New Beginnings
A broken record spins in circles
She can’t listen anymore
She’s turned around a thousand times
She set that bridge afire
But did u want to listen,
You took the world with you
So what is left, so what is left for me?
lei non può più sentirlo
E’ cambiata mille volte,
ha chiuso col passato
Ma volevi ascoltarmi?
Ti sei portata il mondo via con te
A me, a me cos’è rimasto?
“Se
solo potessimo vedere l’infinita
catena di conseguenze derivanti da ogni nostro minimo gesto. E invece
ce ne
rendiamo conto quando rendersene conto non serve più a
niente.”
-
Looking
for Alaska
***
Il
taxi era bloccato nel traffico
newyorkese da quasi quaranta minuti. Fuori, il cielo era limpido e il
sole
brillava riscaldando ogni cosa.
Ad Annabeth era capitato di vedere un
tempo tanto magnifico solo un’altra volta nei suoi intensi
diciassette anni di
vita.
«
Annabeth, l’hai mai visto un cielo così bello?
», le domandò Thalia, la sua
migliore amica, portandosi gli occhiali da sole tra i capelli scuri per
poter
guardare meglio.
La
biondina puntellò i gomiti sull’asciugamano e
lasciò che la testa le
ciondolasse all’indietro: nel cielo di Oak Island non
c’era neppure una nuvola.
Il sole batteva forte per essere una giornata di fine maggio, ma alle
ragazze
non importava, avevano la crema solare… dimenticata nella
borsa da spiaggia di
Thalia.
«
Mai. », sospirò di beatitudine Annabeth,
sorridendo all’amica mentre si
rimetteva gli occhiali da sole.
Erano
in spiaggia da mezzogiorno, e il resto della giornata si stendeva
davanti a
loro pieno di meravigliose possibilità. Quella era la loro
estate.
«
L’anno prossimo come oggi, saremo a New York. »,
rincarò Thalia, sorridendo al
pensiero.
Annabeth
rise: « Una cosa per volta, Thalia; dobbiamo ancora decidere
a quale scuola
iscriverci a settembre! ».
Si
scambiarono un’occhiata ed entrambe scoppiarono a ridere.
«
Non dimenticherò mai la faccia del professor Colbert quando
i pompieri hanno
iniziato a togliersi i vestiti davanti a tutta la scuola! »
esclamò Thalia,
ghignando.
Annabeth
fece spallucce:« Far scoppiare l’allarme
antincendio usando il becco di Bunsen
è stato un dannato colpo di genio! », rise
Annabeth, le lacrime agli angoli
degli occhi mentre fissava il sole.
«
E’ il tuo cervelletto iperattivo a produrre idee brillanti,
Annabella! »,
replicò Thalia, pizzicandole una guancia con fare
affettuoso.
«
Devo dirti una cosa. ».
Le
risate si interruppero istantaneamente, e Annabeth guardò
Thalia con
preoccupazione.
«
Dimmi. ».
«
L’anno prossimo non ho intenzione di tornare a scuola. Ho
diciott’anni ormai,
posso finire da privatista. Prendere il GED. ».
Annabeth
era senza parole.
«
Siamo state compagne di banco per quattro anni, Thalia. Mi abbandoni
così, di
punto in bianco? ».
«
Andiamo – tentò di rabbonirla la più
grande – non è che fuori dalla scuola non
ci vedremo. E poi, quando compirai diciotto anni anche tu, potresti
ritirarti
e
prendere il GED insieme a me. Potremmo diplomarci in anticipo e partire
per New
York immediatamente! »
«
Secondo te, mia madre mi permetterà di ritirarmi da scuola e
prendere il GED?
»,chiese retoricamente Annabeth, amareggiata.
Thalia
rimase impassibile: « Avrai diciott’anni, potrai
prendere da sola le tue
decisioni. ».
Ma prendiamola per buona… due diciottenni a New York! A fare
cosa? »
Dopo
quella volta, Annabeth aveva
pensato a quella conversazione per tutta l’estate.
Dopo l’incidente, la sua mente
l’aveva archiviato come incognita troppo grande, ricordo
troppo doloroso.
Come la maggior parte di quelli in
cui era coinvolta Thalia.
Che erano, in sostanza, la stragrande
maggioranza dei ricordi di Annabeth.
La bionda estrasse dalla pochette
nera i suoi occhiali da sole, li indossò e
continuò a guardare fuori.
Ricordava così minuziosamente episodi
del genere, eppure non ricordava per nulla la notte in cui aveva ucciso
la sua
migliore amica.
O l’intero mese che aveva preceduto
la sua morte.
Non riusciva più a controllare le sue
crisi di pianto, certe volte le capitava di iniziare senza neanche
accorgersene.
Farlo davanti all’autista che suo
padre aveva mandato a prenderla all’aeroporto era fuori
discussione. Suo padre,
meno di tutti gli altri, l’avrebbe mai vista piangere.
Era questione di principio.
Ormai era a New York, sua madre
l’aveva ripudiata e cacciata di casa, e il giorno dopo
sarebbe stato il suo
primo giorno di scuola alla Goddess’ Academy.
