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Autore: vali_    14/10/2015    6 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Ogni mercoledì sono più in ritardo, lo so, ma dopo giornate infinite come questa essere un pochino più puntuali diventa difficile.
Questo capitolo apre l’ultima (ditemi che state piangendo con me) parte della storia. E’ solo il trampolino di lancio al prossimo che entrerà più dentro una certa faccenda. Intanto scaldiamo i motori ;)
Non voglio dirvi molto in queste note, perché Dean ha molte cose da raccontarvi e credo sia giusto lasciare a lui la parola, ma approfitto di questo spazietto per me sempre più fondamentale per RINGRAZIARVI dal profondo del mio cuore per tutto l’affetto che mi dimostrate ogni settimana. Grazie, grazie, grazie! <3
Un grosso abbraccio, a mercoledì!

 
Capitolo 22: The only one that I have ever known
 
I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the borderline of the edge and
Where I walk alone
Read between the lines of what's fucked up
 And everything's all right
Check my vital signs
 To know I'm still alive
And I walk alone.
 
(Boulevard of broken dreams - Green Day)
 
 
E’ seduto su uno sgabello in un pub, un bel bicchierone di birra chiara mezzo vuoto sul tavolo e un altro praticamente pieno accanto al suo.
 
«Andiamo Sammy, ti decidi a berla? E’ mezz’ora che la rigiri in mano, non abbiamo tutto il giorno!»
Sam sorride, i capelli spettinati sulla fronte e abbassa lo sguardo per un secondo togliendo con le dita la condensa sul vetro del grosso bicchiere che ha davanti. «Sono solo una persona educata, io».
Dean fa una smorfia, leccando la schiuma bianca che gli è rimasta sulle labbra «Ma smettila, non si offende mica se non l’aspetti».
«Veramente un po’ sì» una mano gli sfiora la schiena, risalendo lungo la linea della sua colonna vertebrale – il tocco leggero e sicuro – e Dean si volta a guardarla, sapendo perfettamente a chi appartiene, e sorride. «Non è vero, tu non ti offendi mai».
 
Lei – i capelli lunghi e gli occhi felici, le labbra arricciate in una smorfia divertita – appoggia una bottiglia sul tavolo e lancia un’occhiata a Sam per poi buttare lo sguardo su di lui. «Dovresti imparare da tuo fratello piuttosto. Lui sì che è un gentiluomo».
Dean alza le sopracciglia e la guarda imbronciato. «Prenditi lui la prossima volta allora, visto che è tanto migliore di me».
 
Ellie inclina la testa all’indietro e ride forte, una mano a toccarsi la pancia mentre il suono gioioso della sua risata riempie tutta la sala. Si siede lì vicino e lo osserva, gli occhi meravigliosamente limpidi. «Chi è che si sta offendendo, adesso?»
 
Dean sorride divertito e lascia che la sua mano le accarezzi il viso prima di avventurarsi tra i suoi capelli castani mentre si sporge verso di lei; nel farlo, però, urta il boccale che si rovescia sul tavolo e buona parte della birra le finisce addosso.
 
Si alza di scatto e abbassa lo sguardo per rovistare nelle tasche in cerca di un fazzoletto ma, quando rialza gli occhi, Ellie e Sam sono spariti. L’intero locale è vuoto: l’unico suono che sente è quello della birra che lentamente cola a terra, formando una piccola pozza accanto alle zampe del tavolo, e Dean comincia a chiamarli, prima piano poi la voce sempre più alta finché si ritrova a urlare il nome di suo fratello e gli riecheggia ancora nelle orecchie quando spalanca gli occhi e si sveglia.
 
Rimane immobile per qualche istante e poi si rilassa appena, accomodando meglio la schiena contro il sedile dell’Impala su cui ha dormito, stiracchiando le gambe e stringendo forte le palpebre per poi inspirare profondamente.
 
Era solo un sogno, uno stramaledettissimo sogno che si ripete periodicamente, a intervalli regolari. Era qualche tempo che non si ripresentava, ma evidentemente sembra che non ci sia verso di allontanare quella serie di immagini dalla sua mente. Per di più, si conclude sempre nello stesso dannato modo: la birra sul tavolo e Sam ed Ellie spariti dalla sua vista, insieme al resto della gente che sedeva tranquilla ad ubriacarsi e cazzeggiare e ci fosse mai una cazzo di volta che qualcosa vada diversamente, che quella cazzo di birra non si rovesciasse o che comunque Ellie e Sam fossero lì, ancora a chiacchierare come se niente fosse accaduto.
 
Si passa una mano sugli occhi e risale lungo la fronte sudata, passandola poi tra i capelli e mandandoli indietro.

Inspira ancora muovendosi un po’ per sgranchire le braccia e le gambe intorpidite dal sonno – e senza dubbio dalla posizione in cui ha dormito, che non era proprio delle più comode – e dà un’occhiata sul sedile al suo fianco, scorgendo la cartina stradale spiegazzata. Si accomoda meglio, mettendo la schiena più dritta e la prende in mano, seguendo con gli occhi il percorso che ha ancora da fare.
 
