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Autore: Symphoniies    15/10/2015    2 recensioni
Los Angels, anni 50.
Damon, un vampiro diventato cattivo per colpa di un amore non corrisposto, incontrerà Desdemona, una ragazza diciassettenne che riuscirà a salvarlo dalle tenebre eterne.
Ma cosa succederà quando Desdemona scoprirà il grande segreto di Damon?
E Damon come si comporterà una volta rivelata la vera identità di Desdemona, appena appresa anche da lei?
Da uno dei capitoli:
«Voglio che tu stia con me.» rispose, raggiungendola.
«D - davvero?»
«Sì, ma ho paura. Paura che…»
«Che effettivamente per una volta qualcuno voglia stare davvero con te.» disse lei, interrompendolo.
«Non so come amarti, Desdemona.»
«Non importa.» disse la giovane, poggiandogli una mano sulla guancia destra.
Ps. Il primo capitolo, che non è ancora ambientato negli anni 50, si sviluppa dalla metà della terza stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ROSSO POMODORO
-Capitolo due-
 
 
 
 
 
 
 
 
 








Los Angeles, la città degli angeli.
Così dicono, almeno, pensò.
Era in un posto non completamente isolato dal mondo, ma appunto per questo la polizia non si sarebbe insospettita. Insomma, quale assassino sano di mente si sarebbe mai nascosto in un luogo affollato?
Dietro di lui, la sua cena, si stava svegliando.
«Dove sono?» chiese la ragazza, smarrita.
«Ciao, tesoro.» la salutò Damon, girandosi verso di lei e facendole un sorriso sghembo. Aveva paura e questo lo eccitava.
«Cosa vuoi da me?» domandò terrorizzata, alzandosi in piedi anche se con fatica.
«Mangiarti, mi sembra ovvio.»
«C - cosa?»
«Oh, andiamo hai capito benissimo.»
La ragazza non aggiunse altro. Quello che le aveva detto bastava e avanzava per farle capire che era in pericolo. Si girò di scatto e prese a correre. Non sapeva dove si trovava, ma non importava, l’unica cosa che voleva era allontanarsi il più possibile da quell’individuo.
Damon roteò gli occhi e sospirò esasperato. Ogni volta è la stessa storia, inizio a stancarmi, pensò. Anche lui si girò e in un secondo il viso della giovane si trovò a pochi centimetri dal suo. L’afferrò per le spalle e la strinse di più a sé. La vide sgranare gli occhi, mentre una gocciolina di sudore le scendeva lungo il collo. Sorrise. La ragazza continuava a fissarlo. Era davvero carina, doveva ammetterlo. I capelli corti e rossi risaltavano sulla carnagione chiara e sugli occhi color caramello; aveva persino delle lentiggini. Davvero carina, peccato doverla uccidere.
«Come ti chiami?» le chiese, guardandola negli occhi, ricorrendo alla soggiogazione.
«Penelope.» rispose con voce tremante.
«Penelope…troppo lungo, non trovi? Posso chiamati Penny?»
Lei annuì incerta e Damon le sorrise soddisfatto. «Bene, Penny, ora ti dirò cosa faremo. Tu starai qui buona, buona, io berrò il tuo sangue e poi morirai. Ti piace come idea?»
«Bè...»
«Shh.» si portò un dito alle labbra, «Non ti ho mica detto che potevi parlare. Comunque, ti prometto che non sentirai niente, o quasi.» la fece girare e poi le inclinò il collo di lato e lì la vide, vide la lunga vena violacea pulsare. Si inumidì le labbra, sentendo le proprie papille gustative iniziare a ballare la samba.
«Ti prego, abbi pietà.» piagnucolò  Penny, piangendo, «Domani mi devo sposare. Si chiama Eric, c - ci conosciamo da tre anni e ci amiamo. Lasciami andare e ti prometto che non dirò niente a nessuno.»
«Mi dispiace, dolce Penny, ma nessuno ha avuto mai pietà per me e per la storia del matrimonio e del fatto che vi amate, bè, te lo dico per esperienza: lui ti farà soffrire. Fidati, ti sto facendo un favore.» non le diede il tempo di aggiungere altro, aprì la bocca per permettere ai canini di scendere e poi li conficcò dentro il suo collo, iniziando a bere. Bevve come se fosse l’ultima volta che poteva farlo. Bevve fino a prosciugarla del tutto. Una volta sazio, lasciò cadere il corpo inerme della ragazza e si ripulì la bocca, poi si diresse verso la sua auto, prese un recipiente di plastica contenete della benzina e la sparse sul suo corpo ormai privo di vita, tirò fuori dalla tasca del giubbetto di pelle un accendino e con nonchalance diede fuoco al corpo. Rimase a fissare la scena.
La carne che bruciava emanava un odore terribile, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dalle fiamme. Era come se stessero danzando ed lui ne era ipnotizzato.
