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Autore: fra_eater    14/10/2015    6 recensioni
uno studente che non vuole andare a scuola, una studentessa modello che attende il proprio treno, il primo incontro di due persone che non potrebbero essere più opposte, un incontro in una stazione sotto la pioggia
dal testo:
"Sentì l’acqua scendere sulla sua schiena e provò un brivido che non riuscì ad ignorare, ma non importava. Lei stava lottando con l’ombrellino portatile che si ribellava alla sua splendida padrona.
Era così seria e composta anche in quel momento che non sembrava vera, sembrava addirittura buffa mentre armeggiava con l’oggetto disubbidiente, gonfiando leggermente le guancie e stringendo le labbra, infastidita.
Forse era quello il momento giusto, avvicinarsi e chiederle vuoi una mano? E poi cosa? Chiederle il numero? "
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franky, Nico Robin | Coppie: Franky/Nico Robin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Ehi, capo!Capo!”
“Che cosa vuoi?”
Franky aprì un occhio, era infastidito dal continuo schiamare dei suoi amici e compagni di classe.
“Capo, sta per iniziare la lezione!” la voce di Kiwi era stridula, come quando doveva fare qualcosa che in realtà non vuole
“E allora?”
Franky tolse le mani da dietro la testa e si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e allentando la cravatta della divisa scolastica.
Aveva intenzione di bigiare, come al solito. Quella routine ormai lo stressava troppo. Alzarsi alle 7, colazione veloce, bacio evitato di Kokoro, corsa per non perdere il treno, mezz’ora di viaggio e poi arrivare in quella città vecchia e logora di Louge Town, lasciando la sua amata Water Seven e stare lì, a fare il signorino  nella scuola privata che il suo padre adottivo pagava per lui e per quella piaga di Iceburg.
Ma, al contrario di Iceburg, che era uno studente modello, Franky scendeva dal treno, sì, ma rimaneva una buona mezz’ora a bighellonare alla stazione, guardando male chiunque provasse a guardarlo storto e passando il tempo con i suoi amici.
Non era mai stato un tipo che ama la scuola, anzi, l’aveva sempre odiata e sentirsi costretto ad andare in una scuola per fighetti gli faceva girare ancora di più le palle.
“Weilà, che culo da favola!”
Solito commento di uno dei suoi compari. Di ragazze belle alla stazione ne passavano tante, nessuna che ci stesse, ovvio, ma erano tutte delle fighette del cazzo che nel giro di tre anni avrebbero venduto anche le mutandine per potersi sentire importanti e per finire nel letto di qualche milionario solo per poter avere la vita assicurata, mogli infelici con amanti più giovani di loro e con mariti sul punto di entrare in una tomba e lasciarle finalmente ricche vedove in balia di scandali e lasciate a gestire un reddito troppo grande per le loro mani.
“Capo, l’hai vista quella?”
Franky alzò gli occhi all’aria. Si aspettò di trovare la classica biondona completamente truccata e agghindata come un albero di natale, e quando alzò lo sguardo la vide: bionda, alta, tacchi a spillo e vestitino aderente maculato che non voleva saperne di stare giù, con tanto di pellicciotto rosa e occhiali coordinata.
Franky scoccò le labbra: come erano prevedibili e scialbi i loro gusti. O forse lo facevano solo per farsi compiacere.
Ma appena la biondona salì sul treno, il suo posto fu preso da un’altra ragazza.
Franky la guardò con attenzione.
Portava la divisa scolastica di una delle più famose scuole private femminili per famiglie benestanti, lunghi capelli neri che le ricadevano lisci sulle spalle e la cartella lungo  fianchi. Nessun trucco particolare, nessun rossetto ad accentuare le labbra, guardò per un po’ nella loro direzione, senza prestare attenzione né a lui né ai suoi compagni e Franky potè constatare che portava meravigliosi occhi azzurri come il ghiaccio.
La ragazza guardava di continuo nella direzione dei binaria, guardando l’orologio che portava al polso e poi quello della stazione sporca, forse il suo treno era in ritardo.
Franky continuò a fissarla. Era la ragazza più bella che avesse mai visto.
“Ehi, capo, ti senti bene?” Nessuna risposta. Franky ignorava i suoi amici, continuava a fissarla.
Era la prima volta che la vedeva. Eppure lui era sempre andato in quella stazione. Si era sempre seduto a quella panchina. Ma non l’aveva mai vista.
Provò a pensare ad una scusa per avvicinarla. Forse avrebbe dovuto mostrarle i bicipiti,ma non voleva che scappasse. Si sarebbe dovuto avvicinare dicendo Ehi bella, sei caduta dalla luna? Banale, scontato, squallido.
Guardò i suoi amici. Nessuno di loro aveva mai avuto un appuntamento serio con una ragazza e di certo non con una di quel livello.
