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Autore: Arbiter Ex    18/10/2015    1 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 6
 
Claire si risvegliò sul medesimo telo che accolse il suo sonno la prima volta che arrivò al Nexus. Alzò il busto per guardarsi intorno, riconoscendo l’angolino oscuro in cui riprese i sensi e conobbe i chierici che l’avevano salvata, con i loro prodigiosi “Miracoli”. Nonostante avesse l’impressione di aver riposato per molto tempo, sentiva il collo e la schiena indolenziti: non una sorpresa dato che, a parte quella misera coperta che teneva sotto di sé, niente la separava dalla fredda pavimentazione del salone, ospitale come lo poteva essere la terra bagnata dalla pioggia battente. Proprio come la prima volta, ebbe bisogno di qualche momento per raccogliere ed ordinare i tanti pensieri che minacciavano di confonderla. Per prima cosa, tentò di ricordare come fosse arrivata lì: ripercorse quindi la giornata trascorsa alla capitale, chiedendosi se non fosse stato tutto un sogno quando riportò alla memoria il confronto con il demone nella piazza antecedente la Cittadella Reale. Ma ormai era troppo tardi per pretendere che fosse tutto solo un brutto incubo, e Claire si convinse a lasciare ogni speranza che si trattasse di una cosa così banale. Dopo lo scontro, Firion le aveva detto di tornare al Nexus e riposare, un ordine mascherato da consiglio che, inizialmente, non voleva accettare, ma che una volta arrivata seguì molto volentieri, avvertendo quanto fossero esauste le sue membra. Sentiva di aver dormito per almeno due paia d’ore, ma dentro al Nexus ogni cognizione temporale era destinata a perdersi, quindi quella poteva essere una supposizione totalmente sbagliata. Comunque fosse, l’importante era che durante la sua esplorazione aveva scoperto la via per sua sorella. Avrebbe dovuto lottare solo un altro po’, quel poco che bastava per riaprire le porte della Cittadella, e poi avrebbe potuto riabbracciare Serah. Il pensiero la riempiva di determinazione, non aspettava che quel momento. Tuttavia, per portare a termine quell’intento sarebbe stato necessario seguire la sua guida, Firion, nella ricerca di entità ancor più malvage di quelle che aveva incontrato. In tutta onestà, ritrovare Serah sarebbe stato quasi esclusivamente merito del cavaliere più che suo. Senza la sua esperienza, probabilmente non sarebbe nemmeno riuscita a lasciare il Nexus, per non parlare di come l’avesse salvata tra le mura della capitale. Senza di lui, sarebbe senza dubbio caduta vittima dei demoni. Firion era sicuramente un uomo come non ne aveva mai incontrati o conosciuti: fiero, impavido, oltremodo valoroso, dai modi gentili ma mai privi di fermezza. Si era volontariamente offerto di accompagnarla e di proteggerla nonostante non la conoscesse e non avesse alcun obbligo verso di lei, e senza chiedere nulla in cambio. Claire si ritrovò a pensare a lungo sul Difensore di Boletaria, più di quanto avrebbe voluto. Dai momenti passati con lui, Claire cominciò a soffermarsi su come il suo sguardo intenso si posasse su di lei, su i suoi profondi occhi color nocciola, la sua argentea chioma ribelle, i lineamenti morbidi ma decisi del volto, ed il suo sorriso, caldo come il focolare di casa. Quando finalmente si accorse di cosa stava facendo, Claire si obbligò istantaneamente a fermarsi e cacciò violentemente ognuna di quelle immagini. Cosa gli era preso? Pensare in quel modo di Firion…
Lui era sicuramente indispensabile per la sua missione, e gli sarebbe stata eternamente grata del suo aiuto, ma nulla di più. Non provava interesse per lui, aveva ben altro a cui pensare. E poi, non un solo maschio nella sua vita che non fosse suo padre si era mostrato degno di starle accanto: che si nascondessero dietro a delle maschere di cortesia o che lo ammettessero spudoratamente, tutti loro avevano una sola cosa per la testa, ed il pensiero la disgustava. Tutti quei ragazzi del villaggio che le davano continuamente attenzioni ed il casuale forestiero che l’aveva adocchiata non vedevano altro che una deliziosa bambola che non doveva permettersi di pensare con la propria testa ed assolvere esclusivamente al ruolo di moglie e di madre: convinzione più e più volte smentita davanti alle loro dichiarazioni smielate alla dimostrazione di un minimo di carattere e di un rifiuto. Firion sembrava diverso, ma anche se lo fosse stato, non avrebbe fatto differenza. Lei non cercava un uomo, non ne aveva bisogno e non ne avrebbe avuto mai. Lei bastava a sé stessa e non aveva bisogno di un uomo per sentirsi realizzata.
