliosa di suo padre la piccola Yui che si sedeva sulle sue gambe, facendo sorridere sua moglie che conosceva a memoria quei racconti e che sapeva riconoscere le bugie che il marito raccontava. L'unico che non era felice di quei racconti era proprio Marco. Un tempo anche lui, come sua sorella, era stato orgoglioso di suo padre e delle sue gesta. Con il tempo aveva imparato a vedere le cose da un diverso punto di vista. I racconti di suo padre si facevano più ricchi di dettagli inventati, o privi, e ne notava le discordanze. Vedeva la faccia di suo madre ogni volta che saltava fuori il nome Mikasa e stringeva i pugni perché suo padre non si rendeva conto di nulla. Ma la cosa che più odiava era vedere le lacrime di suo padre quando raccontava del suo migliore amico. Morto in solitudine, diventato cenere fra tanti. E che lui portasse lo stesso nome di quel ragazzo lo faceva arrabbiare, perché ogni volta che suo padre lo chiamava per un attimo il suo sguardo si oscurava. Un continuo promemoria di quello che era successo. Quella sera avrebbe incontrato tutti quei ricordi, tutti quei racconti che tanto odiava. E non sapeva cosa aspettarsi da loro. Non sapeva se aspettare gli stessi uomini di quei racconti o un immagine sbiadita di questi. Sua madre gli aveva raccomandato di tornare a casa puntuale per la cena quando l'aveva visto uscire. E aveva aggiunto qualcosa su sua sorella, quando la bambina lo aveva inseguito fuori casa aggrappandosi alla sua gamba. Lui aveva scompigliato i capelli biondo scuro della piccola e l'aveva lasciata camminare in avanti così da tenerla sotto controllo. Presto però si perse di nuovo nei suoi pensieri. Avrebbe conosciuto Connie, Sasha, Armin? Avrebbe riconosciuto Mikasa, la ragazza che suo padre continuava a nominare come se non potesse fare a meno? Ed Eren? Eren, l'eroe dei suoi ricordi da bambino, l'avrebbe riconosciuto o sarebbe stato completamente diverso da come lo aveva sempre immaginato? "Marco" lo chiamò sua sorella. "Marco, guardami!" Lui la rispose con un verso, a dire che stava ascoltando, ma in realtà pensava alle famose litigate di suo padre ed Eren. Si sarebbero abbracciati o insultati, quella sera? "Marco!" Sua sorella urlò più forte, quasi spaventata. "Si, certo." "Marco, cado!" Alzò gli occhi di scatto. Sua sorella era in equilibrio instabile sull'argine del fiume. Stava per cadere giù e lui era troppo lontano. Corse verso di lei il più velocemente possibile, ma i vidi comunque quei piedini dentro le scarpette azzurre staccarsi dalla pietra dell'argine. "Marco!" Stava per gridare il suo nome, quando il corpo della bambina sospeso per aria si bloccò all'improvviso. Osservò sorpreso sua sorella che veniva poggiata di nuovo a terra, le braccia esile strette intorno al collo di una sconosciuta. "Stai bene?" La bambina annuì e lui lasciò uscire il fiato. "Yui!" Corse verso sua sorella che scese dalle braccia della sconosciuta e lo raggiunse, aggrappandosi ancora una volta alle sue gambe. "Scusa, principessa, dovevo starti più vicino." "Si, avresti dovuto." Marco alzò lo sguardo verso quella voce dura. La ragazza che aveva salvato sua sorella si stava avvicinando, le mani nelle tasche della giacca rossa. E rimase incantato a guardarla invece di rispondere. Era bella, molto più bella di qualsiasi ragazza avesse mai visto. Era più bassa di lui, con dei bellissimi capelli corvini lunghi fino alle spalle e degli occhi di un verde incredibile. Così incredibile che sarebbe stato impossibile riprodurre anche per il migliore degli artisti. Quei occhi esprimevano rabbia e una strana indifferenza e presto, contro la sua volontà, abbassò lo sguardo davanti a quello impenetrabile della