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Autore: Venus_veneris    18/10/2015    1 recensioni
La Potnia Fascini è una dea di straordinaria bellezza, alla quale è dedicato il Tempio nella foresta misteriosa delle Selve del Nerito, dove una categoria di abitanti ogni giorno diligentemente compie riti in suo onore. La popolazione è divisa in quattro categorie di uomini, ciascuna delle quali ha proprie caratteristiche fisiche e comportamentali animalesche. Ma tutti sembrano ignorare il piano di "Bestializzazione" in atto sulla Terra. Colui che salverà l'umanità dalla completa trasformazione in bestia e' uno straniero, coraggioso, astuto, curioso. Aiutera gli uomini a ritrovare la loro vera essenza grazie a una figura divina che comparirà solo alla fine del racconto, ma che si rivelerà di primaria importanza per ristabilire l'ordine del mondo da tempo cancellato dal piano di Bestializzazione. L'eroe andrà incontro ad una sorte difficile, ma lui si rivela pronrto ad affrontare qualsiasi cosa pur di meritarsi il titolo di eroe e di proteggere il destino degli abitanti delle Selve Del Nerito.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La magia di una dea: effetto di schiavitù, effetto di libertà.
Il campanile aveva appena suonato le quattro. Un bel paesaggio estivo si estendeva davanti agli occhi di Xanto. I raggi bollenti del sole illuminavano i suoi riccioli d’oro e lui si lasciava cullare dal calore, che gli premeva sulla testa. Una debole melodia di usignolo, unita poi al canto sonoro delle cicale, era fatale, era impossibile non dilettarsene. Più Xanto rimaneva incantato di fronte a questa meraviglia naturale, più avvertiva qualcosa di sé cambiare, qualcosa che quasi lo allontanava dalla dimensione umana … Non capitava quotidianamente di assistere a questa esplosioni di colori; l’erba alta, accarezzata dal sole rovente, vantava di un colore verde smeraldo, tra le chiome fiorite degli alberi spiccavano ciliegie mature, rosse rubino, le lunghe file di querce e oleandri, le radici scure degli alberi così possenti e un piccolo rio con le sue acque cristalline, di cui si udiva un lieve sussurro, non potevano non suscitare incanto. Il giovane, rapito da tale scenario, si inoltrò nella foresta. Più avanzava, più il vento gli scompigliava i capelli, gli entrava nelle vesti, sotto la pelle …ed ecco che il suo corpo si ritrovò nudo, avvolto nell’ondata di fresco, i suoi piedi ora sprofondavano nel terreno, bagnati come l’erba. Il canto degli usignoli si faceva sempre meno timido, più fatale. Era come una cantilena per il ritmo di suoni sempre uguali. Ma poi qualcosa in quel canto cambiò. Xanto aveva raggiunto il cuore della foresta, dove un tempio, o forse un castello incantato, si ergeva davanti a lui. Rapito da quella visione, tutto il resto dei sensi cadde come in un sonno profondo. Non udiva più quei sussurri della natura, ma solo un unico canto, un soprano. Poi comparve una donna, incantevole, seducente, fatale. Allora la foresta mutò improvvisamente aspetto. I tronchi e le radici della vegetazione, da possenti, divennero secchi, neri, la terra arida, non si ammiravano più chiome fiorite con i loro frutti, ma alberi spogli, pruni e cespugli, acacie e funghi velenosi. Anche il rio scomparve, sostituito da un fosso con scarsità d’acqua e qualche ramoscello dimenticato nel fango. Il cielo divenne livido e una serie di fulmini minacciava l’arrivo di una tempesta, illuminando il tempio a intermittenza. Poi calò il buio e l’immagine della donna svanì. Ma solo la sua presenza era bastata ad annebbiare la vista […]
[ … ] Il campanile suonava il mezzogiorno. La Fenice, l’uccello dalle ali d’oro e in porpora, spiccò il volo. Al suo passaggio anche le nuvole si coloravano di oro e di porpora e gli abitanti delle selve del Nerito (presso l’Isola Eea) capivano che potevano prendersi una pausa dal lavoro, come previsto dalla “Legge del Sole”. Allora la categoria dei Leptoti, uomini alati e dal torace ricoperto di piume blu e verdi acqua, atterrarono (era loro proibito volare durante le ore più calde) e poggiarono pesanti bacinelle di succo di Mandragola, bibita di cui si dissetava la popolazione (procurare da bere era lavoro dei Leptoti, previsto dal “Calendario Del Benessere” ). Così tutti accorsero a prendersi le bacinelle, da cui bevevano direttamente.  I Diplosauri, uomini di statura più grande rispetto alla media e dal collo allungato, avvolgevano i recipienti con le loro lunghe code, mentre i Pelasgi (figure dal corpo e il volto umani, ma con le pinne al posto dei piedi), si aggrappavano alla coda del Diplosauro Basilisco (l’addetto al trasferimento dei Pelasgi dall’acqua alla terra ferma).  