La strada per raggiungere suo padre – che lo aspetta a Cortez, Colorado – è ancora piuttosto lunga considerando che lui invece si trova alla periferia di Phoenix, in Arizona, e Dean decide di rimettere la cartina dove stava e di accendere il motore della sua bambina, per poi sgommare immettendosi nella carreggiata.
 
Il suo cammino – se così può chiamarlo – non s’intreccia tanto spesso con quello di suo padre ultimamente e a volte gli sembra di essere tornato indietro nel tempo, quando il suo problema più grande era cercare di capire perché mai l’uomo che l’ha messo al mondo sparisse tanto a lungo trovando una qualsiasi scusa per stargli lontano. La verità è che con il tempo, alla fine, crede di averci fatto l’abitudine e adesso non gli pare più neanche così strano, anche se, logicamente, vorrebbe che le cose andassero diversamente.
 
Gli sembrava che fossero riusciti a ritrovare una specie di equilibrio ad un certo punto, mesi dopo quel litigio, anche se è qualcosa che Dean, però, non ha ancora mandato giù del tutto.
 
E’ passato un anno ormai da quel fottuto casino e di Ellie e Jim neanche l’ombra. Non gli è capitato neanche una volta di rincontrarli per una caccia o di sentire anche solo nominare il vecchio James Davis da qualcuno di sua conoscenza. Niente. Quell’uomo sembra essere sparito proprio come quattro anni fa, quando Ellie è entrata nella sua vita.

Nonostante sia passato un anno, comunque, raramente passa un giorno in cui Dean non pensi ad Ellie per qualcosa. Non si è mai posto il problema di domandarsi il perché, sapendo perfettamente che ormai gli si era incastrata così tanto dentro da non riuscire più ad allontanarla dalla mente.
 
Soprattutto i primi tempi, a volte gli capitava di ritrovarsi a sorridere da solo ripensando a qualcosa di buffo che le aveva sentito dire, o quando gli aveva raccontato qualcosa di divertente, ma poi il sorriso si trasformava in una smorfia amara ed è stato piuttosto brutto capacitarsi del fatto che a volte lo stesso pensiero può procurare contemporaneamente gioia e dolore. Anche con Sam è un po’ così, benché sia una sensazione comunque differente, perché investono un ruolo un po’ diverso nella sua vita. O almeno, così era. 

Alla fine, ha fatto esattamente quello che Ellie gli aveva chiesto: non l’ha più cercata. Sebbene a volte abbia tanta voglia di farlo, di prendere il telefono e cercare quel numero per riascoltare la sua voce, non ne ha mai avuto il coraggio, perché sa di avere torto, che poteva fermarla quando ne ha avuto l’occasione e non l’ha fatto. Non può più tornare indietro – nonostante ci pensi spesso e si senta ancora un idiota per essere rimasto impalato davanti a quella maledetta porta per troppo tempo – e il danno, ormai, è fatto.
 
Da quando Ellie è lontana, Dean ha incontrato tante persone – che se c’è una cosa che il suo lavoro gli garantisce è proprio questa – ma non ha incrociato nessuno come lei, che gliel’abbia ricordata in qualche modo. Non che la cosa gli interessasse davvero, perché non ha più trovato la voglia e il coraggio di aprirsi, di confidarsi con qualcuno.
 
Con Ellie era stato difficile all’inizio, ma poi era nato tutto in modo spontaneo e Dean aveva conosciuto – o forse ritrovato, perché con Sammy ha sempre sentito di avere qualcosa di molto simile – la bellezza di un rapporto puro e sincero, senza ombre e giudizi, pulito. Non c’erano segreti, solo pensieri nascosti che mano a mano venivano fuori, liberandosi della nebbia del dolore che li circondava e uscivano sotto forma di fiumi di parole. Per Ellie era sicuramente così mentre Dean faticava molto di più, soprattutto all’inizio, ma da quando lei non c’è, se possibile, è diventato ancora più chiuso di prima. Parla ma non di sé e se c’è qualcosa che non sopporta è che suo padre non sembra accorgersene. O almeno, pare fare di tutto per far finta di niente.
 
Di John Winchester ha sempre pensato che, nonostante il suo orgoglio di uomo uscito dalla marina e il suo cipiglio sempre incazzato degli ultimi tempi, ci sarebbe stato nel momento del bisogno, perché in fondo è quello che ha sempre fatto, anche se a modo suo. Nell’ultimo anno però, non è stato sempre così: lo ha lasciato a mangiare la polvere quando gli sembrava giusto farlo, gli ha… non proprio negato il suo aiuto, perché questo, per quanto incazzato, suo padre non lo farebbe mai, ma sempre più spesso finiva con il lasciargli risolvere i suoi casini da solo.
 
Dean sa di avere la sua parte di torto in questo, che avergli detto in quel modo, quel maledetto giorno, non ha facilitato per niente le cose tra di loro – che erano già in un equilibrio piuttosto fragile –, e a volte crede di essere solo troppo paranoico, di attribuire la causa del loro distacco a quella storia quando, in realtà, questo è solo il modo di John di far crescere suo figlio, di farlo maturare davvero.
 
