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Autore: Sharon9395    20/10/2015    2 recensioni
La vita tra i Candidi non era male: tranquilla, dedita alla verità, all’onestà e alla giustizia.
Kat teneva sì alla giustizia e alla verità. Ma dentro di se sentiva la spinta verso una vita diversa. Una vita spericolata, una vita degna di essere vissuta.
Il test era stato chiaro. O meglio… inconcludente. Quindi doveva scegliere da sola. Magari tra i Candidi o tra gli Abneganti sarebbe stata al sicuro, la avrebbero aiutata. Ma quella, sapeva in cuor suo, non essere la sua strada.
Voleva sentirsi utile, completa e, soprattutto, libera. E tutto questo poteva trovarlo solo in una fazione: gli Intrepidi.
Afferrò con decisione il coltello, si procurò un piccolo taglio nella parte interna della mano e lasciò cadere il suo sangue sui carboni ardenti. Il suono prodotto, fece serpeggiare lungo la sua schiena un brivido freddo. Kat aveva scelto e, ormai, non poteva più tornare indietro.
“La fazione prima del sangue”.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Tris, Un po' tutti, Zeke
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X
 
Lancio dei coltelli. Questo è la tecnica su cui avrebbero dovuto lavorare. Era pomeriggio, si poteva scorgere il sole, velato e nascosto tra le nuvole.
Kat, come sempre, cercava di non intimorire gli iniziati spiegandogli i modi migliori per riuscire a fare un buon tiro.
Un ragazzo, però, Al, non riusciva a farne uno decentemente. Molti avevano, nei primi tempi, problemi, ma lui sembrava proprio un caso disperato. Così, l’intrepida, prima che Eric se ne potesse accorgere, si  avvicino per cercare di aiutarlo in qualche modo.
<< Al >> lo chiamò. Il ragazzino si girò ed aveva palesemente paura. << Stai tranquillo, non sono il Capofazione. Allora, vedi, tu sbagli nella posiz…>>.
 << Kat – la interruppe Eric facendola sobbalzare – non sprecare fiato. Con le buone maniere non capirà mai. Scostati >>.
 La ragazza si spostò guardando pietosamente Al mentre il giovane Capofazione gli si avvicinava minaccioso. Si posizionò accanto lui con le braccia conserte e le gambe divaricate.
<< Raccogli  il coltello >> ordinò con fermezza.
L’iniziato esitò << Mentre gli altri tirano? >>.
<< Perché? Hai paura? >> chiese beffardo.
<< Di essere infilzato da un coltello? Ehm…Si. >> rispose il ragazzino.
Eric non poteva sopportare che un semplice iniziato alzasse la cresta con lui.
<< Vai davanti al bersaglio! Quattro mi serve il tuo aiuto >> comandò.
Al obbedì.
<< Tu rimarrai lì, mentre lui ti lancerà i coltelli. Se ti vedo anche solo battere ciglio sei fuori >> decretò con arroganza.
Quattro stava per tirare, quando si sentì una voce << Fermi! >>. Era Tris, l’ex-abnegante,
<< Chiunque può stare davanti a un bersaglio. Non prova niente>> disse.
<< Allora, prendere il suo posto ti sarà facile >> la invitò Eric.
La ragazzina senza alcuna esitazione andò davanti al bersaglio e Quattro tirò il primo coltello: molto vicino alla testa.
Ma per il sadico Capofazione non era abbastanza << Avanti, Quattro, non mi deludere >>.
<< Le spunto un po’ i capelli? >> chiese l’istruttore.
<< Si, nella parte alta >> rispose Eric con un ghigno.
Quattro, allora, tirò un altro coltello proprio sulla testa della ragazza sfiorandole i poco i capelli.
Poi, avendo capito che non lo avrebbe fatto fermare fin quando non l’avesse ferita, mirò e tirò così vicino all’orecchio da procurarle un piccolo taglio.
<< Questo, vi serva da lezione: se io do un ordine, voi obbedite. Andate, abbiamo finito per oggi >> così dicendo iniziò ad allontanarsi.
Kat corse verso di lui e lo fermò gridando << ERIC! >>. Non si voltò solo lui, ma anche tutti quelli che erano ancora presenti.
Si avvicinò alla ragazza e disse << Vi ho detto di andarvene. Non avete niente da vedere qui >>.
Intimoriti, presero la via dell’uscita, mentre il Capofazione e l’istruttrice si appartavano in un angolo della palestra.
<< La prossima volta evita di urlare, okay? >> .
<< Ma cos’hai in quella testa?! Una cosa è stato lanciare coltelli addosso a me, non molto divertente, o qualche altro Intrepido, una cosa è terrorizzare dei ragazzini che sono qui per la prima volta e che ancora devono adattarsi a questa vita. Pensavo, pensavo…>> disse balbettando Kat.
<< Che fossi cambiato? Solo perché ti ho raccontato quella storia? Perché ti ho aiutata quando ne avevi bisogno? No. Non sono cambiato. E mai cambierò. E, comunque, devono abituarsi. Prima si adattano, come dici tu, e meglio è >>.
La ragazza sbiancò, si sentiva una stupida, una sciocca. Come aveva potuto davvero pensare che lui stesse cambiando? Perché le donne si ostinano a credere ciecamente di poter cambiare un uomo?
<< Sei un cretino. Non perderò più tempo con te. Ti avevo dato un’altra occasione, per tornare sui tuoi passi, pensando, addirittura, che avessi sbagliato ignorandoti ed odiandoti per tutto questo tempo. Ma, invece, no. Avevo ragione. Quattro ha ragione su di te >> si sfogò, riversando tutto quello che provava, tutto quello che le passava per la testa. Fin quando, mentre lei parlava e gridava insieme, lui appoggiò la mano destra dietro la testa di Kat facendola affondare nei folti capelli rossi, la portò a sé con il braccio sinistro attorno al fianco e, inaspettatamente, la baciò.
La ragazza per un momento cercò di resistergli: sentiva che c’era qualcosa di sbagliato. Ma, poi, si arrese a lui e si lasciò trasportare dalla magia che solo un bacio, uno vero, può farti assaporare.
Christina e Will stavano tornando in palestra perché avevano dimenticato le giacche: appena entrarono, intravidero Eric e Kat. Si nascosero subito, per evitare che i due li notassero.
Dopo che il Capofazione e l’istruttrice se ne andarono, lasciandosi con un timido saluto di lei e un freddo cenno del capo di lui, uscirono anche loro di soppiatto.
 
