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Autore: YuGiesse    18/10/2015    3 recensioni
"Era un ragazzo mai visto, aveva un'aria da menefreghista, sedeva su un'antica sedia di legno con le gambe incrociate sul tavolo, i suoi occhi profondi riuscivano a mettere in soggezione anche con un solo sguardo, quel tipo di ragazzi che lui odia."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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"Dove stai andando?" Non c'era modo migliore per iniziare il pomeriggio.
"A scuola, ho il comitato studentesco."
"Vedi di non tardare, abbiamo ospiti a cena." 
"Ok, a sta sera mamma."
 
 Perché devono esserci sempre ospiti?!
 
Si dirigeva, passo dopo passo, verso la scuola, dove si sarebbe tenuto il comitato di quel mese.
L'inverno era quasi alle porte e l'aria cominciava ad essere più fredda. 
In quell'orario la strada che era solito prendere per arrivare a scuola era colma di gente, famiglie, anziani e coppie.
Sospirò. Dal giorno precedente non aveva smesso di pensare al caso Caesar nemmeno per un secondo. 
Le parole di Sophie non gli davano pace. Perché mai doveva provare interesse per un ragazzo? Non lo sapeva, odiava non sapere le cose, ma di una cosa era certo:
doveva arrendersi a quei sentimenti. 
 
 Una cotta normale no eh?!

A furia di pensare si rese conto di essere arrivato.
Probabilmente era in anticipo, i rappresentanti di ogni classe sarebbero stati lì tra non molto. Decise quindi di aspettarli in aula magna.
Salì al piano superiore.
 
 Queste scale sono decisamente troppe.
 
La scuola deserta gli ricordò il giorno in cui diventò rappresentante.
 
 Quanto sarà passato... Un mese?
 
Appena entrò nell'aula magna rimase interdetto. Quel giorno, come allora, vide lui. 
Seduto su quell'antica sedia di legno, con le gambe incrociate sul tavolo e la testa piegata sullo schienale. 
Deglutì. Perché?!
Si avvicinò velocemente al ragazzo, pronto a sbraitargli contro per via della sua posizione poco adatta a quel contesto.
"Scendi immediatamente i piedi da lì! Sei comodo Jackson?!" Affermò con tono stridulo.
Si avvicinò al ragazzo che a sua volta si girò verso di lui aprendo gli occhi pigramente. 
"Ma tu urli sempre?" Rispose stirandosi la schiena.
"Se non vuoi sentirmi urlare cerca di tenere un comportamento serio..." Disse posando le sue cose sul tavolo
"...E soprattutto di non dormire a scuola." Aggiunse.
"Non credo che ti dispiaccia così tanto vedermi dormire" Rispose Caesar, accennando un sorriso malizioso.
"Cosa intendi?!" Arrossì 
"Sei di memoria corta, eh?" Disse passandosi la punta delle dita sulla guancia .
 
 Che bastardo.
 
"Può essere." 
Improvvisamente la porta si aprì.
"È qui il comitato?"
John rispose con un cenno ed un ondata di ragazzi iniziarono ad entrare incluso il sestetto.
Seguì il moro con lo sguardo che si stava sedendo accanto a Bethany 
 
 Ah giusto, loro due stanno insieme.
 

Rimise in riga e pensieri e parlò;
"Perfetto, direi che possiamo iniziare."
"Una cosa veloce Brown, ho da fare" urlò un ragazzo del quarto anno.
"Non sei l'unico ad avere da fare." Rispose l'altro con il solito tono.
"Certo, li conosciamo tutti i passatempi del rappresentante." Dicendo ciò Caesar si sporse ed ammiccò verso Cleo.
"Ok, possiamo iniziare adesso?!" Disse alzando la voce, guadagnandosi l'attenzione di tutti.
"Avete qualche lamentela? Se non c'è nessun problema la chiudiamo qui."
Un ragazzino di prima si alzò in piedi e disse:
"La professoressa di Lettere, la Grimm, assegna troppi esercizi."
John roteò gli occhi e si tolse gli occhiali.
"Questa è la scuola, ognuno ha i suoi metodi di insegnamento. Il prossimo?"
Caesar alzò la mano.
 