“Con Firion, però…Forse…” disse una voce speranzosa nel suo profondo che chiedeva di essere ascoltata.
Si alzò di scatto per forzarsi a pensare ad altro, scuotendo energicamente la testa come per far uscire a forza quei pensieri. Magari sarebbe bastato scambiare qualche parola con gli altri abitanti di quel tetro ospizio. Camminando verso il centro del salone si accorse di avere ancora addosso l’armatura in pelle che le aveva dato Thomas, sporca di polvere e macchiata quasi ovunque. A quanto pareva, al suo ritorno doveva essere talmente spossata da non riuscire nemmeno a togliersela, anche se era imbrattata ed ancora umida del sudore che aveva perso durante la visita al castello. Probabilmente lei doveva avere un aspetto similmente tirato, ma non poteva essere molto diverso da quello che avrebbe avuto al suo villaggio dopo una giornata di lavoro.
“A casa c’era la vasca, però…”
Si sfilò le vesti rinforzate per la battaglia, rimanendo con la camicia ed i pantaloni, e permise alla pelle di respirare di nuovo. Persino l’aria di quel luogo così chiuso si era fatta fresca al contatto. Girato l’angolo di uno degli enormi pilastri, venne salutata da uno sbuffo familiare: “La principessa si è svegliata? Com’è stato il pisolino?” chiese in tono ironico Boldwin. Claire ignorò la provocazione del fabbro per non perdersi in chiacchere inutili.
“Salve anche a te, Boldwin. Ti occupi di armature, no? La mia potrebbe aver bisogno di qualche ritocco.” Gli porse il pettorale, i gambali e gli stivaloni, che lui accettò malvolentieri quando sentì quanto fossero sudati.
“Ma cosa c’hai fatto? Un pellegrinaggio, andata e ritorno, dalla capitale alle terre di Latria?” disse in una smorfia nauseata.
“Sempre meglio che farsi brutalmente uccidere da un demone” rispose a tono lei, imbarazzata da quell’affermazione.
“Lascia perdere. Piuttosto, cosa credi che ci debba fare? Ti ricordo che devi ancora pagarmi i vestiti che porti addosso, o pretendi che ti lavi anche lo sporco sul viso senza niente in cambio?”
A conferma di ciò che aveva detto il vecchio, Claire si passò un dito sulla guancia, che si colorò di uno scuro fuligginoso e ben poco attraente. Probabilmente sembrava una scappata di casa che si era trovata a strisciare nelle strade più luride.
“Ma io non ho niente con me. Non può pagare Firion in mio nome?”
“E sentiamo: dove sarebbero lui e la mia paga?” chiese lui in tono dubbioso ed infastidito insieme.
“Non è ancora tornato?” chiese sorpresa. Firion le aveva detto che sarebbe tornato presto…cosa lo stava trattenendo fuori?
“Quanto tempo è passato da quando sono tornata?”
“Direi mezza giornata. Dovrebbe essere sera adesso” disse l’altro con tono più sereno.
“Mezza giornata?! Non credevo di aver dormito così tanto. Ma questo vuol dire che Firion non è rientrato da quando è uscito con me!”
“Boldwin, Firion non rientra da stamattina: devo tornare fuori per vedere cosa è successo”. Non finì di parlare che già si era avviata verso il monolite che l’avrebbe riportata a Boletaria.
“Stai ferma, dove vuoi andare?” disse dietro di lei Boldwin alzando stancamente gli occhi verso il soffitto, in mancanza del cielo di fuori. Claire si immobilizzò e si voltò verso il fabbro, sentendo quello che sembrò più lamento infiacchito che non una domanda retorica.