Chissà se era questo che voleva fare anche Jim con Ellie, mandandola sempre sul campo da sola e facendogli affrontare l’ira dell’Inferno senza darle nessun aiuto. Dean non ne è tanto convinto.
 
Di certo non ha smesso di preoccuparsi per suo padre. Anzi, può dire che è diventato un lavoro tanto quanto cacciare mostri – o forse è sempre stato così.
 
John sta via sempre più a lungo negli ultimi tempi e Dean si è davvero stupito quando ha sentito quel messaggio in segreteria dove gli chiedeva di raggiungerlo il prima possibile.
 
Dean ha appena concluso un caso dalle parti di Phoenix – una brutta storia che lo fa ancora rabbrividire al pensiero – e, non appena è riuscito a sbrogliare la faccenda, è salito in macchina e si è avviato verso Cortez, per raggiungere suo padre il più velocemente possibile. Dalla voce al telefono, sembrava solo stanco – più o meno come sempre –, ma non è decisamente il tipo che risponderebbe di no alla domanda “stai bene?” se ci fosse qualcosa di strano, perciò tanto vale sbrigarsi e verificare di persona che sta bene davvero.
 
E’ sempre stato così con suo padre, in realtà, ma nell’ultimo anno le cose non è che siano andate meglio. Dean non ha fatto altro che passare da uno Stato all’altro per cercare e cacciare quanti più mostri possibili, per distrarsi da tutte le brutte cose che gli erano capitate nell’ultimo periodo e sempre più spesso lo faceva da solo, senza suo padre al suo fianco, perciò è sempre più preoccupato quando lo vede sparire per una o due settimane. Non averlo “sotto controllo” lo fa stare in ansia, anche se… insomma, quando mai lo ha avuto? John Winchester ha sempre fatto il comodo suo, nel bene e nel male, fin da quando Dean era un ragazzino, quando gli lasciava suo fratello praticamente in fasce dicendogli semplicemente "prenditi cura di Sammy" e se ne andava chissà dove a dare la caccia ai demoni e tentare di rispedirli all’Inferno.
 
A pensare a tutto questo Dean riflette che sì, in realtà non è cambiato poi molto negli anni. Anzi, forse non è cambiato per niente.
 
Alza il volume della radio per provare a distrarsi da quei pensieri ingombranti; sta cambiando stazione per cercare qualcosa di più piacevole delle ultime stupide hit del momento quando la voce di Bonnie Tyler che canta di un male al cuore [1] gli riempie le orecchie e Dean sorride amaro all’idea che anche la radio, in qualche modo, a volte sembra volerlo prendere per il culo. Inevitabilmente, ripensa a quando il brano era un altro ma la cantante la stessa, quella sera in cui Ellie era ubriaca persa e cantava come una pazza, ma era spensierata – complice anche l’alcol, perché era incazzata nera con suo padre e voleva solo sentire un po’ di leggerezza addosso – e sembrava addirittura felice in quel momento.
 
Dean batte le dita sul volante, seguendo suo malgrado il ritmo di quella melodia troppo orecchiabile e stringe il labbro inferiore tra i denti per un lungo istante; quei giorni sono passati, sono lontani anni luce e Dean si rende fin troppo conto di essere sempre più solo, ma non può dare a nessun altro la colpa. Poteva comportarsi diversamente con lei quando ne ha avuto l’occasione e non l’ha fatto e quindi è questo quello che merita: rimanere da solo nella sua auto ad ascoltare quella voce fastidiosa che però canta esattamente di quello che sente lui da ormai troppo tempo a questa parte.
 
Perché la verità è che Ellie è sparita da un anno, ma a lui sembra non essere passato un giorno dall’ultima volta che l’ha vista; la ferita è sempre sanguinante, costantemente aperta e ogni cosa, qualsiasi piccolo dettaglio che gli passa sotto gli occhi lo riporta a lei, ai giorni che hanno passato insieme che, per quanto fossero duri – Dean che era sempre più preoccupato per le stranezze di suo padre e poi non c’era Sammy e lei che in certi momenti sembrava crollare per via di quel bastardo di Jim che la ignorava costantemente – erano sicuramente migliori di quelli che ha vissuto nell’ultimo anno lontano da lei.
 
Ogni tanto si sente patetico, come uno di quegli imbecilli che si vedono nei film strappalacrime, quegli uomini talmente pazzi d’amore da ricoprire la propria donna di diamanti e gioielli o confessare a quelle belle e giovani donzelle parole dolci all’orecchio nei momenti più intimi. Dean non è il tipo e probabilmente non lo farebbe neanche con Ellie, ma sta cominciando a pensare che forse – forse però, non ne è pienamente sicuro – sarebbe disposto ad abbassarsi un minimo pur di riaverla indietro. Se bastasse una parola o una telefonata, metterebbe da parte l’orgoglio e questo, un po’, lo mette in crisi, ma poi ci ripensa e non ha senso neanche farsi queste paranoie, tanto Ellie non gli risponderebbe neanche se le mandasse una lettera di scuse lunga due chilometri allegata ad un mazzo di ventimila rose rosse.
 