Erano ottantasei anni che era un vampiro, ormai era abituato a uccidere le persone, era nella sua natura e non provava rimorso per quello che faceva. Aveva conosciuto persone, avevo visto luoghi, ma nessuno di quelli era mai stato veramente suo. Chissà, magari Los Angeles poteva diventarlo. Alzò gli occhi, guardando l'alba sorgere. Quante volte l'aveva ammirata, quante volte si ero sentito inutile in confronto a lei. Sì, perché è l’alba che da inizio al giorno, è lei che permette al sole di illuminare le vite umane. Peccato che lui non era più un umano e che ormai la sua vita, come il suo cuore, fossero dediti alle tenebre.
Guardò per l’ultima volta il corpo della ragazza, poi salì in macchina, infilò le chiavi e si accorse che, sul sedile di fianco al suo, vi era un portafoglio. Dove essere di Penny, pensò. Lo prese e iniziò a curiosarci dentro: bigliettini da visita, banconote e la carta d’identità che aprì. Professione: insegnante. A Damon mancava andare a scuola. Le insegnanti, i balli, le ragazze, ma soprattutto il sangue facile. Magari si sarebbe iscritto a una scuola, ma prima doveva trovare un posto dove alloggiare.
Rimise la carta d’identità nel portafoglio e poi lo buttò fuori dal finestrino. Girò le chiavi e mise in moto l’auto.
 
Desdemona
«Desi svegliati sono già le sette e mezza!»
«Mmh.»
«Desdemona, farai tardi a scuola!» urlò di nuovo suo padre.
«Ok, ho capito, sono sveglia!» urlò a sua volta, abbandonando con difficoltà il suo caro lettuccio, dirigendosi in bagno. Arrivata davanti al lavandino, si lavò i denti e la faccia e poi ritornò in camera, per scegliere cosa indossare. Era il dodici settembre, non che primo giorno di scuola. Il sole splendeva e faceva ancora molto caldo. Desdemona aprì l’armadio straboccante di vestiti, indecisa su cosa indossare. Possibile che non ho niente di decente? Già era difficile trovare qualcosa per uscire, per il primo giorno di scuola era pressoché impossibile. Dopo varie prove, decise di indossare dei pantaloncini di jeans chiari, una canottiera bianca, sopra di essa una camicia rossa a pois bianchi e, infine, ai piedi, indossò un paio di converse rosse.
La ragazza ritornò in bagno per spazzolarsi i capelli. Le sue amiche invidiavano la sua chioma nera. Lei, invece, non ci vedeva niente di speciale. Fin dall’età di sei anni, aveva portato i capelli lunghi, quasi fino al fondoschiena ed erano stati sempre mossi e il loro colore nero faceva risaltare i suoi occhi di un color verde smeraldo.
«Desi sei pronta?» chiese urlando suo padre, per l’ennesima volta.
«Sì, due secondi!»
Finì di spazzolarsi i capelli e decise di legarli con un nastro rosso in una coda alta, si mise un po’ di trucco, prese la borsa e poi, in gran fretta, si diresse in cucina. «Ciao papà!» esclamò, dandoli un bacio sulla guancia.
«Tesoro!» rispose lui, sorridendo.
«Adela e Andreas dormono ancora?» chiese, addentando una fetta di pane tostato con la marmellata.
«Sì, loro iniziano alle nove.»
«Ah, già, dimenticavo. Eva, invece? E’ già uscita?»
«Quindici minuti fa è passata a prenderla Josh.»
«Anche Leandro è già uscito?»
«No, eccomi qua.» rispose suo fratello maggiore, entrando in cucina.
«Leo!» esclamò Desi, andandogli incontro e abbracciandolo, «Vero che mi porti a scuola?»
«In realtà...» iniziò lui.
«Ti preeego.» lo supplicò, facendo gli occhi da cucciolo. Leandro sembrò tentennare un po’, così Desi insistette, aggiungendo agli occhi anche il labbro inferiore tremolante. Sapeva che non avrebbe resistito molto e, infatti, dopo poche cedette. «Bene! Ciao papà, ci vediamo questo pomeriggio.» lo salutò, prendendo Leo per il braccio, trascinandolo fuori fino alla macchina.
«Emozionata?» le chiese, mentre la sorella faceva scendere il tettuccio dell’auto.
«Per cosa scusa?»
«Bè, è il tuo ultimo anno di liceo. Mi ricordo che all’ultimo anno io ero tesissimo.»
«Leo hai solo due anni più di me, smettila di fare il sapientone.» lo rimproverò Desdemona, dandogli una pacca sulla spalla destra.
«Ok, hai ragione. Solo…solo non capisco come fai ad essere così tranquilla.»
«Forse perché sono sempre andata bene a scuola a confronto di qualcun altro di mia conoscenza.»
«Touché.»
