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Autore: Mina_Blake    16/10/2015    0 recensioni
Strani avvenimenti accadono intorno a Livia Manto, studentessa prossima alla Maturità. Le Ombre - così vengono definite dalla ragazza le entità presenti nella propria vita da quando riesce a ricordare - sembrano essere tornate, e ‘stavolta sarà impossibile ignorarle.
Intanto, l’intero Giappone sembra essere preda della più strana catena di omicidi mai registrata prima: Kira.
Due faccende completamente separate, se non fosse che da un po’ Livia senta una delle Ombre parlare di questo serial killer come una sorta di aspirante Dio sulla Terra …
… La stessa Ombra che sembra manifestarsi ogni qualvolta ci sia Light Yagami nei dintorni.
Intanto il Caso Kira viene preso in mano da L, uno dei migliori detective privati del mondo, di cui nessuno conosce il volto, né il vero nome.
Quando L deciderà di giocare a viso scoperto, forte dei suoi sospetti su Light Yagami, s’imbatterà per caso in Livia: sin dalla prima occhiata con la ragazza, il detective si ritroverà risvegliato gradualmente a un passato che lui stesso non credeva di aver vissuto …
… E che la giovane Manto aveva cercato con tutti i mezzi di dimenticare per sempre.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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                                                                               Chapter Two : Behind the Mirror

 
La scorsa notte, presso il penitenziario occidentale di Tokyo, è improvvisamente deceduto per arresto cardiaco il rapinatore Kaoki Kuroshi Kayato.
Il Ministro degli Affari Generali ritiene che il caso sia riconducibile alla misteriosa serie di morti per arresto cardi …

- Liv, ci sei? -.
- Eh? -. Reiko si lasciò sfuggire un sospiro di cui sinceramente non capii la ragione:
- Ti ho chiesto se ti va una pizza, oggi non ho fatto in tempo a passare al supermercato. –
- Ah, scusami … Si, ottima idea -. Accavallai le gambe mettendomi più comoda sulla sedia; il seguito dell’articolo mi scorse letteralmente sotto gli occhi senza che riuscissi a leggerlo mentre mi sentivo sfilare il giornale dalle mani.
- Guardami -. La accontentai nella speranza che mi ridesse quel pezzo di carta.
- Hai fumato? -. Insomma, che fossi distratta doveva essere evidente, anche perché i miei sforzi di apparire diversamente erano pari a zero, ma non potevo essere così fra le nuvole da farla saltare a queste conclusioni.
- Ho fatto fuori mezzo pacchetto, ma non di quel che intendi tu. -.
- E allora cosa c’è che non va? –
- Nulla, mi stavo aggiornando tanto per non essere fuori dal mondo! -. Ancora una volta il giornale mi sfuggì quando tentai di riprendermelo, sparendo dietro la schiena di una Reiko piuttosto contrariata.
- Perché sei andata via da scuola? -.
Restai per un po’ a guardarla, notando solo allora il suo essere ancora in pigiama e struccata, così come l’avevo lasciata prima di uscire. Porca miseria, come avevo potuto dimenticare che proprio oggi fosse il suo giorno libero dal lavoro?
- Hanno telefonato? –. Eppure poteva essere stato solo il Fantasma Formaggino a vedermi uscire; per quanto ne sapevo i professori erano tutti nell’aula magna a prendere il caffè al momento della mia conversazione con Light, ero pronta a metterci la mano sul fuoco.
- In un certo senso. Ha chiamato Misa. -.
Feci schioccare la lingua servendomi altro caffè dal bricco poggiato a centro tavola, adesso pronta a mettere qualcos’altro sul fuoco, tipo quella testa di rapa della mia amica.
Perché gli esseri umani non pensano mai agli affari propri?
- E cosa ne sa, Misa? -. Le dita smaltate di rosso della mia tutrice si mossero come a scacciare un insetto fastidioso almeno quanto il dover  ripetere la conversazione avuta con la mia compagna di scuola. Sapevo bene quanto non le piacesse parlare di quella ragazza, anche se Rei non lo avrebbe mai ammesso.
- Il punto è che se c’è un problema devi dirmelo, Liv. -. Certo, tu aspetta e spera …
-  Sono solo nervosa, forse la febbre non mi è passata del tutto.  – riciclai parte del motivo che mi aveva spinta a girovagare senza meta per la città fino all’ora di pranzo – E non mi andava di vedere certi soggetti. -.
 
