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Autore: laolga    17/02/2009    17 recensioni
Ed ecco a voi un'altra ff! È una storia d'amore, un intreccio di segreti, bugie, amiche false, amori impossibili... un casino, insomma. Ma non crediate che si tratti di una storiella qualsiasi, copiata dai soliti libri -Twilight, per esempio... quanti di voi si ritrovano a leggere fic uguali a questa serie ma con nomi diversi, magari? O altri libri come Harry Potter? Quanti di voi, eh? La vecchiettina là in fondo ha alzato la mano... quindi, una persona... anche quel biondino lì... e siamo a due... poi quel tizio lì col riporto... e tre...su su non vergognatevi, alzatele manine, su!- Ehm, dicevo, non è una storiella qualsiasi, no! Perciò leggetela senza farvi pregiudizi negativi premettendo che ci ho messo il cuore, in questa ff, davvero. Vi chiedo solo di provare. Grazie.
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Primo


Lunedì 24 Ottobre.

Un mattino qualsiasi, grigio e nuvoloso, di una giornata qualsiasi, di una settimana qualsiasi di una vita qualsiasi.


A scuola, ormai da tempo, Cri mi stava addosso, tremendamente intenta a narrarmi le sue ultime vicende amorose, interrompendosi di tanto in tanto per ridacchiare nervosamente, sperando invano di attrarre la mia attenzione, ben lontana da tutte quelle balle che mi raccontava.

Lo sapeva perfettamente che non l'ascoltavo, eppure non si perdeva d'animo e faceva di tutto per essere mia amica.

Io non avevi amici.

Io non volevo avere amici, stavo benissimo da sola.

E proprio lei, la ragazza più popolare del liceo, alla quale bastava un battito di ciglia per fare innamorare tutte le persone di sesso maschile che la circondavano, per la quale una fila di ragazze attendeva impaziente anche solo per salutarla, per aver parlato con la grande Cri, in verità detta Cristiana, ma stonava...

Sapete, questi sono tocchi di classe.^^

Già, tocchi di classe, eccome!, quella grande Cri (che in realtà era qualcos'altro di grande...) s'inventava un sacco di pettegolezzi, storie misteriose, amori nascosti sempre leggermente uguali e per i quali le sue “amichette” smaniavano, credulone, ingenue.

Lei voleva essere mia amica.

Solo perché ero l'unica che non stavo ad ascoltarla, solo perché ero l'unica disinteressata ai suoi pettegolezzi...

Ed era proprio per questo che aveva occupato, con lo stupore generale della classe, il banco vicino al mio, per tradizione desolatamente vuoto.

E per questo ogni santo giorno telefonava a casa mia e stava tre ore a parlarmi di questo o quell'altro, ripetendo ininterrottamente il suo petulante monologo, paragonabile più che altro al ronzio di una mosca.

Non l'ascoltavo neppure quelle volte, dimenticando da qualche parte il telefono e tornando di tanto in tanto per assicurarmi che non si fosse accorta di nulla.

Non se ne accorgeva, ma forse lo immaginava.

Mi faceva un po' di pena, per essere sinceri...

Mi faceva pena perché non l'ascoltavo mai.


Anche quel giorno, Cri mi stava addosso.

Mi parlava mentre pasticciavo il mio libro di trigonometria, disegnando mostri inquietanti con le labbra cucite ai bordi delle pagine, mi parlava mentre guardavo fuori dalla finestra, assicurandomi che non piovesse, mentre giocherellavo con i miei capelli castani, arricciandone una ciocca ribelle con le dita.

Mi parlava sempre, e a furia di farlo aveva acquisito una dote sovrannaturale per parlare senza che i professori la notassero, muovendo appena le labbra lucide di rossetto.


Questa era la mia vita.

Questa era la mia vita prima di quel mattino qualsiasi, così gelido e cupo da far rizzare i capelli.

Quando uscii da scuola cadeva una fittissima pioggerella, l'inizio di una terribile bufera, e nonostante l'insistenza di Cri, mi ritrovai a passeggiare lentamente, strascicando i piedi, per la via principale della città, sommersa dai clacson e dallo smog circostante.

Ben presto mi accorsi di essere completamente fradicia, un ammasso vestiti grondante d'acqua, e cominciai a realizzare che forse Cri, per una volta, aveva ragione.

Perciò, quando mi trovai di fronte ad una fermata del pullman cercai di sviluppare la lontana sezione del mio cervello che rispondeva sotto il nome di “buon senso”, accasciandomi su di una panchina tutta scritta.

Passò qualche minuto, infine un pullman arrivò, e lo presi, senza neppure avere l'accortezza di sapere che numero fosse o dove portasse.

Salii, e questi, con un rombo del motore, ripartì.

Trovai un posticino sommerso dalla folla di studenti che tornavano a casa dopo una giornata di scuola, forse simile alla mia, e mi sedetti su di un sedile sporco e cigolante.

Meglio che niente.