Ricorda perfettamente quando credeva che quella per lei fosse solo una voglia passeggera, solamente la necessità di colmare le distanze e che sarebbe svanita, poi, una volta dissetata, ma più passa il tempo, più si rende conto di quanto si fosse sbagliato.

Dean non sa cosa sia l’amore. E’ qualcosa che non ha mai provato sulla sua pelle per una donna perciò non sa riconoscerlo, non sa gestirlo. Non sa che a volte arriva come una tempesta improvvisa e spazza via tutto quello che trova, comprese certezze e attitudini; che è come una corrente di vento gelido che ti investe quando meno te lo aspetti e che non si cura minimamente di chi trascina nel suo ciclone, arrivando perfino a cambiarlo, a sconvolgergli la vita.

Per questo, Dean non sa quello che prova tuttora per lei, se ha mai sentito qualcosa di vagamente simile all’amore nei suoi confronti o se si tratta di un grande affetto. Sa solo che, qualsiasi cosa sia, non lo lascia andare, nonostante sia passato del tempo e di Ellie gli rimane solo il braccialetto di pelle che porta al polso e i contorni sbiaditi del suo sorriso impressi nella mente.
 
Dean pensava che gli sarebbe passata ad un certo punto, che avrebbe guardato oltre, che con il tempo avrebbe dimenticato qualsiasi cosa erano stati e tutto il bello che c’era stato tra di loro e l’avrebbe scordata, ma non è affatto così. A quanto pare il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” per lui non è valido.

E’ stato con altre donne nell’ultimo anno. Ogni tanto si è concesso il lusso di illudersi di poter colmare così il vuoto di una perdita, sperando che tutto sarebbe passato con un po’ d’alcol e una bella pollastra al suo fianco per una notte, ma il mattino seguente si è sempre ritrovato con un dolore lancinante alla testa – anche se alla fine ha finito col farci l’abitudine – e la stessa sensazione di vuoto della sera prima. E le mani di chi gli dormiva accanto non assomigliavano neanche lontanamente a quelle che avrebbe voluto sentire sul suo corpo nudo e ansante e così fuggiva prima che potessero vederlo di giorno, prima che la luce del mattino disegnasse il suo profilo – quello di un uomo solo – in modo troppo nitido.
 
A volte si chiede cosa gli direbbe Sam se lo vedesse ridotto in questo modo, a trascinare il culo da una parte all’altra del Paese senza il minimo entusiasmo. Proprio lui, a cui non è mai fregato niente di praticamente nessuna ragazza che si è portato a letto e che invece per Ellie ci sta male come il primo giorno. Probabilmente lo prenderebbe in giro a vita, ma Dean potrebbe esserne felice lo stesso. Vorrebbe dire averlo di nuovo al suo fianco e sarebbe molto meglio della solitudine che ha sentito negli ultimi tempi, quella fitta rete di sensazioni negative che gli attanaglia il cuore.
 
Anche Sam non si è mai fatto sentire, proprio come ha sempre fatto da quando è diventato un secchione in piena regola ed è andato a Stanford per mischiarsi a quelli come lui. E, un po’ come succede per Ellie, a Dean dispiace come quando ha visto la sua schiena sparire oltre la porta. E’ qualcosa che non lo abbandona mai, ma tutto questo – almeno nella sua visione delle cose – in fin dei conti ha più senso, perché lui e Sam hanno passato praticamente tutta la vita insieme, perciò è normale che soffra la sua mancanza, mentre con Ellie… non sa neanche cosa erano insieme.
 
Quando c’era lei, comunque, almeno un po’ lo distraeva, perché trovava il modo di farlo concentrare su altre cose e il sapore amaro di quell’abbandono finiva in sottofondo, lasciando lo spazio a qualcosa di bello. Era sempre lì, in agguato e pronto ad uscire allo scoperto quando se lo aspettava di meno, ma si era un po’ assopito, affievolito quasi. Poi se n’è andata anche Ellie e, forse, si è addirittura duplicata l’agrezza di quel retrogusto amarognolo, la consapevolezza che forse è Dean quello sbagliato se adesso sono due le persone importanti che hanno mollato la presa su di lui, che l’hanno lasciato andare alla deriva da solo.
 
Questo pensiero fa capolinea spesso nella sua testa e Dean cerca sempre di ammazzarlo con una bella innaffiata di whiskey, ma raramente ci riesce, tanto è radicato a fondo dentro di lui.
 
Non sa più neanche se papà è andato a far visita a suo fratello come aveva fatto più volte, ma immagina di sì. In fondo perché dovrebbe aver smesso? Non avrebbe alcun motivo per farlo e Sam non se ne accorgerebbe mai, perché papà è furbo e sa mimetizzarsi fin troppo bene.
 
