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Autore: rossella0806    13/10/2015    2 recensioni
Aurora è una ragazza con un passato molto doloroso alle spalle: dopo l'ennesima batosta ricevuta nella vita, decide di rifugiarsi in un paesino sperduto, un posto magico circondato da lago e montagne, per poter riflettere e ridare un senso alla propria vita.
Qui si ritroverà a fare i conti con se stessa e con la curiosità dei paesani, gente semplice che si rivelerà di grande aiuto per la sua rinascita spirituale.
Grazie a tutti loro, dal sindaco impicciona, a Liliana, la bottegaia del paese, a Linda, una ragazzina di dodici anni, a Macchia, un gattino trovatello e a Tommaso, aitante vigile del fuoco, Aurora imparerà a vivere e ad affrontare la sua solitudine.
E, alla fine, non solo verrà riscattata dalla sua passione per la fotografia ma, grazie anche ad un incontro inaspettato, si scoprirà più forte e amata di quanto avrebbe mai immaginato.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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I DUE SOGNI



MERCOLEDI' 26 LUGLIO


La frana scende lentamente, un masso brunastro dagli spigoli appuntiti e affilati come grezze cesoie: sembra un quadro di Picasso, in cui lo spettatore non riesce a comprendere, da una prima sommaria occhiata, dove finisce la realtà del soggetto rappresentato per lasciar posto alla fantasia dell'inconscio.
Oh no! Non è l’unica, ce ne sono altre che la seguono.
Aurora prova a contarle, angosciata cammina avanti e indietro dalla sua postazione di sentinella.
Scruta con occhi sbarrati quel corteo inarrestabile, composto da almeno dieci frane; una è molto grossa, grande quanto un’automobile, e trascina dietro di sé tutto quello che incontra: arbusti, alberi, fiori, piante, sembra riesca a contrastare persino la forza del fiume.
Lei è terrorizzata: è rimasta in casa, da sola con Macchia, e guarda quello spettacolo infernale dal balcone della camera.
A un certo punto, quando ha finalmente trovato il coraggio di sporgersi dal parapetto, si accorge con orrore della presenza di tutti gli abitanti del paese, stipati nella piazza della chiesa: Aurora controlla meglio, un tuffo al cuore la trafigge, perché tra di essi ci sono anche i dodici sfollati e ... sì, certo, quello è Tommaso, che ha ancora le mani fasciate e le bende macchiate di sangue.
La ragazza urla, per tentare di avvisarli, di intimarli a sbrigarsi a fuggire, per mettersi in salvo, ma qualcosa le blocca le corde vocali: è la paura.
Affonda nel fango del panico, tanto da ripetersi biascicando "come faccio a salvarli, se non ho voce?"
Allora, comincia a richiamare l’attenzione dei presenti facendo degli ampi gesti con le braccia, poi batte le mani, si toglie il golf turchese e lo sventola sopra la testa, in grandi vortici scomposti.
E, finalmente, riesce a liberarsi da quella morsa silenziosa e infida, riesce a gridare con tutto il fiato che ha in corpo: avvisa con tutta l'aria che ha nei polmoni del pericolo che stanno correndo le persone lì sotto, adesso tentano di scappare e di rientrare alla villa, ma sono tutte pigiate, l’una sull’altra, non riescono a trovare una via di fuga!
Aurora si sente impotente, non sa cos'altro può fare per aiutarli.
Un fulmine improvviso, seguito da un rombo di tuono che squarcia l'orizzonte, guarda in alto, verso il sole nel cielo che, improvvisamente, lascia il posto a grosse nubi scure, basse all’orizzonte, cariche di pioggia, acqua che, prontamente, comincia a scendere.
La terra diventa fango e il fango si allarga fino a formare delle pozzanghere enormi, mentre la melma -scura e pastosa- straborda fuori quegli specchi di orrore.
Nel frattempo, la prima frana, quella più grande di tutte, raggiunge la gente in piazza, travolgendola senza che nessuno possa fare qualcosa per evitarlo, senza che lei possa fare qualcosa.
