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Autore: Evans92    16/10/2015    4 recensioni
Alex è un musicista, vive a New York in un appartamento che divide con altri due ragazzi. Le sue giornate sono all'avventura e lui ama la sua vita così: senza regole, senza legami. Fino al giorno in cui conosce Dylan, collega e amico di suo padre.
Nonostante vengano da due mondi opposti e siano profondamente diversi tra loro si creerà un legame, che sconvolgerà tutto quello che credevano di sapere e che insegnerà ad entrambi cosa vuol dire vivere.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Nono capitolo
 
Aprii gli occhi e trovai il volto addormentato di Dylan a circa 4 centimetri dal mio naso. Serrai le palpebre e gemetti spossato.
No non andava affatto bene. 
Non era esattamente quello che associavo alla definizione di sesso occasionale. Dormire abbracciati era già abbastanza fuori luogo, ma avere anche la voglia di guardarlo dormire era decisamente troppo.
Resistetti poco.
Poi aprii un occhio e lo osservai. 
Era davvero bello. Quel genere di bellezza con qualche piccola imperfezione che serve a rendere tutto ancora più perfetto.. Come quelle rughe di espressione leggere intorno agli occhi, o quella piccola cicatrice sulla curva del naso.. Doveva essere un giocatore di football da ragazzo.. Probabilmente se l'era procurata così! 
Improvvisamente mi riscossi.
Eh no cazzo.
Voler sapere anche il passato era decisamente troppo.
Veloce mi sollevai, e lo scossi con violenza, Dylan sussultò e sollevò il capo mezzo addormentato e mezzo spaventato
-Ci bombardano?-
-La guerra è finita da un po soldato-
Esclamai cercando di trattenere una risata, mentre lui mi guardava sconcertato con gli occhi ancora mezzi chiusi e poi crollò sul cuscino sfinito
-Alex..-
-Chi ti aspettavi di trovare Naomi Campbell?-
Mi ignorò
-Un risveglio meno brutale sarebbe stato anche meglio-
Ridacchiai, e guardai il suo pomo d'Adamo fare su e giù mentre deglutiva, con il braccio nudo si coprì il viso e io ne approfittai per riacquistare un po di lucidità e trovare la forza per alzarmi e allontanarmi da lui
-Devi andartene Dylan-
Non parve neanche troppo sorpreso, tolse il braccio dal viso, osservò per un po il soffitto e poi con voce stanca mi chiese
-Perché?-
Infilai un paio di pantaloni della tuta e mi voltai verso di lui con la fronte aggrottata
-Perché sono quasi le 7 e non voglio che incroci i miei coinquilini-
Girò la testa verso di me, e mi studiò per bene mentre mi accendevo la prima sigaretta del giorno, poi si sollevò e si passò una mano sul viso, sentii la sua pelle grattare la barba ancora sfatta e un brivido mi attraversò la spina dorsale, scossi piano la testa e diedi un tiro esasperato alla sigaretta 
-Alza il tuo bel culo Dylan-
-No-
Mi bloccai e lo guardai sconvolto. Avevo capito male?
-Dimmi che sei bipolare e che ora sto parlando con la tua versione imbecille e che tra 3 minuti parlerò di nuovo con il te normale!-
Un piccolo sorriso gli increspò le labbra screpolate
-Dici davvero un mucchio di stronzate lo sai vero?-
Certo che lo sapevo, ma non era quello il punto in quel momento.
-Dylan. Va. Via.-
Sospirò e si alzò 
-No-
Cazzo era nudo. Distolsi lo sguardo mentre si metteva i boxer e spensi con una certa violenza al sigaretta nel portacenere 
-Questa tua stupida crisi adolescenziale ora è fuori luogo-
Dylan rimase in intimo e si avvicinò a me, mi schiacciai contro il bordo della finestra ancora chiusa mentre lui metteva le mani appoggiati ai miei lati intrappolandomi li come un idiota, mi osservò per bene, e con voce bassa mormorò 
-Buongiorno-
Mi persi per un attimo a guardargli le iridi celesti e con un sospiro mi rilassai leggermente
-Non sono l'unico a dire stronzate qui-
Sorrise, e la mia mente registrò quel movimento come un marchio a fuoco. Persino il suo profumo era buono appena sveglio. Doveva essere irreale. Non c'erano altre spiegazioni
-Ok. Ma è stata una bella notte, invece di cacciarmi dalla finestra non potremmo goderci una colazione tranquilla?-
Voleva stare ancora con me.. Mi sentii lusingato da quella sua premura, ma cercai di non darlo a vedere. Ghignai non staccandogli gli occhi di dosso neanche per un istante. Ok essere imperscrutabile, ma ero pur sempre fatto di carne.