“Firion esce periodicamente dal Nexus per informarci sulla situazione esterna: come avrei fatto secondo te a dirti per quanto tempo hai dormito, sciocca? Voi giovani siete tutti uguali, tutti con la fretta di fare, ma senza sapere cosa fare esattamente.”
Per la seconda volta, Claire mancò di pensare alla cosa più ovvia. Avrebbe potuto dare ragione al vecchio, non fosse stato per il commento poco lusinghiero che le rivolse.
“Ehi, sarò anche più giovane di te, ma anch’io pretendo rispetto. Non chiamarmi in quel modo” disse leggermente alterata, posando una mano al fianco.
“Manchi di disciplina. Un vecchio come me non può che sopperire a questa mancanza.”
Boldwin la poteva vedere già farsi rossa in viso, ma continuò senza badare all’aura irosa che emetteva la ragazza.
“Comunque, Firion è passato mentre tu ancora dormivi, ha portato con sé un nuovo ospite. E’ uscito di nuovo in attesa che ti risvegliassi.”
“Un nuovo ospite?” chiese Claire stupita, chiedendosi chi potesse essere e dove Firion l’avesse trovato. Boldwin si limitò ad alzare pigramente il braccio indicando un angolino dietro uno dei monoliti in cima alle scale che portavano alle Arcipietre, dove quella che sembrava un ammasso informe di ferraglia rivelava la figura di una persona in armatura, seduta alla parete, che pareva guardasse verso di loro.
“E chi sarebbe?” domandò lei.
“Chiediglielo” rispose semplicemente l’altro facendo spallucce. Claire si allontanò verso il nuovo arrivato scuotendo la testa tra sé e sé dopo aver ascoltato la risposta del vecchio fabbro.
“Possibile che l’unica cosa che sappia sia come si batte il martello?” pensò scocciata, mentre poté sentire sbuffare di nuovo dietro di lei. Salì la breve scalinata che la portò rapidamente vicino all’interessato, che nel frattempo non aveva smesso di osservarla dal suo posto finché non si alzò per riceverla. Lo fece con movenze goffe e un po’ buffe, facendo echeggiare rumorosamente lo sferragliamento del suo equipaggiamento, ma Claire non si scompose e non pensò di farglielo notare, non era quello che le interessava.
“Ebbene? Chi sei?” esordì lei con tono quasi aggressivo, riposando le mani ai fianchi e dando un cenno con la testa.
“Felice di conoscerti. Io sono Ostrava di Boletaria” disse l’altro facendo un inchino.
“Sono stato portato qui dal prode cavaliere Firion, mi ha salvato da un fato orrendo. E’ un mio concittadino, ma le sue abilità in combattimento sono ancor più eccelse di quelle che si vedono in sede reale, davvero un guerriero come non ne avevo mai visto.”
Claire lo squadrò qualche secondo: portava la stessa armatura di Firion, ma chi poteva dire che gli appartenesse veramente. Quando aveva detto il suo nome, non si tolse l’elmo per presentarsi, cosa che invece fece Firion quando lo conobbe: che non volesse farsi vedere in viso? Firion poteva essere un po’ ingenuo, ma sicuramente non era uno stupido; avrebbe capito se era o non era il caso di fidarsi della parola di quello sconosciuto, e doveva avere un motivo per ammetterlo tra loro. Eppure, lei nutriva già i suoi dubbi.
“Dove ti ha trovato Firion? Tra le mura della capitale?”
“Si, esatto. Dentro il castello del Re per essere precisi, in una galleria sotto il Passo dei Lord, il ponte che lega la Cittadella Reale alle porte esterne.”
L’aspetto apparentemente loquace di Ostrava tranquillizzò almeno in parte le preoccupazioni di Claire. Sarebbe stato molto più sospetto uno che avesse parlato poco o vagamente. Per qualunque conferma, comunque, avrebbe dovuto attendere il ritorno di Firion.
“Beh, Ostrava, il mio nome è Claire. Benvenuto al Nexus” disse facendo un cenno della mano per indicare il luogo.
