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Autore: Warblers    19/10/2015    3 recensioni
Condurre un'esistenza da “figlio di rimpiazzo” non è semplice.
Fai di tutto perché la tua vita proceda al meglio. Quindi vai avanti, senza pensare del tutto al futuro, accettando di compiere anche errori pur di vivere normalmente . Poi ti crolla il mondo addosso... non te lo aspetti quando succede, perché ormai sei abituato a pensare e vedere in un modo non molto ottimista. Allora cerchi di alzarti di nuovo, da solo. Ma delle volte è più difficile fare il passo più lungo della gamba, no?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Tesoro, ti ricordi di passare a prendere Chris dalla tata, vero?- era una voce limpida che stava parlando, pura e armoniosa. Apparteneva a Caterina, una donna magnanima e premurosa, che faceva tutto e di più per il bene della famiglia.
- Certo amore, sono proprio di fronte alla casa della tata. Ci vediamo dopo, ti amo - rispose Robert, scendendo di macchina e richiudendo lo sportello dietro di sé. Robert era molto simile a sua moglie, forse anche più premuroso nei confronti del figlio che poneva sempre in primo luogo.
L'uomo si avviò alla casa della baby-sitter e suonò il campanello: una donna sulla mezz'età aprì la porta. Ella, appena lo riconobbe , gli mostrò un sorriso tenero, invitandolo ad entrare.
- Robert caro! - disse lei - Il piccolo si era addormentato sul vasino circa due minuti fa, adesso è nel suo lettino.
Il gentiluomo sorrise, divertito all'immagine di Chris che dormiva sul wc e, dopo aver parlato con la signora per qualche minuto, camminò verso la cameretta del bambino. Si fermò a guardarlo: i capelli biondi gli stavano tutti appiccicati sulla fronte, il pollicino destro era infilato tra quelle labbra piccole e rosee. Chris sembrava veramente rilassato e dava l'idea che stesse facendo un bel sogno.
Il padre se lo prese tra le braccia facendo attenzione a non svegliarlo, poi si diresse verso l'uscita e dopo aver salutato gentilmente la tata sortì dalla casa. In macchina, l'uomo accomodò Chris nel seggiolino posto al sedile anteriore, poi salì anche lui e partì verso casa.
Chris dormiva beato, ogni tanto si muoveva inconsciamente per accomodarsi meglio e Robert non riusciva a non posare gli occhi sul suo fagottino.
- Ah, io e tua madre abbiamo veramente fatto un capolavoro - sussurrò riportando lo sguardo alla strada.
Sentiva il respiro regolare del suo piccolo e questo lo faceva rilassare molto. Capitava molte volte che Robert si mettesse a chiacchierare col bambino, beh anche se quest'ultimo era ancora troppo piccolo per riuscir a parlare. Il padre adorava coccolare il piccolo Chris, spesso gli cantava anche delle canzoni suonando la chitarra classica, oppure si divertiva a parlare di Caterina descrivendola come un angelo caduto dal cielo.
Il babbo accese la radio e la prima frase che ascoltò fu “Forever is a long time”. Roteò gli occhi a quelle parole. Guardò di nuovo il piccolo che si stava appena svegliando.
- Sai, Chris? “Per sempre” non è un lungo tempo, potrebbe passare in un battito di ciglia, quindi è bene che tu ti goda la vita al meglio e che tu non ne sprechi nemmeno un secondo...
Il bimbo schiuse di poco gli occhi, era ancora assonnato, ma al riconoscere la voce del padre sorrise involontariamente, sebbene non stesse capendo una singola parola di quel che il genitore stesse dicendo. Robert si voltò nuovamente verso il figlio e sorrise di ricambio, dicendogli un “Buon giorno, piccolo!”
L'uomo stava guidando verso un incrocio mentre era ancora perso nell'osservare orgogliosamente Chris, proprio in quel momento al semaforo era scattato il rosso. Quando Robert riportò lo sguardo avanti a sé, le ultime cose che vide furono una luce dei fari fin troppo vicina ai suoi occhi seguita poi dal nero assoluto.

 

Caterina era letteralmente piombata all'ospedale dopo aver ricevuto una telefonata riguardante l'incidente. Ormai stava aspettando da due buone ore nella sala d'attesa, camminando su e giù per la stanza. La donna aveva le lacrime agli occhi ma si rifiutava di lasciarle andare. Appena le era stato comunicato che suo marito e suo figlio avevano avuto un grave incidente stradale si era sentita morire interiormente. Come poteva vivere se Robert e Chris l'avessero lasciata? Lei avrebbe desiderato morire al posto loro.