Ritornò a guardare lei e la vide sollevare una mano chiara verso il cielo e successivamente cercare qualcosa nella borsa.
“Accidenti!” le voci dei passanti che attendevano “Sta piovendo!”
Era vero. Il cielo era nuvoloso e un forte vento scompigliava i capelli e costringeva donne e uomini a tenere stretti i loro abiti. Anche il ciuffo di Franky si muoveva, ma lui no, lui era troppo attratto da quella figura meravigliosa per poter perdere anche solo un secondo, anche solo un suo movimento.
Sentì l’acqua scendere sulla sua schiena e provò un brivido che non riuscì ad ignorare, ma non importava. Lei stava lottando con l’ombrellino portatile che si ribellava alla sua splendida padrona.
Era così seria e composta anche in quel momento che non sembrava vera, sembrava addirittura buffa mentre armeggiava con l’oggetto disubbidiente, gonfiando leggermente le guancie e stringendo le labbra, infastidita.
Forse era quello il momento giusto, avvicinarsi e chiederle vuoi una mano? E poi cosa? Chiederle il numero? L’ombrello glielo avrebbe tirato in testa.
Ma eccola, ce l’aveva fatta. Il sorriso si dipinse sul volto della ragazza quando la cupoletta di stoffa viola si spalancò ai suoi occhi.
Ma la sua felicità durò giusto il tempo di una nuova folata di vento talmente forte da costringerla a tenersi la gonna. L’ombrello volò via dalle mani della bella e  la ragazza gli corse dietro.
Era quello il momento.
Franky allungò una mano un attimo primo che l’oggetto volasse verso i binari e che diventasse irrecuperabile. Ora era nelle sue mani.
La ragazza si avvicinò, sorridendo grata.
Il cuore di Franky perse un battito prima di riprendere a pompare sangue con una velocità doppia rispetto al normale.
“Non so come ringraziarla” fece la ragazza, prendendo l’ombrello e dirigendosi verso la pensilina, per impedire che entrambi si bagnassero “Se non fosse stato per lei,io…”
“Franky!” esclamò lui, rosso in viso “Mi chiamo Franky”
La ragazza, dapprima sorpresa, cominciò a ridacchiare, sembrava divertita e questo fece esplodere ancora di più il colore sulle gote del povero ragazzo che si era appena reso conto della figura tapina che aveva fatto.
“Io mi chiamo Robin” disse lei, allungando la mano.
Franky fece altrettanto, pronto a stringerla per accontentarsi almeno di quel piccolo gesto che l’aveva avvicinato almeno un po’ a quella figura meravigliosa ed eterea.
Ma invece di lasciarsi stringere la mano, Robin afferrò il braccio del ragazzo, sollevando la manica della giacca e cominciando a scrivere velocemente con una penna a sfera.
“Il mio treno è arrivato” esclamò dopo che ebbe finito, e si allontanò per salire di corsa un attimo prima che le porte si chiudessero.
Franky guardò il braccio. Una serie di numeri vi erano scritti con grafia grande e chiara.
Sollevò lo sguardo e, tra lo scrosciare della pioggia, vide che Robin aveva scritto con la condensa sul vetro sporco del vecchio treno cittadino “Call me”.
Rimase per qualche secondo sgomento, incredulo nel credere che fosse accaduto veramente a lui, che quella bellissima ragazza appena conosciuta le avesse veramente dato il suo numero.
Vide il treno allontanarsi, con lei che sorrideva ancora dall’altra parte del vetro colorato per metà dal graffito di un teschio con le rose.
Franky cercò velocemente il cellulare nella tasca dei pantaloni della divisa, ignorando i suoi compagni che lo chiamavano perché si stava bagnando con la pioggia che stava aumentando la sua intensità. Mai così velocemente le sue dita scorrevano sul touch per digitare il numero che aveva sulla spalla prima che acqua piovana e sudore lo potessero cancellare.
Forse non era il suo. L’aveva preso in giro, sicuramente, ma doveva verificarlo.
Uno squillo. L’acqua scendeva lungo il suo corpo e i brividi lo attraversavano. Ma non era di freddo.
Due squilli. Il battito cardiaco aumenta, così come il respiro.
Tre squilli. Era ormai convinto che fosse uno scherzo.
“Scusami” la voce dolce e cristallina della ragazza con sottofondo lo schiamazzo degli altri passeggeri del treno.
“Ce ne hai messo di tempo” non credeva che stesse succedendo sul serio, eppure sorrideva come un bambino.
“Era in fondo alla borsa” la risposta semplice e meravigliosa di lei.
E Franky sollevò il volto, sentendo l’acqua bagnarlo inesorabilmente e sorrise, sorrise per la felicità.
Quella, ne era certo,era la prima telefonata di una lunga serie.
  
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