                                                                                                                                                             ***
 
Reiko era proprio un gran bel soggetto.  Un qualunque genitore pescato a caso dalla folla che brulicava per la città sarebbe come minimo inorridito davanti ai contenuti extra dei miei anni di liceo.
Per portarlo a chiedersi dove avesse sbagliato con sua figlia gli sarebbe bastato poco, tipo la bambola decapitata che, a metà del primo anno, la ragazza più infame della classe si era ritrovata nello zaino.
Lei invece non sembrava minimamente toccata da questa mia sorta d’inclinazione alla vendetta; anzi ebbi più volte l’impressione che approvasse, seppur non apertamente;  dopotutto i miei non erano scatti da incoraggiare, non è così che si comporta una persona ‘’civile’’.
Sarò sincera, non avevo intenzione di dirle proprio niente.
Per quanto avesse sempre pronta una parola di conforto nel momento del bisogno, cercare di spiegare a un persona così testardamente razionale che forse avessi qualcosa fuori dalla norma, come il vedere ciò che agli occhi degli altri sembrava essere inesistente, sarebbe stato solo uno spreco di fiato. Senza contare poi il rischio di un appuntamento immediato con lo strizzacervelli.
C’era stato un periodo, fra i nove e dieci anni d’età, in cui lei avrebbe voluto portarmici, turbata dalle strane figure riprodotte alla bell’e meglio nei disegni di cui la mia camera era tappezzata.
Convinta io stessa che la causa fossero i troppi film horror guardati di nascosto in piena notte alla tv – non che mi facessero chissà quale effetto – avevo liquidato in fretta la faccenda, prima ancora che lei avesse il tempo di pronunciare la parola ‘’psicologo’’. La discussione si era chiusa lì, con me che rigiravo tranquilla il cucchiaio nella mia tazza di caffelatte e una Reiko che, dopo avermi fissata dall’altro capo del tavolo, aveva forse deciso di credermi sulla parola.
… Ma in tutti gli anni a venire qualcosa era rimasto, come il vago motivetto di una canzone che credevi di aver dimenticato: quella mattina avevo avuto la conferma.
A quanto pare le Ombre, presenze così vaghe nei miei ricordi di bambina, tanto che col passare del tempo avevo cominciato a dubitare di averle mai viste e sentite, erano tornate.
 
                                                                                                                                                                   ***
 
    Il libro di storia che lanciai oltre la spalla atterrò sul materasso con un tonfo senza che mi fosse rimasto in mente il minimo concetto della lezione da studiare per l’indomani.
D’altra parte avevo una gatta da pelare tanto grossa da rendere semplicemente ridicolo il preoccuparsi per un brutto voto.
 Mi scappò quasi un sorriso quando, acceso lo stereo, tanto per rilassare l’atmosfera, riconobbi le note del mio brano preferito degli Evanescence nell’alzare il volume. Eternal era proprio quel che ci voleva per spegnere un po’ il cervello.
Accesi la luce prima di andare alla finestra, socchiudendo le imposte per far cambiare un po’ l’aria.
  
Il giorno stava lentamente morendo oltre il vetro, così come la melodia del piano; restai lì ferma a contemplare gli ultimi barlumi di fuoco venir trascinati giù, finché tutto fuori non fu ombra, lasciandomi faccia a faccia col mio stesso riflesso …
… Che a un certo punto mi lanciò un fugace sorriso.
O almeno credo. Insomma, non lo so.

Liv.
Dovevo essermi addormentata, ecco. Altrimenti la ragazza riflessa sul vetro avrebbe avuto l’espressione di chi capita in situazioni del tipo Congratulazioni! Sei il nostro milionesimo cliente e hai vinto una Porsche! , al posto della smorfietta impaziente in cui aveva atteggiato le labbra.
Allungare le dita sulla superficie gelata fu ovvia reazione, ma Livia … Insomma, lei, non sembrò essere dello stesso parere.
Su, non fare quella faccia.
La voce, la voce era senz’altro la mia, anche se vagamente distorta, come se stessi ascoltando una registrazione. Beh, siccome rischiavo di svegliarmi da un momento all’altro, tanto valeva non perdersi nei soliti preamboli del chi sei e oh, Dei, com’è possibile?, e sentire cos’avesse da dirmi.
Non l’hai ancora trovato?
Nella manciata di secondi in cui rimasi a fissare L’Altra, senza la più pallida idea su cosa si aspettasse rispondessi, mi diedi un pizzico sul dorso della mano.
Per l’amor del … Livia, ascoltami.
- S-Scusa – risposi di riflesso mentre lei, oltre il vetro, si lasciava andare contro la parete accanto alla cornice della finestra, gli occhi fissi nei miei.
Lui è qui. Trovalo. Ti stava cercando, ma qualcosa è andato storto, chiaro?
La fa facile, lei, chiaro un corno.
- Aspetta, lui chi? Honey?! -. Alla faccia di Misa che, una volta per tutte, avrebbe smesso di scimmiottarmi e di parlare al muro ogni volta che c’era da convincermi a fare qualcosa!
Honey, ti prego, diglielo anche tu che se non viene l’appuntamento salta! Non le farò fare tardi e Takeshi non te la spupazzerà troppo, promesso!