Dopo un'altra mezz'ora un medico si presentò alla donna: costui non sembrava voler dare buone notizie, teneva lo sguardo basso ed evitava in tutti i modi di guardare Caterina.
-Allora!?- urlò la donna, era al limite di un pianto isterico.
Il medico non rispose subito, prima si tolse i guanti e si abbassò la mascherina, per poi guardare negli occhi la donna. Fu il silenzio a parlare, e quando Caterina realizzò la triste realtà, non esitò a trattenere le lacrime.
- Mi dispiace... il bambino...
- COSA!- sbottò la donna, – Stia zitto! A lei non ne può fregare di meno se mio marito e il mio piccolo sono morti!- la sua voce era tremante, colma di dolore. – Chi sa a quante persone hai dato terribili notizie, mostrando quello sguardo dispiaciuto, che è solo un falso! Ma io lo so, oh si che lo so! A voi medici non importa niente se qualcuno muore o n...
- Signora, suo marito è vivo - la interruppe il dottore, sperando di riuscir a calmare la donna.
Piombò il silenzio. La madre aveva smesso di piangere, ma restava pur sempre scossa da tremiti. Le lacrime avevano creato scie lungo le gote della donna. Delle scie di eyeliner nero che rendevano Caterina in uno stato pietoso.
- Questo vuol dire che... - un'ulteriore lacrima straboccò dagli occhi di Caterina. - Chris...


***


- CHRIIIIS! - l'urlo di Caterina lo raggiunse come uno schiaffo in faccia.

Chris si raggomitolò di più sotto le coperte. Quella donna non lo lasciava un minuto in pace.
- Mamma che cavolo! Non ho da andare a scuola, è domenica! Sai cosa vuol dire domenica? - urlò il ragazzo di ricambio.
Fu allora che la madre si precipitò in camera del figlio, aprì le ante per far entrare una luce, che di prima mattina era altamente fastidiosa, che accecò il ragazzo.
- Significa che devi alzarti dal letto e che devi aiutarmi con le faccende!
- Tu sei pazza, non ti offendere - rispose Chris alzando le coperte fino a coprirsi tutto il volto.
- Tuo fratello avrebbe obbedito... - sussurrò la madre, sedendosi ai piedi del letto e cercando inutilmente di scoprire il figlio.
- Ancora con questo fratello che non ho mai conosciuto - sospirò il ragazzo.
Caterina quasi si offese a sentir quelle parole. -Dovresti ringraziare tuo fratello, se lui non fosse morto, tu non esisteresti.
Ecco, le parole che Chris si sentiva ripetere ventiquattr'ore su ventiquattro. Dovette respingere la voglia di alzarsi e urlare contro la mamma, voleva dirle di smetterla con questo “fratello fantasma” o lui avrebbe lasciato la casa. Si limitò ad abbassare le coperte solo per lasciar scoperto il viso.
- Delle volte parli come se per te io fossi solo il “figlio di rimpiazzo”. Anzi, lo sono. Anche babbo mi tratta in questo modo.
Caterina strinse le labbra in una linea sottile. - No tesoro, non pensare così. Non è vero questo. Tuo fratello è morto venti anni fa, ormai io e tuo padre ci siamo dimenticati di lui - disse la donna forzando un sorriso.
- Già, ed è proprio perché volevate dimenticarlo che avete deciso di avere un altro figlio e di dargli lo stesso nome del bambino defunto - ironizzò Chris. -Tra l'altro, mi avete detto che io somigliavo molto in aspetto a questo “Chris del passato” quando ero piccolo.
Caterina sospirò, cominciava ad avere gli occhi lucidi, notò il ragazzo.
- Ma io non lo so, - sospirò Chris - se io ero nato femmina? Magari era anche meglio! Così la mia vita non sarebbe stata un rimpiazzo! No? Dimmelo, mamma, se mi sbaglio.
La donna si voltò in tempo per non far vedere una lacrima rigarle la guancia, si alzò e senza dire parola scese in cucina a preparare la colazione.
“ Tsk, scommetto la testa che quelle lacrime non sono state versare per me.” pensò Chris, per poi riconcentrarsi sul suo obiettivo: cercare di riprendere sonno.

 


Era pomeriggio inoltrato, Chris stava uscendo di casa: le domeniche aveva dei “gran piani”. Riuscì ad arrivare in orario al suo “covo” grazie ai mezzi pubblici, quindi si sistemò nel suo viale stretto, buio e isolato dal resto del paese ad aspettare i suoi “amici”.