 Fantastico. 
 
"Credo che la Hamilton sia troppo poco professionale."
John arricciò il naso.
"Come mai, Jackson?"
"Intuito." 
Detto questo si alzò e si andò a sedere nel posto spettato a John
"Possiamo parlare di cose serie?!"
L'intera aula cominciò a ridere. Si girò alla sua destra e vide Caesar in piedi, accanto a lui, con indosso i suoi occhiali.
"Mi sarei dovuto candidare io." Disse il moro, atteggiandosi come John.
"Smettila! Ridammeli subito!"
Si allungò verso il viso del ragazzo, cercando di afferrare la montatura senza riuscirci. 
Nel frattempo l'intera aula non prestava minimamente attenzione a tutto ciò, eccetto il sestetto che guardava la scena divertito. 
"Credo che dovresti chiudere qui il comitato John, ormai sta degenerando." Affermò Iris divertita.
Il riccio roteò gli occhi strappando gli occhiali dal viso del ragazzo che se ne tornò al suo posto.
"Beh, vista la situazione credo che possiamo finire qui la giornata."
Riuscì ad attirare l'attenzione di tutti.
"Quindi possiamo andare?" Chiese una ragazza.
"Si, andate in pace." Disse utilizzando la solita frase.
Improvvisamente tutti si alzarono affollandosi fuori dall'aula.
Dopo essersi fermato a parlare con delle ragazze del primo anno uscì anche lui.
 
Finalmente era finito, ogni volta in quelle situazioni Caesar faceva uscire il peggio di se, come se trovasse gusto a farsi odiare. Avanzava verso la presidenza dove doveva svolgere gli ultimi noiosi compiti da rappresentante 
 
 Ma chi me lo ha fatto fare...
 

Si fermò un attimo, appoggiandosi al muro.
 
 Certo che è proprio uno stronzo, che ci trova di bello nel mettermi a disagio davanti a tutti?!
 
Lo odiava in quel momento, odiava il suo modo di parlare. Riusciva a fargli fremere il cuore e perdeva totalmente il senso della realtà.
Aveva carisma, troppo.
"Al signor rappresentante stanno dietro tutte le ragazzine, eh? Potrebbe darmi molto fastidio, sai?"
Ecco, parli del diavolo e spuntano le corna
Quella frase arrivò da Caesar che, puntuale come sempre, lo aveva raggiunto nel corridoio.
"Cosa stai dicendo?" John si fermò a guardalo, diventando rosso in viso dopo aver realizzato cosa aveva appena detto. Stava ricominciando, lo stava facendo di nuovo. Aveva quel sorriso strafottente che lo urtava da morire. Sapeva cosa pensava, perché continuare a prendersi gioco di lui?
"La gente non deve toccare ciò che è mio" lo bloccò al muro e si spinse verso di lui.
"Quando arrossisci sei più tenero di una ragazza." 
Non ebbe il tempo di rispondere perché il moro lo zittii in anticipo premendo le labbra sulle sue. 
Sbarrò gli occhi, cercando di spingere l'altro dalle spalle senza successo. 
Caesar era molto più forte di lui, riuscì a pressarlo al muro, prendendogli il volto tra le mani.
Stava accadendo tutto troppo in fretta.
Approfondì il bacio, mordendogli il labbro inferiore con forza, in modo tale da infilare la lingua nella sua bocca.
Fu troppo.
John si lasciò andare, attaccandosi alle spalle del ragazzo, come se esistesse solo lui. 
Aveva raggiunto il limite, era sbagliato, era tutto completamente sbagliato. 
Idiota, Idiota, Idiota.
Non riusciva a controllare il suo corpo, tutto era gestito da Caesar. 
"Sbrigati! Mio padre ci sta aspettando fuori!" 
Una voce li interruppe.
Caesar si staccò bruscamente dal ragazzo voltandosi dal lato opposto. 
Era rosso in volto, anche lui. 
John continuò a tenere lo sguardo basso, cercando di calmare il suo respiro.
Due ragazzine del secondo anno correvano verso l'uscita 
 
 Giusto in tempo...
 