“E’ davvero qualcosa di impressionante. Non ho mai visto nulla del genere. Chissà quanti arcani misteri nasconde” commentò Ostrava, perso nella contemplazione meravigliata dell’antico edificio.
“Nessuno che tu voglia scoprire”. La voce provenne dalle scale che portavano al piano superiore, sembrò il sibilo malevolo di un serpente velenoso. Claire non la riconobbe, e fece un passo indietro allarmata da quello che poteva essere un nemico. Quando finalmente il proprietario della voce di espose alla vista raggiungendo la base della scalinata, Claire rimase perplessa da quello che vedeva. Chi aveva parlato era un uomo di statura e corporatura medie, forse poco più giovane di Thomas, dalle linee del volto appuntite e scarne e dai capelli rasati corti. Portava l’armatura ed una spada alla cinta, ma l’attenzione di Claire si fissò su un solo dettaglio: l’uomo era completamente ammantato da un alone blu, come un velo che lo copriva per intero e che si fondeva con la pelle e le vesti. Claire lo vedeva camminare verso la scalinata opposta, ma era sicura che i suoi sensi la stessero tradendo, perché ogni suo passo non emetteva il minimo rumore, come se non avesse avuto peso o consistenza. Non riuscì a trovare un altro modo per descrivere ciò che aveva davanti se non col nome di Spettro.
“Vedo che questo carcere ha trovato due nuovi prigionieri da ospitare. Dimenticate ogni progetto futuro, se non vi siete ancora rassegnati ad uscire fuori” continuò il fantasma, la sua voce era un’eco lontana che si ripeteva nell’aria e sui muri.
“Ecco il nostro eroe, di ritorno dalla tremenda caccia!” esclamò Boldwin quando gli passò vicino con il suo solito sarcasmo, che questa volta, però, sembrava ancora più malizioso.
“Deve essere stato sfibrante per te respingere quel branco di bestie malefiche assetate di anime al piano di sopra: perché non ti siedi a goderti il meritato riposo, e lasci a quelli più giovani di te svolgere il tuo lavoro?”. Boldwin non era solito mascherare il suo lato ironico, ma quella volta sembrava volesse strappare la carne con la sola forza delle parole, dietro le quali Claire sentiva molta rabbia e poco scherno.
“Ah, Boldwin: mi fa piacere constatare che non mi sei mancato per nulla, nonostante fossi semplicemente qui sopra. Dimmi quello che vuoi, non fai che sprecare il poco fiato che puoi trattenere nei tuoi polmoni. Sarebbe uno scherzo davvero crudele che alla fine del mondo tu muoia per una sciocchezza del genere.”
Boldwin sputò nella sua forgia e fissò uno sguardo inceneritore su quel guerriero sconfortante mentre si sedeva sui gradini ai piedi dell’Arcipietra di Boletaria, dandole le spalle. Claire lo guardava ancora quando finalmente ricordò che Firion non era l’unico Cacciatore di Demoni del Nexus: Thomas aveva parlato di un secondo, che Boldwin sembrava detestare e che a sua detta si era ritirato dalla sua missione. Claire dedusse che quello spettro fosse il Cacciatore in questione. Ma cosa gli era successo? Cosa era successo al suo corpo?
Thomas scese i gradini che poco prima aveva percorso l’ex-cacciatore con un’espressione sconsolata che rivelava rassegnazione. Il Collezionista notò Claire e sembrò dimenticare qualunque cosa l’avesse crucciato.
“Oh, ben svegliata Claire. Hai riposato bene? E come sta il nostro nuovo amico?”
Claire si era quasi dimenticata di avere Ostrava dietro, rimasto ammutolito per tutto il tempo che si mostrò il guerriero etereo. Rivolse un cenno affermativo a Thomas, poi Claire gli si avvicinò e gli parlò a voce sommessa: “Quindi è lui il secondo Cacciatore di cui parlavi. Non sembra un campione di coraggio schierato contro le belve immonde. Tutt’altro, ha l’aspetto di uno che vorrebbe solo farla finita.”
Il viso di Thomas s’ingrigì di nuovo, mentre lasciava languide le spalle e sospirava pesantemente.