- Ehi, è arrivata la puttana! Finalmente!
Il giovane voltò il capo verso le voci: c'erano cinque ragazzi. Un tipo leggermente sovrappeso era affiancato da due ragazzi sia a destra sia a sinistra. Questo gli si parò di fronte, costringendolo ad indietreggiare fino a che Chris non fu spalle contro al muro.
- Buon pomeriggio anche a te, Matteo.
- Buon pomeriggio una sega, puttana, avanti sgancia la roba! - quel ragazzo era tale e quale ad un pallone gonfiato, usava gli altri scagnozzi per sentirsi un sovrano.
Pfff, stronzate. A Chris non erano mai andati a genio i tizi come loro, sprecavano la vita facendosi del male e a far del male. Era stufo di dover frequentare perone del genere, ma aveva bisogno di soldi, visto che i genitori non gli avrebbero mai pagato la scuola, poiché se la rifilavano sempre con “Tuo fratello avrebbe saputo guadagnarsi da vivere da solo” oppure “Tuo fratello sarebbe stato una persona migliore di te”. Ma vaffanculo! Il Chris di venti anni fa è morto in un incidente stradale, e a “Chris del presente” non gliene poteva fregare di meno.
- Ah, lo sai che fare la puttana è totalmente diverso dal fare lo spacciatore, caro? - Chris roteò gli occhi e sospirò con fare teatrale mentre diceva quelle parole. -Se vuoi scopare, tre isolati da qui mi pare ci sia un bel vialetto di prostitute.
Il giovane, sempre intrappolato tra il muro e l'enorme corpo di Matteo, fissò quest'ultimo aspettando che dicesse qualcosa.
- E cosa ti fa pensare che voglia farmi una femmina? Perché non potrei soltanto farti inginocchiare e usarti come la mia schiavetta sessuale?
Gli altri ragazzi fischiarono a quella frase, quasi come volessero acclamare il loro capo. Chris si irrigidì su posto, sentì il proprio sangue congelare nelle vene e si pentì di non essersi portato nemmeno un coltellino. Certe volte aveva l'impressione che quel Matteo sarebbe riuscito a fare di lui ciò che voleva. Nonostante la paura che aveva preso il sopravvento su di lui, Chris riuscì a sbuffare ed a riprendere la sua ironia e il suo sarcasmo.
- Si si, ti piacerebbe avere sotto controllo questo splendore, eh? - ghignò lo spacciatore, indicandosi e mostrando poi i bicipiti, cosa che fece ridere i cinque ragazzi lì presenti.
Sospirò di sollievo nell'essere riuscito a far scemare la tensione, così si infilò le mani in tasca e tirò fuori quattro bustine contenenti della polvere bianca.
- Prima i soldi, “amici miei”.
Matteo storse la bocca e arricciò il naso. – Non ti smentisci mai, Chris - disse prima di lanciare al giovane un rotolino di banconote di alto valore.
- Bene, ora ci capiamo - Chris sorrise e diede la droga a quei teppisti, che subito dopo lasciarono il viale... sicuramente per andare a drogarsi.

 

 

“Dovrei avere abbastanza soldi per cenare in un ristorante... Si, decisamente.” pensava Chris, camminando sui marciapiedi non molto affollati di Bientina.