Tornati soli, i ragazzi si fissarono senza proferire parola.
Infine ognuno prese una direzione diversa. Tornando a casa.
 
John iniziò a correre, voleva solo tornare a casa e chiudersi nella sua stanza.
Non sapeva ancora quanto si sbagliasse.
Arrivò in casa trafelato, senza nemmeno guardare dove andava si precipitò in bagno.
Entrò e chiuse la porta, si guardò allo specchio, era completamente scombussolato.
Le labbra gonfie, le guance arrossate e i capelli scombinati.
Sentì qualcuno bussare, tentò di ricomporsi e spalancò la porta.
"A diciotto anni hai dimenticato le basi della buona educazione?" Chiese suo padre con tono severo.
Nemmeno si premurò di nascondere il fastidio che gli provocava la vista di quell'uomo, avanzò velocemente verso la sua camera.
Iniziò a cambiarsi, quella sera avrebbero avuto ospiti, purtroppo.
Suo padre si appoggiò allo stipite della porta e lo guardò dicendo: "C'è qualcosa che ti turba?" 
Il riccio alzò lo sguardo dai vestiti poggiati sul letto e parlò: "Assolutamente niente."
"Bene, perché stasera ci sarà la famiglia del tuo amico Jackson a cena."
"COSA?!" Gridò Jonathan scioccato. 
Il padre lo fissò un po' sorpreso da quella reazione.
"Sì, la cosa ti crea disturbo?" Chiese.
Il riccio si limitò a scuotere la testa.
L'uomo annuì e si allontanò dalla stanza.
 
 Non credo che si presenti dopo tutto quello che è successo.
 
Decise di non pensarci per il momento, avanzò verso lo specchio per controllarsi un'ultima volta, non era male. Indossava una semplice camicia bianca e dei pantaloni blu. 
Annuì e si sdraiò sul letto, gli ospiti sarebbero arrivati tra non molto.
Chiuse gli occhi e si addormentò.
 
Un suono acuto lo svegliò improvvisamente. 
 
 Quanto cazzo ho dormito?!
 
Si alzò di scatto dal letto e si precipitò al piano di sotto, dove già stava iniziando una conversazione tra le due famiglie.
"Eccoti, finalmente!" Affermò suo padre andandogli incontro.
"Si, scusa il ritardo." Detto questo si avvicinò allo zio di Caesar.
"Jonathan, piacere di conoscerla." Disse porgendo la mano verso l'uomo
"Piacere mio, ragazzo!" Rispose lui dandogli una pacca sulla spalla.
Si guardò intorno, cercando lui con lo sguardo.
 
 Eccolo.
 
Si era presentato, era lì che conversava con sua madre affiancato da sua zia, molto tranquillamente. Non era per niente elegante, indossava semplicemente una felpa e dei jeans, come al solito. 
Gli venne un groppo alla gola, doveva comportarsi naturalmente. Infondo era soltanto una semplice cena con la famiglia del ragazzo che qualche ora fa stava baciando.
"Salve." 
"Oh, ciao caro!" Lo salutò sua madre.
Erano lì, faccia a faccia. 
Doveva stare calmo.
"Ciao Jonathan!" Disse la donna sorridendogli.
"Vi conoscete?" Chiese sua madre.
Entrambi si guardarono 
"Ehm no, ma Caesar mi ha parlato molto di lui." 
Arrossì e volse il suo sguardo su Caesar che guardava il nulla disinteressato, probabilmente si sentiva a disagio quanto lui.
 
 Poi perché fare questa cavolo di cena insieme?!
 
