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Autore: BarrelRider    13/10/2015    9 recensioni
Rosie Cotton ha sempre saputo, fin da bambina, che persona speciale fosse Samvise Gamgee.
Diamante di Lungo Squarcio ha sempre visto Peregrino Tuc, come un ragazzino impertinente e viziato.
Sarà durante la dittatura di Saruman, nell'anno 1421 secondo il calcolo della Contea, che le vite delle due giovani s'intreccerano, in una maniera che non avrebbero mai immaginato.
___________
Una storia semplice, come semplici sono i suoi protagonisti.
Una storia diversa, o almeno è ciò che speriamo.
Scritta a quattro mani da CrisBo e Leila91
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diamante di Lungo Squarcio, Pipino, Rosie Cotton, Sam
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il profumo del fiume.
 
 
Stava gironzolando intorno ad una giovane Quercia, schiacciando le foglie secche a ogni suo passo.
Si era immersa nell'ascoltare i canti dei piccoli uccellini, mentre i raggi del sole filtravano tra le fronde.
Un piccolo gruppo di bambini stava correndo verso il sentiero che portava a un ruscello cristallino,
cantando e urlando con voce infantile.
Le venne da sorridere e rimase a fissarli per qualche secondo, mentre rubava dei piccoli mirtilli da un cespuglio.
Stava giusto per mangiarne uno che si sentì venire afferrata per il polso.
Non si spaventò molto per quella presa improvvisa, non ne ebbe il tempo.
Una mano giovane e veloce le rubò tutti i mirtilli. Il proprietario della mano se li portò alla bocca, gonfiando le guance.
Pipino sorrise vittorioso, masticando con ingordigia.
“Viefi con fe.”
“Mi hai rubato i mirtilli, io non vengo da nessuna parte.”
Pipino fece un altro sorriso senza rispondere, cominciando a trascinarla.
“Pipino, alle volte è bello sentire una risposta, sai?”
Lui continuava a restare in silenzio, scavalcò un piccolo masso – e fu costretta a farlo anche lei – mentre la tirava per il polso verso un posto ignoto.
“Allora mi metto a cantare.”
Quella sottospecie di minaccia da parte di Diamante fece ridacchiare Pipino.
Era risaputo, specialmente dal figlio del Conte, che la giovane Hobbit avesse una voce particolare.
Non che fosse stonata, ma aveva l'ardire di alzare fin troppo i toni.
Per quanto nessuno adulasse la voce di Diamante e nessuno s'aspettava avrebbe mai inventato canzoni leggendarie, a Pipino piaceva sentirla.
Lui diceva sempre – o meglio lo diceva Merry – che ogni Hobbit aveva il suo canto.
Ogni Hobbit aveva la sua melodia.
 
“Conta i conigli, che saltano i fossi,
ma non calpestar i perduti sassi,
che schiaccian la terra dai tempi remoti,
e lascian l'odore dei fiumi che - “
 
Una mano le bloccò la bocca proprio all'ultima strofa e lei sorrise solo con gli occhi, guardando in faccia Pipino.
“Non svegliare tutti i poveri leprotti che dormono.” Disse lui, con sorriso canzonatorio.
“Oooh, non potrei mai, signor Peregrino.” Lei lo beffeggiò di rimando. “Ma almeno ho attirato la tua attenzione.”
 
Come se ci volesse questo....”
“Cosa?”
“Siamo arrivati!”
Erano giunti in un punto del bosco che Diamante non aveva mai visto.
Una piccola rientranza tra due alti alberi creava un passaggio che s'inoltrava in un piccolo buco scuro. Era difficile notarlo, per chi non prestava attenzione, ma era chiaramente stavo levigato dalla natura stessa.
Si voltò verso Pipino e lo vide intento a sorridere con la sua solita aria ingenua e spensierata.
Molte volte avevano passato interi pomeriggi insieme, dal loro primo scontro avvenuto qualche anno prima, davanti ad una Quercia ignara.
Per quanto non avesse mai avuto dei veri compagni con cui bere pinte o cantare canzoni, Pipino era quello più simile ad un amico che avesse.
Non lo usava come confidente, né lo invitava a bere una tazza di tè nel pomeriggio nella sua umile casa.
Pipino era qualcosa di diverso.
Con lui si sentiva a suo agio; ritrovava la sua fanciullezza e rideva.
Per quanto, inevitabilmente, tutto finisse sempre con qualche incidente. Voluto o non voluto.
In fondo era consapevole del fatto che Peregrino fosse fin troppo sciocco.
 
