Era seduta su una piccola sedia di legno in casa di una sua amica indaffarata che in quel momento si stava lavando di dosso tutto il nervoso di quella lunga giornata quando grazie alla sua playlist casuale di Youtube inizò a risuonare nella stanza la melodia di CAMP.
Conosceva a memoria quella canzone; ogni nota, ogni parola, ogni pausa. Quella sera però la voce calda del basso ragazzo coreano invece di scaldarle il cuore come suo solido la fece agitare; si sentì improvvisamente pesante, spaventata, irrequieta, sola. Sola in una stanza troppo grande, in un paese troppo vuoto, in un mondo troppo caotico ed insensato per il suo carattere debole e fragile; si era sempre paragonata ad un foglio di carta sottile, poco visibile e estremamente delicato.
Erano le 20.44, col fiato spezzato e Giriboy che cantava senza sosta capì. L'amore, il volto di lei.
Era seduta su una piccola sedia di legno in casa di una sua amica indaffarata che in quel momento si stava lavando di dosso tutto il nervoso di quella giornata quando A. lasciò andare quel ricordo fin troppo percettibile, aspro e doloroso fuori dalla finestra.
Addio.