Questi ultimi non lavoravano mai di giorno, ma si diceva che avessero una bellissima voce, di cui, per la “Legge Della Buonanotte”, erano tenuti a servirsi prima del tramonto per addormentare gli altri abitanti, garantendo loro bei sogni. Infine, gli Iniziati (gli unici uomini a non avere caratteristiche fisiche animali), guidati dalla Fenice, si dirigevano al Tempio per compiere i riti in onore della Potnia Fascini. Secondo una leggenda popolare, essa un tempo era una donna, ma che poi ha ottenuto il dono dell’immortalità. Si raccontava che per la sua straordinaria bellezza e la sua astuzia disprezzasse tutti gli uomini, non ritenendo nessuno degno di lei, motivo per cui il padre, una volta saputo che la figlia era diventata immortale, la mandò ad abitare in un’isola lontana, idilliaca, di cui in realtà molti dubitavano l’esistenza. In onore della bellezza straordinaria di lei, gli Iniziati dovevano agghindarsi, ungersi il corpo con unguenti profumati e le donne più belle, in ricordo del corpo meraviglioso della Dea, dovevano presentarsi senza vestiti, solo col seno e il pube coperti da sottili fasce di foglie d’alloro. Allora, una volta che la Fenice aveva terminato il suo volo al Tempio, gli Iniziati compivano i propri riti secondo una procedura fissa: dopo aver intonato in coro un inno encomiastico, si riunivano in cerchio nella zona fuori dal tempio più esposta al sole, sacrificavano animali in suo onore e ne versavano il sangue in appositi calici di vetro, allungato con acqua di sorgente (o con cicuta acquatica) e liquido estratto dalla digitale purpurea. In conclusione era prevista l’invocazione della dea, come dea protettrice e signora di piante e animali. Dalla “Legge Della Devozione” era previsto che questi riti si compissero solo di giorno. Non era permesso fare visita al tempio la notte. Non si sapeva il motivo, ma chi aveva infranto la regola non era più tornato tra gli uomini. […]
[…] – “Arthur? Mi senti? Bene. Torna in stazione e mi raccomando … sigilla tutte le porte del tempio. Non lasciarlo mai incustodito! Se solo uno, un unico, misero, insignificante mortale osasse avvicinarsi … che sia scatenato l’ Inferno!”
La Fenice volò in direzione della luna. Non appena atterrò, le sue zampe incominciarono a ingrandirsi, le dita dei piedi a spuntare, le ali a perdere prima il loro colore, diventando verdi, poi si mutarono in braccia. Un’ondata di gelido vento spogliò l’essere delle proprie piume, lasciandogli nudo il petto, ormai verde anch’esso. Il becco si ridusse e poi al suo posto comparvero due labbra violacee. Anche il volto adesso era più grande, gli occhi da marroni divennero gialli e due grosse orecchie comparvero sulla testa dell’alieno.
- “Eccomi Signora!” –
- “Hai fatto tutto quello che dovevi fare?”
- “Ma certo, mia Signora, ho chiuso ogni porta, coperto di spine e di pruni il recinto della zona del Tempio, mi sono assicurato che tutti abbiano assunto la dose giornaliera di Mandragola, che i Pelasgi abbiano addormentato la popolazione e, le assicuro, non troverà nessuno sulla Terra in giro a quest’ora.”
- “Bene, bene, dammi i calici! E voi, portatemi il Ciceone!” – aggiunse la Signora, rivolgendosi ai suoi servi serpenti sulla Luna.
- “E tu, Arthur, continua a controllare il Tempio. Von, Rubi, aiutatelo, io devo rivedere alcuni dettagli sulla riforma della Legge Della Devozione e della Legge delle Categorie. Dobbiamo assolutamente creare una nuova categoria di abitanti, più subdola, più animale, più fedele. Oppure è giunto il momento di trasformare i Diplosauri completamente in Dinosauri, i Leptoti in uccelli o i Pelasgi in squali. Così, sulla Terra sarà compiuto il mio piano di Bestializzazione! Muahahaha! Nessun uomo, nessuno dico, sopravviverà! Solo animali, serpenti che strisciano attorno al mio corpo, cagne fedeli e porci da mangiare ogni giorno!” – disse, mentre aggiungeva fili alla sua tela, che usava per tessere il piano.
“ALLARME,ALLARME,ALLARME” urlò l’alieno/Fenice, che scorse un abitante aggirarsi per i giardini del tempio. […]
[…] Federik, uno degli Iniziati, aveva il cuore in gola. Sapeva che andare in giro a quell’ora non era prudente. Non voleva però tornare a casa, la vista notturna della foresta lo attraeva così tanto … La luna che spiccava nitida nella notte illuminava il tempio. I fusti possenti delle colonne, i leoni stilofori in materiale aureo, la fascia continua del fregio con la sua doratura e la cimasa in terracotta, ospitante raffigurazioni di animali esotici, non potevano non incantare, anche se l’ambiente nel complesso appariva un po’ inquietante in quel momento.
- “Perché sei qui? Sai che non puoi a quest’ora.” – una voce femminile lo sorprese.
Era una ragazzina, seduta sull’erba fuori dal Tempio, con una tovaglia ricca di calici di mandragola e bibite di altro tipo.
- “Nemmeno tu puoi.” – 
- “Vero. Mi piace il pericolo. Amo azzardare”.
- “Di notte è particolarmente bello qui.” – 
Si udì il verso insistente di una cornacchia.
- “Sì, molto bello …” – continuò il ragazzo tremando – “quanto inquietante!”
A questo punto la ragazzina fermò il suo sguardo su di lui. I suoi occhi nerissimi, a netto contrasto con la pelle bianca come la luna e i capelli oro, come le ali della Fenice, incutevano timore. La giovane si alzò in piedi e si sfilò la veste. Era quasi nuda. Camminava avanti e indietro, quanto bastava per mostrare le sue gambe sottili, toniche, il suo busto lungo e dal punto vita stretto, ben marcato, il ventre piattissimo, le spalle leggermente più larghe dei fianchi e il collo lungo così bianco e sensuale. Schiuse le sue labbra rosso sangue in un sorriso. Federik fu percorso da un brivido.