“Questa volta non ti sei organizzato bene, Pipino. Credi davvero che ci caschi?”
“Caschi per cosa?”
“Adesso entrerò lì e un secchio pieno d'acqua mi si rovescerà in testa.”
“Oh, ma come sei prevenuta Diamante.”
Ciotole e ciotole di miele tutte sul mio vestito.
“...Diamante.”
...un cinghiale imbizzarrito mi travolgerà...”
“Diamante!” Pipino questa volta era stato risoluto. Non voleva mettersi a ridere per quelle bizzarre idee, anche perché potevano tornargli utili prima o poi. “Ti fidi o no?”
“No.”
“Perfetto, andiamo!”
 
E fu così che si ritrovarono dentro.
Camminarono per un tempo che Diamante non riuscì a percepire. Alla fine, quel piccolo buco, non era altro che un passaggio verso una grotta.
Più s'inoltravano e più sentiva l'odore dell'erba bagnata e i loro passi rimbombavano appena tra le pareti umide.
Qualcosa le toccò la spalla – un piccolo ramo incastrato – ma fece uno scatto e s'avvolse al braccio di Pipino senza pensarci.
Nel buio non riuscì a vederlo girarsi e arrossire per quello.
“Non ti preoccupare, non succederà niente. Anche se Merry mi dice sempre che sono un incosciente a venire quaggiù, che prima o poi mi crollerà in testa qualcosa.”
“Ti è mai venuto in mente di ascoltare tuo cugino, qualche volta?”
“Se ascolto mio cugino finisco sempre nei guai.”
“Ci riesci benissimo anche da solo, credimi.”
Diamante si strinse ancora di più al suo braccio; il vestito giallo che indossava strusciava in qualcosa che Diamante percepiva essere fango.
Però sulle pareti.
Non era sicura che le piacesse davvero quel posto. Di solito Pipino la portava in luoghi dove, era sicuro, ci fosse qualcosa da mangiare.
Cosa poteva mai esserci di così buono e succulento lì?
 
“Siamo quasi arrivati. Preparati.”
Diamante alzò lo sguardo verso di lui e lo vide fissarla.
Cercò di trovare nei suoi occhi un qualsiasi punto debole, ma se stava preparando uno dei suoi soliti scherzi, questa volta non lo dava a vedere. La cosa le procurava una certa inquietudine.
“Pipino, d'accordo, mi hai fregata. Hai vinto tu!”
“Giuro che non ti voglio fare nessuno scherzo.” Sentì il braccio di Pipino sfilare via dalla sua presa. “Fidati di me per una volta.”
“No!”
Pipino sorrise. Il suo “no” non era mai stato così poco convincete come in quel momento.
“Facciamo così; se la cosa che voglio mostrarti non ti piace allora puoi...puoi....”
“Mangiare tutte le tue colazioni.”
Pipino sgranò gli occhi. Era quasi sicura che fosse impallidito di colpo.
“In fondo, se sei così sicuro che mi piaccia allora non dovresti avere paura, no?”
“E sia.” Pipino gonfiò le guance. Non sembrava molto convinto. “Ma sicuro non assaporeresti le mie colazioni con lo stesso amore.”
“Io sono sicura di sì.”
Lo Hobbit sbuffò di nuovo e continuò a camminare lentamente.
Lei era rimasta dietro, sorridendo un po' vittoriosa.
“D'accordo: chiudi gli occhi.”
 
Diamante sbattè le palpebre un paio di volte prima di corrugare la fronte.
“Non dovevi mostrarmi qualcosa?”
“Sì. Ma non la puoi vedere, la puoi sentire.”
Lei inspirò a fondo prima di chiudere gli occhi.
Non era sicura di quello che stava facendo. Era pronta a uno scherzo terribile; forse l'avrebbe fatta cadere in una melma fangosa.
Oppure in una pozza d'acqua stagna.
Oppure...
 