 
Kat si diresse al Pozzo, dove Clarke e gli altri la stavano aspettando.
<< Ehi! Perché ci hai messo così tanto? >> le chiese l’amica.
Rimase immobile per un po’, senza parlare, senza pensare. Aveva lo sguardo vagante e disperso.
<< Che hai? Ti vedo… strana >> continuò Clarke.
Kat si sedette, riprese coscienza e rispose << Ah niente, ho messo in ordine le ultime cose e sono stanca. Non ho fame. Vado a prepararmi per il turno >>.
Gli altri tre erano sbalorditi: Kat che non aveva fame? Una vera novità.
<< Aspetta, vengo anch’io. Così andiamo insieme >> fece Zeke.
 
Il turno cominciò alle nove. Con un furgone raggiunsero il punto in cui dovevano darsi il cambio.
Camminarono silenziosamente tra le abitazioni, ridotte in macerie, degli Esclusi.
Faceva freddo, le notti iniziavano ad allungarsi e l’estate volgeva al termine. Quelle persone avevano solo stracci e cartoni per coprirsi. Fuochi di fortuna erano accesi qua e là: compito degli addetti alla sorveglianza era anche quello di accertarsi che quei fuochi non divampassero in incendi.
Anche  i bambini vivevano lì. Se nascevi escluso non c’era modo di cambiare il tuo status sociale.
 