Il campanile batte le ore, le undici o forse le dodici, la forestiera non riesce a distinguere bene i rintocchi.
È come un gioco di magia, un'illusione di cattivo gusto, quel masso enorme che, piano piano, si trasforma nel suo capo: il ghigno così sicuro dipinto in faccia, i capelli perfettamente pettinati, le braccia forti, il corpo atletico … è lui, non c'è alcun dubbio.
La ragazza urla, ma nessuno la sente, perché ormai non c’è più nessuno...
Aurora si sveglia madida di sudore, il respiro affannoso, i palmi delle mani premuti contro le lenzuola stropicciate.
Ha gridato solo nel sogno, anzi, nell’incubo? Perché, mentre guarda con orrore la porta della stanza, non le sembra di sentire alcuno scalpiccio concitato incedere nel corridoio, a indicare l'arrivo preoccupato di qualcuno in suo aiuto.
Si toglie i capelli dalla fronte e scende dal letto: una nausea improvvisa le attanaglia lo stomaco e ancora di più la gola.
E’ da quando è successo, tre mesi addietro, che lei non ha più avuto così nitida quella visione devastante.
La paura per la sua incolumità le ha fatto risvegliare il sentimento di pura angoscia, di terrore incontrastato, che ha avvertito prepotente e atroce negli attimi della violenza, impossibile da dimenticare.
Si mette a piangere con tutta la disperazione di cui è capace, come se fosse l'unica arma di difesa rimastale: non si accorge neppure che le unghie grattano la pelle sottile dei palmi, poi affonda il viso nel cuscino spiegazzato, caldo e profumato di lillà, ora bagnato di lacrime.


 
Dopo qualche minuto di quello sfogo il più silenzioso possibile, la forestiera guarda l’orologio da polso che ha appoggiato la sera prima sulla sedia che le fa da comodino: le sei e un quarto.
Supina, lancia un’occhiata verso la finestra, le tende tirate, i vetri socchiusi.
Non ha più sonno, così si alza e, lasciando la stanza completamente al buio, scende le scale.
Sta andando in cucina per bere un bicchiere d’acqua, quando vede una figura sdraiata sul divano.
Subito non le viene in mente che si tratta di Tommaso: si avvicina cautamente alla sagoma, il lenzuolo tirato fino a metà del petto che sobbalza con delicatezza al ritmo di un respiro tranquillo, tranquillizzandosi subito dopo nel vedere il volto rilassato del giovane.
Macchia, acciambellato sulla poltrona di fronte al divano, si accorge della sua padrona e, per testimoniare la sua contentezza, comincia a miagolare.
-Shh, silenzio, Macchia!-
Ma il gatto non ha alcuna voglia di smettere: pretende la sua razione di coccole mattutine, così la ragazza è costretta a riprenderlo ancora una volta, questa volta con tono più perentorio:
-Smettila, altrimenti si sveglierà! Vieni, andiamo in cucina ... - continua, prendendo in braccio il felino che, finalmente contento di aver imposto l’attenzione, comincia a fare le fuse, contornate da qualche generoso miao di ringraziamento, senza rendersi conto che, ormai, il danno è compiuto …
- Aurora, sei tu? E’ successo qualcosa?-
Lei si volta lentamente, sentendosi come una ladra sorpresa a rubare nella casa di un conoscente e che, nonostante tutte le precauzioni prese, è stata colta in flagrante:
-Sì ... no, cioè, scusami se ti ho svegliato, anzi, se lui ti ha svegliato … continua a dormire, è presto- tenta di sgusciare via la ragazza, felice che il rossore che le sta imporporando le guance, al buio non si riesca a notare.
-Lui chi?-
-Ehm ... Macchia, è stato lui a miagolare e ... va beh, non fa niente-
Tommaso, il volto ancora in penombra, abbassa la testa e, sospirando, s'informa di che ore siano, non riuscendo a trattenere un sorriso.