Non fece in tempo a pensare ad altro.
Le dita di Pipino si erano insinuate tra le sue; le sentiva calde e morbide.
Quella sensazione le riempì il petto di qualcosa che non riusciva a capire. Un calore profondo, che si irradiò fino al volto.
Strinse quell'intreccio di dita senza nemmeno rendersene conto, avvertendo Pipino camminare ancora.
E fu allora che cominciò a sentire.
 
L'acqua del fiume stava attraversando le pareti.
Il suono usciva ovattato eppure vivido, sentiva la corrente dell'acqua passare fra le radici della terra, intorno a loro.
L'umidità della grotta regalava un'atmosfera di pace e trasmetteva l'odore del verde.
Un odore buono e piacevole, che le scaldò il cuore.
Senza che Pipino le desse il permesso, aprì di nuovo gli occhi.
E per quanto avrebbe voluto guardarsi intorno e immergersi in quel suono, la prima cosa su cui scelse di concentrarsi fu proprio il suo amico.
Lo vide con la testa per aria, i ricci un po' troppo scomposti e un sorriso ebete sul volto.
Stava guardando tra le pareti, che ora s'erano allargate in quello spazio circolare.
V'era una luce verdognola e fresca, alcuni funghi erano persino maturati in quella zona e delle piante sbucavano lì intorno.
Era quasi sicura che si trovassero esattamente in un buco nel terreno, sotto il fiume.
 
“Questo è il mio posto di tranquillità.”
Mormorò lui, con un tono che Diamante non era sicura di avergli mai sentito. Serio e consapevole.
La cosa le procurò un'altra sensazione strana nel petto.
“Quando finisco l'erba pipa di Pianilungone e mi sento triste vengo qua.”
Diamante appiattì le labbra.
Trovava sciocchi i motivi di tristezza di Pipino, ma se non fosse così non sarebbe lui, in fondo.
“Perché mi hai portato qui?”, domandò d'improvviso lei.
Lui non rispose subito. Lo sentì muovere appena le dita in quella presa e abbassò lo sguardo, facendo strani movimenti con le labbra.
Sembrava in procinto di dover dire qualcosa che si era preparato in precedenza, ma non ne era sicura.
“Adesso che so che esiste...non hai paura che venga a rubarti il tuo posto di tranquillità? In fondo, mi hai mostrato una...una...”
 
Parte di te.
“...una buona motivazione per venire qui e disturbarti tutte le volte che voglio.”
Cercò di smorzare quel momento solenne con un sorriso che non era molto convincente.
Pipino tirò su la testa e si mise a guardarla. Era tornato il suo sorriso ingenuo.
 
“Perché ogni volta che ti osservo mi sembra di non capire la tua storia. Sai, come se non appartenessi a niente e a tutto allo stesso tempo. Non ti vedo mai parlare con nessuno, ma in verità parli con tutti. Sei come una piccola ombra. E volevo donarti un posto che potesse diventare tuo. Sai, anche solo per farti sentire a casa, di tanto in tanto. E visto che questo è un nascondiglio sicuro, per non essere scoperti, allora...”
 
Diamante stava cercando di non piangere.
Non di tristezza, né di rabbia o di indignazione. Non era sicura di poter essere indignata per una così dettagliata e accurata descrizione di sé stessa. Non se veniva elargita da una sottospecie di stomaco parlante come Pipino.
Non riusciva a crederci.
Aveva provato a rispondere ma le parole non volevano uscire.
Per fortuna Pipino era più bravo di lei a smorzare quei momenti.
Lo vide avvicinarsi, molto lentamente, tanto che Diamante cominciò a sentire il battito del suo cuore sotto il petto.
Poteva vedere la luce dei suoi occhi chiari, vedere le sue labbra e ancora del succo di mirtillo sopra di esse.
E poi una spinta.
Una bella spinta che la fece ciondolare all'indietro e le fece perdere l'equilibrio.
Cadde come una pera cotta dentro una pozza d'acqua, e si ritrovò con tutto il vestito fradicio.
 