Passai un po' di tempo a scrivere frasi insulse sul finestrino appannato e sporco, gelandomi le dita, poi mi guardai attorno, fissando uno ad uno i volti di tutti quei ragazzi così stranamente allegri, di quelle ragazze così tanto chiassose.

Fu allora che lo vidi, proprio dei fronte a me.

Era una ragazzo, apparentemente poco più vecchio di me, che stava tranquillamente appoggiato ad una porta del pullman, proprio di fianco al cartello dove si avvertiva il passeggero di allontanarsi dalle porte mobili, con tanto di omino disegnato sopra, tutto pasticciato.

Appena lo vidi mi accorsi che mi fissava, posando sfacciatamente i suoi occhi sui miei, assorto in pensieri sconosciuti.

In principio non potei scorgere altro che quelli, così luminosi, limpidi, superbi, di un azzurro intenso, quasi violaceo...

Poi notai anche tutto il resto del volto, la carnagione caramellata, i capelli bruni con qualche ombra più chiara, forse il riflesso di un sole lontano, inesistente, coperto dalla fitta coltre di nubi livide che oscuravano il cielo.

E poi quell'abbigliamento così diverso, elegante, austero.

Indossava un lungo mantello slacciato e leggermente bagnato sulle spalle dalla pioggia battente, con un colletto alto che gli copriva mento e labbro inferiore, conferendogli un'aria più misteriosa; sotto spuntavano due lunghe gambe coperte fino al ginocchio da stivali laccati in nero, con un paio di pantaloni più chiari e vellutati, ed infine una camicia bianca pesante semicoperta dal mantello.

Sembrava capitato lì per caso, come se appartenesse ad un altro mondo molto più bello e inimmaginabile, finito in questo per puro caso, forse per punizione, forse per ingiustizia... certamente per ingiustizia... come faceva un essere vivente di questo genere ad aver commesso qualcosa di così terribile per finire in un posto come questo?

Se avessi potuto gli avrei detto all'istante di ritornare da dov'era venuto, di fuggire da questo pianeta orribile, subito, prima che fosse stato troppo tardi...

Ma non riuscivo a muovermi dal mio posto, assorta nel suo sguardo così forte, al quale era impossibile sfuggire.

Lo vidi sorridere, lo vidi lanciare un'occhiata furtiva al resto del mio corpo, con una punta di malizia, come per assicurarsi che avessi tutti i vestiti in ordine.

Ovviamente arrossii.

Era un comportamento terribilmente infantile, che certamente smascherava il mio carattere vero, nascosto da anni sotto l'immobilità del mio volto, sotto la rigidezza delle mie mosse, ma in un certo senso mi fece piacere.

Lui sorrise ancora, ridendo coi suoi occhi gelidi, con il suo sguardo penetrante.

Era l'unico in tutti questi anni che avesse avuto il coraggio di guardarmi così a lungo, così intensamente... così, ecco.

Tutti i ragazzi della mia scuola mi evitavano, come se fossi terribilmente pericolosa, forse, o chissà perché, boh.

Ma lui no.

Ed era anche la prima volta che reagivo così ad un'occhiata di un ragazzo...

e pensare che di cotte ne avevo avute, eccome, ma non si trattava della stessa cosa, quasi fosse un altro sentimento, imparagonabile a questo.

Una cosa era certa: ero innamorata di lui, e tanto, anche.

Questo sì che era un bel guaio, e non chiedetemi perchè, non ne ho idea, so solo che essere innamorati è terribile... dicono.

Continuai a fissarlo, imprimendomi bene nella memoria ogni sua espressione, ogni suo movimento, e, soprattutto, il suo sorriso.

Dopo poche fermate vidi, con delusione, che si preparava a scendere, accennando una specie di saluto con il capo.

Lo salutai con una smorfia che voleva assomigliare ad un sorriso, poi uscì, e lo seguii con lo sguardo finché il bus non curvò dietro una diroccata scuola elementare.

Quando di lui non vidi più neppure l'ombra mi limitai a fissare il vetro sporco e appannato, segnato ancora dalle mie stupide scritte.

Il pullman sostò ancora parecchie volte prima che mi decisi a scendere anch'io, e a telefonare a Cri, per chiederle un passaggio.

Mi fermai ad aspettarla su di una panchina bagnata dalla pioggia, ad infradiciarmi ancora, pensando... eh, sì, pensando...^^

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Allora?

che mi dite di bello, o miei lettori??

Beh, scusate la cortezza ma non avevo assolutamente tempo e ho dovuto fare tutto di fretta e furia... Comunque vi avviso che questa non sarà una lovestory molto happy, per intenderci^^ 

Ecco, ora passiamo ai ringraziamenti. Grazie agli autori delle 10 recensioni del prologo, cioè:
Greg90_h , che mi ha lasciato ben 2 recensioni^^

berry345

PAMPAM

MarcoG

kamy

MikaName

luisina

IceWarrior

Regina Oscura

Epoi ringrazio di cuore anche amimy , che ha messo questa ff fra le sue preferite!!!

 

Ok, allora ci rivedremo al prossimo capitolo.

Ciauuuuuuuuuu!!!!!!!!!^^

   
 
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