-Vedi? È qui che ti sbagli. È proprio per non cacciarti dalla finestra che ti sto mandando via ora, se tutti dormono puoi passare dal portone-
Dylan sospirò e reclinò la testa in avanti, poi tornò a guardarmi e si morse il labbro inferiore, stavo per cedere e baciarlo, quando lui si allontanò e mormorò 
-Come vuoi-
Provai una punta di amarezza acuta dentro di me, ma non mi opposi, lo guardai rivestirsi, e per un po nella stanza regnò il silenzio più assoluto finché mentre si allacciava i polsini della camicia non mi chiese 
-Stasera vieni da me?-
Rimasi per un attimo sorpreso, poi mormorai 
-Stasera suono-
-Puoi venire dopo-
Volevo andare.
Volevo andare da morire.
Però c'era qualcosa che mi impediva di fare quel passo che mi avrebbe portato si un mucchio di guai, ma anche una felicità piena.. Maledetto orgoglio dei Larsen.
-Non lo so.. Non credo- 
Dylan mi guardò per un po.. Poi disse con voce incolore
-Io domani torno a casa Alex-
Questo voleva dire che sicuramente non ci saremmo potuti vedere per un po. Mi si seccò la gola ma mi limitai a dire
-Ok-
Sorrise con amarezza e prese la sua giacca, uscì dalla mia camera senza più guardarmi e senza aggiungere altro, c'era solo una vaga traccia della sua colonia nell'aria a ricordarmi che era stato tutto reale e che non avevo sognato nulla.
Sospirai piano e mi accasciai contro la finestra alle mie spalle.
Complimenti, ero riuscito a rovinare tutto. Di nuovo.
 
-Stamattina ho sentito il portone chiudersi-
Mi voltai verso Matt.
Il seventeen era strapieno e noi due per parlare dovevamo praticamente urlarci nell'orecchio, ma quello era il mio genere di serata e ormai ci ero abituato.
-Ho scopato-
Matt scosse la testa
-L'avevo immaginato-
Sorrisi bevendo il mio drink 
-Cos'è ora ti ci metti anche tu?-
Matt rispose al mio sorriso 
-Basta e avanza Ko per le prediche da post coito, io voglio solo dirti di avvertire i tuoi "amici" di non sbattere le porte perché non vivi da solo-
Aveva sbattuto la porta? Era andato via arrabbiato? Be potevo anche immaginarlo..
Mi presi il labbro inferiore tra i denti e sentii una leggera ansia scorrermi sotto la pelle.
-Non è un amico. Tu e Ko siete amici, anche Alan e Chris lo sono, lui no-
-Quel'è la differenza?-
Ci pensai.
Potevo scopare con i miei amici. L'avevo fatto con altri che non erano nella nostra compagnia, e non mi ero mai posto domande o problemi. Per me il sesso era sempre stato uno svago.. E perché non condividerlo con chi vuoi bene? Ma Dylan.. Dio.. Dylan non era decisamente un amico.
Abbassai per un attimo la testa, la voglia di mollare tutto e correre da lui che si faceva sempre più insostenibile e quel l'ansia sempre più pressante. Potevo davvero permettere che tornasse da Emma arrabbiato perché io ero un idiota confuso?! 
-Nulla, senti non dire nulla a Ko, ho già abbastanza pensieri così, ora me ne vado sono stanco-
Non aspettai neanche una risposta. Presi la mia giacca e uscii dal locale, solo e senza neanche la voglia di scopare. 
Perché la differenza la faceva lui.
 
Non andai da Dylan.