“No, non lo farebbe mai. Morire in forma di anima nega la tua esistenza. Svanirebbe senza lasciar traccia.”
“Forma di anima…”. Firion gliene aveva parlato, quando le diede il Marchio del Nexus, della differenza tra le persone normali che perdono la vita e coloro che sono vincolati a quel limbo. Chi veniva preso sotto l’ala del Nexus aveva diritto ad una seconda possibilità alla morte del corpo: l’anima avrebbe preso forma, avrebbe risollevato le armi e avrebbe combattuto ancora, nell’attesa di guadagnare di nuovo le proprie carni uccidendo i Demoni peggiori, il cui potere poteva ristabilire la forma fisica. Ma se era l’anima a morire, allora non vi era speranza di salvezza: l’essenza di una persona si sarebbe dissolta, svanendo completamente dal mondo terreno e dal prossimo, qualunque esso fosse.
“Quindi è già morto una volta” concluse lei dopo una breve pausa.
“Si, o almeno così spero, per quanto sia strano da dire. Lui era qui da prima che ci fossi io, e non voglio chiedergli se è già successo e quante volte…”
Thomas diede un’occhiata preoccupata verso quell’ombra triste, soffermandocisi per un po’.
“L’ho convinto a tornare con noi qui sotto. Non mi piace che stia da solo. Hai sentito come parla, no? Credo sia molto depresso, e non vorrei che facesse qualcosa di cui si potrebbe pentire.”
“O di cui potremmo pentirci noi…” bisbigliò Claire cupamente. Thomas alzò il capo e le rivolse uno sguardo che sembrava implorare che una cosa del genere non potesse mai accadere. Ma dopo aver dato un’altra rapida occhiata oltre la ragazza Thomas la guardò di nuovo, un po’ abbattuto, e annuì in accordo.
“Ho capito. Starò attento.”
“Bene.”
Il centro della sala risplendette improvvisamente di un’intensa luce azzurra da cui prese velocemente forma la sagoma di Firion, di ritorno dalle sue esplorazioni. L’attenzione di tutti i presenti si focalizzò sul guerriero da poco tornato, ma solo Claire gli venne incontro, mentre gli altri tornavano ai loro principali interessi. Prima che Claire lo raggiungesse, Firion si tolse l’armatura e la lasciò a terra: dopo una giornata intera passata indossandola, voleva tornare a muoversi liberamente senza l’impaccio di tutto quel ferro.
“Ben trovata, Claire. Hai riposato bene?” chiese il cavaliere non appena la ragazza si fermò davanti a lui, con le braccia conserte.
“Mi hai lasciato dormire mentre tu sei uscito una seconda volta. Avremmo potuto usare quel tempo per tentare di raggiungere mia sorella” disse lei con impazienza, incurante della domanda del giovane.
“Mi dispiace non avertene messo a parte, ma sarebbe stato inutile. Sono tornato fuori a cercare un modo per aggirare quel portone, e purtroppo non ne ho trovato nessuno. Comunque, non ti chiederò di riposarmi: partiremo subito se lo desideri.”
L’espressione di Claire si rilassò, riconoscendo lo sforzo del compagno.
“Dici di contare sul mio aiuto e poi te ne vai da solo: avresti dovuto chiedermi la mia opinione anziché andartene così. Non posso permettermi di perderti di vista, sei l’unico che mi possa aiutare” disse in un tono più comprensivo.
“Mi rendo conto, mi dispiace” rispose lui, annuendo ed offrendole un sorriso.
“Non ci pensare più. Piuttosto, dove andremo adesso?”
“Emergeremo nei territori di Latria, la Regina d’Avorio, nelle terre di confine oltre Boletaria. E’ l’unico nodo che ancora non ho esplorato, ma potrebbe avere ciò che cerchiamo.”
“Allora muoviamoci”. Come al suo solito, Claire non attese una risposta e si era già avviata a prendere il suo equipaggiamento.
“Un momento, Claire” disse Firion, posandole la mano sulla spalla, obbligandola a fermarsi. Claire lo guardò dubbiosa.
“C’è una cosa che dobbiamo fare, prima…”. Aveva assunto un’espressione grave, qualcosa che Claire non si sarebbe mai abituata a vedere su di lui.