 
Honey? Chi accidenti sarebbe?
 
Sapeva come stroncare l’euforia altrui, non c’è che dire. Non che fosse la Scoperta dell’America, mi conoscevo, in fondo.
Apri bene le orecchie: devi trovarlo, o farà una brutta fine. E anche tu. Siete stati lontani troppo tempo.
Ecco la fregatura: in ogni romanzo c’è la tipica situazione in cui per salvare la pelle devi ammazzarti in una corsa contro il tempo per salvare prima il qualcuno che sarà a sua volta la chiave della tua salvezza. Oh, come odio le ripetizioni in una frase.
Comunque, chiaro?
… Peccato non fossi la protagonista di un romanzo, quell’eroina che afferra al volo i significati intrinsechi degli indovinelli-aiuto di turno.
- Di grazia, potresti essere più precisa? Come si chiama, il tizio? -.

Non puoi dargli un nome. Ma lui ti riconoscerà. Tu …
Quasi avrei voluto aiutarla a trarsi d’impaccio, mentre la guardavo battersi il palmo aperto contro la fronte.
Che stress, quando nessuno trova le parole giuste per dirti qualcosa d’importante.

… Devi tenere gli occhi aperti. Vuole tornare a casa, poi ti aiuterà a sistemare tutto.
Mayday, Mayday!
- Perdonami, così non riesco a seguirti -. Un paio di matite rotolarono giù dal bordo della scrivania con un tintinnio legnoso quando raccattai al volo un foglio pulito: la faccia dell’Altra fu un qualcosa d’impagabile mentre frenavo di fronte a lei sulle rotelle della sedia girevole, già prendendo appunti su quanto aveva detto fino a quel momento.
Dico sul serio, che altro avrei dovuto fare?

- Beh, chiunque sia, proverò a cercarlo. Immagino si farà vivo lui, perciò okay. Ho un limite di tempo?
Non posso dirti altro, tu non vuoi sapere.
Come?!
- Che significa, ‘’non voglio sapere’’ ?! – sbottai sventolandole il bloc-notes sotto il naso, – Questo secondo te mi serve per fare l’idiota?! -.
Tu non vuoi sapere, Livia. E se tu non sai, nemmeno io so. Lui ti spiegherà tutto, ma devi fare presto.
- Andiamo, mi stai dicendo che mi sono autosparaflashata? -.
Un sopracciglio alzato fu tutto ciò che ottenne la mia incompresa citazione su Man In Black III.
- Se sei me non puoi non aver visto quel film. Hai presente la parte in cui K, dopo aver cancellato i ricordi relativi ai M.I.B. (con un Neuralizzatore, appunto), deve seguire tutti gli indizi che si è lasciato nel caso avesse dovuto ricordare? -. Battei a mo’ di rullo di tamburi la penna sul blocco, puntandola infine contro L’Altra:
- E’ esattamente di questo che parlo. Ora, almeno, dammi degli indizi, non posso non averne lasciati. - .

… I secondi passavano e, sinceramente, per quanto fu lungo il suo silenzio, nel momento in cui alzai gli occhi mi sarei aspettata di trovare semplicemente una Livia armata di carta e penna a fissarmi dal riflesso della finestra.
Invece L’Altra scosse la testa:

In effetti c’è qualcosa che non vuoi dimenticare. Maledizione, è complicato.
Il suo arrotolare una ciocca di capelli intorno all’indice mi strappò un mezzo sorriso nel riconoscermi.
Ma... E’ quel qualcosa stesso, ad averti spinto a farlo.
- Immagino sia il massimo della chiarezza che tu possa offrirmi, Liv. -.
Considera già oro il fatto che sia qui. Significa che non hai perso del tutto il senno.
- Perché, secondo te, parlare al proprio riflesso come fa Peter Pan con la sua Ombra è  normale. –
  Potevo permettermi simili frecciatine;  non me la sarei mai presa per una battuta del genere.