Entrambi scoppiarono a ridere. Desdemona adoravo Leo, era sempre così gentile con lei. La cosa che le piaceva di più di lui era che in ogni occasione, in ogni situazione aveva sempre il sorriso. Tra loro due vi era un legame molto forte. Non poteva dire la stessa cosa però di sua sorella maggiore, Eva. Da quando loro madre era morta, a mala pena le parlava. Non riusciva proprio a capirla. Ma solo con lei si comportava così, perché con Leo, Andreas e Adela era la sorella migliore del mondo, amorevole e comprensiva. Dopo anni capì che il suo comportamento era dovuto al fatto che le ricordava tanto la mamma. Infatti, Eva, assomigliava molto di più a loro padre: capelli color del grano e lisci come dei fili di seta, occhi azzurri e corporatura abbastanza secca. Insomma, aveva più tette lei!
«Siamo arrivati.» le fece notare Leandro, distogliendola dai suoi pensieri.
«Grazie, Leo.» si sporse per dargli un bacio e poi uscì dall’auto.
«Aspetta un attimo.»
«Sì?»
«Come ti sei conciata?!»
«Cosa intendi dire, Leo?»
«Le camicie non andrebbero allacciate?»
Sorrise divertita, «Ma la tua ragazza non è la prima ma va in giro mezza nuda?»
«Non è la stessa cosa, tu sei mia sorella.»
«Sì e ho diciassette anni. Saprò come vestirmi, o no?»
«Ok, ma…stai attenta. Ci sono troppo ragazzi che ragionano con gli attributi in questa scuola, per i miei gusti.»
Rise, «Stai tranquillo, fratellone!»
Leandro sorrise e poi mise in moto l’auto. Desi ricambiò il sorriso, intenerita dal suo comportamento protettivo e poi si diresse verso l’ingresso, proprio mentre l’ultima campanella finiva di suonare. Guardandosi intorno notò che il cortile era deserto, perciò iniziò a correre. In tredici anni di scuola non aveva mai fatto un ritardo e oggi non poteva permettere che accadesse. Stava per raggiungere le scale che portavano all’ingresso della scuola, quando sentì un rumore di freni. Si girò di scatto e vide una macchina frenare a pochi centimetri dalla sua gamba destra.
«Ehi, ragazzina! Si guarda prima di attraversare!»  gridò il ragazzo che stava guidando l’auto.
«Punto primo: io non sono una ragazzina e punto secondo: sei tu che sei entrato in area pedonale!» urlò lei a sua volta, mettendosi le mani sui fianchi.
«Bè, dovresti stare comunque attenta quando cammini! Se non avessi frenato in tempo ti avrei sicuramente investito!»
Desdemona non rispose, sbuffò e entrò a scuola. Non aveva tempo per quelle cose, era fin troppo in ritardo. A gran velocità raggiunse la sua aula e, per sua fortuna, si accorse che la professoressa di poesia e letteratura non era ancora arrivata. Individuate le sue amiche, Desi si andò a sedere nell’ultimo banco affianco al loro.
«Come mai sei in ritardo?» le chiese Isabelle preoccupata, sistemandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio. I suoi genitori erano entrambi francesi e a Desi piaceva molto il suo accento.
«Scusami Isa, ma mi sono svegliata tardi e, come se non fosse abbastanza uno stupido mi stava per investire. Ciao Fay.» aggiunse, salutando l’altra sua amica, intenta a scarabocchiare con una matita su un foglio di carta. Lei ricambiò il suo saluto con la mano.
«Sei stata quasi investita?! E da chi? Stai bene?»
«Ok, stai calma; una domanda alla volta. Sì, sto bene e no, non so chi sia stato. Dalla voce sembrava un ragazzo.» rispose, tirando fuori dalla borsa alcuni libri e l’astuccio.
«Era carino?» domandò lei, speranzosa.
«Non ne ho la più pallida idea.»
I loro discorsi furono interrotti dall’arrivo di Mrs. Smith, l’insegnate di letteratura e poesia, non che la più antipatica e scorbutica di tutto il corpo docenti. Durante le sue ore dovevi essere una statua: immobile e in silenzio. «Bene ragazzi, sono lieta di annunciarvi che da oggi avremmo in classe un nuovo studente, Damon Salvatore.» disse la donna, indicando un ragazzo alla sua sinistra, «Allora Damon, da dove vieni?» chiese, sedendosi dietro alla cattedra.
«Vengo da una piccola città dell’Oregon.»
Per Desi quella voce aveva qualcosa di famigliare. Dove l’ho già sentita?
«Ma il tuo cognome è di origini italiane, giusto?»
«Giustissimo. La famiglia di mio padre era di Firenze.»
«Capisco. So che ti sei appena trasferito e che quindi non hai ancora i libri, perciò potrai andare a sederti accanto a…a Desdemona. Signorina Coleman, le dispiacerebbe condividere il suo libro di testo per alcuni giorni con il signor Salvatore?»
«Affatto.» rispose, sorridendo.
«Prego, si accomodi.» Mrs. Smith indicò al nuovo arrivato la sedia affianco a quella di Desdemona. Lui le sorrise poi passò tra i banchi, finendo per sedersi affianco a lei. In quel momento, Desi vide Melissa Brown, la ragazza più popolare della scuola, guardarla con disgusto. E pensare che un tempo eravamo grandi amiche, pensò triste.
«Ancora tu?» esclamò il ragazzo, di punto in bianco.
