Grigio. E’ grigio.
È buffo, ogni volta che succede qualcosa di brutto il cielo si fa grigio. Come se lui l’avesse saputo prima e volesse in qualche modo farti sapere che gli dispiace.
Poi il mio sguardo cade sul paesaggio intorno: alberi con la chioma di un bel verde, prati curati, panchine qua e là. E in fondo al prato, dalla parte opposta a dove siamo noi, un ospedale.
Gli ospedali mi hanno sempre dato l’idea di una falsa sicurezza. Non mi entusiasmano troppo, hanno quell’odore tipico di medicine e strani intrugli, e in più non mi piacciono nemmeno i sorrisi che ti fanno le persone là dentro. Sembrano così falsi, stanchi e tirati.
E poi gli ospedali sono bianchi, e il bianco è un colore pericoloso.
“Marie…”. Scruto i suoi occhi, di quel verde così sorprendentemente bello, e vi trovo molta preoccupazione. Sorrido dolcemente e poso un bacio sulla sua guancia. “Tranquillo, si riprenderà. Tanta gente si è ripresa” dico, cercando di convincere più me stessa che lui.
Non mi sembra molto sicuro.
Mi prende il viso tra le mani e inchioda i miei occhi ai suoi. “Non so cosa succederà Marie, ma non ti lascio. Lo sai vero?”. Annuisco lentamente e faccio un piccolo sorriso, che lui contraccambia. Poi mi stringe di nuovo.
Sono al sicuro con lui. E’ la mia casa, il mio rifugio, la mia roccia. E sebbene io sia una ragazza forte, con lui posso essere debole, fragile, senza scudi ne fortezze.
Prendo un grosso respiro e mi stacco da Harry.
“Resta vicino a me” sussurro, mentre mi incammino verso l’ospedale.
#Harry
“Resta vicino a me” mi sussurra. La affianco subito.
Appena entriamo dentro l’ospedale, si blocca e vedo i suoi occhi diventare vuoti. Le prendo delicatamente la mano e lei sembra risvegliarsi. “Se non ce la fai torniamo un altro giorno” dico con delicatezza. Scuote la testa, fa un piccolo sorriso e inizia a guidarmi attraverso i corridoi.
La sua mano trema e deve avere una grande paura, ma non piange.
Arriviamo davanti alla stanza 154.
Marie si stacca dalla mia mano ed entra dentro la stanza. Entro anche io, ma resto sulla soglia, come paralizzato.
All’interno della camera c’è una ragazza, coperta da un lenzuolo bianco da cui escono solo le braccia, riempite di fili e tubicini. Il cuore mi si distrugge definitivamente a vederla così.
E’ Penelope, la sorella di Marie.
Le mani mi iniziano a tremare, mentre vedo i suoi occhi fermamente chiusi e il petto che si muove debolmente. I suoi lunghi capelli biondi sono nascosti dalla schiena.
Quei capelli, di un bel biondo, così vivi, adesso sembrano così…spenti.
E i suoi occhi, azzurri come il cielo, sono scomparsi.
“Oh piccola mia. Che cosa ti è successo? “ sento sussurrare a Marie, mentre si inginocchia affianco al letto e prende la mano della sorella. Vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime e corro al suo fianco.
Le metto un braccio intorno alle spalle e lei si butta tra le mie braccia, stringendo forte la mia maglia, mentre viene scossa dai singhiozzi. Vorrei consolarla, dirle che andrà tutto bene, che tutto si risolverà, ma non riesco a parlare, non riesco a connettere. Il mio cervello si è bloccato alla vista di Penelope sul letto.
Inizio ad accarezzare distrattamente i capelli di Marie, mentre i miei occhi restano sulla sorella. Non riesco a capacitarmene. Mille pensieri si affollano nella mia mente e corrono, galoppano, fanno quasi male, mentre piccole e calde lacrime iniziano a scendere anche sulle mie guance. Tutto il resto diventa un rumore sordo, qualcosa di cui posso fare a meno, ora che un pezzo del mio mondo sta combattendo per vivere.
“Ti prego Penelope, svegliati“ penso disperatamente. Ti prego.
Sconfiggi il bianco, Penelope. Il bianco è pericoloso.