Lo lasciai tornare da sua moglie deluso per il mio comportamento, e per giorni questo pensiero non mi abbandonò neanche per un attimo, poi lentamente riuscii ad accantonarlo e a tornare alla mia vecchia vita fatta di alcool canne e ragazzi senza volti.
Ero meno.. Intraprendente di prima, e questo spinse Ko a lasciarmi stare, quindi per 10 giorni circa, riebbi la mia vita, esattamente così come la volevo.
Stavo bene?
Si. 
Ero soddisfatto?
No.
Non ci pensavo, non mi importava, non contava nulla per me, eppure mi mancava un pezzo.
Quando Dylan mi aveva cercato perché gli mancavo doveva riferirsi a quella sensazione perenne in cui ti sembra che c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella tua vita perché stai sprecando del tempo che potresti utilizzare con "lui". Ora potevo capirlo davvero. Perché Dylan mi mancava moltissimo. Anche se vedendomi dall'esterno, nessuno avrebbe potuto dirlo.
Ma era ok. La mia vita si basava sull'apparenza, perché non continuare?
Una mattina qualunque di un giorno come tanti altri il mio telefono squillò. Non mi sollevai dal letto e lo lasciai squillare finché il ragazzone che era accanto a me non lo prese per farlo zittire quando esclamò spaventato
-Perché cazzo ti sta chiamando uno studio d'avvocati?!? Guarda che se sei nei guai non voglio essere coinvolto!-
Ma io avevo smesso di ascoltarlo alla parola avvocati. Mi sollevai e improvvisamente sveglio afferrai il telefono e risposi con il cuore in gola.
Non mi aspettavo una risposta del genere da parte del mio corpo. Improvvisamente tremavo e sudavo come un adolescente in calore.
Parlai con la voce strozzata e le dita che stringevano troppo forte quel povero cellulare che oggettivamente non mi aveva fatto nulla di male. 
-Pronto?- 
Un attimo di silenzio, eppure infinito. 
-Alexander? Sono Simon.. Ti disturbo?-
Mi sentii deluso.
Era solo Simon.
Credevo davvero che Dylan dopo due settimane mi avrebbe chiamato? 
Era piuttosto evidente che non ero l'unico orgoglioso li. 
-Alex? Ci sei ancora?-
Sospirai e mi pentii improvvisamente di aver risposto al telefono.
-Si.. Si ci sono ancora..-
-Ah bene.. Sei impegnato? Posso richiamare..-
-No, parla ora..-
E chi voleva risentirlo?
Lo sentii schiarirsi la gola dall'altro capo del telefono. 
-Volevo parlarti di una cosa piuttosto importante-
Come se qualcosa che riguardasse i Larsen non fosse per loro assolutamente importante.
-Sono tutto orecchie-
Dopo un sospiro la voce atona di Simon mi raggiunse di nuovo
-Ricordi la propria Sylvia?-
Mi accigliai perplesso
-Non credevo avessimo prozie, pensavo che fortunatamente tutti i nostri parenti fossero limitati nelle mura domestiche! Questo si che è un evento che ha bisogno di un annuncio, attento mondo ci sono dei Larsen in giro-
Mi allungai presi una sigaretta e l'accesso mentre mio fratello ignorando del tutto il mio sproloquio disse
-È morta una settimana fa, aveva 92 anni e non ha lasciato eredi- 
Diedi un tiro alla sigaretta e mi passai una mano fra i capelli
-Doveva essere una persona deliziosa-
Sentii dall'altra parte uno sbuffo che sembrava una risata, ma no, ero certo di essermi sbagliato. 
Simon non sapeva ridere.
-Ci ha ricordati nel suo testamento, tutti i figli di Oliver, intendo.. Compreso te-
Attimo di silenzio.
