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Autore: ehitsfrannie    20/10/2015    1 recensioni
Esistono Tre Pietre: la pietra dell'equilibrio, quella della saggezza e dell'amore. Tre Pietre essenziali per far tornare la magia a Storybrooke. Il compito di trovarle viene affidato ad Alice, una ragazza tormentata dal suo passato turbolento che sarà costretta a lottare contro i Cattivi più malvagi delle fiabe. Per fortuna (o sfortuna) ci sarà il Cappellaio Matto ad affiancarla in questo viaggio insieme ad un'altra ragazza temeraria tanto quanto il fratello.
Tre Pietre. Tre personaggi. Una sfida per ognuno di loro.
Riuscirà Alice a portare a termine la sua missione? Qual è il vero obbiettivo di Jefferson? Cosa centra Tremotino in tutto ciò? E se Capitano Uncino avesse una sorella?
[le parti di Rumbelle mi sono state gentilmente concesse dall'autrice padme83 alla quale vanno i crediti per le one shot della sua raccolta "In the morning you always come back" di sua totale creazione e stesura.]
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Jefferson/Cappellaio, Matto, Killian, Jones/Capitan, Uncino, Signor, Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X

 

Il sentiero terminava davanti ad un fungo alto due volte Alice, che lo osservò incredula e confusa. «Mi stai dicendo che il Brucaliffo si trova lì dentro?»
Jefferson, afferrato il pomello della porta per entrare nel fungo, le scoccò un occhiata languida. «Niente domande, ricordi?»
Rigiratosi, Alice alzò gli occhi al cielo e, simulando una pistola con le dita, se la portò alla testa e finse di sparare. La curiosità la stava divorando.
Chi era suo padre? Perché Jefferson lo conosceva? E che fine aveva fatto sua madre?
Niente più domande, ricordi?
Seguì il ragazzo attraverso il fungo, che si rivelò essere un ampio pub in cui si allietavano soggetti molto poco raccomandabili.
«Ma questo posto è...»
«Pieno di carogne, eh sì. Pieno zeppo! Stammi vicina e non toccare nulla.»
Alice annuì. Si fecero strada tra i tavoli, guadagnandosi le occhiate incuriosite o minacciose dei presenti.
Un energumeno dalla corporatura tozza e la pelle squamosa bloccò Alice circondandole il polso con la mano sudicia. «Signorina...posso offrirvi qualcosa da bere?»
La ragazza si mostrò disgustata davanti a quel sorriso sdentato e malizioso, ma rimase ancor più orripilata rendendosi conto che a quell'omaccione mancava l'occhio destro.
Notando che effettivamente c'era qualcosa che non andava, l'uomo si portò la mano libera sulla palpebra contratta e lanciò un urlo di rabbia.
«Ti conviene tenere le manacce lontane da lei, o dovrai stare senza occhio per un po'.» disse Jefferson pacatamente, esibendo la pupilla di vetro stretta tra le dita affusolate.
L'uomo mollò la presa su Alice e squadrò Jefferson dall'alto al basso. In risposta, quest'ultimo restituì l'occhio di vetro al proprietario e condusse Alice fino all'altro capo della sala dove, disteso comodamente su una pila di cuscini in velluto, se ne stava un'enorme larva che Alice identificò subito come il Brucaliffo.
Egli fissò a lungo la ragazza, fumando la sua narghilè ed espirando il fumo denso che annebbiava gli occhi di Alice, ancora incredula che tutto ciò potesse essere vero.
Di cosa ti stupisci? Esistono creature ben più strane dentro la tua testa.
«Oh-oh-oh!» esclamò la strana creatura. «Ti aspettavamo, Alice.»
Per arrivare al punto, Jefferson si infrappose tra lei e il Brucaliffo, il che destò fastidio ad entrambi. «Non abbiamo tempo da perdere, Brucaliffo. Io ed Alice dobbiamo trovare le Tre Pietre, ma non sappiamo come né dove trovarle.»
Il Brucaliffo rise fragorosamente, avvicinandosi al volto di Jefferson che esitò dall'arretrare di almeno un metro. «Non hai mai perso la tua sfacciataggine, vedo? Ti credevano tutti morto da un pezzo.»
«Si, lo credevo anche io. Ho avuto un piccolo aiuto.» ammise scoccando un'occhiata ad Alice, troppo presa a guardarsi intorno dal notare quella sorta di ringraziamento sottinteso. «Non siamo venuti qua per parlare delle mie disgrazie! Giusto? Giusto. Ci serve un portale. Un portale efficace.»
Il Brucaliffo ci pensò per qualche secondo, per poi mostrare un sorrisetto per nulla affidabile che destò Alice dal suo torpore. «Alice, ti piacerebbe conoscere i tuoi genitori? Io posso darti questa possibilità.»
I suoi occhi si spalancarono. Due biglie azzurre, lucide come laghetti, fissavano senza parole quella creatura dall'aria egocentrica e misteriosa con imploro.
Mostravano la spaccatura della sua personalità. Una razionale e matura, l'altra sensibile e curiosa che in quel momento lottavano una contro l'altra più che mai.
«Neanche per sogno. Alice!» la chiamò Jefferson stringendole la mano. «Alice, guardami.»
Ella staccò gli occhi dal Brucaliffo portandoli sul volto implorante del ragazzo. «Ma...i miei genitori...»
«Non devi saperlo in questo modo. Ti sta ricattando, ti mostrerà il falso, ti illuderà!»
Il Brucaliffo assunse un aria benevola e falsamente innocente. «Sto solo cercando di mostrarmi gentile. Tutto ha un prezzo, questo è il mio.»
«Vederla soffrire per una cosa che non raggiungerà mai? Non ti darò mai questa soddisfazione.» disse con tono spiazzante il Cappellaio, guardando l'interlocutore con massimo disprezzo. «Vieni Alice, andiamocene da qui.»
Trascinando la ragazza ancora spiazzata attraverso il chiassoso pub, Jefferson si fermò solo quando il Brucaliffo espresse un particolare essenziale di quell'accordo. «L'ho proposto ad Alice, e non a te, Cappellaio. Allora, mia cara? Cosa ne pensi?»
La ragazza si girò verso il Brucaliffo, e fu allora che i suoi occhi diventarono lucidi di lacrime.
Lacrime che sapevano d'abbandono.
«Io...io voglio solo tornare a casa, ecco tutto.»
Ma dov'è casa?