La cosa fu così inaspettata che rimase con uno sguardo da pesce lesso per tutto il tempo.
Pipino aveva cominciato a ridere all'impazzata.
“Pipino...preparati a rimanere a digiuno per le prossime ere da adesso in poi...”
“Oh oh oh, le tue minacce non mi spaventano, sai?”
Ma lei si era alzata con uno scatto e aveva tentato di assalirlo con un piccolo salto.
Quello non se lo aspettava – o forse sì in verità – e venne travolto fino a cadere lui stesso all'indietro.
Con lei sopra.
Le loro risate rimbombarono per tutte le pareti, sovrastando il rumore del fiume.
 
 
 
 
 
 
Non riusciva a respirare bene, gli occhi le bruciavano e aveva perso conoscenza più volte.
Tentò con tutte le sue forze di rialzarsi ma non ci riusciva, sentiva la catena alla caviglia pesante.
Molto pesante.
Cercò di urlare, di chiamare Doderic, o chiunque altro ma la voce non le usciva dal petto.
Ma qualcosa era riuscito a sentirlo.
Il rumore del ferrame, le porte che si aprivano. Qualcuno stava urlando. Altri stavano ridendo.
Ridevano?
Non ne era sicura. Chiuse gli occhi di nuovo e cercò di ascoltare ancora.
Ma l'unico suono che le veniva in mente era quello del fiume.
Aprì di nuovo gli occhi e vide il suo sassolino, inerme, così distante da lei.
Tentò ancora di allungare la mano per prenderlo ma era un desiderio vano.
Il calore si stava diffondendo ancora, ed ecco di nuovo quella sensazione di soffocamento.
Doveva cercare di non svenire, nonostante si sentisse debole come non mai.
Non poteva.
Gli occhi le si chiusero nuovamente.
Ma un rumore più forte glieli fece riaprire, molto lentamente.
Qualcuno si stava avvicinando ma non riusciva a vederlo bene.
Era un Hobbit, di questo era sicura.
Un Hobbit che tintinnava.
Un Hobbit alto.
Un Hobbit che...
 
Diamante!
 
Riuscì solamente a sentire una voce, la sua voce, carica di preoccupazione come mai l’aveva udita.
Poi tutto divenne buio.
 
                     ****
 
Rosie si passò per la centesima volta il dito sulle labbra, là, proprio dove lui l’aveva baciata.
Si era sporto verso di lei con una lentezza quasi esasperante, eppure allo stesso tempo con decisione, senza lasciarle scampo.
Perché Sam sapeva, sapeva bene, che entrambi non aspettavano e desideravano altro.
Da ormai troppo tempo.
Dal giorno in cui, insieme, avevano salvato Rufus.
Da quando lui l’aveva consolata dopo ogni brutta caduta, fatta durante tutte le corse e i giochi d’infanzia.
Forse, addirittura, dal loro primo incontro.
Sì. Lo sapevano entrambi già allora. In maniera ingenua, innocente, e in qualche segreto recesso del loro cuore.
E non erano mai servite troppo parole tra loro, sebbene quelle non dette avessero poi pesato a lungo sull’animo di entrambi.
 
“È successo davvero… Mi sembra un sogno”.
 
“Tornerò presto, Rosa. Te lo prometto”.
E poi era ripartito, rapido com’era arrivato, ma questa volta sarebbe stato diverso.
Questa volta Rosie sapeva bene dove fosse diretto, con chi…
E soprattutto perché.
 
“Resisti, Diamante. Presto ci sbarazzeremo una volta per tutte di quel Lotho Pustola o di chiunque altro vi sia lassù. Tutto tornerà come prima… E quando sarai finalmente libera, nessuno ti salverà dalla mia sfuriata. Ah! Ti meriti una lavata di capo senza precedenti per tutte le preoccupazioni che mi hai dato!”
 
