Note
dell’autrice: salve gente! Eccomi
qui con una nuova fic che spero
davvero vi piaccia.
L’idea di questo sclero mi è venuta
un’ora prima di un compleanno, non so
perché, soprattutto, probabilmente grazie al mio genietto! XD
Quindi, ora, la smetto di scrivere stupidaggini e a voi il capitolo.
CAPITOLO 1
Tu credi che sia
giusto in questo mondo pensare e comportarti come te,
ma solo se difenderai la vita
scoprirai le tante cose le cose che non sai.
Pochaontas,
the colors of the wind, oscar 1995.
Guardavo la
pioggia infrangersi contro la grande vetrata della hall.
Picchiettava leggera e costante, senza cessare un solo attimo. Poggia
la fronte
sul freddo vetro chiudendo un momento gli occhi.
Le gambe mi dolevano, i piedi mi facevano male e nella mia testa
sembrava ci
fosse uno sciame di api, che rumoroso si aggirava in essa senza sosta.
Mi
portai le dita alle tempie massaggiandomele delicatamente, per non
aumentare il
dolore. Sospirai rilassando le spalle.
L’intero pomeriggio era stato duro, fin troppo. Non avevo un
lavoro fisso,
erano più che altro lavori saltuari, che mi tenevano
occupata tutta la
giornata. Durante il pomeriggio avevo portato a spasso dei cani, la
mattina
avevo lavorato in uno starbacks. Quella sera, cameriera per una cena
post
premiere.
-Laira?- mi voltai sentendo chiamare il mio nome. –Pronta?-
annuì con la testa
a quello che era il mio migliore amico, Andrew. Gli ero infinitamente
grata
perché senza di lui non avrei mai ottenuto quel lavoro,
senza di lui
probabilmente, la mia vita non sarebbe mai cambiata.
-Ehi piccola, tutto okay?- si avvicinò a me accarezzandomi
una guancia.
-Sono solo molto stanca. – dissi prima di rivolgerli un
sorriso di
rassicurazione.
-Sicuro?-
-Ti ricordo che lavoro da tutto il giorno e che sono stata alla prese
con un
terranova pigro e un chiwawa psicotico. – si mise le mani sui
fianchi ridendo.
-Dai, andiamo o ci licenziano entrambi. – ci incamminammo
verso la cucina
fianco a fianco, mentre tutti organizzavano la serata. Entro poco
più di un’ora
quel posto si sarebbe gremito di gente, attori e fotografi, registi e
produttori. Tutta gente piena di sé, altezzosa, e io avrei
dovuto servirli.
Ci diedero delle divise che subito indossammo. Mi guardai e rimasi,
lì,
sbalordita e scioccata, a fissarmi. Andrew mi fu accanto dopo pochi
secondi.
Mi voltai a guardarlo con occhi sgranati.
-Sembro un pinguino. – sussurrai scioccata. Alzò
le sopracciglia squadrandomi,
poi scosse il capo.
-Cosa c’è?- chiesi irritata. –Sembro un
orrendo pinguino. -
-Fattelo dire, cara. Non sei un pinguino. Piuttosto sei…
wow. E sono un uomo,
c’è da precisarlo. – sbuffai irritata
prima di tornare a guardare la mia
immagine allo specchio.
-Anche t sembri un pinguino. – sussurrai.
-Dettagli. Però devi… -
-Cosa?- chiesi vedendo che non aveva intenzione di continuare la frase.
Si avvicinò
a me, posizionandosi alle mie spalle. Accarezzò i miei
lunghi capelli neri
portandomeli all’indietro, raccogliendoli in un piccolo
chignon.
-Ora sei perfetta. – sussurrò.
-Tu sei di parte. – dissi ridendo.
-E tu col viso scoperto sei un incanto. – roteai gli occhi,
dandoli un buffetto
sulla spalla. Andrew era il mio migliore amico, Andrew era cresciuto
con me.
Andrew era dannatamente carino. Andrew era rigorosamente omosessuale.