"Direi che possiamo accomodarci e mangiare"
Dopo una cena lunga 3 portate finalmente si alzarono dal tavolo.
Gli adulti lasciarono la stanza per andare a chiacchierare in veranda, lasciando i due ragazzi completamente soli.
"Che coincidenza eh?" Affermò il moro buttandosi sul divano.
"Non pensi che dovremmo parlarne?" Disse John bruscamente, voleva capire cosa provasse il ragazzo.
L'altro lo guardò stralunato e disse: "A cosa ti riferisci?" 
Il riccio strabuzzò gli occhi.
"Mi prendi in giro?! Mi riferisco al BACIO" 
"Non gridare, Jonathan." Disse con una calma glaciale Caesar.
Sentire pronunciare il suo nome da lui  gli mandò in tilt il cervello, per qualche secondo rimase con un sorriso da ebete sul volto.
Ma si ridestò subito, l'americano sembrava voler negare l'evidenza.
"Che c'è ti sei dimenticato che poco fa la tua lingua era nella mia bocca?" 
Disse alzando un sopracciglio, in un moto di intraprendenza.
L'altro sbuffò, sembrava infastidito da qualcosa.
"Non so cosa mi sia preso. Ti assicuro che non capiterà mai più, non vorrei mai attentare alla tua castità virginale." 
 
 No caro, non voglio ritornare al punto di partenza.
 
"Smettila di fare così, non offendere la mia intelligenza. Ho notato un certo rigonfiamento durante quel bacio."
Dicendo questo John si strofinò sul suo corpo, avvicinando pericolosamente la mano al cavallo dei pantaloni del moro.
Caesar si alzò dal divano bruscamente, cominciando a camminare nervosamente.
"Tu devi ancora spiegarmi chi ti ha detto che io ho fatto sesso con Bethany" 
Disse infilando le mani nelle tasche e prendendo le sue sigarette.
"Non osare fumare qui dentro, comunque non importa, tanto è successo." Rispose John infastidito.
"Perché girano queste voci sul mio conto?" Chiese sospirando
"Esco fuori" continuò.
"Vuoi davvero metterti a fumare davanti a tutti? Seguimi " il riccio fece cenno a Caesar di seguirlo fino al terrazzo del piano superiore.
"Questa casa è più grande di quanto pensassi." Sussurrò Caesar, appoggiandosi al muro e accendendosi una sigaretta.
John si mise accanto a lui 
"Comunque, non so chi abbia messo queste voci in giro, ma non ho fatto niente con Bethany." 
"Davvero?"
 
 Non può essere 
 
Come poteva una cosa che lo aveva turbato così tanto non essere reale? Sembrava tutto un piano contro di lui.
 
"Si, che c'è? Sei deluso?" Rispose Caesar tenendo la sigaretta in bocca.
"No, è che insomma... "
"Wow, ed io che pensavo di vederti felice" Affermò sarcasticamente.
"La Turner non soddisfava i tuoi interessi per caso?" Chiese.
"Non proprio." Rispose, cacciando il fumo fuori.
John accennò un colpo di tosse, senza rispondere.
"Cosa ne pensi di Cleo?" Aggiunse immediatamente.
"Eh?"
Si girò di scatto verso il moro.
"Su, non fammi ripetere, hai capito la domanda" affermò l'altro ricambiando lo sguardo.
"Ha più cuore di quanto si possa credere, bisogna guardarle dentro."
"Solo il cuore? Non le hai guardato nient'altro?" 
Il tono di Caesar cambiò drasticamente, ora sembrava quasi arrabbiato.
Il riccio aggrottò la fronte.
"Ma di cosa stai parlando? Io e lei non stiamo insieme! Dovrei chiedere a TE cosa guardi in Bethany."
 
Il moro gettò il mozzicone con un gesto nervoso.
"Io e Beth ci siamo lasciati."
 
 EEEEH?!
 