- “Bevi che ti riscaldi!” – disse lei offrendogli un calice. Allungò la mandragola con un’altra sostanza, ignota al ragazzo.
- “Brindiamo?” – chiese lui afferrando il calice.
- “Allora … Prosit!” –
- “Scusa, ma adesso devo proprio andare. Spero di rincontrarti presto!” disse la ragazzina, dopo che ebbero bevuto.
Anche Federik fece per andarsene, fino a che, sulla via del ritorno, non si immobilizzò. Urlava, emetteva un suono, ma …  la sua non era più propriamente una voce. Divenne rosso in volto, la pelle gli cominciava a bruciare, ripensava alla giovane e sentiva come un fuoco ardere dentro di lui, era più che passione quella. Perse il controllo di sé, iniziò a correre, cadere, rotolare, rialzarsi su quattro zampe. Poi gli spuntò una sottile coda, dalla punta leggermente arricciata. Ormai poteva essere aggiunto alla lista dei porci.
Il giorno seguente procedeva regolarmente sotto il rigido controllo della Signora. La Fenice aveva appena spiccato il volo dal campanile, la popolazione si era procurata dai Leptoti la dose giornaliera di mandragola. Essi si erano svegliati all’alba, come era loro d’obbligo secondo “la Legge della Veglia”. Si erano recati presso la riva del mare Formidabile, nelle cui acque vivevano i Pelasgi (oltre a loro solo i Leptoti potevano raggiungere quella zona, era troppo lontana dalla foresta e dal paese per essere raggiunta a piedi). Lì ricavavano la mandragola dal Cerithium Vulgatum,una conchiglia dal colore grigiasto, dai cui bordi venivano ritagliati i noduli aguzzi, fatti inumidire nella schiuma del mare e poi aggiunti al liquido tratto dall’alga orticante Oscilatoria Nigroviridis. Oltre ai Leptoti, che avevano il compito di preparare e procurare la bibita per tutta la città (ogni mattina dovevano essere loro i primi a dissetarsene), nessuno conosceva il procedimento di preparazione della bevanda. Ci poteva essere il rischio che qualsiasi abitante, conoscendo la ricetta, se ne servisse oltre misura e a proprio piacimento.
Poi nel primo pomeriggio gli Iniziati venivano guidati dalla Fenice al Tempio e i Leptoti si rintanavano nella loro dimora. Tutti, tranne due giovanissimi gemelli. 
- “ E’ tardi, dobbiamo rientrare, mamma e papà si arrabbieranno.” – disse uno dei due.
- “Hai sentito parlare del Calice?” –
- “Il Calice? Quale?” –
- “Uno degli Iniziati mi ha detto che dalle porte del Tempio ha visto un calice volante! Ti giuro che è vero. Aveva lo stelo di cristallo, il piede di bronzo, con incise alcune immagini, forse di bestie esotiche, mentre la coppa era in oro e con i bordi … di fuoco!"
- “ E’ la prima volta che sento una cosa simile! Ma sei sicuro?” –
- “Certo, almeno, è quello che si dice. E’ quell’Iniziato che ha messo la voce in giro. Ma non so dirti chi sia … c’è chi dice che sia riuscito ad entrare dentro il tempio e a vedere il Calice da vicino …” –
- “E poi?” – gli chiese il fratello incuriosito.
- “E poi non lo so, nessuno l’ha più visto. Gli altri Iniziati hanno detto che fuori dal tempio non avevano trovato nessuno il giorno dopo, se non una stupida scrofa morente ricoperta di fango.” – 
L’arrivo della Fenice interruppe la conversazione. I due Leptoti abbassarono lo sguardo e videro la processione degli Iniziati.
- “Aggiungiamoci a loro! Forse sanno qualcosa in più sul Calice. Chissà … forse riusciremo a portarcelo a casa!” – aggiunse uno dei due gemelli eccitato.
- “Signora, mi senti? E’Arthur che parla. Due Leptoti hanno infranto la Legge dei Volatili, sono ancora in volo a quest’ora.” – comunicò telepaticamente la Fenice alla Signora.
- “ Tu pensa agli Iniziati, portali al tempio, non devi lasciare alcun sospetto. Quanto a quei due … ci penso io!” –
- “Ottima idea!” – proseguì l’altro gemello.
I due fecero per atterrare. Gli Iniziati continuavano il loro cammino, intenti in una conversazione sui i nuovi inni da proporre per compiacere la Potnia Fascini. Poi furono sorpresi da un boato. Non capivano da dove provenisse, ma da quando la foresta verdeggiante era vuota di fronte a loro e nel cielo non si avvertiva neanche una nuvola, era da escludere che si trattasse di un presagio della natura. Quelle grida animali continuavano, incutevano timore. Ma fu levato un gran sospiro di sollievo generale, quando gli Iniziati si voltarono e capirono che quelli erano solo i grugniti di due insignificanti suini. [...] 
[...] - " Il calice è salvo, mia Signora." - 
- "Bene, nessuno lo dovrà più vedere! Chiunque oserà anche solo nominarlo ... sarà mutato in animale all'istante!" - 
Il Calice raggiunse in volo la sua padrona. Lei poggiò una mano sui bordi infuocati e lo stesso fece la Fenice/alieno. Le dite delle loro mani si intrecciarono. Il fuoco si spense. Era con questa prassi magica, ripetuta ogni sera, che i due durante il giorno riuscivano a comunicare telepaticamente. 