<< Kat, perché non hai mangiato? >> le chiese l’amico.
<< Non mi andava. Non ho fame >>.
La guardò e disse << Sai… prima di venire qui, dopo cena, Quattro era con Tris, e lei ha detto che Christina e Will hanno visto te ed Eric insieme. E non insieme normalmente, ma… proprio insieme…E’ vero? >>
La ragazza si bloccò di scatto. Restò in quel modo per una manciata di secondi prima di ritornare a quello stato di “mezza lucidità” che aveva prima della fatidica domanda.
Pensò attentamente a cosa dire prima di aprire bocca: optò per la verità.
<< Si. E’ vero. Lui mi ha – voltò la testa dall’altro lato essendo imbarazzata– baciata >> sussurrò.
Zeke lasciò la presa del fucile che aveva in mano sbalordito, non poteva credere a quelle parole. Il silenzio piombò, né l’uno ne l’altra sapevano cosa dire e Kat, soprattutto, non voleva parlarne più di tanto.
S’incamminarono per raggiungere gli altri che ormai erano molto lontani da loro.
<< E tu? Non mi hai detto com’è andata la serata con Clarke! >> disse Kat con un sorriso malizioso stampatogli sulla faccia e cambiando argomento.
<< Bene >> rispose intimidito.
<< Tutto qui? “Bene”. Dimmi di più! >>
<< Non ora. Dai, concentriamoci >> disse Zeke imbarazzato quasi quanto lo era stata pochi minuti prima l’amica.
 
 
Quando trovarono il resto della squadra si fermarono di colpo: seduti a terra c’erano due ragazzini, indossavano stracci e scarpe rotte, il più grande, sui quindici anni, teneva abbracciato a sé quello più piccolo, probabilmente di otto anni, infreddolito e tremante. Kat e Zeke si tolsero le loro giacche e gliele posarono sulle spalle dolcemente, poi, l’Intrepida chiese << I vostri genitori dove sono? >>.
Il ragazzino più grande con occhi vuoti indicò due cadaveri distesi lì vicino: un uomo e una donna. Erano stati uccisi da poco, perché i corpi erano ancora abbastanza caldi.
Gli altri membri della spedizione presero dei teli per coprirli e poi li misero in dei sacchi. Nel frattempo Kat e Zeke portarono i due bambini al centro dove venivano curati gli orfani. Erano stati fortunati, se non li avessero trovati la loro vita sarebbe stata destinata a finire precocemente.
<< Come si chiamano >> chiese la responsabile dell’orfanotrofio.
<< Non lo sappiamo. Li abbiamo trovati in mezzo alla strada con i cadaveri dei genitori al loro fianco >> rispose Zeke.
Il ragazzino più grande stava per restituire le giacche ai due intrepidi, ma gli concessero di tenerselo dicendogli che era un regalo e che magari un giorno si sarebbero rivisti perché anche loro sarebbero diventati Intrepidi. Il ragazzino sorrise e li ringraziò.
<< Troveranno una famiglia? >> chiese Kat.
<< E’ improbabile. Sono esclusi e per di più sono grandi >> disse la responsabile
<< E se gli trovassi io una famiglia? >>
<< Beh, in quel caso, sarebbero molto fortunati >>.
Uscirono  dall’orfanotrofio per tornare a casa propria. La notte era ormai calata e il buio imperava insieme al freddo.
Il treno per la fazione arrivò presto, saltarono su e si lasciarono cadere a terra esausti.
<< Cosa hai intenzione di fare con quei ragazzini? >> le domandò Zeke.
Kat lo guardò e disse << Chiederò ai miei di trovare qualcuno che se ne occupi. Non mi va che vivino lì dentro, senza una vera famiglia >>.
<< Okay… è ammirevole. Ma tu gli hai già salvato la vita, cosa ti importa del fatto che abbiano o meno una famiglia? >> chiese ancora cercando di capire il “senso di altruismo” dell’amica.
<< Se tu non avessi mai avuto una famiglia come saresti stato? >> chiese lei di rimando.
<< Okay. Ho capito. Spero solo che non ti caccerai nei guai. Anche se quella è la cosa che sai fare meglio >> la schernì arruffandole i capelli.
 