-Stai scherzando?-
Mi alzai, e uscii dalla mia stanza, lasciando l'energumeno solo, ed entrando direttamente in quella di Ko, mi sedetti sul suo letto, lui mezzo addormentato si riscosse e mi chiese
-Ma che cazzo..?-
Gli feci cenno di stare zitto e lui dopo avermi mostrato il medio tornò a dormire
-No Alexander, ho di meglio da fare che prenderti in giro sulle nostre prozie morte-
Sbuffai
-E sentiamo, quale sarebbe la grande eredità?-
Ko sollevò di scatto la testa e io scossi le spalle per fargli capire che non ci stavo capendo nulla, si alzò a sedere e mi prese il telefono e mise in vivavoce
-La nostra carissima zia, ha lasciato a me un criceto, a Victoria delle vestaglie e a te la sua collezione di francobolli-
Io e Ko ci guardammo e scoppiammo a ridere, lui tornò a dormire e io esclamai
-É incredibile come l'unica parente disposta a ricordarmi nel suo testamento sia anche l'unica messa peggio di me-
-Almeno la tua eredità non prova a staccarti un dito ogni volta che vuoi dargli da mangiare-
Sorrisi
-Non sarei così sicuro di questo-
Questa volta Simon rise davvero
-Vieni a ritirare la tua parte? Ho fatto in modo di far venire oggi Vic così da non farvi incontrare, tu potresti passare domani mattina-
Sorrisi apprezzando sinceramente il suo gesto
-Certo, non mi perderei i miei francobolli cannibali per nulla al mondo-
-Bene allora..-
-Simon?-
-Dimmi-
Esitai, presi il telefono e me lo riportai all'orecchio
-Papà ci sarà?-
Dopo un attimo di silenzio Simon si decise a rispondere
-No.. C'è una riunione importante domani-
Tirai un sospiro di sollievo
-Questo vale anche per.. Dylan? Non vorrei incontrarlo dato che è un suo amico-
Sentii Ko grugnire ma lo ignorai
-Si tranquillo-
Sorrisi di nuovo.
Troppi sorrisi per una telefonata di famiglia. 
Non c'ero abituato, sarei potuto collassare per lo schok da un secondo all'altro 
-Ok... Grazie-
Riattaccai e mi sentii strano. 
Mio fratello non sembrava poi così male ora. 
Mi stordiva pensare una cosa del genere.
Mi riscossi e saltai addosso a Ko
-Sono ufficialmente un ereditiere! Inchinati al mio cospetto!-
Ko lasciò perdere l'argomento Dylan e mi spinse via ridendo, e io per un secondo dimenticai tutti i miei pensieri.
Ero felice di non vederlo. 
Non ero pronto ad incontrarlo e ad essergli indifferente. Meglio non incrociarlo affatto piuttosto che sbagliare ancora. Decisamente. 
 
Lo studio di New York di mio padre &co era uno strano incesto tra gossip girl e suits, con qualche tocco kitsch di mia madre che voleva essere arte moderna o contemporanea, questo non l'ho mai capito. 
Quando ero piccolo adoravo quel posto. 
Alla mia tata di turno chiedevo sempre di andare li piuttosto che al parco o dal gelataio.
Mi sedevo a uno dei tavolinetti di vetro all'ingresso e facevo disegni sulla carta intestata con una stilografica da 300 $ e spesso neanche vedevo mio padre. Lui sapeva che ero lì ma non usciva mai a salutarmi e quando capitava si fermava solo per sorridere di fronte alla mia opera d'arte e poi passava subito oltre, lasciandomi con la sua segretaria che mi riempiva lo zainetto con le mente che di solito davano ai clienti per ingannare l'attesa.
Li dentro avevo trascorso la mia infanzia e ogni volta tornarci mi procurava un certo effetto.
Forse perché lo avevo tanto amato da bambino da adolescente avevo iniziato ad odiarlo. Avevo concentrato in un unico posto nel mondo tutto ciò che c'era di più marcio nella mia vita e avevo iniziato ad evitare di andarci come se li ci fosse il male più oscuro.
Senza esagerazioni.
Ma ora ero un adulto.
Potevo andare li firmare due documenti prendere i miei francobolli ammuffiti e andarmene indenne. Si potevo farcela.
Eppure trattenni il respiro per tutto il viaggio in ascensore e quando le porte di vetro si aprirono la voglia di correre fu tanta. Fu immensa.
Forse non ero così adulto come credevo.