Naturalmente, suo padre non avrebbe
mai scelto un’anonima scuola pubblica per la sua figlia
più scomoda; no, doveva
nasconderla dentro le mura di
quella imponente accademia, dietro metri e metri
di blocchi di marmo, sotto volte a stella e su pavimenti consumati da
secoli di
usura.
Una goccia salata le scivolò sulla
mano destra, che teneva incrociata sull’addome, nello stesso
punto in cui la
cicatrice le deturpava la pelle.
Sbuffò nervosa: stava piangendo di
nuovo.
***
Percy
Jackson teneva molto alle
tradizioni.
Per esempio, ogni anno per la finale
di campionato di football indossava due calzini spaiati che aveva
trovato nel
suo cassetto una volta in cui era di fretta e doveva andare allo stadio
con
Paul e sua madre, circa sette anni prima. Erano calzini fortunati.
Insieme a Rachel e Grover, gli
inseparabili, mangiavano gelatine di frutta ogni qual volta si
avvicinavano le
interrogazioni di fine semestre.
Ogni anno, da solo, il giorno prima
dell’ultimo giorno di scuola andava da Starbucks e si faceva
servire un mega
caffellatte in tazza large e la beveva tutta d’un sorso
– senza aggiungere
nemmeno una bustina di zucchero, e lui nei caffellatte normali ce ne
metteva
almeno tre.
L’indomani si sarebbe svegliato
presto – per le sei, sei e un quarto – e per la
prima volta avrebbe guidato
fino all’accademia sulla sua moto.
Un ragazzo non prende la patente
tutti i giorni. La moto era stata un regalo di Paul, e a dire il vero
sua madre
non si era dimostrata entusiasta nemmeno la metà di Percy.
Sua cugina, invece,
l’aveva adorata fin da subito.
«
Ti ha comprato una moto per i tuoi diciott’anni? »,
gli domandò Thalia con voce
squillante, dall’altro capo del telefono.
Percy
rise, seduto sul letto in camera sua davanti allo specchio, guardando
nel suo
riflesso il suo sorriso a trentatré denti.
«
E’ già la terza volta che te lo dico!
Sì! Paul mi ha preso la moto! ».
Oh,
a dire il vero Percy l’avrebbe ripetuto anche una quarta
volta più che
volentieri.
Non
sembrava vero neanche a lui.
«
Questo, caro cugino – affermò Thalia con voce
carica di invidia – è la fortuna
che vi ritrovate voi figli di genitori divorziati! Regali contentini!
Ci credo
che
tua madre volesse tirargli via il collo! ».
Percy
storse la bocca, alzando gli occhi al cielo.
«
Mia madre non l’ha presa così male. E Paul mi ha
già comprato molti anni fa,
più o meno quando mi ha insegnato a nuotare. » le
ricordò il ragazzo, con voce
un po’ seccata.
«
Certe volte mi dimentico da quanto tempo stanno insieme Paul e tua
madre. »
Percy
adorava sua cugina Thalia, sul serio, e l’accettava con tutti
i suoi pregi e i
suoi difetti, ma quella sua bocca larga, ora che aveva diciotto anni,
iniziava
a
dargli noia.
Seguì
un breve silenzio imbarazzato, durante il quale Thalia doveva essersi
resa
conto di quanto l’avesse sparata grossa.
Tentò
di rimediare nel solito modo che usava quando voleva uscire da una
discussione
scomoda: frettolosamente e senza pensare.
«
Ho perso il conto delle storielle che ha avuto mio padre. Avessi almeno
i
regali contentino! ».
«
Già – tagliò corto Percy, chiudendo
definitivamente l’argomento – sai, le
lezioni finiranno questa settimana! Non vedo l’ora.
»
Thalia
prese la palla al balzo. « A questo proposito, non
verrò a trovarti quest’anno.
»
«
Che cosa?? » esclamò Percy, sorpreso: «
ma dovevi venire già l’anno scorso e mi
hai bidonato. Cos’è successo questa volta?
».
«
Oh, una scemenza… mi hanno espulso da scuola. ».
Altro silenzio.
«
E adesso che farai? », domandò Percy, preoccupato.
Il
tono di Thalia lasciava intendere che non si sarebbe lasciata abbattere
da una
cosa del genere. Per lei era davvero una scemenza.
«
Ho già pensato a tutto, cugino. Prenderò il
diploma per corrispondenza. La
scuola non fa per me. Troppe regole. ».
«
Ma il diploma per corrispondenza è da sfigati, Thalia. Non
pensi che… » ma la
ragazza lo interruppe subito, annoiata.
«
Ho già deciso, Percy. Mi diplomerò in anticipo e
verrò a importunarti a New
York! ».
Percy
sospirò, rassegnato. « Me lo prometti?
».
«
Promesso. ».
Inghiottì
l’ultimo sorso di
caffellatte e si asciugò la bocca con il dorso della mano.
Sentiva il telefono pesante nella
tasca dei pantaloni. Come aveva fatto già altre trecento
volte, lo prese in
mano, sbloccò lo schermo e scorse la rubrica fino al
numero di Thalia.