Senti, se sono qui è perché tu l’hai voluto. E, mentre stiamo qui a discutere, lui rischia grosso. Dovrei mollarti qui a lasciarti cuocere nel tuo brodo ...
Forse non mi conoscevo abbastanza, che posso dirti? Oppure la cosa era davvero di vitale importanza, come lei stava cercando di farmi capire.
… Ma sai che non lo farò, ci rimetteremmo tutt’e due.
- Non arrabbiarti, è che non riesco proprio a connettere. –, Lasciai il blocco sulla scrivania nell’avvicinarmi, osservandola premersi ancor più contro il muro e poi sbuffare nel guardare qualcosa davanti a sé, mostrandosi di profilo.
- Perché ti sei fatta viva solo adesso? -.

Seguì un lungo silenzio, con lei che se ne stava a capo chino, il viso nascosto dalla cascata di capelli, e me, che presa dal senso di surreale avevo preso a rimurginare su chi mai avessi potuto voler dimenticare per … Per cosa?
Per non soffrire più?
Per non sentirmi in colpa?
Per poter andare avanti?
Per non aver digerito un’ingiustizia?
Per iniziare una nuova vita?

Più o meno tutto. In fondo non è questo il motivo per cui ti sei fatta bucherellare il braccio?
Bucherellare il brac ...?
- Che c’entra, quello l’ho fatto per motivi miei. -. ‘Stavolta il sorriso rivoltomi era chiaramente di scherno.
Che bisogno avresti avuto di … Aspetta, come dicesti a Misa? Ah si, di ‘’affermare la tua identità’’?
Stai scappando da qualcosa, fattene una ragione.

- Un sacco di gente va a farsi un tatuaggio come promemoria di qualcosa, perché vieni a fare la predica proprio a me, allora? -.
Perché hai combinato un casino! , sibilò L’Altra, voltandosi in uno scatto così repentino che pensai sarebbe saltata fuori dal vetro per mangiarmi.
 Invece piangeva.

Almeno … Almeno una cosa sensata l’hai fatta, con l’ultima rimasuglia di coscienza che t’era rimasta!
- Che stai farneticando? –
Usalo, quello scarabocchio. Il tempo scorre.
Distolsi lo sguardo: la manica della t-shirt venne giù a scoprire la spalla sinistra e, un soffio più in basso, la lettera a carattere gotico stilizzata che, quasi in preda a un’ossessione, avevo personalizzato e resa definitiva negli anni, fino a volerla portare con me, per sempre.
Non vuoi saperne, ma ciò non toglie che hai in te un lucchetto.
Forse Reiko aveva ragione, dovevo essere fuori di testa per pensare di andarmene in giro senza una felpa, in inverno inoltrato. Le dita corsero a sfiorare la L marchiata sulla pelle al brivido di freddo che mi scosse dal fondo della spina dorsale; al tempo stesso, mentre alzavo gli occhi a incrociare quelli di Livia, seppi che l’aria pungente di gennaio non era il solo motivo per cui avevo tutto d’un tratto la gola secca.
Lui ha la chiave.
Che cavolo ..?
     Quelle iridi, divenute tutto d’un tratto cremisi,  scavarono dentro ogni singola fibra del mio essere, facendomi chiaramente capire che per quella volta – e solo per quella - avrebbero cercato la risposta al posto mio.
Continuò a guardarmi fisso mentre mi veniva incontro, sollevava il braccio a sfiorarsi una palpebra con dita tremanti. Il mio stesso tocco era gelato quando lo spostai più in basso, ad asciugare lacrime che non mi ero per niente resa conto di aver versato come lei poco prima.
Tienilo a mente, fece lei fra i denti, chiudendo gli occhi per una manciata di interminabili secondi.
Quando li riaprì potei scorgere in quelle pozze di sangue il riflesso di ciò che mi serviva.
Ora sarebbe il caso di prendere appunti, sapientona.
- Spiritosa. -

  Al di là di quegli specchi insanguinati qualcuno, forse un uomo, mi dava le spalle, ma avvicinando il viso riuscii a distinguere chiaramente dei numeri e delle lettere galleggiare in aria, appena sopra la sua testa. Date…  E un nome. Di nuovo io e Livia battemmo le palpebre.
L .
Si accigliò con me, muovendo le labbra al mio stesso tempo:
- L Lawliet. -.


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