Mi violentai per andare dalla ragazza alla reception, per costringere il mio corpo a fare quell'ennesimo passo. Ma vinsi, e alla fine riuscii ad avvicinarmi alla ragazza dietro al bancone di legno alla reception. O come si chiamava insomma.
-'giorno-
Lei mi guardò sorpresa. Mi analizzò e poi parve decidere che di fronte a un tipo come me li dentro era meglio mostrarsi sconcertata e basta. 
Era carina.
Una bambolina perfetta per l'accoglienza di riccastri che stanno per spendere buona parte del loro patrimonio per una consulenza senza neanche rendersene conto.
Le sorrisi affascinante suonando il campanello e lei sussultò
-Buongiorno posso aiutarla?-
Mi sporsi sul bancone e lei mi guardò più interessata, questo mi fece venir una gran voglia di ridere, ma decisi di giocare un po, dopotutto ero particolarmente annoiato quel periodo.
-Sono certo di si-
Le sue guance si tinsero di rosso 
-Mi dica..-
Mi umettai le labbra e la guardai 
-Cerco Simon.. Ho un appuntamento con lui per le 11, è una questione di famiglia piuttosto importante-
Lei parve di nuovo sorpresa
-Di famiglia?-
Ghignai 
-Sono suo fratello, Alexander Larsen-
-Oh.. È lei?-
Avrei dovuto offendermi?? In realtà che le persone faticassero ad associarmi a loro era sempre stato motivo d'orgoglio per me.
-In tutto il mio splendore-
Lei ridacchiò tesa
-Mi scusi.. È solo che.. È molto diverso da suo fratello-
Guardai il cartellino sulla sua camicetta bianca
-Ti ringrazio Lisa, detto da una così bella ragazza mi fa ancora più piacere-
Lei mi sorrise lusingata, e io mormorai
-Ti chiederei di uscire..- I suoi occhi seguirono il movimento delle mie labbra che umettai e lei si lasciò sfuggire un piccolo sospirò.. Poi mi sollevai e con voce meno maliziosa e più allegra esclamai -Peccato che tu non sia un ragazzo e che io sia gay, piuttosto incompatibile non trovi?- lei spalancò la bocca mentre le sue guance diventavano rosso fuoco, scoppiai a ridere -Allora, dov'è quel poltrone di Sam? Scommetto che è a giocherellare su qualche sito on line! Spero che non sia un sito porno, non vorrei mai disturbarlo in un momento tanto..-
-Lisa cos'è tutto questo casino?-
Una voce interruppe il mio momento clou. Una voce che riconobbi all'istante e che mi graffiò dentro togliendomi il respiro in un istante, mentre memorizzavo che mai e poi mai avrei dovuto prender per buona una qualsiasi frase detta da un Larsen. 
Chiusi gli occhi e pregai di diventare invisibile all'istante mentre lui si fermava alle mie spalle e con il mio stesso stupore esclamava
-Alex?-
Cercai di prendere un respiro profondo e poi mi voltai incrociando gli occhi azzurri di Dylan, che mi fissava come se fossi una specie di fantasma, venuto da un Natale passato a tormentarlo un po.
E la cosa che mi diede più fastidio fu trovarlo così maledettamente bello.
Ancora più bello di quanto lo ricordassi.
Questo mi faceva incazzare da morire.
Dopo un attimo in cui annaspai per cercare la frase più giusta da dire, sorrisi teso e incerto e sputai fuori la frase più stupida di tutta la storia
-Sorpresa!-
 
-Signor Montgomery! Il signor Larsen ha.. Ha un appuntamento con suo fratello.. E.. Ecco..-
Dylan sollevò una mano zittendola senza distogliere lo sguardo dal mio neanche per un istante. Sospirai e sentii tutte le mie ultime energie abbandonarmi. Ero fottuto.
-Me ne occupo io- 
Poi mi fece un cenno con la testa e si avviò verso un lungo corridoio immacolato un bel po' inquietante, salutai Lisa con un ultimo sorriso sfrontato e poi corsi per raggiungerlo, ma rimasi un passo indietro a lui. 
Era sempre stato così alto? Le sue spalle erano sempre state così ampie? I completi scuri gli erano sempre stati così bene?