Spesso si chiede come se la sta passando. Se è felice e se sta bene nel posto che desiderava frequentare praticamente da tutta la vita – che la caccia, a lui, ha sempre fatto schifo –, se si tiene stretto la ragazza che si è scelto. Spera vivamente che lo faccia, lui che può. 
 
Dean spesso si domanda come sarebbe potuta andare tra lui ed Ellie se le cose sarebbero girate diversamente, se avesse funzionato. Magari avrebbero litigato tutti i giorni o forse sarebbero andati d’accordo per la maggior parte del tempo; forse avrebbero continuato a cacciare e a seguire i loro padri fino alla fine dei loro giorni o può darsi che avrebbero deciso di sistemarsi, ad un certo punto, di fermarsi e provare ad essere una coppia normale. Dean crede che l’ultima opzione sia quella più improbabile, ma fantasticare, in fin dei conti, è sempre lecito e non c’è alcuna limitazione. Quello che è più tremendo è tornare con i piedi per terra e realizzare che uno come Dean Winchester – un cacciatore, uno che ha passato la vita a masticare polvere e dolore – qualcosa del genere non potrà mai averlo.
 
Guida ancora a lungo, fermandosi solo per mangiare e raggiunge Cortez che è tarda sera. Suo padre gli ha dato le coordinate precise di dove si trova perciò parcheggia al motel dove sa che alloggia e bussa alla porta della sua stanza, la numero ventisette.
 
John gli apre «Ciao figliolo» e Dean lo saluta con un cenno della testa. Entra nella stanza – piccola e in disordine, non tanto diversa da quelle che è abituato ad utilizzare quell’uomo – e appoggia il borsone accanto al letto, per poi sedersi su di esso.
 
Dean, nelle ultime notti, ha sempre dormito in macchina ed avrebbe bisogno di un letto per qualche ora, ma ovviamente non domanda neanche a suo padre se può farlo, considerando che, se gli ha chiesto di essere lì, di certo non è per farlo riposare.
 
«E’ andata bene la caccia?»
Dean annuisce «Un mostro in meno di cui preoccuparsi» e John stira le labbra in un accenno di sorriso per poi dargli le spalle e prendere il suo borsone.
 
Dopo quel tremendo litigio, Dean non ha più accennato per niente a quella storia: nessuna domanda, nessuna richiesta di ulteriori spiegazioni, nessuna scusa di niente, perché sa come funziona e non solo perché lo aveva visto quando succedeva con Sam. In casa Winchester gli ordini non si discutono e Dean, invece, ha disobbedito, urlando e dicendo apertamente – anche troppo – quello che era il suo pensiero. Perciò, ha sempre evitato di fare domande e di cercare le vie più… “esplicite” per risolvere la situazione. Non servirebbe a niente se non a sembrare un leccaculo e non è certo quello che vuole.
 
Suo padre, poi, non ha più detto nulla a proposito, ma Dean ha sempre cercato di ingoiare quel rospo amaro e di rimanere in silenzio, sebbene a volte abbia tanta voglia di urlargli che gli dispiace, che è stanco di tutta questa storia, di sentirsi in colpa per non essere stato il bravo figlio di sempre, che se rivuole indietro Sam perché è il suo preferito o quello che è se lo andasse a riprendere e la smettesse di tenere il muso a lui che non ha nessuna colpa se suo fratello se n’è andato – anche se ancora, certe volte, il dubbio che abbia fatto qualcosa di sbagliato e che l’abbia cacciato via, in un certo senso, gli viene –, ma si morde la lingua ripensando che l’ultima volta che l’ha fatto – che era anche la prima, in realtà – non gli è andata poi tanto bene.
 
Ogni tanto, però, per quanto Dean non sia esattamente un chiacchierone, vorrebbe che lui e suo padre parlassero di quella storia, che la chiarissero una volta per tutte. Non per ritirare fuori vecchi rancori e magari riaprire una magagna che non si è ancora riassorbita del tutto – per lui, almeno –, ma solo per capire uno il punto di vista dell’altro e parlarsi senza urlare, confrontarsi in modo civile. Poi ci ripensa, però, perché un pensiero simile non dovrebbe venire neanche a lui, figuriamoci a suo padre.
 
Comunque sia, Dean crede di aver imparato dai suoi errori ed ha ripreso la via del silenzio, che forse meglio di tutte lo riporterà a quella che per lui è la normalità, ai silenzi soffocanti e alla solitudine che sentiva nelle notti che passava da solo ad attendere suo padre rientrare da una caccia o da chissà dove. L’unica compagnia che aveva trovato con cui condividere quelle lunghe attese è sparita, quindi tanto vale cercare di riprendersi la sola routine di cui Dean era a conoscenza prima di incontrare Ellie.
 
Le cose, comunque, hanno lentamente ripreso a girare; tutto è ricominciato ad andare come al solito tra lui e John e Dean si sforza di fingere che non sia mai accaduto nulla, che l’unica volta nella sua vita in cui ha davvero disobbedito a suo padre non sia mai esistita. E’ solo un’altra delle balle che si racconta; una in più o in meno non fa la differenza. 
 