-Le sei e un quarto passate da poco. Ora dormi ... hai bisogno di riposo –
Ma lui ha tutta l'intenzione di non lasciarla andare:
-Come mai sei così mattiniera?-
-Non avevo più sonno, tutto qui. Però tu, da eroe quale sei, meriti ancora di riposare, no? A proposito, come ti senti?-
Aurora, il tono di voce sempre basso, cerca di ironizzare in quella situazione apparentemente irreale:
-Bene, mi danno un po’ fastidio le bende, ma per il resto bene. Comunque, hai ragione- un lieve sorriso gli increspa le labbra - ieri sera non finivano più di farmi domande, per non parlare di quella donna, la signora Lina, che voleva a ogni costo che le facessi vedere le ferite! A un certo punto, ho dovuto dirle che ero talmente stanco e provato da quello che era successo, che avevo bisogno di riposarmi-
-E lei ci ha creduto?- domanda Aurora retorica, già sapendo la risposta.
-Per fortuna sì. Dovevi vedere con quale aria compassionevole mi ha accompagnato fin qui, sul divano. Voleva persino aiutarmi a sdraiarmi e a spogliarmi… -
-Ormai non puoi più sfuggirle!-
Il forestiero si mette a sedere sul sofà, il lenzuolo giallognolo buttato da un lato, mentre la ragazza si siede sulla poltrona, con Macchia sempre tra le braccia:
-Questa notte ti ho sognata … - esordisce Tommaso, la mano destra abbandonata sul ginocchio corrispondente flesso.
-Oh, davvero? E almeno era un bel sogno?-
-Per me sì. Stavamo passeggiando, tu ed io, e tutte le persone che incontravamo ci salutavano, ci chiamavano per nome. Poi mi giravo verso di te e mi sorridevi: credo che fossi felice per qualcosa … -
Lei deglutisce imbarazzata, non sapendo quale significato dare alle parole appena udite.
-E’ un bel sogno, mi piace. E ... come è finito?-
-Non lo so, mi sono svegliato. Diciamo che era ancora in corso quando ti ho sentita arrivare!-
-Mi dispiace, non solo per il sogno, ovviamente. E’ che Macchia, quando vuole le coccole, non ha alcun ritegno!-
-Non importa- la rincuora, facendo spallucce.
-Magari, con un po' di fortuna, questa notte lo continuerò-
-Magari ... sono curiosa di scoprire la fine-
-Ascolta- riprende il ragazzo, la voce ancora più bassa e complice -c’è una cosa che vorrei dirti … -
-Ti ascolto- la forestiera sprofonda in quella poltrona troppo grande per lei, la mano sinistra che continua ad accarezzare Macchia, mentre con l’altra si stropiccia gli occhi appesantiti dal sonno bruscamente interrotto.
-Riguarda la mia vita. Solo che non so da che parte iniziare ... -
-Beh, prova a dirmi in che modo come posso aiutarti …  vuoi un consiglio, un parere?-
Tommaso abbassa lo sguardo, le mani fasciate e giunte a mo' di preghiera, abbandonate tra le ginocchia, i capelli spettinati e il sorriso così affabile e sincero:
-In realtà non saprei se definirlo proprio un consiglio … il fatto è che, da quando sono arrivato, ho capito molte cose che prima, da solo, non ero riuscito a comprendere fino in fondo ... -
-Ti ricordo che sei qui da soli due giorni: non vorrei che diventassi troppo saggio, quando te ne andrai!- lo punzecchia lei, sistemandosi meglio sulla poltrona.
-Può essere- ammette lui, recuperando con un piede il lenzuolo caduto -anche se saggi non si finisce mai di esserlo. Aurora, tornando a quello che stavo cercando di dirti, è una cosa che mi riguarda nel profondo e che solo tu puoi aiutarmi a svelare. Promettimi che … -
Un ciabattare cauto e guardingo, distoglie i due giovani dalla conversazione: Tommaso si gira, mentre la forestiera rivolge lo sguardo verso le scale, il punto da cui proviene il rumore.
-Oh, caro, ti sei già svegliato! Sei riuscito a riposare questa notte?-
La signora Lina, avvolta in una vestaglia rosa a fiori blu e le babbucce di spugna fucsia, si avvicina al ragazzo e, con premura, appoggia le mani su quelle ferite di lui.