 

*“Belle si svegliò di soprassalto, urlando in preda ad un cieco terrore.
Le ci volle qualche minuto per rendersi definitivamente conto di non trovarsi più in quella spaventosa stanza grigia, ma di essere invece all'interno della sua confortevole camera da letto, al sicuro fra le possenti mura del Castello Oscuro.

Era solo un incubo.
Scostò con un gesto brusco le lenzuola madide di sudore e impose al suo respiro ancora accelerato di ritornare presto ad una seppur minima parvenza di normalità. Il tremito che l'aveva colta durante quell'orribile sogno non accennava a diminuire, e l'amaro sapore di sangue che sentiva sul palato le indicò con quanta forza doveva aver digrignato i denti nel sonno, se era addirittura riuscita a mordersi ripetutamente la lingua.
Si alzò con cautela dal letto e, cercando di ritrovare un po' di calma e di calore per le sue dita gelate, si avvicinò al tepore del camino, le cui tenui fiamme ancora spandevano un debole chiarore attorno al braciere.
Inspirò ed espirò profondamente per un paio di minuti, fino a che si ritenne abbastanza tranquilla da poter analizzare con un po' più di lucidità le terribili sensazioni che aveva provato al cospetto di quella macabra visione notturna.
Ricordava con sconcertante chiarezza lo spasmo tremendo che le aveva mozzato il fiato nel momento in cui lo sconosciuto le aveva detto di aver ucciso il folletto: era come se una voragine nera si fosse fatta largo a forza dentro al suo petto, separandola con violenza da una parte di se stessa di cui aveva fino ad allora ignorato l'esistenza, ma che si era ritrovata ad urlare disperatamente davanti alla prospettiva di essere allontanata per sempre dall'Oscuro Signore.

Mutilata.
Ecco come si era sentita quando la sua coscienza alterata aveva realizzato che non avrebbe mai più condiviso le sue giornate con Rumplestiltskin. Ancora adesso, nella quieta sicurezza della sua stanza, si sentiva mancare la terra sotto ai piedi al pensiero di non udire più la sua stridula voce pronunciare scherzosamente il suo nome, di non averlo più accanto, intento a filare all'arcolaio, durante le serate tranquille che trascorreva immersa nei suoi amati libri, di non camminare più al suo fianco lungo gli interminabili corridoi di quell'immenso castello, che aveva imparato a definire in qualsiasi modo e che ormai le sembrava tutto fuorché oscuro.
Non riusciva nemmeno a sopportare l'idea che quegli occhi ammalianti e antichi quanto l'universo stesso smettessero di scrutarla nel profondo, come se le volessero saggiare l'anima fin nei suoi recessi più nascosti e reconditi.
Seguendo un impulso improvviso, Belle uscì dalla stanza senza nemmeno preoccuparsi di indossare qualcosa sopra alla leggera camicia da notte.
Il castello era avvolto come sempre in un silenzio perfetto e quasi irreale, nel quale la giovane aveva tuttavia imparato a sentirsi a suo agio, piuttosto che a lasciarsene inutilmente inquietare.