-Voi due siete in ritardo. Tu – disse un uomo tarchiato,
indicandomi con un
dito – Ci sono dei tovaglioli da sistemare ai tavoli. E tu
– disse indicando
Andrew – In cucina per gli alcolici. – ci guardammo
un momento negli occhi
esterrefatti.
-Cosa ci fate ancora qui? Su su, muoversi!- gridò battendo
le mani. Non aveva
detto gran che, ma già lo odiavo. Sistemandomi la giacca
corsi nella sala dove
erano sistemati i tavoli.
Bene, pensai. Mai e poi mai avrei potuto mangiare in
un luogo come
quello. Mi imposi di annotarlo nel mio taccuino, quello in cui segnavo
pensieri, cosa da ricordare e da fare, dato che dimenticavo spesso e
con molta
facilità… un giorno, forse lo avrei
annotato… avevo detto forse.
La stanza dai muri crema era piena di fiori e tutto, dico, tutto, era
giallo.
Le api all’interno delle mia testa si misero in moto facendo
ancor più baccano,
aumentando il lancinante dolore. Tutto era estremamente elegante
e… caldo. In
tutti i sensi. Non solo per i colori, ma anche per la temperatura.
Sicuramente
le varie prime donne si sarebbero presentato con micro vestiti, che
coprivano
ben poco.
Mi misi al lavoro fino a quando non iniziarono ad arrivare gli attori.
Corsi
verso le cucine in cerca di Andrew e l’uomo tarchiato.
-Bene, ragazzi. – sentì parlare dietro le mie
spalle. Mi voltai e il signor
Paolini, alias signore tarchiato. –E’ una serata
impartante voglio da voi
estrema serietà. Precisi, puliti. Non voglio lamentele,
tutto deve essere
perfetto. Il vostro lavoro è la vostra vita, il vostro
destino, la vostra
missione. Siete qui per combattere camerieri! Difendente il prestigio
di questo
hotel! Sono stato chiaro? Ora a lavoro! – ordinò
alzando le braccia al cielo.
Mi lasciai sfuggire un risolino ascoltandolo. Sembrava un incitamento
ad una
partita di baseball.
-Buona fortuna. – Sussurrò Andrew al mio orecchio.
-Anche a te!- Risposi allegra. Già, ce ne sarebbe voluta
davvero tanta.
La sera
passava, lenta. Il mio mal di testa aumentava sempre di più.
-Aiutami tu, ti prego. – dissi con disperazione ad Andrew
quando mi riparai
dietro le tende della grande sala.
-A chi lo dici! Dovresti vedere come mi guardano quelle oche! Sembra
che
vogliano uccidermi. – bisbigliò lui sbirciando,
con sguardo terrorizzato.
-Ti mangiano con gli occhi. Certo che sei un po’ lento a
capire caro. – dissi
portandomi una mano su un fianco e guardando i vari tavoli, poggiando
il viso
sulla sua spalla. Dire che Andrew era altro era poco. E in fondo non ci
voleva
molto ad essere più alti del mio mentre e sessantacinque.
-Ma di quale film sono?- sentì l’appoggio della
testa mancarmi, così mi voltai
a vedere cosa fosse successo. Andrew era, lì, di fronte a
me, un sopracciglio
alzato e le mani sui fianchi.
-In che mondo vivi, Laira?-
-Nello stesso di milioni e milioni di persone, forse?-
-No, tu vivi un mondo tutto tuo, dove il cielo è rosa e gli
alberi blu. Dove
non esistono cinema, riviste e lustrini. Tu vivi in un tuo mondo fatato
fatto
di libri, politica, inquinamento eccetera eccetera. Tutte quelle cose
così
noiose…-
-Taglia corto. – Sbuffai.
-Te l’ho già detto che film è.
E’ possibile che vieni a lavorare qui e non sai
nemmeno chi sono quelle persone lì? Bisogna poi ammettere
che se hai dato una
sguardo alle persone ai tavoli, ti sarai resa conto che i ragazzi... -
-Non ho dato sguardi perché non mi interessa. Allora, mi
vuoi dire chi è quella
gente viziata che non fa altro che mangiarti con gli occhi e guardarmi
male?-
sbottai. Sbuffò dandomi uno scappellotto.