Era quasi ora di cena e il ragazzo avrebbe dovuto recarsi verso casa, ma aveva i suoi buoni motivi per non farlo: odiava cenare con sua madre e suo padre. A tavola, stare al lato opposto dei suoi genitori era qualcosa di sconvolgente. Ogni volta che cenavano insieme, Chris si sentiva sotto pressione, con gli occhi di Robert e Caterina addosso. Gli argomenti preferiti durante questi momenti avevano, ovviamente, solo un obiettivo: far sentire Chris uno sbaglio. “Allora Chris? Fatto progressi con la scuola? Tuo fratello sarebbe stato uno studente modello, devi renderlo felice ecc...” Beh, il giovane era stato bocciato in terza del liceo scientifico, e i genitori avevano sfruttato il fatto per ricattarlo... ma perché farne un dramma del genere? Chris non capiva cosa quei due pretendessero da lui.
Il ragazzo si fermò di fronte al Black Line: quel ristorante aveva un aspetto magnifico. Prese il rotolo di banconote che teneva nel giacchetto, ne sfilò due da venti e ripose il resto nelle tasche. Era elettrizzato al metter piede in un ristorante di lusso, si era già perso nell'osservare il secondo piano, pieno di luci colorate, con la musica a “casse sparate”. Ok, più che un ristorante sembrava una discoteca, ma non importava.
Mosse qualche passo mentre sognava ad occhi aperti, ma si riprese quando qualcuno urtò alla sua spalla talmente forte da fargli quasi perdere l'equilibrio. “Ma cosa diavolo!”
- Mi scusi tanto! - sentì parlare una voce maschile alle sue spalle.
Chris si voltò verso quella persona, tenendosi la spalla urtata come se volesse difenderla da un altro attacco.
- Non l'avevo notata, mi perdoni! - continuò quello. – Spero di non averle fatto male...
- Ehi ehi ehi! Quanta formalità! Dammi del tu per favore, e comunque è tutto ok, non è successo niente, tranquillo - disse Chris, cercando di calmare l'altro.
-Oh... ok, scusami ancora!
A Chris venne quasi da ridere: quel ragazzo doveva essere il classico prototipo del maschio gentilissimo e perfettino, visto da come era vestito elegante e con quell'acconciatura da principe azzurro. Doveva avere all'incirca l'età di Chris a giudicare dai lineamenti del viso. Guardò il giovane forzare un sorriso per poi girare sui tacchi e allontanarsi da lui, forse anche troppo velocemente, notò Chris.
“Che strano tipo quello. Molto buffo, ma strano.” pensò il ragazzo girandosi per l'ennesima volta verso l'entrata del ristorante. Si infilò le mani nelle tasche e fu in quel momento che si sentì gelare: i soldi erano spariti. Chris cominciò ad andare nel panico quando non trovò nessun rotolo di bigliettoni nell'area circostante. Poi, un'idea balorda gli balenò nella mente: il ragazzo di poco prima. Lui!
- Altro che gentilissimo e perfettino! - urlò, iniziando a correre nella direzione dove aveva visto il ragazzo sparire.
Svoltò in una via che conduceva ad un parco, sicuro di aver visto qualcuno muoversi velocemente per di là. Ormai era già notte, le giornate non si erano mai accorciate tanto. Chris arrivò quatto quatto dietro una quercia, fissando la sagoma scura che si guardava attorno e si sedeva su una panchina di fronte alla pianta. C'era solo una stradina sterrata a separarli. Chris si scostò di poco dall'albero, non tanto per essere notato , e riuscì a vedere quella persona srotolare un piccolo cilindro di carta. Purtroppo non c'era molta luce per osservare tutti i particolari, non era possibile riconoscere il volto di quel tizio. Dopo poco lo vide accedere una piccola torcia e passarla dietro ai fogli. Sì, erano banconote. Poi lo osservò scuotere la testa mentre arrotolava gli euro. Si sporse un po' di più proprio quando un cellulare iniziò a squillare. Chris si ritirò velocemente dietro la grande quercia per lo spavento, facendo scricchiolare alcune foglie secche sotto i suoi piedi. Allora l'altra persona scattò in piedi, indispettita da quei fruscii sinistri provenienti da dietro la pianta, ma subito dopo riportò l'attenzione al telefono. Chris stette in silenzio, l'adrenalina che lo riempiva sempre di più, ascoltando l'altro ragazzo parlare. Era sicuramente quello con cui si era scontrato, la voce era la stessa. A questo punto Chris non ci pensò due volte a saltare fuori dal suo nascondiglio mentre l'altro gli stava di spalle.
- Tu! Che razza di ladro sei se ti fai sgamare! - urlò all'interlocutore, prima di afferrarlo alle spalle per poi sbatterlo contro lo schienale della panchina. Quest'ultimo, preso alla sprovvista, si sbilanciò e cadde sulla panca di legno. Chris si beò di quella immagine: quel ladro stava con la gambe in aria e la schiena mal distesa sulla seduta, la testa piegata verso l'alto nel vano tentativo di vedere chi fosse stato a spingerlo e le braccia a penzoloni dalla panchina. Il cellulare era stato lanciato al suolo sterrato e beh, si era completamente sfasciato.
- Ti piace derubare la gente eh? Stronzo! -