Sapeva che niente di male le poteva accadere in quel regno incantato di cui lui era padrone assoluto.
Aveva appena deciso di approfittare di quella inusuale sortita per scendere fino alle cucine a prepararsi una tisana alle erbe nella speranza che la bevanda potesse aiutarla a levarsi definitivamente il sapore nauseante che l'incubo le aveva lasciato in bocca, quando vide Rumplestiltskin venirle incontro salendo pensieroso quelle stesse scale che anche lei aveva cominciato a percorrere.
Belle non se ne stupì poi più di tanto: sapeva che il padrone assai raramente si lasciava andare al sonno per più di poche ore per notte.

E in fondo aveva sperato di sorprenderlo ancora sveglio, per fugare una volta per tutte le ultime paure che ancora le pesavano sull'animo.
«Dearie, per l'amor del cielo, cosa ci fai ancora in piedi a quest'ora?»
Qualcosa nell'espressione della sua domestica -forse un alone del terrore che l'aveva colta poco prima- lo spinse ad abbandonare immediatamente il suo abituale tono canzonatorio ed a superare apprensivo qualche altro gradino per portarsi più vicino a lei.
«Belle, che cos'hai? Non stai bene?
Cara, dimmi cosa ti è successo, hai l'aria sconvolta.»
Gli occhi del folletto risplendevano come smeraldi preziosi alla fioca luce delle torce, e la preoccupazione che lesse in quelle profondità insondabili sembrò a Belle di una dolcezza tanto struggente e infinita, che ben presto le vennero irrimediabilmente meno le forze per combattere ancora contro il suo stesso cuore.
Senza indugiare oltre si gettò tra le sue braccia, aggrappandosi disperatamente alle sue spalle e affondandogli con impeto le mani nei capelli, mentre con un lungo respiro di sollievo poggiava possessivamente il capo nell'accogliente incavo fra il suo collo e le scapole.

Sembrava creato apposta per lei.
Per pochi, i
nterminabili istanti, Rumplestiltskin rimase immobile, rigido e muto nell'ardore crescente dell'abbraccio di quella fanciulla che in così poco tempo era riuscita a farsi strada con prepotente tenerezza nella sua misera e solitaria vita.
Poi, come se solo in quel momento si fosse veramente reso conto di quello che stava succedendo fra loro, Belle lo sentì stringerla con forza a sé, ed intrecciare piano le dita alla sua folta e profumata chioma, spostandosi quel tanto che bastava per permettere ai loro corpi di aderire perfettamente l'uno all'altro, come se fossero un'entità sola.

E forse lo erano davvero.
La giovane non riuscì a trattenere un gemito sommesso, mentre con gioia e commozione si riappropriava di quella parte di sé che l'incubo sembrava volerle strappare per sempre: le gentili carezze di Rumplestiltskin le stavano lentamente restituendo quella primigenia interezza della quale la sua più intima essenza era stata troppo a lungo sprovvista.
Avvolta nell'urgenza di quella stretta, Belle non accennò a staccarsi da lui neppure quando la sollevò con grazia fra le braccia e cominciò piano a scendere le scale, senza smettere un istante di percorrerle la fronte con una morbida scia di piccoli baci.

Non avrebbe mai creduto che la sua pelle di pietra potesse emanare un calore così intenso, capace di stordirla e stregarla al tempo stesso.
Una volta raggiunto il salone, in un angolo del quale il fuoco del camino non aveva ancora smesso di scoppiettare, Rumplestiltskin si sedette con calma sulla sua poltrona preferita, abbastanza ampia da permettere a due persone di adagiarvisi comodamente; con un rapido schiocco di dita fece apparire una calda coperta di lana e la posò delicatamente sulle braccia scoperte di Belle, che nel frattempo si era accoccolata stretta stretta sulle sue ginocchia.
«Adesso mi vuoi dire cosa c'è che non va, dearie?»
«Niente di importante, solo un brutto sogno.»
«E cosa posso fare io per evitare che quest'incubo possa tornare di nuovo a tormentarti?»
La sua voce era il sussurro suadente di un serpente tentatore.
«
Stringimi.»

Entrambi non aspettavano altro che questo.”