A volte, però, risente ancora quello schiaffo sulla faccia ed è qualcosa che fa più male delle ferite sul campo di battaglia, quando ha davanti quattro o cinque bestiacce vomitate dall’Inferno che vorrebbero mangiarselo vivo.

Dean, poi, non ha mai pensato che suo padre fosse orgoglioso di lui. Mai un momento della sua vita l’ha fatto e mai ha colto uno sguardo di vera approvazione da parte di quell’uomo, ma quello che è successo mesi fa lo fa sentire anche peggio di come ha fatto per tutta la vita.
 
Quello che è cambiato, però, è il modo in cui suo padre lo guarda. E’ differente ed è qualcosa di assolutamente peggiore delle parole e delle urla, perché è una condanna duratura e silenziosa, certi giorni assolutamente insopportabile. Soprattutto nelle settimane successive a quel furioso litigio, ma è qualcosa che non è mutato molto nel tempo, e Dean sa bene che quello sguardo di rimprovero – costante, immutabile negli occhi del suo vecchio – non è perché è andato a letto con Ellie o perché, in un certo senso, ha disubbidito. Piuttosto è perché gli aveva risposto in quel modo, perché gli aveva detto quello che pensava. Dean non l’aveva mai fatto prima – almeno non in quel modo – e ancora non capisce quello che gli è preso.
 
Si è reso conto dopo un po’ di tempo – quasi subito, in realtà – che, effettivamente, per certi versi aveva esagerato. In fondo non era poi tutta colpa di suo padre se Ellie se n’era andata in quel modo, se gli aveva buttato addosso tutta la sua frustrazione, la stessa che poi lui ha riversato su John. Quindi sì, ha esagerato, perché non è colpa sua se Dean non sa tenersi strette le persone a cui tiene, ma di certo avrebbe preferito non sapere i meravigliosi pensieri che lui si era fatto su Ellie e sulla sua presunta inutilità.
 
Non è stato semplice all’inizio. Anzi, è stata dura. Ogni giorno che passavano insieme, per mesi, Dean cercava di trovare un modo per farsi perdonare. Non a parole, che tanto non ne è capace, ma con i fatti, cercando di essere sempre più preciso e attento nella caccia, di non mancare mai la preda e di farlo nel modo più intelligente possibile, provando in tutti modi a rendere suo padre fiero di lui, ma poi ha capito che non era quella la strada da percorrere, che John non si sarebbe piegato di fronte a quelle piccole dimostrazioni di tenacia e coraggio. C’era sempre quel maledetto sguardo negli occhi di John, quella patina di delusione e diffidenza e Dean si è arreso, alla fine, convincendosi del fatto che se avesse voluto davvero, suo padre sarebbe tornato quello di una volta da solo. Infatti, così è stato… più o meno. Perlomeno adesso lo guarda un po’ meno come se fosse un alieno, qualcuno che ha addirittura osato contraddirlo.

Su una cosa, però, Dean non aveva poi tutti i torti: il suo vecchio è riuscito a litigare anche con quel brontolone di Bobby. Il motivo è ignoto: Dean sa solamente che, l’ultima volta che quei due si sono visti, Bobby gli ha puntato un fucile contro [2]; suo padre se l’è data a gambe e, da lì, non c’è più stato nessun contatto tra di loro.
 
Neanche Dean, da quando l’ha saputo, si è più azzardato a telefonargli o a fargli visita. Sa di sbagliare in questo, perché lui non c’entra niente con i loro screzi e le loro divergenze – che poi, per qualche strano motivo, ne hanno sempre avute, forse perché hanno un modo totalmente diverso di vedere le cose –, ma non se la sente di andare contro suo padre di nuovo. L’ha già fatto una volta ed è qualcosa di cui si pente ogni giorno – le conseguenze sono state decisamente devastanti – e non gli va di farlo ancora, di incasinare una situazione già di per sé abbastanza precaria.
 
L’unica cosa che vuole davvero – a parte un altro paio che ormai sono nella sua lista dei desideri e che molto probabilmente resteranno lì e morirà prima di riuscire a realizzarle – è riacquistare la sua fiducia ed è disposto ad evitare il mondo pur di riuscirci.

Tutto questo, poi, in un certo senso è molto da Ellie: anche lei era disposta a tutto pur di conquistare un briciolo di apprezzamento da parte di Jim.
Chissà come se la passa adesso, se è riuscita a farsi dire “brava” almeno una volta da quello stronzo che ha per padre; chissà se sta bene e se è felice, se ha trovato ciò che ha sempre cercato o se ha mollato tutto, lasciando quella testa di cazzo a scavarsi la fossa da solo e se n’è andata; se è da sola o se c’è qualcuno insieme a lei, che magari si prende cura di lei come lui non è stato in grado di fare. 
 