Desdemona si girò verso di lui. Fino a quel momento non era riuscita a vederlo bene in viso. Damon aveva i capelli neri, proprio come i suoi e gli occhi di un azzurro molto chiaro, quasi fossero di ghiaccio. In effetti, però, sembravano davvero di ghiaccio. In quelle iridi non vi era calore, solo un gran gelo.
«Come prego?» chiese lei, confusa. Cosa cavolo stava dicendo? Lei non l’aveva mai visto.
«Non sei il pomodoro gigante che ho quasi investito questa mattina?»
«Cosa?! Tu sei lo strafottente?!»
«Bene ragazzi, silenzio che ora iniziamo la lezione.» disse Mrs. Smith, aprendo il libro di testo, «Oggi ci occuperemo di poesia. Vi faccio una domanda: secondo voi perché scriviamo poesie?»
Melissa alzò la mano, «Perché è carino?»
«Non proprio. Nessun altro?»
Desdemona roteò gli occhi e alzò la mano, «Credo che l’uomo scriva poesie per la stessa ragione per cui fa arte, scrivere libri o canzoni: ha bisogno di esprimere sé stesso. L’uomo è solo un involucro, la sua anima, la sua essenza non può essere non può essere contenuta. Ecco perché scriviamo poesie: per esprime noi stessi. Per essere capiti. Per non sentirci…soli.»
«Risposta esauriente, complimenti signorina Coleman.» la lodò l’insegnate, iniziando poi a scrivere alcune frasi alla lavagna.
«Secchiona.» le sussurrò Damon all’orecchio destro.
Come risposta la ragazza lo guardò male.
«Secchiona, secchiona.» ripeté lui.
«Ma la vuoi finire?!»
«Hey, voi due, fate silenzio!» li ammonì Mrs. Smith.
«Sì, scusi.» borbottò Desi. All’improvviso sentì qualcosa appoggiarsi sulla sua gamba destra e, quando abbassò lo sguardo, vide la mano di Damon fare su e giù sulla sua coscia. «Ma che cavolo stai facendo?!» urlò, alzandosi in piedi.
«Desdemona!» gridò sconcertata l’insegnante.
«M - mi scusi Mrs. Smith, ma…»
«Non voglio sentire altro. Oggi, tu e il signor Salvatore, resterete due ore dopo l’orario scolastico!»
«Ma…»
«Ma un bel niente!»
Desi era stupita. Mai, MAI in tutta la sua vita aveva preso una punizione e ora arrivava quel bell’imbusto e, non solo cercava di ucciderla, ma la metteva pure nei guai. Si girò verso il ragazzo e iniziò a fissarlo con odio. Damon Salvatore…TI ODIO!
In punizione. Io in punizione, pensò. Desdemona non ci poteva ancora credere. Guardò di sottecchi le sue amiche e loro ricambiarono il suo sguardo stupite. La causa dei suoi problemi, invece, se ne stava seduto, anzi oserebbe dire stravaccato, nel posto affianco al suo e stava ridendo, tutto tranquillo, come se non fosse successo nulla.
Decise di ignorarlo. Era l’unico modo per impedire alle sue mani di posarsi sulla sua gola e stringere forte. MOLTO FORTE.  Due minuti che lo conosceva ed era già riuscita ad inquadrarlo: era il classico ragazzo di bell’aspetto, ma marcio dentro. “Tutto fumo e niente arrosto”, avrebbe detto sua nonna.
Per fortuna la lezione passò abbastanza in fretta e, senza badare alle sue amiche, Desi si diresse nel bagno delle ragazze. Entrò sbattendo l’enorme porta blu e si rinchiuse dentro un gabinetto, abbassò la tavoletta e ci si sedette sopra. La ceramica fredda, contro la pelle delle sue gambe bollenti per via della rabbia, le  procurò un certo sollievo che subito scomparve quando ripensò a quello che era successo poco fa.
Tirò un pugno alla porta davanti a sé. Damon Salvatore, ripensò al suo nome, scandendoselo bene in testa. Come aveva potuto? Ok, magari lei era stata un po’ suscettibile e non si sarebbe dovuta arrabbiare così tanto - chissà quante volte si era sentita chiamare secchiona -  ma anche lui la toccatina alla sua coscia poteva evitarla! Odiava le persone viscide e lui era viscido! Cavolo! Quell’anno doveva essere perfetto, non poteva più permettersi scenate come quella di prima. Se voleva lasciare Los Angeles e ricevere una borsa di studio per Harvard, il suo comportamento, come i suoi voti ovviamente, dovevano essere impeccabili. Non che Los Angeles fosse una brutta città, anzi tutt’altro, era caotica, vivace e “colorata”, ma viverci  per lei era un incubo. Non era quel genere di ragazza che andava alle feste e si ubriacava e ballava tutta la notte, come sua sorella maggiore. Desi preferiva rimanere a casa a leggere un libro o a giocare a carte con la sua famiglia. Entrare ad Harvard era il suo sogno fin da quando aveva cinque anni e sua madre le mostrò un articolo di giornale su alcuni studenti. Lì si sarebbe concentrata prettamente sullo studio, in modo da poter diventare un avvocato o comunque una persona di alto livello. Suo padre, però, non era molto d’accordo sul fatto che lasciasse il “nido”, come lo definiva lui e le aveva proposto già diverse volte di frequentare un’università locale insieme alla maggior parte delle sue coetanee, come avrebbero fatto Isa e Fay.