 

«D'accordo. Il piano è saltato, che facciamo ora?»
Jefferson si sedette ai piedi di un grande albero, passandosi entrambi le mani attraverso i folti capelli per cercare una soluzione.
Ad osservarlo senza risposte, ancora scossa e tremante come una foglia, se ne stava Alice. L'incontro con il Brucaliffo era stato un bello schiaffo in faccia per dimostrarle che i suoi genitori, oltre che provenire da un mondo parallelo al suo, erano vivi e tutti sapevano che fine avevano fatto fuorché lei. Mille domande le passavano per la mente come le immagini di un vecchio cartone in bianco e nero. Dov'erano? Chi erano? E perché diamine non erano andati in cerca di lei per tutto questo tempo?
Affranta, si sedette di fianco al suo compagno di viaggio, l'unico che in quel momento avrebbe potuto darle un po' di sostegno, seppur minimo e relativamente importante.
Dopo un lungo sospiro, Alice parlò: «Dobbiamo tornare lì dentro ed accettare l'accordo del Brucaliffo.»
Jefferson spalancò gli occhi in modo che sembrassero ancor più spiritati e si alzò di scatto puntando l'indice contro la giovane dallo sguardo triste e rassegnato. «Mi stai dicendo che ti fidi di lui?»
Un piccolo cenno con la testa fece completamente uscire di senno il povero Cappellaio Matto che si esibì nella sua migliore reazione esasperata, passandosi le mani sul viso e cacciandosi le dita trai capelli.
«Oh, grandioso. Grandioso. Ti fidi di lurido verme che ti ha proposto un accordo altrettanto sporco vendendo i tuoi genitori per delle informazioni e non ti fidi di me che sto cercando in ogni modo di non mandarti a morire. Lo sai, Alice, penso che dovresti lavorare un po’ sul buonsenso, perché francamente mi sembri matta da legare!»
«Matta? Io? Non è stata una mia scelta venire qui e cacciarmi in tutti questi guai, anche se forse avrei potuto meditare un secondo in più sul compagno di viaggio, magari uno meno irritante, egocentrico e sfacciato!» esclamò Alice. «Cos'hai fatto perché io mi possa fidare di te
Ormai si urlavano addosso, ma quell’ultima domanda non trovò risposta: il Cappellaio aprì la bocca e gesticolò col dito come per prepararsi alla frase più d’effetto che potesse trovare, ma le parole parvero non venirgli in aiuto. Alice sostenne il suo sguardo furibondo, in fiera attesa, le sopracciglia alzate, finché non lo sentì sbuffare e si vide voltare le spalle.
Pensò seriamente di averlo sconfitto, fino a quando il Cappellaio si raddrizzò e tornò a guardarla, brandendo verso di lei un nontiscordardime brutalmente strappato dal terreno.
Alice restò spiazzata. Le ci volle qualche secondo per alzare meccanicamente una mano e accettare quel dono inaspettato.
Quando lo sfiorò, si rese conto che la rabbia era svanita. All’improvviso, così come era apparsa.
Il Cappellaio si avvicinò con quell'ombra negli occhi, e fu in un soffio sul viso che le borbottò: «Ti odio, Alice.»
E stavolta fu lei a restare senza parole, limitandosi a stringere forte il fiore mentre lui la superava di nuovo e si metteva in marcia sul sentiero piastrellato, senza più guardarla.







*"In the morning you always come back" padme 83 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2476441






Here I Am!
Mi scuso per il ritardo, questa settimana è stata un po' un casino e ho avuto il tempo e la concentrazione adatta per pubblicare solo oggi! D'ora in poi sarò puntuale, promesso.
Finalmente il viaggio incomincia! La prima tappa è la casa del Brucaliffo (mezza pensione, camere standard...lol) nella quale Alice si prende una bella botta in faccia. Il Brucaliffo vuole parlarle dei suoi genitori in cambio delle informazioni per trovare le Tre Pietre, ma Jefferson non approva e la tira via. Hanno poi una grossa discussione (devo ammetterlo: la prima di una lunga serie) che si conclude con un nontiscordardime. In questo capitolo troviamo un lato più umano del nostro Cappellaio: ha impedito infatti che Alice venisse ferita dalle parole del Brucaliffo, l'ha protetta dagli energumeni del pub e in seguito le regala un fiore, un nontiscordardimé. Non l'ho scelto a caso, in quanto è il fiore dell'amore e della fedeltà (owh teneri ç.ç).
Bene, ho finito! Lasciate una recensione che mi fa felice <3
Buona settimana a tutti, a presto!
Frannie. 


 

   
 
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