ragazza. "S-si, avrei dovuto. Io... Grazie, per Yui. Cioè, per aver salvato la mia sorellina. Grazie." La ragazza rimase e lui invece si sentiva in fiamme. "Sta più attento." Si voltò, i capelli mossi dal vento, nascondendo quegli occhi bellissimi. Marco entrò in panico, stringendo più forte sua sorella, alla ricerca di qualcosa da dire perché non poteva lasciarla andare via così. "Aspetta!" La ragazza si voltò a guardarlo. Fantastico. Cosa poteva dire? Presentarsi? Offrirle qualcosa per ringraziarla o farle complimenti per gli occhi? Ma probabilmente prima di lui erano arrivati altri ragazzi che avevano pronunciato quelle parole e lui non avrebbe detto niente di nuovo. Un commenti suoi capelli, forse, perché erano davvero belli e gli veniva voglia di dipingerli da qualche parte. "Hai dei bellissimi-" Fu interrotto subito. "Sora!" La ragazza guardò in fondo alla strada dove un ragazzo biondo agitava frenetico le braccia. "Siamo in ritardo, sbrigati." "Arrivo." Si girò di nuovo verso Marco, ma guardò Yui. "Sta attenta la prossima volta." La piccola Yui annuì e Marco guardò la ragazza dai capelli corvini andarsene al fianco del ragazzo biondo. "Sei un stupido" sussurrò Yui. "Sarebbe stata una sorellona bellissima." "Si" mormorò cupo in volto "sono decisamente uno stupido." **** Eren guardò sua figlia Sora correre verso il figlio di Armin e posizionarsi al suo fianco. "Chi era?" chiese il biondo. "Un idiota che stava per vedere sua sorella morire. Faccia da ebete." Eren guardò quel ragazzo che si stava allontanando con la bambina in braccio. "Mi ricorda qualcuno." "Jean" mormorò Mikasa. Eren si girò verso sua moglie e la guardò torvo. "Faccia da cavallo?" Quella annuì. "Impossibile" decretò Eren convinto. Avrebbe significato che quel ragazzo era imparentato con Jean o peggio, era suo figlio.. "In effetti aveva la stessa espressione si un cavallo" disse Sora, avvicinandosi alla madre. "Una faccia da ebete." "Ha fatto commenti sui tuoi capelli?" chiese Eren, preoccupato. Sora lo ignorò. In effetti Faccia da ebete non aveva detto nulla, o meglio, non aveva fatto in tempo a dire nulla. "Lo scopriremo stasera" disse Mikasa. "Ora andiamo." "Zio Levi?" chiese Sora. "Ha trovato un negozio di the o qualcosa del genere." Sora annuì e si allontanò. Eren si maledì mentalmente perché sua figlia aveva passato troppo tempo con "zio Levi", tanto da essere contagiata dalla sua passione del the. Doveva ringraziare che non pulisse la casa da cima a fondo due volte al giorno. Camminarono ancora qualche minuto fino ad arrivare al ponte che collegava le due sponde. A quel punto le campane suonarono le sette di sera e Marco corse con in braccio sua sorella che si lamentava perché erano in ritardo e lei voleva conoscere Armin. "Ha gli occhi azzurri! È un principe!" E poi urlava: "Capitano Levi! Combatterò al suo fianco per sempre!" Tutto questo mentre si agitava sulle sue spalle, rendendo la corsa più difficile per Marco che si prendeva calci in faccia a ogni grido di gioia. Lasciò sua sorella a terra e si appoggiò al muro di casa sua mentre la bambina entrava dentro urlando. Sentiva un insolito vociare da casa sua, segno che gli ospiti erano già arrivati. Entrò lentamente, chiudendosi la porta alle spalle. Gli eroi che avevano sconfitto i Titani, come sarebbero stati? La risposta arrivò subito, mentre riconosceva i loro volti dai racconti di suo padre. Sasha e Connie si abbracciavano quasi con le lacrime agli occhi. Quella che doveva essere Mikasa, una donna bellissima dai tratti orientali, porgeva un vassoio di cibo a sua madre, che le sorrideva. Armin, biondo e con paio di occhiali sugli occhi azzurri, fissava la piccola Yui che lo salutava