“E’ successo qualcosa?” chiese esitante lei.
Non le rispose subito. Sembrò lottare e sforzarsi per trovare le parole giuste.
“Le anime delle due donne, mi hanno parlato. Tu non lo sai, ma quando conobbi Thomas, lui mi aveva raccontato di cosa gli successe prima di arrivare qui, di chi si era lasciato dietro…”
Intuendo cosa stava per dire il cavaliere, per un momento a Claire mancò il fiato.
“Non dirmi che-”
“Sua moglie e sua figlia: Rue e Wren” finì lui con un filo di voce.
Claire sgranò gli occhi e li diresse verso l’ignaro Collezionista, che tranquillo se ne stava sul suo baule a scambiare qualche parola col nuovo arrivato Ostrava. Claire provò a pensare ad un modo per rendere la cosa più facile, meno soffocante e soverchiante, ma non ci riuscì. Quella era una notizia atroce, ed era solo loro il dovere di comunicarla. Nasconderla sarebbe stata una terribile slealtà nei confronti del gentile Thomas, ma portagliela avrebbe comportato la rottura del suo spirito, e loro sarebbero stati i primi a contribuire al suo decadimento. Claire riportò lo sguardo su Firion, ora condividendo la sua stessa faccia.
“Chi glielo dice?”
Firion inspirò affondo e rilasciò l’aria immessa seccamente, come per prepararsi ad un grande sforzo fisico e mentale.
“Sarò io. Non può essere nessun altro. Era la mia missione e ho fallito: tocca a me risponderne.”
“Non è stata colpa tua” ribadì lei. Rifletté un po’ sulla decisione del cavaliere, per un istante ne valutò il peso. Non era una cosa semplice, e Firion se la voleva addossare per intero, come se la sua missione e le continue promesse di tenerli tutti al sicuro non fossero già un grosso macigno sulle sue spalle. Claire non era stata abbastanza forte per combattere da sola, ma solo i forti possono farsi carico del dolore altrui, e lei aveva bisogno di diventare più forte.
“Glielo dirò io” disse tutto d’un fiato, una forte risolutezza le illuminò gli occhi.
Firion la guardò sorpreso, ma non obiettò. Invece, era curioso di sapere perché lo volesse fare.
“Non devi farlo se non vuoi.”
“Sono stata poco più che un peso morto per voi da quando sono arrivata: ora ho bisogno di farmi avanti.”
Firion intese che dietro quelle parole c’era molto più di quanto la ragazza non desse a vedere, ma non volle assolutamente discutere su cosa potesse essere e rispettò l’intento della giovane.
“Va bene. Io sarò con te.”
Claire pose immediatamente avanti la mano e scosse la testa.
“No, devo farlo da sola. Però, dovremo essere solo io e lui.”
“Ho capito. Andiamo.”   
Si avviarono insieme verso il Collezionista, ancora trattenuto in una piacevole conversazione con l’affabile Ostrava. Quando furono vicini e Thomas alzò lo sguardo sereno a Claire, già lei poté sentire le prime fitte al petto, che attenuavano la decisione che aveva provato prima.
“Thomas, vorrei scambiare una parola con te” disse tentando di mantenersi il più indifferente possibile.
“Ostrava, vieni con me: voglio illustrarti la tua nuova casa” s’intromise Firion con fare un po’ indiscreto. Cinse le spalle dell’altro uomo con un braccio e lo allontanò cominciando a puntare il dito verso ogni decorazione e parete, descrivendone i più piccoli dettagli.
“Sarò sempre disponibile per te. Di cosa hai bisogno?” chiese Thomas.
“Ti dispiace se ci portiamo un po’ più in là? E’ una cosa privata…”. Claire indicò lo spiazzo dove si era allenata con Firion. Lì sperava che fossero abbastanza lontani da non essere sentiti.
“Ma certo, andiamo” rispose l’altro, un po’ preoccupato dopo aver avvertito l’aria poco rassicurante attorno alla ragazza.