Sbarrò gli occhi e contorse le labbra in una smorfia.
Era felice e confuso.
Fottutamente e stranamente felice.
Cercò di schiarire la voce e parlò:
"Come mai?"
Caesar avanzò pericolosamente verso di lui con uno sguardo indecifrabile.
Era paralizzato, non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, che intenzione aveva adesso? Il suo unico ostacolo era stato abbattuto, che doveva fare?
Ritornò in se quando il moro lo afferrò violentemente per il polso.
"Che stai facendo?!" Chiese Jonathan, cercando di liberarsi dalla presa.
"È colpa tua." 
Così dicendo si avvicinò lentamente, i loro corpi si sfiorarono e appoggiò la sua bocca a quella del riccio.
Fu un bacio diverso dal primo, le loro labbra si saggiarono poco a poco.
Caesar affondò le mani tra i capelli di John. Con dolcezza fece toccare le loro lingue facendo diventare il bacio più passionale. Condusse il ragazzo che nel frattempo lo seguiva impacciatamente. Improvvisamente Caesar iniziò a stringere i capelli con più forza, senza badarsi dell'altro.
Si sedettero su una panchina, poco lontana senza staccarsi.
Le loro lingue giocavano mentre entrambi continuavano ad assaporarsi, ormai senza più vergogna.
Improvvisamente più eccitati, i loro movimenti divennero più rudi, irruenti.
John mosse le mani nel petto dell'altro mentre i loro corpi erano sempre più vicini.
D'un tratto si sentì staccare con forza, non voleva, ora si sentiva finalmente completo, voleva continuare fino a non avere più fiato.
Ma Caesar decise per entrambi e si allontanò velocemente.
Per un po’ nessuno dei due parlò, si fissarono solamente negli occhi. 
Ora come non mai lo sguardo del moro lasciava trapassare ogni emozione, era confuso, anche lui. 
Voleva parlare, dirgli qualsiasi cosa, ma non riusciva, non era capace di spezzare quella terribile atmosfera.
John allungò la mano verso le sue labbra tastandole, ancora incredulo di ciò che aveva rifatto.
 
"Dimenticati tutto"
Finalmente parlò, ma non come avrebbe voluto.
"Perché dovrei?" Chiese con voce spezzata.
"Perché sono un idiota e tu mi stai confondendo le idee" Rispose tenendo lo sguardo basso.
Jonathan strinse i pugni e assunse un'espressione di rabbia.
"Io ti avrei confuso le idee?! Sbaglio o sei stato tu a baciarmi?" Gli urlò contro con voce roca.
Caesar scosse la testa e si avviò verso l'interno.
"Perché ti ostini a negarlo?" Continuò l'altro seguendolo.
"È stato un errore ok? Chiudiamola qui adesso" Rispose senza voltarsi.
"Sei egoista, hai pensato un po' a quello che sto provando io?" Chiese John fermandosi.
Cercò di mandare giù il groppo alla gola che non gli permetteva di parlare normalmente. 
Si sentiva stupido, stupido come non mai. Si era fatto prendere in giro dal primo ragazzo che passava ed era addirittura arrivato al punto di provare sentimenti per lui. 
Caesar si girò, John abbasso lo sguardo cercando di non ritrovarsi faccia a faccia con lui, non voleva vederlo, avrebbe ceduto ai suoi occhi. 
"Caesar!"
 
 Grazie al cielo
 
"Ci vediamo domani" 
Non rispose, si girò semplicemente e si diresse verso la sua camera.
Era troppo per oggi, un solo giorno e già era cambiato tutto.
Si buttò sul letto, sbattendo violentemente la porta.
Pensava a quel bacio, al fatto che era tutto sbagliato. Ciò che desiderava non era realizzabile, si era innamorato  nel momento peggiore della persona sbagliata.
 
 Innamorato...
 
Chiuse gli occhi, cercando di schiarire la mente eliminando qualsiasi ricordo di quella giornata.
Avrebbe dormito, era troppo.




Angolo autrice-
Buona seraa! Eccomi con il decimo capitolo! Bene, posso annunciarvi che siamo, salvo imprevisti, a metà storia. Aspettavo questo momento da tantissimo e finalmente eccolo*^* mi scuso per il terribile ritardo, ma non riesco a tenere un ritmo regolare. Spero di rimediare con il prossimo capitolo. Grazie sempre a tutti quelli che seguono/recensiscono o solamente leggono questa storia. Alla prossima!
YuGiesse-

N.b. il titolo è tratto da una canzone dei My chemical romance, The sharpest lives.
 
   
 
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