-Ma cosa ci fa qui, a quest’ora? E’ ancora presto!-
-Non sono riuscita a riposare oltre, mio caro, continuavo a pensare a quello che ti è successo, lassù in montagna. Hai avuto veramente coraggio!-
Aurora, lusingata dalla profusione di saluti fatti in suo onore dalla vecchietta, emette un debole risolino che, però, non sfugge alle attente orecchie della donna:
-Perché la rida? L’è quai suces un quarantot’ e lei la ghigna? Fossi in lei, mi vergognerei!-
-Ma no, signora, non rideva mica di me!- arriva in suo soccorso Tommaso.
–Vede? E’ per il gatto, le sta facendo le fusa, per questo sorride. Comunque, grazie per il suo interessamento, signora. Ho dormito molto bene e lei non doveva affatto disturbarsi-
Il forestiero cerca di togliersi da quell'impiccio, alzandosi dal divano ma, furba come una volpe, la donnina anticipa le sue mosse, bloccandogli un braccio:
-Quale disturbo, caro? E’ un piacere farti compagnia e confortarti! Cosa ne dici se non rispettassimo quegli stupidi turni e andassimo a fare colazione insieme?!-
Tommaso rivolge uno sguardo d’aiuto ad Aurora che, scuotendo la testa, non riesce a ribattere, concentrata com’è a rimanere seria e a non riprendere a ridere.
-Veramente, avrei ancora un po’ di sonno e vorrei riposarmi almeno per ... un’ora, sì. Lei, se vuole, può cominciare a mangiare, più tardi la raggiungo, non si preoccupi-
La Lina rivolge uno sguardo carico d’odio alla ragazza, occhiata che raggelerebbe persino Jack lo Squartatore.
-Uhm, non è che vuoi rimanere da solo con lei?- 
-Ma no, signora, è che non ho voglia di fare colazione. E’ ancora presto … -
A quelle parole, la vecchietta si rabbonisce e, con un leggero buffetto sul viso di Tommaso, accetta senza riserve:
-Hai ragione, caro. Quando suoneranno le sette, allora andremo a berci un bel caffèlatte, con qualcuno di quei biscotti dell’altro giorno! Cosa ne dici?-
-Ehm, che ore sono … ?-


La giornata è limpida e serena: non ci sono nuvole nel cielo, un tappeto azzurro con al centro la palla infuocata del sole.
Con quelle previsioni così favorevoli, tutti alla villa sperano che, finalmente, quello sia il giorno in cui potranno ritornare alle loro case.
Verso le nove, dopo la tortura della colazione con la donnina, il cellulare del forestiero squilla:
-Pronto? Sì, buongiorno comandante, mi dica. Ah, perfetto, molto bene signore, grazie. Certo, glielo dirò subito. Cosa? Naturalmente, lo avevo immaginato. D’accordo, se ci sono problemi non esiti a contattarmi! Arrivederci, signore, buona giornata anche a lei!-
Aurora sta versando la seconda porzione di latte a Macchia, la cucina si è svuotata da poco dal resto degli esuli appena usciti dal primo pranzo della giornata.
Liliana la sta aiutando a lavare e asciugare le posate che gli ospiti si sono portati da casa, non volendo utilizzare le posate di plastica che la bottegaia si era offerta di offrire a tutti.
-Sbaglio o era il comandante dei Vigili del fuoco?- domanda la ragazza.
-Non sbagli, infatti! Ho una bellissima notizia da darvi: non c’è più pericolo di frane, la zona rossa questa mattina stessa verrà smantellata e stasera potrete rientrare nelle vostre case!- annuncia Tommaso, un bel sorriso stampato sul volto riposato.
-Oh, santo cielo! E’ una notizia meravigliosa! Grazie, grazie di cuore!- esulta la bottegaia, abbracciando il ragazzo.
-Ma non faranno altri controlli per verificare che sia davvero tutto a posto?- s’informa Aurora.