Si fermò davanti all'ascensore e io sussultai fermandomi a mia volta. Le porte si aprirono e noi entrammo uno alla volta. Quando si richiusero, Dylan sospirò e senza guardarlo, con il cuore in gola esclamai
-Sono qui davvero per vedere Simon, è morta..-
-Lo so- mi interruppe lui con voce incolore, fissando i numeri che segnavano i piani -Sei qui per l'eredità di tua zia-
-Prozia, e comunque si-
Dylan abbassò lo sguardo sul mio
-Sapevo che prima o poi saresti venuto per risolvere la questione.. Non credevo però che avevi l'appuntamento proprio oggi-
I miei occhi pizzicarono quando sentirono quelle parole. Mi appoggiai con i fianchi alla sbarra dell'ascensore e distolsi lo sguardo dal suo. 
Era ovvio che anche Dylan non mi voleva li, per un attimo avevo sperato che avesse organizzato tutto lui, per parlarmi.. Ma era evidente che la realtà era ben diversa. E dopotutto era anche giusto così.. No? 
-Be è colpa di Simon. Io ero certo che fossi in riunione o non sarei mai venuto qui! A proposito dov'è quella specie di traditore?-
-Ho avuto un imprevisto all'ultimo minuto e ha dovuto sostituirmi- 
La sua voce pronunciò quelle parole in modo piuttosto seccato, e io non osai aggiungere altro.
Il mio cuore stava battendo un ritmo troppo elevato e non ragionavo con lucidità. Dovevo andarmene alla svelta prima di dire o fare qualcosa di veramente sbagliato di cui avrei potuto pentirmi..
Le porte si aprirono e lui uscì, lo seguii teso e passammo davanti a una bella ragazza mora che sorrise non appena vide Dylan 
-Signor Montgomery ha un appuntamento tra..-
-Non ora Margot, annulla tutto-
Era lei Margot? 
Mi voltai per guardarla meglio, quando Dylan mi afferrò per un braccio e mi sospinse dentro il suo ufficio. Chiuse la porta e io lo guardai accigliato
-Ehi ma che diavolo fai?!-
-Sai cosa mi fa davvero incazzare Alex? Che alla fine tu- e sottolineò quella parola come se mi avesse dato un pugno e indietreggiai di un passo di riflesso -stai evitando me! Tu sei quello arrabbiato! Credevi che se mi avessi incontrato avrei fatto una scenata? Be non sono il tipo Alexander!-
Lo guardai perplesso, era una vena quella che gli pulsava sul collo? Si sciolse la cravatta e io esclamai sulla difensiva 
-Ah no? E questa cosa sarebbe allora?!?-
-Questa è perché tu mi fai incazzare!-
-Sei ripetitivo!-
-Alex..-
-No! Dammi quegli stupidi francobolli e facciamola finita-
-Dopo due settimane vuoi davvero chiuderla così! Non ti sei mai fatto sentire! Mai una telefonata, un cavolo di messaggio, vieni qui e ti trovo a importunare una delle segretarie, e vuoi solo quattro francobolli che non valgono un cazzo!-
-Anche tu non ti sei fatto sentire!-
-Stai scherzando? Sono un uomo sposato di 35 anni che ti è venuto dietro, ti ha detto che gli mancavi ed è stato cacciato da casa tua come se fosse uno sconosciuto conosciuto in discoteca! Non averti chiamato è stato il minimo!-
Mi presi il labbro inferiore tra i denti, e strinsi i pugni come un bambino che si sta prendendo una vera e propria strigliata dal padre. Lo guardai come farebbe un moccioso capriccioso troppo stupido per capire i suoi errori e sibilai
-Era una scopata-
-Non era una scopata. Non era una scopata Alex. Lo sai anche tu anche se sei troppo idiota per accettarlo-
Tremai dentro a quelle parole, si passò le mani tra i capelli e mi diede le spalle.
Quello era il suo ambiente, era una seconda casa per lui, e quel posto lo rappresentava a pieno. 
Era elegante, privo di fronzoli, ma confortevole. Mi piaceva e lui li dentro si muoveva come un leone che conosce bene la sua gabbia. Era bello e fiero. E mi era mancato. Aveva ragione lui. Ed era arrivato il momento di farglielo capire a modo mio. 