Finalmente arrivarono al quartier generale e salutandosi, si divisero per tornare ognuno a casa propria.
Qui, trovò Clarke ancora sveglia che con una tazza fumante di cioccolata e una calda coperta stava sdraiata sul divano.
<< Ehi >> la salutò sedendosi sulla sua poltrona. L’amica ricambiò.
<< Ancora non mi hai detto com’è andata con Zeke! >>
<< Bene >> rispose Clarke continuando a sorseggiare la cioccolata << ne vuoi anche tu? >> chiese.
<< E’ andata male! Dai, dimmi la verità >>
Clarke alzò gli occhi e disse << Non è andata affatto male! Siamo stati bene insieme. Abbiamo mangiato, siamo scesi al molo a fare una passeggiata e, come queste cose finiscono sempre, ci siamo baciati >>
Kat era abbastanza soddisfatta del resoconto << Perfetti. Siete perfetti insieme >> disse con un gran sorriso.
Si alzò dalla poltrona per andare ad indossare il pigiama, dopodichè, in cucina, si preparò anche lei una cioccolata calda.
Tornò nel salotto e si accomodò di nuovo sulla poltrona.
<< Tu, invece… devi dirmi qualcosa? >> le chiese Clarke.
<< No, nulla. Beh, in verità, sta sera, durante il turno, abbiamo trovato due ragazzini Esclusi a cui erano stati appena uccisi i loro genitori e con Zeke li abbiamo scortati all’orfanotrofio e siccome non troveranno mai una famiglia disposta ad adottarli, mi sono presa l’impegno di trovargliene una io >> rispose.
<< Per un attimo ho temuto che tu dicessi “voglio adottarli” – e rise – è un bel gesto da parte tua >> disse l’amica.
Per un attimo piombò il silenzio che però fu subito interrotto da Clarke << Ma io… intendevo altro>>.
Oh! Quel “altro”! Pensò Kat, che avrebbe voluto evitare l’argomento.
<< Lo sai già. Non serve che te lo dica io >> rispose risolutamente.
<< Volevo solo una conferma. E questo tuo comportamento lo è >> disse Clarke non insistendo più di tanto.
 
 
 