«Desi, sei qui? Stai bene?» Isabelle comparve all’improvviso davanti alla porta del gabinetto.
«Sì, Isa, tutto bene. Non ti preoccupare.»
«Sicura?» chiese di nuovo, non vedendola uscire dal suo nascondiglio.
«Sì, sicura. Un secondo che esco.» chiuse gli occhi e immaginò che tutta la rabbia si trasformasse in un enorme budino al cioccolato, con panna montata e una spruzzatina di cacao e poi lo concentrò tutto nello stomaco. Ispirò profondamente e poi uscì dal bagno sorridendo, come se non fosse successo nulla. «Eccomi!» esclamò felice, cercando di essere il più convincente possibile, «Dov’è Fay?» chiese, provando a sviare la raffica di domande che presto Isa le avrebbe fatto.
«E’ andata a matematica.» le rispose scrutandole il viso in cerca di lacrime o alcuni segni di disperazione, «Cosa che dovremo fare anche noi se non vogliamo prendere un ammonimento dal signor Sulez.» aggiunse poi, rendendosi conto che stava realmente bene.
«No, grazie, quello di prima mi basta e avanza.» prese la borsa e uscì dal bagno, seguita dall’altra.
«Posso almeno sapere perché prima in classe sei scattata come una gazzella inseguita da un leone?» le chiese Isabelle, cercando di starle dietro mentre attraversavano il corridoio gremito di studenti.
«Ma niente di che, davvero. Sono io che sono un po’ nervosa questa mattina.» rispose Desdemona, evitando volontariamente lo sguardo dell’amica.
«Senti.» Isa si bloccò in mezzo al corridoio costringendo così gli altri studenti a girarle attorno per non travolgerla, «Ti conosco da quando non facevamo altro che strillare e farci la pupù addosso, credi che non mi accorga quando menti? Racconta o giuro che non mi muovo di qua!» allargò leggermente le gambe e incrociò le braccia all’altezza del seno.
Desi rimase a fissarla per qualche secondo. I capelli rossi e arricciati all’insù le ricadevano morbidamente sulle spalle, mentre gli occhi azzurri, simili a lapisluzzi, erano fissi nei suoi. La ragazza si guardò intorno notando che alcuni ragazzi si erano girati a fissarle, curiosi. «Ok, va bene, ma intanto andiamo in classe, ci stanno guardando tutti.» sbottò alla fine, prendendo l’amica per un braccio.
Poco prima di arrivare in classe, finì di raccontarle tutto.
«Cosa?!» urlò Isa, spalancando gli occhi, «Un belloccio come Damon Salvatore ci prova con te e tu lo rifiuti facendo l’isterica?!» le sue guance candide avevano lasciato il posto a due pallini rossi, mentre il respiro le era diventato affannoso.
«Lui non ci stava provando, lui...» Desi non completò la frase, incapace di trovare la parola adatta per descrivere il gesto del ragazzo.
«Mi sa che ti devo insegnare a rimorchiare i ragazzi.» dichiarò Isa, sedendosi tra Fay e Desdemona.
Per fortuna durante matematica ci si sedeva a gruppi di tre, quindi la ragazza non correva il rischio di ritrovarsi vicino persone non molto gradite. Mentre il professor Sulez iniziava la lezione, Desi si mise a perlustrare  ogni dettaglio dell’aula e si accorse, con suo grande sollievo, che Damon non seguiva il suo stesso corso, così si rilassò e si concentrò sulla lezione.
Hector Sulez, il suo professore si era trasferito nella loro scuola due anni fa, dopo il divorzio con la moglie. Era un uomo affascinante a suo modo. Ok, aveva cinquanta e passa anni e la pelle flaccida, però questo non voleva dire che da giovane non fosse stato un gran pezzo di ragazzo.
Abbassò lo sguardo sul foglio davanti a sé, poi prese una penna e iniziò a ricopiare quello che il professore aveva appena scritto alla lavagna. Sarebbe stato meglio concentrarsi sulla lezione o sarebbe rimasta indietro.
 
Qualche ora dopo, il primo giorno di scuola era finito e tutti stavano per tornarsene a casa. Tutti tranne lei, ovviamente.
Dopo aver salutato frettolosamente le sue amiche, si diresse verso gli armadietti dei ragazzi dell’ultimo anno per cercare sua sorella Eva, che aveva un anno in più di lei, ma l’anno precedente era stata bocciata.
«Eva!» urlò, fiondandosi al suo fianco.
«Shh.» le intimò, portandosi un dito alle labbra, «Quante volte ti ho detto di non parlarmi a scuola?»