Si misero a camminare. Claire, davanti a lui, stabiliva l’andatura. Si muoveva lentamente, stava disperatamente pensando a come avrebbe dovuto dare la notizia all’amico. Pensava e pensava, ma non vedeva soluzioni indolori. Lei tra tutti, poi, era forse la meno indicata a gestire situazioni del genere, dati i suoi modi diretti e talvolta insensibili. Fallendo nel concentrarsi su cosa avrebbe dovuto dire, finì invece per assorbire ogni piccola sensazione che la circondava: l’aria pesante e polverosa, la fioca luce delle candele, il fastidioso prurito degli aderenti abiti in stoffa usurata. Poi notò qualcosa a cui non aveva dato attenzione per tutto quel tempo, una piccola presenza che portava addosso. Nella tasca dei pantaloni sporgeva un oggetto: lei infilò la mano, e quando tastò il contenuto, s’immobilizzò. Thomas le finì quasi sopra, non aspettandosi quell’azione così atipica per la ragazza. Ormai erano al centro dello spiazzo; era il momento. Dando le spalle all’uomo dietro di lei, Claire estrasse il fermaglio di giada che aveva portato con sé da quanto trovò il corpo di Wren appeso alla balconata del Castello, chiudendolo nella mano. Si voltò lentamente, e poi cominciò a parlare:
“Stamattina, io e Firion abbiamo attraversato i Cancelli del Castello di Boletaria. Non abbiamo trovato nessuno, se non due persone…”
Claire schiuse la mano, rivelando l’ornamento finemente realizzato a mano. Thomas sgranò gli occhi ed il suo viso sbiancò.
“Q-Quel fermaglio!...”
“Una donna e una ragazza dai capelli d’oro: la ragazza portava questo fra i suoi…”
Thomas estese una mano per prendere il piccolo oggetto, ma il braccio era scosso da fremiti continui e gli furono necessari dei lunghi attimi per riuscire ad afferrarlo. Se lo portò vicino e lo guardò intensamente. L’attimo dopo, copiose lacrime presero a scendergli lungo il viso mentre si strinse le mani al petto e si lasciò cadere sulle ginocchia. Singhiozzò a denti stretti, chiuse gli occhi e continuò nel suo dolore. “Mi dispiace.”
Claire non aggiunse altro e si voltò per non dover sopportare quella vista. Stette vicino a lui ancora alcuni secondi, poi si allontanò silenziosamente, non osando guardarsi indietro. Se lo avesse fatto, non avrebbe potuto fare a meno di idealizzare la scomparsa di sua sorella. Cosa avrebbe fatto se fosse successo? Come avrebbe potuto vivere con sé stessa sapendo di non essere riuscita a proteggerla? Non poteva lasciare che succedesse: lei avrebbe acquisito un potere in grado di salvare Serah…
“Un potere oltre l’immaginario umano.”
Tornò al centro del salone, dove vide Firion aspettarla nell’ala destra, lontano dagli altri. Lui si sentiva a disagio, sapendo cosa probabilmente stava passando il fidato compagno. Si voltò non appena sentì i passi della ragazza, ne notò l’espressione mesta e sentì una morsa stringergli lo stomaco.
“Com’è andata?” chiese con un tono poco fiducioso.
“Come poteva andare? E’ distrutto. Non so quanto tempo potrebbe occorrergli per riprendersi.”
Sentendo le parole di Claire, Firion si massaggiò le palpebre con la mano e abbassò la testa, sospirando pesantemente.
“Non so cosa mi aspettassi. Sarebbe stato strano se avesse reagito in modo diverso. Questi sono tempi crudeli: non possiamo subire troppe perdite, o le nostre volontà andranno in pezzi. Devo concludere la mia missione in fretta. Preparati, ti aspetto all’Arcipietra”. Si era diviso da lei per riprendere la corazza lasciata al centro dei sei monoliti.
“Aspetta” si oppose Claire, facendolo fermare.
“Firion, io…voglio consumare un’Anima Demoniaca.”
Firion coprì lo spazio tra loro in un passo fulmineo che si concluse quando afferrò saldamente le spalle di Claire. Lei trasalì avvertendo la presa, non si aspettava una reazione come quella, tantomeno a quella velocità.
“Cosa hai detto?! Sei forse impazzita?!” esclamò lui scuotendola energicamente.