riempiendolo di domande. Suo padre fissava una ragazzo dai capelli castani che a sua volta incrociò le braccia. "Faccia da cavallo." "Eren" lo richiamarono Mikasa e Armin. "Bastardo che ha fretta di morire." "Jean, caro" lo riprese sua madre. I due si avvicinarono e per un attimo pensò che si sarebbero presi a pugni. Invece, in uno scatto, si abbracciarono colpendosi forte sulla schiena. "Non ci credo, sei sempre più brutto!" "Da che pulpito." "Mocciosi. Non sono cambiati affatto." Marco sussultò. Al suo fianco contro il muro, e non se ne era reso conto, c'era un uomo basso, gli occhi cerchiati di scuro che guardava le persone in casa con un piccolo sorriso sulle labbra, nascosto a tutti. Il Capitano Levi... Era davvero basso come lo descriveva suo padre. "Due figli?" chiese sorpreso Eren. "Però, Faccia da cavallo, sono sorpreso. Una moglie potevo accettarlo, ma due figli! Allora funziona qualcosa in te." Mikasa scosse la testa. Armin si scusò invece con sua madre, come se fosse compito suo e non di Eren. Jean si avvicinò a Marco e lo prese sotto braccio, mentre nell'altro c'era la figlia più giovane. "Eccoli qui! La mia Yui, la principessa di casa." La bambina si nascose contro la spalla del padre, in imbarazzo. "E il mio primo figlio... Marco" disse quasi sussurrando. Il silenzio scese sulla stanza. Un continuo promemoria di quello che era successo. "Meglio di quanto mi aspettassi" disse Eren, rompendo il silenzio. Prese Mikasa a braccetto, mostrando l'anello che la donna portava al dito. "Guarda qua, cavallo." Marco si irrigidì. Se suo padre avesse detto qualcosa di sbagliato davanti a sua madre... Jean invece sorrise a Mikasa. "E così alla fine ci sei riuscita. Brava." Eren sorrise. "E non è finita qui. Sora, lascia in pace il figlio di Armin e vieni qui. Guarda qui, Jean. Una sola, ma un capolavoro." "Avrà preso da Mikasa" scherzò Connie. "Lo spero" mormorò il Capitano e tutti risero. Marco trattenne il respiro quando Sora, la figlia di Eren e Mikasa, la ragazza che quel pomeriggio aveva salvato sua sorella, si fece avanti al fianco dalla madre. "Occhi a parte, ha preso tutto da Mikasa. Carattere compreso" disse Eren. "Tranne quando si arrabbia" disse il ragazzo biondo di quel pomeriggio. "Irascibile come il padre." Eren e Sora alzarono gli occhi al cielo mentre il ragazzo, il figlio di Armin, si scusava. Yui lo tirò per un braccio. "C'è la sorellona. Questa volta non fare lo stupido, Marco." Scosse la testa, guardando Sora. "Stavolta non lo sarò." **** Jean guardò il figlio provarci palesemente con la figlia di Eren, suggerito qualche volta da Yui. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra al ricordo di quando era lui a fare il filo a Mikasa. La ragazza, doveva ammetterlo, era bella quanto e forse più della madre. Eren lo notò e si alzò in piedi, ma fu subito bloccato da Mikasa. "È un Ackerman" sussurrò Levi. "Nel caso sa come cavarsela." In quel preciso momento Sora buttò a terra Marco, sedendosi poi di nuovo come se nulla fosse successo. Il figlio di Armin, rosso in tutto il viso, si alzò in piedi ad aiutare il giovane a terra. Eren rise. "Finiscila, idiota" disse Jean. "Zitto, cavallo." "Tu non puoi mettermi il silenzio, maledetto!" E come ai vecchi tempi iniziarono una lunga gara si insulti, ma nessuno li fermò mentre fuori dalla finestra il cielo iniziava ad illuminarsi grazie ai fuochi d'artificio. "Mocciosi" sussurrò Levi, chiedendosi quando Hanji avrebbe trovato la strada per la casa di Jean. "Non cambierete mai." Perché effettivamente, Titani o meno, un Kirschtein non avrebbe mai avuto fortuna con una Ackerman, tanto meno con una Jaeger.
  
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