Ingrandì la foto del contatto e
sorrise appena, ricordando il momento in cui era stata scattata.
Erano in aeroporto, circa tre anni
prima: Percy aveva i capelli lunghi fino al collo, un ridicolo gesto di
ribellione adolescenziale contro i dogmi della società
sessista – voluto in
particolar modo da Thalia, che al contrario, aveva lo stesso taglio di
capelli
di un ragazzo, una mezza rapata con i capelli più lunghi in
cima alla testa e
più corti verso la nuca.
Erano guancia a guancia per entrare
entrambi nella foto e facevano le boccacce all’obiettivo;
nella parte bassa si
vedeva il braccio di Thalia che reggeva il telefono per fare lo scatto
dall’alto.
Fece scorrere il dito sul numero
della cugina e portò il cellulare all’orecchio.
Uno, due, tre squilli.
“Ciao!
State chiamando Thalia Grace. La frase del giorno è:
perché fare oggi quello
che potreste rimandare a domani? Sapete cosa fare.”.
Biiip.
Percy chiuse la chiamata e abbandonò
la schiena contro la sedia, improvvisamente privo di forze.
Non voleva ammetterlo a se stesso, ma
stava dimenticando la voce di sua cugina.
Quando pensava a lei gli veniva in
mente quella foto, e quando pensava alla sua voce ripercorreva
mentalmente quel
messaggio vocale oppure sentiva Thalia pronunciare il suo nome.
Non riusciva a ricordare di che cosa
si fossero detti l’ultima volta che si erano sentiti per
telefono, né se si
fossero scambiati parole d’affetto.
***
E
questo è il mio grande progetto
iniziato il 6 luglio di quest’anno, alle undici di sera,
subito dopo aver
chiuso i libri di fisica.
Oggi è il 17 Ottobre, e sto ancora
preparando quel maledettissimo esame xD Okay, drammi personali a parte,
here we
are.
Tengo tantissimo a questa storia, e
capisco che questo sia solo il prologo e che probabilmente non ci
avrete capito
un accidenti, ma datele almeno una
possibilità <3
E’ naturalmente una Percabeth, perché
ormai io e questa ship un giorno comprariremo su Real Time al programma
“Io e
la mia ossessione” ^^”
Questo prologo si intitola New
Begginings, ed è il titolo della prima traccia del disco
What is it to burn dei
Finch.
Ora, questa fanfiction ha cambiato
titolo qualcosa come trecentomila volte, e il primissimo doveva essere
proprio
quello. In fase di scrittura il titolo è
cambiato e il progetto iniziale di
dare ad ogni capitolo il titolo di una canzone di quel disco e quindi
concludere la storia a tredici capitoli, si è dissolto.
La storia sarà lunga almeno venti
capitoli, se non di più.
Tutti i versi delle canzoni
all’inizio dei capitoli si riferiscono a Thalia, mentre
generalmente ogni
citazione sotto i versi si riferisce a qualcosa che prova/pensa/capita
ad
Annabeth.
Riassumendo in breve il prologo:
Annabeth ha fatto qualcosa che ha
portato sua madre, la simpaticissima Atena, ad impacchettare le sue
belle cose
e spedirla dall’altro capo del continente, a vivere da suo
padre con la sua
dolcissima nuova compagna e i suoi nuovi perfetti figli. In tutto
questo,
Thalia non
c’è e cerco di chiarire che tipo di persona fosse,
una ragazza alla
ricerca di sé stessa, con le sue idee in testa, molto
testarda e altrettanto
confusa. Lei e Percy sono naturalmente cugini, ed erano molto legati.
Annabeth
e Percy non si conoscono, per adesso. Ma si incontreranno presto ;)
Se andate sulla mia pagina autore su
Facebook .
, che ho
ampliamente spammato sull’alltra mia FanFic su
“Amici
con Benefici – Storia di un’idea
luminosa” (sì, avete capito che con i titoli sono
una
merda <3 ), troverete alcune still che ho creato per questa
storia, più le
schede personaggio dei protagonisti principali, con alcuni dettagli in
più per
renderli un po’ più veri,
e darvi
l’impressione di conoscerli meglio. Provo a renderli IC in
ogni capitolo, ma
dato il passato che ho affibbiato a ciascuno di loro, è un
po’ difficile che
non ne vengano influenzati nei ragionamenti e nei comportamenti.
Dedico la storia a
E
questi sarebbero I volti dei
protagonisti. Naturalmente Logan Lerman per Percy Jackson,
Chloé Moretz per
Annabeth Chase e Michelle Tratchtenberg per Thalia Grace.
Dovrebbe
essere tutto.
Tengo molto a questa storia, spero
che possa piacere anche a voi tutti. Apprezzo i lettori silenziosi, ma
questa
volta ho davvero bisogno di
pareri.
Aggiornerò la prossima volta tra due
settimane, poi gli aggiornamenti saranno mensili. Fatevi sentire
<3
A prestissimo,
Clarrianne Donavon