«Ancora con questa storia? Ormai lo sanno tutti che sono tua sorella. Ah, ciao Josh.» girò il viso, salutando il ragazzo di sua sorella che nel frattempo si era avvicinato. Josh giocava a football e quindi era automaticamente un dei ragazzi più popolari della scuola, ma non solo, era anche uno dei più belli. I grandi occhi dorati risaltavano sull’abbronzatura, così come i capelli rossi.
“Ciao De.» ricambiò lui, avvicinandosi a Desdemona dandole un piccolo bacio sulla guancia. Era l’unico che la chiamava così e a lei piaceva. Lui e sua sorella stavano insieme dalla preistoria e per questo lo considerava come un fratello, anche se, doveva ammetterlo, fino a un anno fa era cotta di lui.
Eva circondò i fianchi di Josh con un braccio, possessiva. Come se io potessi portartelo via, pensò.
Anche lui era stato bocciato l’anno precedente, ma non perché andasse male a scuola, semplicemente aveva chiesto al padre di poter ripetere l’anno per stare con Eva. L’amore, proprio. In quel istante un pensiero iniziò a farsi strada nella sua mente: come poteva un ragazzo dolce come lui stare insieme a una scorbutica come sua sorella?
«Allora, mi vuoi dire cosa vuoi?» le chiese Eva spazientita.
«Oggi torno a casa alle quattro; potresti dire a Leo di venirmi a prendere, per favore?»
«E come mai?»
«Io…»e ora chi glielo dice che sono in punizione?
«Tu..?»
«Devo fermarmi, perché sono in punizione.» ammise poi, abbassando lo sguardo imbarazzata.
«Tu cosa?! Non ci posso credere! Miss. Perfezione in punizione!» esclamò sua sorella, tra lo stupore e il divertimento.
«Io non sono perfetta e neanche tu Eva, se è per questo.» alzò lo sguardo e punto gli occhi dritti nei suoi.
«Porta un po’ di rispetto.» pronunciò seria.
«Altrimenti? Cosa mi fai?» domandò Desdemona, provocandola.
Eva stava per replicare, ma Josh fu più svelto, «Forse è meglio se ti incammini verso la macchina, tesoro.»
Eva fissò la sorella con tutto l’odio di cui era capace e poi se ne andò, lasciandola sola con Josh.
«Sai com’è fatta.»
«Già.» scoccò la lingua, «Stai attento, oggi è peggio dell’acido muriatico. Credo sia arrivato quel periodo del mese.» gli fece l’occhiolino, tornando di buon umore.
«Non ti preoccupare De, farò in modo che tuo padre non venga a sapere niente. Gli dirò che ti sei fermata a scuola per un progetto.»
«E come credi di fare?» chiese, ormai rassegnata, «Eva ha la possibilità di infangarmi, non si lascerà scappare questa occasione.»
«Bè, ho i miei metodi.»
I loro sguardi si incontrarono e lui le fece uno strano sorrisetto.
«Oddio!» esclamò Desi, mettendosi una mano sugli occhi, come se avesse visto uno scarafaggio, «Non voglio sapere!»
«Non vuoi sapere cosa?»
«I vostri...» deglutì rumorosamente, «Dettagli INTIMI!»
«Dettagli intimi? De, non hai capito. Intendevo dire che volevo offrirle una cena.» rise Josh, divertito.
«Ah.» arrossì per la figura appena fatta.
«Non ti preoccupare. Ora vado, tua sorella mi sta aspettando e sai che a lei non piace aspettare.»
«Grazie Josh.» istintivamente lo abbracciò, appoggiando la testa sulla sua spalla calda e muscolosa.
Josh ricambiò, «Ci vediamo.» si sciolse dall’abbraccio e si diresse verso l’uscita.
«Oh, che carini.» commentò una finta voce mielosa.
Desi si immobilizzò all’istante.
«No, davvero.» continuò questa, «Se non fosse che lui ha la ragazza sareste proprio una bella coppia o forse siete già amanti?»
Ci fu un attimo di silenzio, in cui i nervi di Desdemona si tesero al massimo. Damon era dietro di lei, ed era sicura che sulle labbra aveva dipinto un sorrisetto compiaciuto. «Quello è il fidanzato di mia sorella Eva e tra noi non c’è proprio niente.» rispose, iniziando a camminare verso l’uscita posteriore della scuola.
«Davvero? Allora tua sorella dovrebbe guardarsi le spalle.» la seguì.
La ragazza strinse forte le dita della mano destra attorno alla spallina della borsa, fino a far diventare le nocche bianche. Non aveva voglia di discutere, così lasciò cadere l’argomento, continuando a camminare verso l’uscita. Era superiore a queste cose.
«Dove si va adesso?» chiese lui.
 «In biblioteca. E per colpa tua dobbiamo fermarci fino alle quattro.»
«Non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto.»
«Egocentrico.» sussurrò.
«Cosa?»
«Niente.» mentì, avvicinandosi alla porta della biblioteca. L’avrebbe aperta se Damon non le si fosse parato davanti.
«Ti conviene trattarmi bene, piccola.» disse serio.