-Twilight Laira, twilight!- Roteai gli occhi massaggiandomi la testa.
-Idiota. – Sussurrai tornando a guardare la sala. Tutti
ridevano, tutti erano
felici. Senza preoccupazioni, senza paure. Loro non avrebbero dovuto
preoccuparsi di mantenere il proprio posto di lavoro.
Sbuffai irritata da tali pensieri.
Cosa mi importava?
Non avrei mai scambiato la mia vita con le loro. Non avrei mai voluto
essere
come loro. Se se stavano lì, seduti, pieni di amore per se
stessi, egoisti e
narcisisti. Quando vivi a New York, quando ha lavori saltuari come i
miei, un
amico che ti permette di lavorare con lui come cameriera, vieni a
contatto con
gente famosa, gente nota del cinema o dello spettacolo e ti rendi conto
che
molti loro sono…vuoti. Non hanno interessi, non sono
gentili, si sentono dei.
Gli odiavo per questo, quando mi guardavano vedevano tutto tranne
che… Laira.
-Magari se li conosci non sono così male. Non siamo tutti
uguali a questo
mondo. – la voce di Andrew era pari ad un sussurro.
–Non tutti sono come lui. –
scossi il capo.
-Quella gente è tutta uguale. – abbassai un
momento lo sguardo, prima di
tornare a posarlo sui tavoli. I miei occhi si posarono su un gruppo di
ragazzi
che ridevano e sembravano felici e spensierati. Guardi il modo con sui
due di
loro si guardavano. Gli sguardi, i sorrisi. Le guance che si coloravano
di
rosso. Guardai i loro occhi cercarsi dopo aver vagato sui volti
circostanti. Lo
feci anch’io. Guardi i tavoli, guardi le persone che tanto mi
ricordavano ciò
che mi aveva fatto soffrire, ciò che avevo perso.
Ciò a cui, con infinità
stupidità, avevo donato il mio fragile cuore. Ed incontrai
due pezzi di cielo.
Il suo sguardo brillava sotto la luce calda dei grandi lampadari. Sul
suo viso
era dipinta un’espressione indecifrabile. Le labbra serrate
in una linea retta,
le fronte corrugata. I capelli arruffati gli ricadevano sulla fronte e
con un
semplice gesto, si passò una mano fra essi, lasciando il
viso scoperto. Poi,
tornò a guardare una ragazza seduta di fronte a lui, che
probabilmente aveva
richiesto la sua attenzione.
Tipico… prima donna.
-Lei è Nikki Reed, personaggio secondario. Lui Robert
Pattinson, protagonista
insieme alla ragazza seduta alla sua destra. – mi
informò Andrew.
-Grazie ma non mi interessa. – lo sentì sospirare,
poi mi voltai e gli bacia
una guancia.
-A lavoro signorino, se non vogliamo perdere il posto. –
dissi in un risolino.
Mi voltai un’ultima volta guardando ancora… quel
tavolo.
*
ElfoMikey: mostriciattolo! Ti
ho mai detto che a volte mi fai paura? Sono comunque
contenta che ti sia piaciuto il prologo e spero di non averti delusa
con questo
capitolo! No… grazie a te. <3
KeLsey: ciao! Spero che con questo primo capitolo (a
parer mio un po’
noioso) non ti sia passata la curiosità XD Grazie per la
recensione!
AlessandraMalfoy: ciao! Sono contenta tu
l’abbia letto! Mi fa piacere
sapere cosa pensi delle mie fiction! Ecco a te il primo capitolo, spero
ti
piaccia!
Doddola93: ciao! Che bello trovarti anche qui! Sono
io che ti adoro!
Okay, ci adoriamo a vicenda! Emozionare? E’ solo un prologo!
Che farei senza il
tuo supporto? Mettitelo in testa Genio… io amo
ciò che scrivo quanti tu ami ciò
che scrivo! A presto bella! Ti voglio bene! <3
isteria: ciao! Ecco a te il capitolo, spero ti sia
piaciuto come il
prologo. Grazie per la recensione… grazie davvero!
A
voi, Panda.