 
Il mattino seguente, Kat si svegliò verso le undici del mattino. Era stanchissima. La giornata precedente l’aveva resa esausta. Con lei in casa c’era anche Clarke, che sarebbe andata nel pomeriggio oltre la recinzione per il turno tra i Pacifici.
Fece colazione, si lavò faccia e denti, poi si buttò di nuovo sul divano con un tonfo e cominciò a leggere.
Passarono più di due ore, fin quando Clarke non la disturbò << Kat… non puoi stare lì tutta la giornata a leggere >>.
<< Lasciami in pace, non ho voglia di fare nulla >> rispose concentrata senza distogliere gli occhi dalle parole.
Clarke si sedette accanto a lei e continuò << Non puoi stare così per lui. E poi non è successo nulla di male: vi siete baciati! Non capisco perché tu faccia così! >>
<< Cosa ti fa pensare che io non abbia voglia di fare nulla per causa sua? >> domandò.
<< Sei turbata. Si vede in modo evidente che qualcosa ti preoccupa e non sono i due ragazzini. Almeno, non solo loro >> .
Kat distolse lo sguardo dal libro e fissò l’amica dritta negli occhi << quanto ti detesto, quando fai così! >> decretò stizzita. Clarke si alzò dal divano e con un gesto secco le tolse la coperta da sopra le gambe e appallottolandola gliela gettò in faccia.
<< Siete fatti l’uno per l’altra: siete entrambi spocchiosi e insensibili! >> disse.
<< Grazie! >> le urlò contro Kat, mentre l’altra andò nella sua camera sbattendo la porta con un fragoroso rumore.
Kat riprese la lettura e, dopo un po’ si sentì in colpa per aver trattato in quel modo l’amica che infondo voleva solo aiutarla. Così, si alzò e bussò alla porta della camera.
Non rispose nessuno. Kat riprovò a bussare, ma neanche questa volta rispose. Allora, aprì la porta che non era stata chiusa a chiave ed entrò.
Clarke era distesa sul letto a fissare il soffitto.
<< Che vuoi? >> le chiese.
<< Niente… hai ragione… >> disse Kat.
<< Grazie >> rispose Clarke, alzandosi e invitandola a sedersi accanto a lei.
<< Sei un’idiota. Lo sai? >> continuò Clarke.
Kat le sorrise << si >>.
Tacquero per un po’, l’una fissando le scarpe e l’altra mangiucchiandosi le unghie.
<< E se per lui non fosse significato nulla? Se fosse solo uno scherzo o se lo avesse fatto, così, per divertirsi? Cosa farei? >> cominciò Kat, esitando.
Clarke le prese la mano stringendola forte e la rassicurò << Se ha fatto una cosa simile, gliela faremo pagare cara. Andiamo a mangiare? Almeno mangi cibo vero e non le tue unghie >>.
<< E’ già ora di pranzo? >> chiese non essendosi accorta di tutto il tempo che aveva trascorso a poltrire sul divano.
 
La mensa era affollata, la musica ad alto volume  e il vocio di quelle persone rimbombavano nella testa di Kat come un martello pneumatico.
Eric era seduto nel tavolo vicino al suo e quando ebbe finito di mangiare, si alzò dirigendosi verso di lei.
<< Ehm, Kat. Sta sera ai binari, c’è lo Strappabandiera >> la informò e si allontanò anche lui imbarazzato quasi quanto la ragazza.
Clarke aveva il volto bloccato in un espressione carica di scetticismo, disse << Dopo averti baciata, questo è tutto quello che ha da dirti?!  >> .
 
 
Nel pomeriggio l’Intrepida andò tra i Candidi per visitare la sua famiglia. Quando arrivò il profumo di casa la inebriò facendola tornare di buon umore.
Suo padre non era in casa, ma c’erano la madre e il fratellino.
<< Tieni, assaggia questa. L’ho preparata sta mattina. Se mi avessi avvertita ti avrei fatto trovare qualcosa in più >> la rimproverò la madre.
<< Tranquilla, ma’. Non resterò a lungo sono passata per vedere come state e per farvi una proposta… >> rispose.
<< Dici >> la invitò a parlare.
<< Ora che torna papà. Non mi va di dire due volte la stessa cosa >>.
Durante l’attesa, fece qualche partita ai videogiochi con il fratello che le faceva in continuazione domande sulle sue missioni e sul suo lavoro.
Poi, quando arrivò, si accomodarono al tavolo per discutere.
<< Allora, ieri sera, durante il servizio di sorveglianza degli Esclusi, abbiamo trovato due ragazzini, uno di quindici anni e un altro di otto. Senza genitori. Ora sono all’orfanotrofio e siccome sono abbastanza grandi e sono Esclusi, hanno poche possibilità di essere presi in adozione da qualcuno. – fece una breve pausa per dare loro modo di comprendere la gravità di quella situazione, e poi ricominciò – Quello che vi chiedo è di trovare una giovane o vecchia coppia o chiunque altro che voglia prendersi cura di loro. Il più grande ha solo bisogno di qualcuno che lo prenda con se fino all’anno prossimo quando potrà decidere della sua vita, il più piccolo, invece ha bisogno di una sistemazione definitiva. Li prenderei con me, ma non sono capace di prendermi cura di due ragazzini >> spiegò Kat.
I genitori accettarono immediatamente senza pensarci su e promisero che se non avessero trovato nessuna famiglia disposta a prenderli, lo avrebbero fatto loro.
 