I loro occhi si incontrarono e un brivido di freddo attraversò la schiena di Desi. Gli occhi del ragazzo erano diventati più chiari, sembrando quasi bianchi e si erano fatti più freddi, quasi ghiacciati. La ragazza strizzò un po’ gli occhi infastiditi. Era come guardare la neve illuminata dal sole: accecante. L’unica cosa che contrastava quella luce era un alone nero che li circondava.       
«Mi stai minacciando?»
Lui alzò semplicemente le spalle e, con movimenti fluidi e naturali, le aprì la porta. Una volta entrata, Desdemona si avvicinò al bancone dove Beth, la bibliotecaria che aveva qualche anno in più di lei, stava catalogando alcuni libri.
«Ciao Beth.» la salutò, avvicinandosi.
«Desdemona? Cosa ci fai qui?» domandò lei, evidentemente stupita.
«Emm, progetti scolastici.» mentì, cercando di restare sul vago.
«Ma siamo solo al primo giorno di scuola!»
«Eh, lo so.»
«Per me tu studi troppo.»
«E’ quello che le dico sempre anch’io.» disse Damon, intromettendosi nella conversazione.
«E tu saresti…?»
«Damon Salvatore.» con delicatezza prese una sua mano sulla quale poi posò le labbra, «Incantato.»
Bleah!, pensò Desdemona schifata. Schifo che aumentò quando notò che Beth stava lievemente arrossendo e che Damon stava sorridendo, quasi compiaciuto.
Dopo qualche momento di silenzio, la prima a parlare fu la bibliotecaria, «Lavorate insieme?»
«No!» rispose la ragazza velocemente, «E’ nuovo e visto che non ha ancora dei libri gli ho consigliato di venire qui, per iniziare a studiare qualcosina.»
«Capisco.» annuì Beth, continuando a fissare Damon, che nel frattempo si era fiondato sulla macchinetta delle merendine, posta infondo alla stanza. «Bè, allora buon lavoro e se avete bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, io ci sono.» aggiunse subito dopo.
Chissà perché, ma credo che l’ultima frase non sia indirizzata del tutto a me, pensò. Anche Desdemona si avvicinò alla macchinetta e iniziò a infilarci delle monetine, per poi digitare il codice A-3, corrispondente alle patatine.
«Non sai che quelle vanno dritte sul tuo bel sederino?» le chiese Damon, poggiandosi con una spalla alla macchinetta, sorseggiando una bibita.
«Uno: non osare guardare il mio sedere, due: non credo che questi siano affari tuoi, Damon.» rispose secca.
«Ah, e così ti ricordi il mio nome.» disse compiaciuto.
Fece roteare gli occhi, «E come dimenticare il nome della causa dei miei problemi?»
«Capito.» annuì, come se la ragazza avesse detto qualcosa di giusto, «Lascia che mi presenti meglio. Sono Damon Salvatore, piacere” allungò una mano verso di lei. Desdemona lo guardò a lungo diffidente. «A questo punto tu dovresti dire: piacere mio, io mi chiamo…»
Sospirò, «Io sono Desdemona Coleman.» ricambiò la stretta di mano, «E, mi dispiace, ma dopo tutto quello che hai combinato, per me non è un piacere.»
«Vedo che siamo di pessimo umore.»
«Già...»
“Bè, con il nome che hai, non posso biasimarti.»
«E con questo cosa vorresti dire?» chiese, alzando il volume della voce, facendosi così rimproverare da Beth, che si portò un dito alle labbra. La ragazza le mimò uno “Scusa” poi riportò l’ attenzione su Damon, «Dici a me di nomi strani? Il tuo è un po’ contorto, non trovi? Il nome “Damon” è una variazione del nome “Demon” che equivale a demone, ovvero una creatura maligna, collocata generalmente nel inferno e per questo seguace del diavolo, chiamato comunemente Lucifero, mentre il tuo cognome “Salvatore” dovrebbe stare a simboleggiare una persona buona, che salva qualcuno, ovvero un essere opposto al demone.» Damon rimase zitto, probabilmente non sapeva bene cosa dire, così la ragazza colse l’occasione per toglierselo dai piedi, «Beeene, ora io andrò a sedermi là.» indicò un tavolo, posizionato vicino a una finestra, «Mentre tu andrai laggiù.» questa volta indicò un tavolo che si trovava nel lato opposto della sala, «Non ho niente contro di te, sia chiaro, ma non ti voglio tra i piedi. Non posso permettermi alcuna distrazione, quindi ciao.»