- "Il Ciceone, grazie!" - 
Subito Von, un serpente a tre teste dalle lingue multicolori, porse alla Signora una ciotola contenente un miscuglio di miele, acqua e farina di grano, dolce al palato. La padrona sorrise soddisfatta. Prese la ciotola tra le mani e disse: " Adesso, mia delizia, ti manca il colpo di grazia!" E dal Calice versò nel Ciceone il liquido verde smeraldo . Poi unì il tutto alla bevanda che gli Iniziati preparavano in suo onore durante i riti e che la Fenice/ alieno diligentemente le consegnava al termine della giornata. 
- "Bene, così chi oserà trasgredire le mie regole berrà ... e vedrà!" - 
Intanto, mentre la Signora tramava i suoi terribili piani e gli abitanti delle selve del Nerito nelle loro case consumavano la solita cena a base di ghiande, la foresta da lontano appariva avvolta nel suo mantello di mistero. Fuori dalla cittadella le colline alte ne coprivano buona parte della visuale. La luna, ogni sera sempre più limpida, con la sua luce faceva scintillare gli stilofori dorati e il fregio. Ma come mai il Tempio era così nascosto? Nascondeva forse qualcosa? Questo si chiedeva Adone, appena sbarcato presso le Selve del Nerito. Il giovane ragazzo si inoltrò nella foresta. Attraverso' la cittadella, di cui poté ammirare il campanile, alto e possente, e la solitudine del luogo. La foresta appariva ancora più deserta, più buia, solo un piccolo sentiero si poteva intravedere grazie alla luce lunare. Si trattava di un percorso stretto, con ai bordi qualche pietra appariscente, alcune forse erano rubini. Sembrava che questo piccolo sentiero fosse stato creato ad arte, per non dire che avesse una propria funzione. Proseguendo, la foresta si faceva sempre più fitta, le piante così alte e le chiome della vegetazione limitavano notevolmente la vista del cielo. Adesso era completamente buio. Era a questo punto che il Tempio brillava di tutto il suo splendore. Solo lì penetrava un filo di luce adesso. Adone non poteva non notare le porte sigillate e il recinto ricoperto di spine e pruni. Sicuramente il Tempio nascondeva un terribile segreto. Il cielo iniziò improvvisamente ad oscurarsi, ecco che la luna ora era soffocata dalle nuvole. Buio, terrore. Ma nel giardino del Tempio uno spiraglio di luce fece la sua comparsa timidamente. C'era forse qualcuno? C'era una figura, sì, ma non era animata. Era una statua, una statua di marmo. Raffigurava una donna o forse una dea. Era particolarmente bella, il suo corpo aveva giuste proporzioni, un'incredibile correttezza anatomica. Le forme così armoniose, così morbide, non potevano non catturare lo sguardo. Era anche molto graziosa la sua capigliatura riccioluta. Le pudende della donna (o della dea) raffigurata erano appena coperte da una sottile striscia di foglie di alloro e in minima parte anche dai capelli lunghissimi di lei. Un'ondata di passione travolse Adone quasi da fargli perdere i sensi. Fece per avvicinarsi, voleva poter toccare quella carne marmorea, dimenticandosi quasi del recinto pericoloso. Non appena accennò un piccolo movimento, una luce fosforescente quasi lo accecò. Polvere, solo polvere si sprigionava dal terreno. Vento, pioggia, tempesta. La natura mutò il suo aspetto. Gli alberi divennero improvvisamente spogli, i rami secchi, foglie d'ortica iniziarono a stuzzicare le ginocchia del ragazzo. Poi il vento cesso', l'ondata di polvere era finita. Non pioveva più ora. Adone cercò la statua con lo sguardo. Ma l'intero giardino era vuoto. Allora accanto al recinto notò la presenza di una grotta (che ci faceva in una foresta?) che prima non aveva proprio visto. La osservò. A quel punto la cicatrice che aveva sul ginocchio gli comincio a duolere. [...] 
[...] Sulla luna suonarono tutti i campanelli d'allarme. "ALLARME,ALLARME" continuava a ripetere la Fenice/ alieno.
- "Ah maledizione Arthur! Come ti è potuto sfuggire quell'essere insulso!" 
- "Signora sono mortificato, veramente non lo so, ero convinto che non ci fosse più nessuno in giro a quell'ora!" 
- " Dannazione! Lui MI HA VISTA! Quello sconosciuto ha visto il mio incantesimo, come ha potuto!? Ci manca solo che sappia dove mi trovo adesso! Arthur, trasformati di nuovo in Fenice e va tu stesso a controllare le porte del Tempio! Quanto a quell'essere ci penso io! Gli somministrerò una bella dose di Mandragola (altrimenti senza di quella la mia pozione non farà mai effetto) e poi, assaggerà quanto è buono il mio adorabile Ciceone e poi ..." disse la Signora fuori di sé " vedrà, vedrà!" - 
Intanto Adone si massaggiava la cicatrice. Era la prima volta che gli doleva così. Eppure non si ricordava nemmeno come se la fosse procurata ... La grotta fu coperta di nuovo dal buio. Adone era solo, finché una voce non lo sorprese. 
- " Sei solo?" - 
Si voltò. Era una ragazzina. Girava per la foresta a piedi nudi e con un vestitino sbracciato in dosso. Aveva con sé una borsetta e un piccolo asciugamano sotto il braccio. Lo stese a terra e vi si sedette sopra. 