Erano le sette e mezzo, aveva solo mezz’ora per tornare tra gli Intrepidi. Prese al volo il treno come sempre e quando scese restò lì ad aspettare.
Una volta che tutti gli iniziati erano arrivati, Kat si avvicinò a Christina e Will e chiese
<< Dov’è Tris? >>
<< Eric le ha ordinato di battersi con Peter ed è finita in infermeria, e ha deciso che lei è fuori… Kat, comunque, noi non volevamo spiarvi… tu ed Eric… eravamo capitati lì…>> rispose la ragazza.
<< Tranquilla, non m’importa. Parlerò con Eric e sistemerò la faccenda. Mi dispiace non potervi allenare, ma qualcuno ha fatto la spia >> disse.
<< Si, Peter >> annuì Christina storcendo il naso alla pronuncia di quel nome.
 
Salirono sul treno che iniziò a mettersi in marcia.
Kat intravide Quattro allungare un braccio fuori dal vagone: era Tris, la stava aiutando a salire.
Anche il Capofazione la vide arrivare: con fare sprezzate si diresse verso l’iniziata e le chiese
<< Chi ti ha dato il permesso di venire? >>
Tris esitò per un attimo, ma, poi, rispose con disinvoltura << Nessuno >>.
Eric stava per cacciarla, quando Kat gli si avvicinò e lo guardò torva.
<< Bene >> acconsentì. Infondo, la ragazzina aveva avuto coraggio a presentarsi lì dopo che lui la aveva cacciata.
 
Quattro prese a spiegare quello che avrebbero fatto quella sera << Si chiama Strappabandiera. E’ una tradizione di noi Intrepidi. Ci divideremo in due squadre, ognuna delle quali dovrà cercare di conquistare la bandiera degli altri>> concluse.
Il Capofazione mostrò le armi che avrebbero usato: delle carabine di colore rosso, piccole e sottili, tanto da sembrare giocattoli.
<< E quella la chiama “arma” >> si lamentò una ragazza.
Sentendo queste parole, Eric le sparò diritto sulla coscia. Quella dal dolore, battè contro la parete del treno urlando.
<< Questo è un neurosimulatore. Provoca gli effetti e i dolori di una vera arma da fuoco per pochi istanti >>.
 