Chiusi a chiave la porta. Abbassai le tapparelle della porta.
Dylan si voltò verso di me
-Cosa stai facendo ora?-
-Mi faccio perdonare-
Il mio corpo si rilassò, il suo si irrigidì. Eppure non mi fermò.
Mi avvicinai a lui, passai una mano tra i suoi capelli, e abbassai il suo viso sul mio fino a far scontrare le nostre bocche, lui rimase inerme, mentre gli succhiavo le labbra e facevo entrare la mia lingua dentro di lui. Lo guardai negli occhi celesti che erano incredibilmente vicini ai miei, e gli diedi il bacio più profondo che avessi mai dato nella mia vita.
Mi sentii scosso nell'intimo. Era una sensazione bellissima e viscerale, che mi terrorizzava ed eccitava al tempo stesso. Si doveva provare lo stesso a camminare su una fune sospesi nel vuoto. Sorrisi e mi allontanai da lui, il tempo di respirare e Dylan mi guardò la bocca 
-Sei un piccolo bastardo-
Mi umettai le labbra e con la stessa voce bassa e roca mormorai 
-Mi sei mancato Dyl-
-Non ti credo-
Sorrisi. Volevo che mi dicesse che gli ero mancato anch'io, ma sapevo che non l'avrebbe fatto. Dovevo accontentarmi della sua rabbia quella volta.
-Va bene-
Lo baciai di nuovo, e questa volta con un gemito, Dylan si lasciò andare, e i nostri corpi subito iniziarono a cercarsi.
Si conoscevano, si erano mancati, ora volevano solo marchiarsi, fondersi, cercarsi e rincorrersi.
I denti di Dylan mi morsero la pelle sensibile del collo, mentre io lo spogliavo di fretta. Le sue mani mi arpionarono i glutei, mi sollevò e mi appoggiò sulla scrivania, soffocai i nostri gemiti con la bocca. Baciandolo. Ancora.. Ancora.. Ancora.. Sorrisi, togliendomi gli ultimi vestiti e attirandolo a me. E fu con il cuore in gola che lo accolsi in me. 
Afferrai le sue spalle e le graffiai, mentre lui mi ribadiva ad ogni spinta che potevo scappare ovunque volevo, che potevo cacciarlo, comportarmi da stronzo fino alla morte, ma che alla fine sempre da lui sarei tornato. Perché era lui che volevo. Sempre e solo lui. 
E con un brivido per una volta desiderai essere sincero. Senza filtri o maschere. C'ero solo io che scosso dal piacere più vero mormorai
-Non sparire più Dylan-
Lo sentii sorridere su di me, e quel sorriso mi fece male, per quanto mi fece bene. Mi aveva perdonato. Era di nuovo con me. 
Ma per quando?
Scacciai quella domanda e lo baciai. Non volevo pensarci in quel momento. 
Volevo vivermelo senza dubbi o problemi.
Era la soluzione migliore per me. 
Mi dava l'illusione di non amarlo.
Di essere ancora in tempo per salvarmi. 
Dylan mi baciò sul petto, all'altezza del cuore. E in quel punto la mia pelle andò a fuoco. E io avrei voluto piangere per quanto ero felice, li fra le sue braccia, in quel posto che era la mia tana e la mia prigione, con le mie debolezze esposte al suo volere. 
Ero per la prima volta indifeso. Vulnerabile. Fragile. Come forse in 23 anni non ero mai stato. 
Ero già oltre i miei limiti. Anche se era più facile fingere che non fosse così, che accettare la realtà e affrontarla. 
In realtà ero solo un codardo spaventato. 
Ma quel giorno finí in quel modo, con una resa che sapeva di vittoria e i francobolli della prozia Sylvia completamente dimenticati in un angolo dell'ufficio di Dylan.
 
 
N.d.A.
Finalmente ho aggiornato!! Scusatemi!! È che sono stati due mesi intensi.. spero che qualcuno leggerà questo capitolo :D ma che soprattutto vi piaccia e di avere un vostro parere, con consigli o critiche costruttive.
Al prossimo capitolo
Evans92
   
 
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