- "Ti prego siediti." - continuò lei. 
Il suo viso da angioletto, un po' bambino, non faceva paura. Sembrava così innocente. Ma quale motivo poteva spingere una ragazza,apparentemente così pavida, a inoltrarsi sola nella foresta? Non aveva paura dei lupi, delle tempeste, di qualche malintenzionato? 
- "Ho una sete ..." - disse. Dalla borsetta estrasse una bottiglia dal liquido con un colore strano. La ragazzina ne bevve un sorso. 
- "Vuoi assaggiare? È una bevanda tipica di queste parti. Tu sei straniero, vero?" - Adone annui. Esitò un po', ma poi, spinto dalla curiosità, decise di bere. La ragazzina sorrise maliziosa. Stese le gambe, appoggiandole sulle ginocchia di lui. Lasciò cadere la testa leggermente all'indietro. Un'onda di capelli lisci e biondi accarezzò l'erba. Si passò poi delicatamente una mano sul collo, facendo piccoli massaggi in maniera molto sensuale. Roteò la testa, muovendo la massa di capelli energicamente. Accavallò in seguito le gambe e lentamente si sfilò la veste. Rideva. Adone era così colpito dalla sua sensualità da non riuscire a muoversi. Ora lei puntò i suoi occhi nerissimi su di lui. Le sue labbra rosso sangue, carnose, provocavano un contrasto bellissimo con la pelle bianca, così delicata. Adone fu percorso da un brivido.
- "Se bevi questa ti riscaldi. Anche questa è una specialità di queste parti." Estrasse dalla borsetta un'altra bottiglia. Lui bevve. La ragazzina attese con ansia. Lui continuava a guardarla, la passione non si spegneva mai. Tuttavia nessun effetto sembrava verificarsi. La ragazzina iniziò a tremare, difficile dire se di rabbia o di terrore. 
- "Va nel porcile!" - si sentì di gridargli! "Va nel porcile!" Ripeteva. Lui rimaneva immobile di fronte a lei. Prima nel volto della donna si leggeva un'espressione di stupore, poi di sconfitta. 
-" Basilisco! Dannazione, Basilisco!"- gridava. Allora comparve il Diplosauro Basilisco dall'interminabile coda. La ragazza usò quella coda come arma, come frusta per percuotere Adone. Lui non sembrava neppure avvertire le ferite. 
La ragazza tremò, si lasciò cadere a terra. Si contorceva, si percuoteva il petto, batteva pugni, si strappava i capelli in lacrime. Era così sconvolta, la sua magia per la prima volta non aveva fatto effetto. Il suo volto bianco cominciò a diventare un miscuglio di colori. Le guance divennero rosa, poi rosso fuoco. Adesso era tutta rossa in viso, grondava di sudore, al punto che i suoi lineamenti si fecero meno marcati. Il suo corpo cominciò ad allungarsi, ingrandirsi. Le unghie con cui graffiava la terra divennero più affilate. Lei nascose il viso nella terra e i suoi capelli cominciarono a confondersi col terreno, a diventare più crespi. Sembrava lei un animale ora. Adone capiva che nascondeva qualcosa di oscuro quella donna e così lo percorse il desiderio di ucciderla. Ma quando lui fece per afferrarle il collo, lei si rialzò. Era diversa. Alle ciocche sottili di capelli biondi e lisci si sostituirono morbidi riccioli, neri come la terra. Lei non era più bianca, aveva la pelle abbronzata. Gli occhi si fecero leggermente più chiari,erano lucidi perché aveva pianto. Era più alta ora, più donna, più matura. I fianchi erano più larghi, il seno molto più pronunciato. La veste della ragazzina di prima era scomparsa, in dosso aveva solo misere fasce di foglie d'alloro.  
- "Ti prego uccidimi, se puoi! Non posso stare qui. Portami via da questo mondo di essere insulsi, insignificanti! Adesso non mi rimane più niente! Nessuno doveva vedermi qui sulla Terra, nessuno, dannazione!" - 
Adone era sconvolto. Ma chi era lei? E perché non doveva essere vista? 
- "Ti prego uccidimi!" - continuava lei.
- "No. Ti prego dimmi chi sei." 
Lei si asciugò le lacrime. Inspirò ed espirò più volte, poi alla fine disse: " Non ti ha mai parlato nessuno della Potnia Fascini?" [...] 
[...] I due si erano appena goduti l'amore. La Potnia Fascini era tornata sulla luna quella sera. Non sarebbe più riapparsa, se non sotto forma di statua come faceva sempre durante le ore solari. Era il rapporto con quel mortale sconosciuto che l'aveva fatta tornare alla sua normalità, il giorno statua del Tempio e la notte Signora sulla Luna, dove faceva le leggi o le cambiava, aggiungendo e togliendo fili nel suo telaio. Così controllava gli uomini e nessuno sospettava niente che la riguardasse. Era stata lei ad offrire il suo letto al giovane, almeno per poter tornare alla sua vita di sempre. In cambio gli aveva promesso che non gli avrebbe recato alcun danno. E invece lei non avrebbe dovuto rispettare quel patto. Punirlo, ecco cosa doveva fare! Era sempre in tempo, comunque. Doveva punirlo, come già aveva punito un mortale tanti anni prima. 