Dean si pone spesso domande simili, ma qualcosa in fondo al suo animo gli dice che probabilmente non avrà mai una risposta. Un anno è un tempo lungo ed ogni tanto pensa che Ellie potrebbe anche averlo dimenticato, potrebbe aver voltato pagina ed essere andata avanti. Quello che è peggio è che Dean non potrebbe nemmeno darle torto, perché crede di averle fatto troppo male per sperare di poter schioccare le dita e riprendersela. E se qualcun altro è stato così furbo da capire quanto vale… dovrebbe tenersela stretta, perché è quello che Ellie merita: qualcuno che le voglia bene e che l’apprezzi sul serio.
 
Dean lo faceva. Si era reso conto di quanto fosse preziosa – per lui, soprattutto – e in gamba, ma non ha saputo dimostrarglielo quando Ellie voleva sentirselo dire di più.
 
Al di là di tutta questa storia, comunque, Dean crede che, se solo avesse avuto molto di conoscerla un po’ meglio e non si fosse basato solo sul suo giudizio superficiale, a John sarebbe potuta piacere. Perché Dean l’ha sempre vista impegnarsi nelle cose su cui metteva le mani e poi, in un certo senso, pensava che suo padre avrebbe potuto empatizzare di più con Ellie perché anche lui, in fondo, era una persona comune prima di diventare un cacciatore di mostri. E’ vero che aveva un addestramento militare alle spalle che certamente gli ha consentito di imparare più alla svelta “il mestiere”, ma dev’essere stato uno shock pure per lui all’inizio – Dean è troppo piccolo per ricordarlo, ma è sicuro che fosse così –, avrebbe dovuto… capire, in qualche modo, perché lui aveva la stessa visione della vita ai tempi. Più o meno. Forse si è dimenticato quello che succede quando si entra in questo vortice di sangue e morte, forse non ricorda più cosa si sente.

La voce bassa di suo padre lo riporta alla realtà «Credo di averti trovato un altro caso, comunque».
In altri momenti, Dean avrebbe sbuffato o comunque protestato – nella sua testa, almeno – perché l’ultima cosa di cui aveva bisogno era rimettersi ad investigare in qualcosa di nuovo dopo aver sgozzato un bastardo infernale da neanche un giorno, ma ha bisogno di lavorare per tenere lontani i pensieri – o perlomeno provarci –, perciò annuisce.
Suo padre lo guarda «Ti lascio il mio letto per stanotte, io devo andare a fare una cosa».
Dean aggrotta le sopracciglia «Dove?» ha imparato da tanto che non è bene fare domande, ma a volte, negli ultimi tempi, non riesce proprio a trattenersi. Cerca sempre, comunque, di sviare quelle più specifiche, tipo dove va a fare cosa, ma non sempre ci riesce perché è davvero difficile non avere curiosità per tutte le strane attività di suo padre.
«Qui vicino, devo sbrigare una faccenda. Così domani ripartiremo».
«Tu verrai con me?»
«No. Io ho un altro lavoro da sbrigare dalle parti di Jericho, in California». [3]
Dean vorrebbe fare più domande a riguardo, approfondire un po’ tutto questo discorso che sembra piuttosto serio – lo sguardo di suo padre, concentrato e sicuro, gli sta suggerendo questo –, ma si limita ad un semplice «Sissignore».
 
John annuisce – un gesto quasi impercettibile – e si infila la giacca, per poi chiudersi la porta alle spalle prima di aver salutato Dean con un semplice cenno del capo.
 
Lui si toglie gli scarponi e si stende di peso sul letto, le mani incrociate sulla pancia e gli occhi chiusi. Avrebbe bisogno di farsi una doccia, magari anche di mangiare, ma è la stanchezza ad avere il sopravvento su di lui che mette il cuscino sotto la testa per poi sprofondare immediatamente in un sonno profondo.
 
*
 
Il sole è alto nel cielo e Dean segue silenziosamente il pick-up di suo padre, battendo le dita ogni tanto sul manubrio della sua bambina a ritmo di musica. Ha deciso che la radio gli offre troppe brutte sorprese ultimamente – soprattutto quando è già immerso in pensieri poco piacevoli –, così ha ripiegato su una delle sue cassette, in questo caso quella degli AC/DC. Quello, almeno, lo distrae.
 
Suo padre è diretto in California, mentre Dean andrà dalla parte opposta, in Louisiana [4], però hanno deciso di fare un pezzo di strada insieme prima che John imbocchi la statale che lo porterà a Jericho.
 
Ha osservato con molta attenzione suo padre negli ultimi tempi e sa che gli nasconde qualcosa, ma non è neanche una novità oramai per Dean. Ha capito da tempo che John ha i suoi segreti e che, però, quando ha bisogno di una mano, è disposto a raccontargli cosa gli succede – almeno a grandi linee – perciò, per il momento, decide di non preoccuparsi. Andrà tutto bene anche stavolta, come è sempre successo, perché nonostante tutto suo padre è un genio e sa sempre cavarsela nelle situazioni peggiori.
 