- E a te piace sbattere le persone sulle panchine! - si difese il ladro, scendendo dalla panchina alla meglio, recuperando l'equilibrio per non cadere nuovamente. Era leggermente sudato, le gote rosse e l'espressione facciale spaesata.
- Sono disposto a riprendermi i soldi con la forza. E non mi fermerei solo a questo! Potrei denunciarti sai!? -
Quando l'altro giovane sbuffò divertito, Chris si sentì quasi offeso. Non si era certamente aspettato una reazione come quella.
- Sono così divertente? Non mi sembra di star raccontando barzellette o cose del gen...
- Ecco, tieni i soldi - disse il ladro lanciandogli il rotolo. – Non mi sembra il caso di arrivare a tanto per delle banconote false.
Chris afferrò al volo i soldi, ma il suo cervello si era scollegato quando aveva udito “banconote false”.
- Questi soldi sono falsi!? Oh ma certo, ora do retta ad un ladro.
- Beh dovresti, chi sa distinguere banconote false da quelle vere meglio dei ladri? - domandò retoricamente quel ragazzo, sorridendo al vedere l'espressione irata e sconvolta di Chris.
-Potresti aver scambiato le banconote.
-Potrei, ma non l'ho fatto.
Chris vacillò per un attimo. Quel ragazzo lo aveva derubato poco fa, questo era vero, ma sembrava molto sincero. Bene, Matteo e la sua banda l'avrebbero pagata.
- Mi denuncerai allora? - chiese quello, distraendo Chris dai suoi pensieri.
- No... - sospirò Chris, decidendo che per il momento non voleva avere altri problemi. - Ma fai un altro passo falso e non esiterò a farti gettare dietro le sbarre!
- Mi parli come se dovessimo rincontrarci, no peggio! Come se dovessimo diventare amici! - rise il ladro, mettendo quasi in imbarazzo l'altro giovane.
- Ma per piacere, queste bischerate le racconti a tua madre - soffiò Chris, sarcastico.
A quella frase ,però, il sorriso dell'altro ragazzo scomparve e le sue labbra diventarono quasi una linea sottile. Poi pensò bene di scuotere la testa e di tornare con quel suo solito ghigno da maniaco.
- Mi dici il tuo nome o devo chiamarti “tizio che sbatte la gente sulle panchine”?
Chris rise per quel soprannome fin troppo nonsense. Quasi quasi, quel ragazzo poteva diventare un buon amico.
- Chris, mi chiamo Chris.
- Chris? Ma che nome è? - sbuffò divertito il ladro, iniziando a fare commenti assurdi e sgradevoli su quel nome.
No. Opzione scartata. Quel ragazzo non sarebbe mai potuto diventare un buon amico.
- E' un nome inglese, stupido! - urlò offeso Chris. - E perché tu non mi dici il tuo invece di continuare a ridere?
L'altro giovane guardò Chris negli occhi senza smettere di sorridere. - Ottaviano.
E Chris avrebbe voluto sfinirsi dalle risate, si limitò solo a serrare le labbra impedendo a qualsiasi verso gutturale di uscire.
- Diavolo, ridicolizzi il mio nome quando il tuo è peggio! A questo punto è meglio se ti chiamo Augusto, ci fai più figura...
Ottaviano alzò un sopracciglio, quasi divertito dal comportamento del ragazzo.
- Che vuoi? - finì Chris, zittendosi dopo aver realizzato che Ottaviano lo stava fissando con un'espressione ebete. -Smettila di fissarmi così, grazie. Mi fai innervosire.
- Oh povero Chris - Ottaviano chiuse gli occhi e incrociò le braccia al petto. - Meglio così? Ah comunque mi devi i soldi per il telefono.
- Mi stai prendendo in giro - chiese Chris ad occhi sgranati. Allora Ottaviano aprì gli occhi per rotearli con un sospiro.
- Sto scherzando, tesoro - disse andando a recuperare i pezzi del telefono. - Beh, devo andare.
A Chris quasi dispiacque doverlo lasciare per tornare dai suoi, ma poi annuì con fare deciso. Ottaviano gli andò in contro, estraendo una penna dalla tasca del giacchetto.
- Dammi una banconota falsa, avanti, se non hai altri foglietti.
Chris non seppe dire perché si ritrovò ad obbedire a quell'ordine, se fosse per il tono autoritario dell'altro o per semplice curiosità. Ottaviano scribacchiò qualcosa sulla banconota e infine la porse a Chris.
- Cos'è?
- Beh, non sono uno a cui piace incontrare una persona simpatica e dimenticarmene per sempre - affermò Ottaviano sorridendo.
Chris avvampò: in tutta la sua vita non si era mai sentito aggregare l'aggettivo “simpatico”. In un primo momento pensò infatti che Ottaviano si stesse prendendo gioco di lui. Senza badarci troppo afferrò la banconota e lesse ciò che l' “Augusto” vi aveva scritto.

- Il tuo numero... - sussurrò Chris, alzando lo sguardo per cercare quello dell'altro, ma Ottaviano si stava già incamminato via.












Spazio autrice:

Questa è la prima volta che pubblico qualcosa quindi, oddio, chi sa che boiate avrò scritto... mi piacerebbe sapere cosa c'è da aggiustare, se la sintassi va bene o no. Purtoppo non ci ho mai capito niente in grammatica, ma mi dispiaceva non scrivere qualcosa di mio (o almeno non prima di aver trovato questo sito spettacolare).
Ciao a tutti!

 

   
 
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