La notte seguente Adone si ripresentò alla foresta. Un'infinità di domande gli martellavano la testa. Intanto, dove si trovava, chi abitava la selva? Come manipolava gli uomini la Potnia Fascini? Ma soprattutto, lei avrebbe rispettato il patto? Forse non doveva fare visita un'altra volta a quel luogo incantato. Il verso di un gufo notturno interruppe i suoi pensieri. Poi si udì una cornacchia. Il terrore cresceva, Adone capiva che doveva abbandonare immediatamente la foresta, eppure c'era qualcosa che lo tratteneva. Ogni tanto l'oscurità era interrotta da qualche striscia di luce lunare, ora molto debole, ora ... abbagliante. Sembrava che la vista cominciasse ad annebbiarsi sempre di più ad ogni passo. Poi cadde di nuovo il buio. E poi incredibilmente la luce. Luce, che illuminava l'intero Tempio, come non era mai accaduto! Le spine e i pruni intorno al recinto si stavano vaporizzando. Erano forse allucinazioni quelle?  
 -" La maledizione colpisce ancora!" - una voce roca sorprese Adone. Impossibile individuare da dove provenisse.
Il ragazzo fece per ignorarla, ma non appena avanzò di un singolo passo, ancora sentì: "Non faaaaarloooo!"  Si voltò. Apparve improvvisamente la grotta. Poi scomparve di nuovo. La cicatrice sul ginocchio gli cominciò a bruciare. Vi portò una mano. La grotta ricomparve. - "La maledizione colpisce ancora" - continuò quella voce. 
- "Chi sei? Parla!" - urlò il ragazzo coraggioso.
- " Avvicinati" - 
- "Fatti avanti!" - rispose il giovane.
- "Non posso! Avvicinati alla grotta, ti prego." - 
Così la grotta ricomparve. Adone si avvicinò con molta cautela.
- "Sei straniero, vero?" - proseguì la voce.
- "Perché non ti fai vedere?" -
- "Te l'ho già detto, non posso." - 
- "E perché?" - 
-"Se avrai la pazienza di ascoltare ti racconterò la mia storia, che, grazie alle verità che sono capace di rivelarti, fortunatamente non diventerà anche la tua." Il ragazzo, sorpreso, non poté fare a meno di chiedere quali rivelazioni lo aspettassero.
- "Il mio nome è Xanto e sono cieco. Sai da quanti anni vivo qui dentro e non vedo più la luce del sole?"- Adone fece di no con la testa.
- "Ebbene sono duecentocinquant'anni." - 
- "Impossibile, nessuno vivrebbe mai così a lungo." 
- "È proprio questo il punto. Ho avuto il dono dell'immortalità e la condanna ad una vita per sempre infelice." - 
- "Non ti rallegra il fatto di essere immortale?" - chiese Adone stupito.
- "Una vita chiuso in una grotta, condannato, non mi potrà mai rallegrare. Se non puoi vivere come un dio, l'immortalità ti annienta, ti sottopone alla disumanizzazione. Non hai più desideri, speranze, progetti. Solo un eterno vuoto di fronte a te. La tua è una vita d'inerzia, come quella degli animali." - 
Il ragazzo rabbrividì. "Ma cosa ti ha provocato questa sorte?" - chiese.
- "Ho peccato,ragazzo. Almeno, quando le forze del Male hanno contrastato quelle del Bene, la mia azione iniziò ad essere considerata peccato. La libertà è rimasta da quel momento un ricordo remoto. Tutti gli individui in questa società devono obbedire a leggi ferree, nessuno può decidere della propria vita privata, chi diventare, come organizzare la giornata. Per ogni singola azione è previsto un determinato orario del giorno. O lo si rispetta o si è puniti. Ebbene, quando il Male trionfò, divenne proibito aggirarsi per i luoghi della città la notte. Io lo feci ed ho assistito alla stessa scena a cui hai assistito tu ieri sera. E per questo fui punito ... " 
- "Ma tu ... Tu ..." - aggiunse il giovane balbettando - "come puoi sapere che io ieri notte ... Vuoi forse dire che mi hai VISTO?" - 
- "No, ragazzo, te l'ho detto, non godo più del piacere della vista da duecentocinquant'anni. Ma, vedi, quando si vive per così tanto tempo, anche se in una grotta, si può sviluppare una sorta di vista interiore, che è la propria saggezza. Io ormai capisco come vanno certe cose, ormai ho imparato a prevederle. Per questo adesso devi ascoltarmi attentamente. Tu sei un mio discendente."
- "Cosa?" - 
- "Hai capito bene. Ti sei mai chiesto come ti sei procurato la tua cicatrice?" - 
Il ragazzo fece per toccarsi il ginocchio.
- "Non ti ricordi, vero?" - proseguì Xanto - "Ebbene ce l'hai fin dalla nascita. Da quando sono stato punito, momento in cui la mia cicatrice ha fatto la sua prima comparsa,  a tutti i miei famigliari di allora essa è stata trasmessa, così anche ai figli dei loro figli, fino ad arrivare a te. Anche un po' della mia immortalità ti ho trasmesso. Non sto dicendo che anche tu sei immortale, tuttavia hai notato che la Potnia Fascini non è riuscita a mutarti in animale come ha fatto con tutti gli altri mortali. Tu hai una dote, figliuolo, che sfrutterai bene, se mi ascolterai." - 
- "Giuro che ti ascolterò." - 
- "Tu puoi far tornare uomini gli abitanti di questa terra. Chi è stato mutato in porco ritroverà il suo corpo da umano e tutti gli altri mortali perderanno tutte le caratteristiche che li rendono simili a bestie. Torneranno uomini su questa terra, che non si nutriranno più di ghiande e mandragola, ma di carne, pesce, vino e acqua. Torneranno uomini capaci di controllare i propri istinti, di tenere a freno le passioni. Ecco perché la Dea prima di somministrare la sua bevanda fatale ricorre alla seduzione. Perché gli uomini perdano l'uso della ragione, si riducano a mero istinto, così la metamorfosi avverrà all'istante. Ma adesso ascoltami. Tu devi entrare in quel tempio senza farti vedere." 