Ma a quelle parole non riusciva a credere nemmeno lei per prima.
Sì conosceva e conosceva Diamante: non sarebbe riuscita a rimanere arrabbiata con quella ragazza per più di mezzo secondo.
Non era mai successo in passato, nelle condizioni avverse che avevano dovuto sopportare. Non sarebbe accaduto certamente ora, quando tutto finalmente era sulla buona strada per sistemarsi.
 
Rosie sentì la tensione abbandonarla e un dolce torpore avvolgerle il corpo.
Si lasciò scivolare su una poltrona, chiudendo gli occhi, serena.
Quando sua madre più tardi entrò a controllare, la trovò profondamente addormentata.
La sua mente non aveva smesso un secondo, nemmeno nel sonno, di pensare all’amica.
 
 
                                              
 
“Ma cos’è tutto questo trambusto? Possibile che non si possano avere nemmeno cinque minuti di silenzio in questa casa?!”
 
La voce di Tolman Cotton era piena di esasperazione e avrebbe certamente spaventato un estraneo, ma Rosie conosceva abbastanza bene suo padre, da sapere che in realtà fosse più esausto che arrabbiato. Gli ultimi giorni erano stati pieni di preoccupazioni, per tutti loro.
 
“Sembrerebbero i tuoi figli, mio caro”, rispose sua moglie, con un sorriso indulgente.
E aveva ragione.
I fratelli di Rosie, infatti, entrarono poco dopo in salotto, rossi in viso e col fiato corto.
Nibs si piegò sulle ginocchia, ansimando.
“Ro- Rosie” rantolò, “L’hanno presa! Hanno preso anche lei!”
La Hobbit scattò in piedi in un battibaleno, mentre il suo cuore cominciava a battere all’impazzata.
 
“C-chi?” chiese con voce tremante, ma dentro di sé sapeva già la risposta.
 
“Diamante”.
 
 
 
“Rosie!”
“Sorellina, fermati!”
“Non puoi fare nulla, lo capisci?”
 
Non poteva essere vero. Non ci avrebbe creduto fino a quando non lo avesse visto di persona. E perfino in quel caso non avrebbe mai lasciato che-
 
Forti braccia le circondarono la vita, bloccandola, e tirandola contro un ampio petto.
“Calmati, figliola”.
 
Vi prego, lasciatemi andare.
 
“Coraggio piccola mia, asciughiamo queste lacrime” .
 
Lacrime? Quando aveva iniziato a piangere?
 
“Meglio tornare in casa, adesso”.
 
Casa… Diamante potrebbe non rivederla più, una casa…
 
 
“Quando siamo arrivati la stavano già portando via. Mi dispiace davvero, Rosie, sai che l’avremmo aiutata se fosse stato possibile, ma così avremmo solo rischiato…”
 
“Di farvi rinchiudere anche voi”, terminò la giovane, “Lo so bene, non potrei mai biasimarvi”.
 
“Che motivazione hanno usato questa volta?” ringhiò Tolman.
Il vecchio Hobbit aveva le mani strette a pugno, per cercare di placare, o forse nascondere, i tremiti della rabbia.
 
“Non ce l’hanno detto. ‘Toglietevi di mezzo se non volete che il Capo prenda provvedimenti’. Questo è tutto quello che abbiamo ottenuto”.
 
“Cani vigliacchi… Ora se la prendono perfino con le ragazzine. Se solo fossi più giovane, o la gente mi desse retta…”
 
“Tolman!”
La voce di Lily Cotton, un tempo Brown, era carica di terrore, “Non li voglio nemmeno sentire certi discorsi. Nibs e Jolly hanno già corso fin troppi rischi, facendo una semplice domanda. Non ne parleremo più, sono stata chiara?”
 
Suo marito assentì col capo: “Non sono io quello che devi convincere”, e lanciò un’occhiata significativa verso Rosie, che al momento parevo essersi estraniata dal mondo.
Si era allontanata e fissava il fuoco nel caminetto, con negli occhi un qualcosa di spaventosamente simile all’apatia.
 