Parcheggia l’Impala in uno spiazzo lungo la strada e scende, osservando il suo vecchio fare lo stesso. Gli si avvicina e lo osserva, le sue spalle leggermente curve verso il basso, le mani nelle tasche dei pantaloni e il viso stanco, segnato dal tempo, dai dispiaceri e dalle scarse ore di sonno e poi lo guarda intensamente.
 
«Allora, figliolo… fai attenzione, d’accordo?»
Dean annuisce. «Anche tu» che forse ne hai anche più bisogno perché sei strano a volte e non capisco se stai bene davvero o mi prendi in giro per non farmi preoccupare. Dean vorrebbe tanto dirglielo ma si morde la lingua per evitare di farlo.
 
John rivolge lo sguardo verso il panorama: i piccoli arbusti che costeggiano la strada, la vallata macchiata di marrone e verde che si estende fino alla linea dell’orizzonte e gli alberi che spuntano ogni tanto dal terreno, i sempreverdi rigogliosi e gli altri che cominciano già a sentire l’effetto dell’autunno sulla loro chioma.
 
Suo padre si allontana di qualche passo, volgendo lo sguardo verso la sua vettura e poi si volta di nuovo. Sembra quasi pensieroso. Dean lo scruta con attenzione, attendendo che dica qualcosa e lo fa per almeno qualche istante, poi John si passa la lingua sulle labbra e deglutisce. Pare un po’ nervoso.
Socchiude gli occhi, disturbato dai raggi del sole che picchiano sulla sua faccia e sembra sul punto di salutarlo sul serio e di salire sulla sua vettura, ma Dean sa che quando fa così significa che vuole parlargli di qualcosa.
 
John arriccia le labbra in una smorfia, le braccia lungo i fianchi, e si riavvicina di nuovo a Dean facendo qualche passo. «Sai, Dean… mi dispiace che abbiamo litigato quella volta».
Il ragazzo è visibilmente perplesso. Non ne avevano mai parlato ad alta voce, non avevano mai più toccato l’argomento. «Papà—»
«Fammi finire. Non è da te alzare la voce ed ho reagito d’istinto». Dean lo osserva senza rispondere stavolta, incapace di pronunciare una qualsiasi parola. Sussulta quasi quando suo padre si avvicina ancora e gli mette una mano su una spalla, un gesto che non ha fatto per mesi e che per Dean era quasi una dimostrazione d’affetto o d’orgoglio – ha sempre sperato lo fosse – di quel padre distrutto dalla sete di vendetta e dalla rabbia per aver perso la persona più importante del suo universo. «Quando torno ne parliamo meglio. Volevo solo dirti che è tutto a posto».
 
Dean continua ad osservarlo, stralunato e confuso da quelle parole, e quando suo padre toglie la mano da lì e si volta per partire davvero, fa un passo in avanti, quasi di riflesso, e lo richiama. John si volta ancora «Papà se… se sta succedendo qualcosa, io posso aiutarti. Posso provarci, perlomeno» fa una pausa quando vede suo padre stringere appena gli occhi «Non so, io… a volte sembri preoccupato e se c’è qualcosa che non va, io posso… voglio darti una mano».
John scuote la testa «Va tutto bene, ragazzo. Sul serio. Volevo solo dirti questa cosa da un po’ e… e basta. Adesso vai, dai. Hai tanta strada da fare».

Dean annuisce – le spalle rigide e la mascella contratta – e lo guarda ancora intanto che sale sul pick-up e gli rivolge un sorriso stanco mentre mette in moto.

Continua ad osservarlo andarsene e ripensa alle parole che gli ha appena sentito pronunciare, qualcosa che mai si sarebbe aspettato di sentir uscire dalla sua bocca, qualcosa che suonava come una richiesta di perdono; c’era traccia di pentimento nella sua voce e in questo preciso istante – gli occhi posati sul punto dove prima c’era la vettura nera e lucida del suo vecchio – Dean ha la strana sensazione che non vedrà suo padre per parecchio tempo.
 
Lo conosce meglio di chiunque altro e sa bene che non gli avrebbe mai detto nulla del genere se avesse avuto la certezza di rivederlo presto, non si sarebbe mai abbassato a tanto – perché, con quelle parole, John Winchester stava chiaramente cercando di chiedere scusa – se tornasse presto.

Dean scuote appena la testa sperando di sbagliarsi e si passa una mano sulla bocca prima di mettere in moto per partire alla volta di New Orleans. 
 
[1] La canzone che ascolta Dean in macchina è "It's a heartache" di Bonnie Tyler.
[2] Riferimento ad un avvenimento narrato nell’episodio 1x22 “Devil’s trap” e al primo incontro nella serie tra Bobby ed i fratelli Winchester. 
[3] Il caso che Sam e Dean risolvono nel “Pilot” era proprio quello che si svolgeva a Jericho e che John aveva “lasciato a metà”. In questa fan fiction, adesso, siamo nell’Ottobre del 2005, perciò gli eventi si stanno avvicinando a quelli avvenuti nel primo episodio del telefilm.
[4] Dean, nel “Pilot”, dice a Sam che stava seguendo un caso a New Orleans, in Louisiana. 
  
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