- "Come posso, se la Dea vede tutto?" - 
- "Ogni mattina all'alba la Fenice, l'animale che le è più fedele, per ordine della Signora sparge della polvere sulla terra, che poi viene assorbita dall'umidità. È grazie a questa sostanza nel terreno intorno al Tempio che lei riesce a far sparire la sua immagine come tramonta il sole. Ora tu ingerirai un pugno di quella terra, così sarai invisibile e nemmeno la Fenice potrà più controllarti. Appena giunto alle porte del Tempio devi nutrirti del fiore dai petali bianchi e nero alla radice. Solo così potrai passare attraverso le pareti del luogo sacro. Lì troverai un calice e tu ruberai il liquido ivi contenuto, quello funesto con cui la Dea fa le sue pozioni. Ma sta' attento. L'effetto dell'invisibilità durerà solo pochissimi minuti. Il Calice ha i bordi di fuoco, dovrai inoltre procurarti acqua per spegnerlo. Se riuscirai a rubare quel liquido magico, forse c'è la speranza che gli abitanti di questa terra tornino veri uomini. Ora ti ho detto tutto. È il tuo momento." - 
- "Xanto! Xanto!" - gridava Adone tremando, ma non ricevette alcuna risposta. Si avvicinò al recinto. Afferrò una piccola manciata di terra e fece quello che gli aveva detto il vecchio. Improvvisamente si ritrovò davanti alla porta del Tempio ed ecco che ai suoi piedi c'era il fiore. Il suo profumo travolgeva i sensi. Lo ingoiò velocemente. Si sentì gelare il sangue, il respiro venire meno. Una serie di brividi percorse la sua pelle, fino a che non sentì venire meno la sensibilità nelle braccia, poi nelle gambe e in tutto il resto del corpo. Fece per toccarsi la cicatrice ma il suo tatto non avvertì niente. Adone chiuse gli occhi, trattenne il respiro, prese la rincorsa e così fu inghiottito dal portone principale. Non credeva ai suoi occhi. Dentro c'erano candelabri sospesi in aria, fiamme volanti, rose danzanti. Poi, eccolo, il Calice dai bordi infuocati. Non era facile raggiungerlo, dato che era circondato da esseri dal corpo di uccello, il becco appuntito e il volto da donna, che gli avrebbero sicuramente teso un agguato. Il ragazzo era nel panico. Sapeva di essere invisibile, per cui quelle strane figure non dovevano essere un problema, eppure ... si ricordò di non aver preso l'acqua. Fece per muoversi, quando avvertì di nuovo brividi sulla sua pelle. Le mani cominciarono a tremargli, la gola a bruciargli, il sudore a ghiacciarsi addosso. Stava riacquistando sensibilità, l'effetto magico stava svanendo. Iniziò a correre senza una meta. Poi un coro di allarmi lo arrestò. Adesso non era più invisibile. La Fenice lo raggiunse con una rapidità sorprendente. Quelle figure alate dal volto umano levarono un grido con la loro voce stridula, accompagnate da un soprano. La mente del giovane era sconvolta. La Fenice si impossessò del Calice. Fu allora che il ragazzo con incredibile coraggio si aggrappò ad uno dei candelabri volanti e la raggiunse in volo. Essa allora volò intorno a lui, nella speranza di fargli perdere l'equilibrio. Con il suo becco appuntito fece per ferirlo a una mano, ma lui rapido la schivò. Fece un movimento così brusco che perse il controllo del candelabro su cui si appoggiava. Adone si schiantò contro la Fenice e il candelabro si ruppe a terra. Ma aveva urtato qualcosa nel suo atterraggio. Un vaso in terracotta, che il giovane al suo ingresso non aveva notato, si infranse e una tempesta improvvisa si scatenò all'interno del Tempio. Un'ondata d'acqua fece irruzione nel luogo sacro, sfondando tutte le porte. Il giovane vide la Fenice trascinata via con violenza da quelle onde, mentre lui, sospeso per aria, a stento riuscì a schivarle. Poi non vide più nulla, solo polvere. I suoni che emettevano quegli esseri a guardia del Calice si facevano sempre più confusi. Non udiva più il soprano, ma una voce femminile che gridava maledizioni. Poi intravide il volto della Potnia Fascini. Poi buio totale. Il giovane stava precipitando a terra, urlava il nome di Xanto perché corresse in suo aiuto. La testa del giovane si ritrovò ad un centimetro da terra, quando la luce tornò a illuminare lo spazio interno. Allora magicamente i piedi di Adone tornarono a contatto con il suolo. Fece per toccare i frammenti del vaso in terracotta, quando questi scomparvero improvvisamente. Una polvere magica, cristallina, iniziò a sollevarsi dal pavimento. Essa disegnò forme ben precise. Furono disegnati prima due piedi, poi gambe, una veste, braccia, collo, insomma, si venne a creare la sagoma di una figura umana. Fino a che Adone non vide davanti a sé una vera figura umana. 