Lily abbassò la voce: “Se ne farà una ragione” mormorò con profonda amarezza, “Cos’era Diamante per lei, se non una compagna di merende?”.
“Lily! Come puoi dire una cosa del genere?! E parlarne al passato poi, come se fosse già morta” sibilò l’altro.
“Credi che mi faccia piacere? Che mi crei diletto comportarmi in questo modo?” la voce della Hobbit s’incrinò ed essa si accasciò contro il petto di suo marito: “Voglio solo che nostra figlia sia al sicuro! Non lo sopporterei se le dovesse accadere qualcosa! E non voglio che soffra come quando è partito Samvise. Ti prego marito mio, ti prego, non lasciare che faccia sciocchezze…”
 
“Shh, tesoro mio, shhh…” Tolman si addolcì all’istante nel vedere la moglie così preoccupata.
La strinse forte a sé, tracciando dei piccoli cerchi sulla sua schiena, nel tentativo di calmarla: “Te lo prometto, Rosie sarà al sicuro… E sono certo che hai ragione tu, il loro legame non doveva essere poi così stretto…”.
 
Nessuno dei due si accorse che la figlia si era avvicinata di soppiatto e aveva udito buona parte di quella conversazione.
Il suo comportamento nei giorni seguenti fu quello di una persona che aveva ormai accettato la cosa.
Così quando cominciò spesso a uscire per portare qualche cibaria al vecchio Ham Gamgee, nessuno in casa Cotton si fece troppe domande.
 
          
 
“…nessuno verrà mai a saperlo, Bart… Te ne prego, io so perché fai tutto questo, so che non è colpa tua…”
 
“… troppo pericoloso, che cosa ci fai qui?! Ti credevo più assennata di me…”
 
“… se hai pensato anche solo per un secondo che ti avrei lasciata da sola in questo posto, allora…”
 
“… la tua famiglia! I tuoi fratelli…”
 
“… non sanno nulla né devono saperlo…”
 
“… ho solo rubato alcune carote dal vecchio Hob, non ti devi crucciare, davvero…”
 
“… sei venuta anche oggi! Oh, Rosie!”
 
Rosie…
 
Rosie…
 
Rosie!
 
“Bambina mia, svegliati!”
 
La Hobbit si stiracchiò, aprendo gli occhi di scatto.
Sua madre la stava scuotendo gentilmente, e il suo viso rubicondo era illuminato dalla gioia.
 
"Cosa succede?" chiese la giovane, confusa e con la voce impastata, "Ma... ma quanto ho dormito?"
“Quasi un giorno. Eri stremata, mia povera bambina… Coraggio, vai a darti una rassettata. C’è Samvise di là”.
“Sam!”
Il cuore di Rosie batté all’impazzata: “È già tornato!”
“Sì”, il sorriso di Lily era dolcissimo, “E ha una splendida notizia da darti”.
 
C’è solo una cosa che vorrei sentire in questo momento. Se fosse… oh cielo, se fosse, se fosse!
 
Si sciacquò il viso e si diede una passata veloce di spazzola, cercando di dare un minimo di ordine alla sua criniera dorata.
Quando raggiunse l’ingresso Sam era lì ad aspettarla, raggiante.
E non appena la vide, disse le tre parole che Rosie più agognava di sentire al mondo:
 
“Diamante è libera”.
 
 
 
 
 
 




Deposito Barili:
 
Deheehhehehe!
Alura bella gente ^^: ce l’avessimo fatta! Finalmente la povera Diamante è stata liberata. Indovinate un po’ da chi. Difficile, nevvero? Puahaahahhaahha.
Avrei voluto mettere come titolo “Finalmente libera”, ma avrei spoilerato tutto il capitolo già all’inizio ^^”. Così ne ho scelto uno che descrivesse il flash back iniziale, perché me ne sono innamorata ^O^ (nd Benni).
Speriamo di aver accontentato chi voleva un po’ di Pipino xD, anche se è apparso più che altro nei ricordi. Ma non solo <3. Eeeeeh che volete farci, si fa desiderare quel Tuc… ma avrete presto la descrizione del salvataggio. Promise.
 
Grazie a tutti quelli che leggono, seguono, preferiscono, recensiscono o passano di qui per sbaglio ^^.
Love you all, alla prossima!
 
Benni e Cris

 
 
   
 
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