-Sì, certo. Oggi pomeriggio ci sarà un sopralluogo, ma è esclusivamente formale, che farà stare più sicuri voi e noi!-
-E’ davvero stupendo! Devo andare ad avvisare anche gli altri!- continua Liliana che, nell’impeto del momento, lascia cadere lo strofinaccio che ha tra le mani.
-C’è una sola condizione, signora- l’apostrofa Tommaso, abbassandosi a raccogliere goffamente l’asciugapiatti, le mani fasciate, mentre lo anticipa la donna, ringraziandolo con lo sguardo per quel gesto.
Liliana lo appoggia sul ripiano in ceramica di fianco al lavandino e, una strana sensazione, domanda:
-Riguarda la festa? Non possiamo farla?-
-Sì, in effetti riguarda la festa, ma non è questo per fortuna. Anzi, in realtà non si tratta di un vero e proprio problema: il comandante mi ha pregato di chiedervi di effettuare lo spettacolo pirotecnico in tempi tecnicamente ridotti. Il sindaco lo ha informato di questa vostra tradizione, così vi chiede se, al posto dei soliti venti minuti, potete farne al massimo la metà. Anche se tutte le frane sono state rimosse, non vorrebbe che, con le vibrazioni prodotte dai botti, se ne crei qualcun'altra-
-Oh, ma certo, questo non sarà affatto un problema! Ne parlerò io con Pietro e gli altri addetti ai fuochi, state tranquilli!-
-Molto bene, allora oggi dobbiamo festeggiare!- s’intromette la forestiera, prendendo tra le sue le mani di Liliana che, emozionata, risponde:
-Sì, oggi dobbiamo dare il meglio di noi, ma prima devo andare ad avvisare gli altri, perché non riesco a trattenere tutta questa felicità!-


Quel giorno, a pranzo, sono tutti giubilanti: non fanno altro che ridere, scherzare, prevedere come andrà la festa, sarà sicuramente
un successo, dicono ad alta voce, mentre brindano con il tè alla pesca che ha preparato Aurora.
Per una volta, riescono persino a mangiare insieme, si stringono sulle sedie che vengono occupate dagli anziani e da Linda, mentre gli altri rimangono in piedi, chi appoggiato al tavolo, chi alla credenza, chi al lavandino.
Non importa più a nessuno di quegli stupidi turni, come li ha definiti la signora Lina poche ore prima, l’incubo adesso è concluso, finalmente a póduma turnà a cà nostra, continuano a ripetere gli esuli.
Persino la forestiera ritrova quella sensazione di convivialità, respira quell’aria così famigliare, esattamente come la sera in cui è andata a cena da Liliana, il giorno dopo il suo arrivo alla casa rossa.
Si guarda intorno, reggendo il bicchiere di tè in una mano e, nell’altra, l’ennesimo pezzo di focaccia che la bottegaia ha voluto replicare dopo il successo della cena precedente, anche perché di scorte alla villa non ne sono rimaste granché.
Sorride alle battute dei commensali e, come loro, s’immagina il successo della festa che finalmente potrà iniziare appena due giorni dopo, proprio come ogni anno da novantatrè stagioni a quella parte.
In pochi minuti, capisce che è tutto finito: la fobia e la brama di rimanere da sola che l’hanno accompagnata in quella manciata di giorni di convivenza forzata, non sono servite a niente.
Aurora avverte un vuoto alla bocca dello stomaco, come quando in macchina si percorre a velocità un po’ troppo sostenuta una salita e subito dopo una discesa, mentre si percepisce la temuta ed eccitante sensazione che sembra risucchiarci.
Non riesce a non dispiacersi al pensiero che, di lì a poche ore, tutto quel vociare e quell’allegria spariranno.
Dopotutto la compagnia non è così male, riflette, e quell’armatura che desiderava tanto indossare da quando è arrivata, forse non l’ha mai davvero portata con sé o, più probabilmente, si è resa conto che non serve a nulla nascondersi dietro a una maschera di ostilità, perchè, prima o poi, si sgretolerà.
   
 
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