- "Grazie." - disse lei sorridendo. Era una donna (o forse una dea). Era molto graziosa, alta, il suo corpo era coperto da una lunga veste bianca, accollata, e i suoi capelli erano raccolti in tanti piccoli ciuffi. 
- "Piacere, io sono Artemide". - proseguì.
- "Sono io che devo ringraziarti. Tu mi hai salvato, stavo per morire." - 
- "No, sei tu che hai salvato me e tutti gli uomini che mi sono stati fedeli." - lui la guardò incredulo.
- "Giusto, non ti ho detto ancora niente di me." - disse lei "Io un tempo ero una collaboratrice della Potnia Fascini. Lei incarnava le forze del Male, io quelle del Bene. Noi due determinavamo il funzionamento del mondo, trovando un giusto equilibrio tra le mie forze e le sue. Finché ci fu quell'equilibrio tra le nostre forze antitetiche il mondo funzionava bene. Gli uomini erano liberi di amare, di disprezzare se volevano, insomma, non erano puro istinto e il loro corpo non aveva tratti bestiali. Erano dotati anche di ragione e capivano quando era opportuno tenere a freno i propri rancori verso il prossimo e tutti gli altri eccessi dei moti interiori. Ma poi, forte dell'aiuto della Fenice e di altri seguaci subdoli, la Potnia, che voleva essere l'unica legislatrice, fece prevalere il Male sul Bene. Allora riuscì a dar vita ad una società di schiavi, di animali che hanno abbandonato la loro vita di uomini. Tutti i loro pensieri dovevano essere rivolti a lei in ogni momento della giornata. Così quando ci scontrammo a duello lei mi sconfisse, condannandomi a vivere nascosta in quel vaso. Mi aveva lanciato una maledizione. Si sarebbe dovuto infrangere quel vaso, perché io potessi tornare libera e perché tornassero ad agire le forze del Bene. E, convinta che questo non sarebbe mai successo, ha inoltre giurato che nel caso in cui io fossi liberata, si sarebbe annientata. Così lei adesso ha smesso di esistere." - 
- "Sul serio? E per quanto riguarda il Calice ..." - 
- " Anch'esso ormai appartiene al passato ..." - 
- "Ma allora tutti gli abitanti di questa terra torneranno uomini e Xanto recupererà la vista e ..." - 
- "Un attimo" - lo interruppe Artemide - "Ci vorrà del tempo. Gli uomini di questa terra hanno dimenticato cosa sia la ragione. Conoscono solo l'istinto, ignorano la castità, l'imperturbabilità dell'animo.  Ma io li aiuterò. Però perché tornino davvero uomini bisogna che almeno in minima parte le forze del Male compaiano di nuovo." - 
- "Questo vuol dire che la Potnia Fascini tornerà?" - chiese Adone deluso.
- "Questo non accadrà, perché lei non conosce equilibrio, non riuscirebbe mai a porre un limite alla sua malignità. Però anche una debolissima presenza della forza antitetica al Bene deve essere presente. Sì, perché gli uomini per esprimere la loro personalità devono esercitare l'arte del dubbio, devono provare sentimenti contrastanti, devono poter esprimere le loro incertezze. Se ogni cosa non avesse il suo opposto, l'uomo non avrebbe neanche l'opportunità scegliere o interrogarsi su cosa è giusto per lui e cosa no. L'uomo non sarebbe tale senza la libertà di scelta. Non esiste una scelta tra cose uguali o che si assomigliano fortemente. L'uomo se vuole davvero conoscere il mondo deve essere libero di sbagliare inoltre e se sbaglia è solo grazie a quella minima porzione di Male necessaria per regolare il mondo con il Bene. Pensa a Xanto. È lui che ti ha guidato nell'impresa. È lui capace di previsioni. E questo grazie ad un suo sbaglio, quando infranse le regole e si presentò di notte al tempio. Adesso lui morirà, perché con la morte della mia rivale è terminata anche la sua condanna a una vita eterna, ma infelice. Ed è giusto così." - 
Una lacrima rigò la guancia di Adone.
- "Devo confessarti una cosa che non ti farà piacere" - proseguì Artemide - "Tu dovrai compensare l'assenza del Male."- 
- "Ma come sarà possibile?"- 
- "Ora io farò tornare il vaso integro. Ma dentro quel vaso abiterai tu, fino a che l'umanità non sarà tornata quella di prima. Questa ingiustizia deve compensare l'assenza della forza antitetica al Bene, sennò l'uomo non si ricongiungerà mai più con la sua vera essenza." 
- "E chi garantisce che tutto tornerà come era una volta e che io potrò vedere di nuovo la luce del sole?"- 
- "Come io, ora che sono libera, incarno il Bene, tu adesso per gli uomini incarnerai la Speranza. Solo con questa ingiustizia, che vede te come vittima, gli uomini possono sperare di tornare quelli che erano. Ma tu puoi anche rifiutare di passare parte della tua vita dentro al vaso. Ma sappi che allora difficilmente verrà distrutto il processo di Bestalizzazione che la Potnia Fascini ha messo in atto." - 
Adone sorrise. Il panico cresceva se pensava alla sua vita chiusa in quel vaso. Ma poi pensava a Xanto, alla figura per lui più importante, a quello che ha vissuto, la saggezza che ha acquisito. Pensava all'umanità, pensava che in fondo era lui l'eroe. No, non poteva lasciare incompiuta la sua impresa. Sorrise di nuovo ad Artemide. Allora questa, solo come una dea è in grado di fare, magicamente fece riapparire il vaso.

   
 
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