Claire si dimenava tentando da liberarsi. Cosa gli era preso? Aveva perso il senno?
“Consumare anime ti rende più forte! E’ così che sei sopravvissuto contro il Demone che abbiamo affrontato alle Porte della Cittadella! Anch’io voglio diventare più forte!”
Firion ricordò lo stato pietoso della sua armatura dopo quello scontro titanico. Il Cavaliere della Torre era riuscito a colpirlo più volte, ma lui riprese a combattere come se i suoi colpi avessero avuto un effetto minimo. A quanto pareva, Claire se ne era accorta, ma l’aveva tenuto per sé.
“Lasciami!” strepitò Claire, tentando di spingerlo via. Le mani continuavano a stringere, per un attimo credette che le avrebbe slogato le spalle. Chiuse gli occhi per il dolore.
“Mi fai male!”
Fu allora che Firion tornò finalmente in sé, e mollò immediatamente la presa.
“Santo cielo, no!”. Firion si guardò inorridito le mani, come quando si fissa uno spettacolo orribile. Tornò su Claire per controllare che non fosse ferita in qualche modo.
“Claire, io non-” non riuscì finire che un potente schiaffo gli arrossò la guancia e gli fece ruotare il capo.
“Cosa diavolo ti è preso?!” proruppe Claire con tono inasprito. Firion si riprese senza badare al dolore sul volto e fece un passo indietro.
“Mi dispiace, ma non ti lascerò consumare nessuna anima.”
“Perché? Quel Demone enorme mi avrebbe ucciso se non fossi arrivato tu. Non posso continuare a dipendere da te!”
“Hai almeno un’idea di che cosa significhi consumare un anima?”
“Devo salvare mia sorella e lo farò ad ogni costo: non m’interessa cosa possa accadere!”
“Sei solo una stupida! Non sai di cosa parli!”
Non appena Firion smise di parlare, Claire gli assestò un pugno dritto sull’altra guancia, e lui indietreggiò guardandola sbigottito. Lei era furiosa: la mano con cui scagliò il colpo cominciò a bruciare di dolore, ma non le importava. Anzi, stava già scagliando il secondo. Quella volta, però, Firion rispose all’offesa: evitò la mano chiusa di Claire e le afferrò il braccio, torcendolo dietro la schiena.
“Smettila!” gridò lui rabbiosamente.
La risposta di Claire fu una testata sul muso che lo intontì per dei lunghi istanti. Firion, esasperato, la fece inciampare prona a terra e le si buttò sopra, tenendole il braccio sulla schiena e bloccandole l’altro.
“Sei calma adesso?” chiese ancora alterato.
“Tu smettila”. Firion rimase sorpreso nel sentire la voce di Claire flebile e rotta. “Smettila di farmi sentire così debole…”.Vide alcune limpide gocce macchiare il pavimento sotto di lei, ed allora la lasciò andare. Lei non si mosse, nemmeno quando il peso di Firion non la tratteneva più al suolo. 
“Stavolta ho davvero esagerato. Non merito il tuo perdono.” S’inginocchiò vicino a lei e l’aiutò a mettersi seduta, reggendole il dorso. Con l’altra mano le prese il mento e la spinse a guardarlo negli occhi: i suoi erano rossi, e a quella vista provò un nodo alla gola.
“Non ti concederò di farlo. Non meriti un destino tanto ingiusto…”. Si alzò e fece per andarsene, lasciandola dietro di sé.
“Cosa succede se consumi Anime Demoniache?” chiese in un sussurro Claire. Firion si arrestò bruscamente. Tra loro calò un profondo silenzio, e di colpo sembravano gli unici presenti in tutto il Nexus. Quando Firion parlò, Claire venne investita da una tremenda ondata fredda.
“Ti trasformi in un Demone.”
Lui riprese ad allontanarsi, girò l’angolo di un pilastro e scomparve alla vista. Claire rimase sola e avvilita. Si trascinò alla parete e vi si appoggiò, abbracciò le ginocchia e fece scomparire il capo tra le braccia.
"Lottare per diventare ciò che combatti..."
“Un destino davvero ingiusto…”
   
 
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