Senza dagli il tempo di replicare, si fiondò verso il tavolo, prese posto  e iniziò a leggere. Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio, in Corsica, poco più di un anno dopo la stipula del Trattato di Versailles del 1768 con il quale la Repubblica di Genova lasciava mano libera alla Francia in Corsica, che fu così invasa dalle armate di Luigi XV ed annessa al patrimonio personale del Re. Continuò a leggere per altre due ore, finché non iniziò a provare una strana sensazione di disagio. Quel tipo di sensazione che si prova quando qualcuno ti sta fissando. Alzò lo sguardo verso Beth, che era tutta concentrata nel leggere una rivista di gossip, poi girò la testa verso Damon e incontrò il suo sguardo. Non stava sorridendo e continuava a fissarla con quei suoi occhi di ghiaccio anche se l’aveva colto sul fatto. Voleva disturbarla? Bene, non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione. Sbuffò e ritornò a leggere. Ormai console a vita, Napoleone era…era in pratica sovrano…Doveva per forza continuare a fissarla? Assoluto della…Francia. Il 18 maggio 18…04 il Senato lo proclamò…imperatore dei francesi e…oh, al diavolo! Si alzò di scatto dalle sedia, chiuse il libro molto rumorosamente, guardò Damon e poi si diresse verso gli scaffali di letteratura inglese. L’unico modo per scacciare la rabbia era leggere Shakespeare. Già, aveva un disperato bisogno di Romeo e Giulietta.
Arrivata davanti allo scaffale, si rese però conto che il libro era stato sistemato su una mensola molto alta. Si guardò intorno e individuata la piccola scaletta di legno andò a prenderla, per poi la sistemarla per bene sotto lo scaffale. Ci salì sopra.  Uno, due, tre, quattro gradini. Desi si allungò un po’, ma non ci arrivò comunque. Possibile che fosse così bassa? Riprovò. Si alzò sulle punte e finalmente riuscì ad afferrare il libro. Quando però riappoggiò completamente un piede sulla scaletta, la sentì traballare. Oh, no! Se ora rimetto giù anche l’altro piede cadrò di certo.
«Serve aiuto?»
 La ragazza girò lentamente la testa, cercando di non muoversi troppo e incontrò lo sguardo divertito di Damon. «No, grazie, posso farcela ben...» non finì la frase. Il muscolo della gamba destra non era riuscito a sostenerla e si era lasciato andare. Per la paura, chiuse gli occhi, ma il suo corpo non toccò mai terra. Si ritrovò invece a mezz’aria, con i piedi sulla scala e con qualcosa che le premeva e la sosteneva sul fondo schiena. Era qualcosa di caldo e sembrava avesse come dei rami.
«Ok, credo che tu la debba smettere con le patatine.» disse Damon, soffocando una risata.
Oddio, pensò, spalancando gli occhi. Non ci poteva credere. Non ci VOLEVA credere. Quella cosa calda che la sosteneva era la sua mano! Aveva la sua mano sulle sue chiappe!
«TOGLI. IMMEDIATAMENTE. LE. TUE. MANI. DAL. MIO. SEDERE.» sibilò, cercando di non alzare la voce.
«Come vuoi.» lui l’accontentò, mollando la presa.
«Ok, rimetti! Rimetti!» gridò Desi, sentendo il suo corpo muoversi all’indietro verso il pavimento.
Per fortuna Damon fu veloce e rimise la mano dove prima l’aveva tolta. «Woow! E’ la prima volta che una ragazza mi chiede di toccarle il sedere.»
«Oh, taci!» disse Desdemona, «E ora aiutami a scendere.»
«Come vuoi, piccola.»
«Protesti smettere di chiamarmi così? Io ho un nome!»
«Va bene, Desdemona.» pronunciò il suo nome con uno strano accento italiano che le fece formicolare tutto il corpo. Ma cosa le prendeva?
Appena si ritrovò a terra, la ragazza si strinse al petto il libro, usandolo come scudo, poi abbassando lo sguardo bofonchiò un “Grazie” e ritornò a sedersi al suo posto, iniziando a leggere, cercando di far sparire il formicolio.
 
Due ore dopo, Desi stava uscendo dalla biblioteca con Damon alle calcagna.
«Vuoi un passaggio piccola?»
«No, grazie, laggiù c’è mio fratello.» rispose secca, indicando la macchina beige di Leo.
«Allora sarà per la prossima volta.» si mise le mani nelle tasche del giubbotto di pelle.
«Non credo proprio.» rise.
«Hai paura?» le chiese, prendendo tra le dita una ciocca di capelli sfuggitale dalla coda.
«No, ma non ci sarà una prossima volta.» allontanò la mano dai suoi capelli, «Ciao Damon.» lo salutò e se ne andò.
«Chi è quello?» le domandò Leo, appena entrata in macchina.
«Nessuno...» rispose lei, buttando un’ultima occhiata a Damon, mentre suo fratello schiacciava sull’acceleratore.
 
Damon
Quella Desdemona era proprio un tipetto tutto pepe. Gli avrebbe di certo dato filo da torcere.
Sarebbe stato divertente vederla cadere ai propri piedi e poi, PUFF, ucciderla.
Intanto, però, aveva bisogno di magiare e quella Beth, bè, lei avrebbe proprio fatto al caso suo.
 
 
 
 
 
 
 





Angolo autore
Buon pomeriggio! Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
Se avete qualche consiglio da darmi o nel capitolo trovate qualche errore che mi è sfuggito, fatemelo notare, mi raccomando!
Un bacio!
   
 
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