Quattro ed Eric composero le squadre, Kat, invece, non si prese nessun incarico: semplicemente li avrebbe aspettati e avrebbe controllato che nessun indesiderato interrompesse l’esercitazione. Scesero dal treno e si diressero verso il vecchio parco giochi. Le giostre c’erano ancora, tuttavia, erano del tutto inutilizzabili.
I gruppi si divisero e presero diverse direzioni: i primi verso la ruota panoramica,  gli altri verso il molo.
L’ Intrepida si sedette su un masso vicino ad una di quelle vecchie giostre con i cavalli che girava su stessa. Era combattuta non sapeva se fare finta di niente come lui oppure affrontarlo e andargli a parlare. “ E se mi deludesse? Se mi dicesse che per lui non ha avuto alcuna importanza? Avrei la forza di lasciar perdere e andare avanti?  Sarebbe meglio lasciar stare e aspettare che il tempo faccia passare anche questa. Preferivo quando i miei problemi con lui riguardavano le risse e non i… sentimenti. Eppure, se lasciassi perdere, me ne pentirei di sicuro, perché non saprei la verità. Resterò sempre con il dubbio. Magari anche lui prova quello che provo io. O magari no…”
I pensieri si accavallarono gli uni sugli altri. L’indecisione era troppa. Alzò lo sguardo verso la ruota panoramica e notò due figure che si arrampicavano. Sembravano Quattro e Tris. Quei due, avrebbe messo la mano sul fuoco, sarebbero finiti insieme. Gli sguardi che si scambiavano erano tanti e sempre più intensi. Finalmente, anche l’altro amico dal passato difficile aveva trovato qualcuna che fosse abbastanza forte, perché Tris era una ragazza forte, da stargli accanto. In quel momento si domandò se anche lei fosse abbastanza forte da sopportare una relazione con Eric. La verità era che non lo sapeva.
Si incamminò tra le giostre con il fucile sempre pronto alla difesa. Erano strane, “chissà come funzionavano, chissà cosa si provava ad avere una vita “normale”. Dove non sei costretto ad essere una sola cosa per tutta la vita. Doveva essere bello. Forse anche tra me ed Eric sarebbe stato più facile”.
Immaginò i bambini che scorrazzavano da una parte all’altra con le madri che gli ricordavano di stare attenti. Immaginava cosa potesse voler dire davvero essere felici, spensierati e speranzosi per un buon futuro. Un futuro che però non sarebbe arrivato.
Kat sentì delle grida di gioia provenire dal vecchio faro e si recò lì: il gioco era finito.
Trovò Eric a terra, lo avevano sparato.
Lo aiutò a mettersi in piedi, mentre gli iniziati se ne andarono. Quattro le chiese se volevano andarsene insieme, ma rifiutò: avrebbe accompagnato Eric e avrebbero finalmente parlato; avrebbero affrontato la cosa.
 
<< Perché vieni con me? Il dolore è finito. Puoi andartene >> le disse.
<< No. Io devo parlarti >> spiegò.
<< Ora? Qui? Per strada? >>
<< Ovunque. Devo parlarti >>
<< Okay, andiamo a casa >>.
Erano anni che non entrava in quell’appartamento. Non era affatto cambiato: il mobilio nero, le sue armi preferite ben curate e… quel coltello. Capì immediatamente di cosa si trattasse.
Le fece cenno di accomodarsi e di fare come se fosse a casa sua. E infatti, andò nella cucina e prese dell’acqua per lui e anche per sé.
<< Dovevi parlarmi. Allora, parla >> affermò il ragazzo.
Bevve un sorso d’acqua dal suo bicchiere e poi fece un respiro per prepararsi psicologicamente a discutere di quelle… cose.
<< Ehm… l’altro giorno, no, quando, beh quando >>
<< Quando ti ho baciata? >> la interruppe sorridendole maliziosamente.
<< Eh, si >> . La vergogna stava affiorando in lei pian piano. Le guance incominciarono ad infiammarsi. Odiava quell’ aspetto di sé. “Perché devo sempre arrossire?!” si rimproverò.
<< Beh si. Ora, adesso, cosa… cosa facciamo? >> chiese dandosi forza. “Oh, ma come diavolo parlo?!” pensò, non voleva sembrare impacciata, ma lo era.
Eric, appoggiò la schiena al divano e la fissò per un po’ e poi rispose << Niente, cosa vuoi che facciamo? >>
Lo sapeva. Se lo sentiva. Per lui non valeva niente. Eppure le era sembrato che anche lui provasse qualcosa per lei.
<< Facciamo finta di niente? Come se nulla fosse accaduto? >> chiese ancora.
Il giovane Capofazione alzò il sopracciglio e disse << E’ stato un errore, Kat. Non potrà mai esserci niente. E’ stato un gesto impulsivo, okay? Non ci possiamo permettere di farci sorprendere da sentimenti e dall’amore. Ci rendono deboli >>.
Non era d’accordo. Per nulla. Ma forse nel loro caso si, aveva ragione lui.
Con un pizzico di delusione nella voce rispose << Si… forse hai ragione. >>
Qualche minuto di silenziò seguì. Kat stava pensando, ancora.
Si alzò dalla poltrona con fare deciso e si sedette accanto a lui sul divano.
<< No. Hai torto. Tu hai paura di affrontare questa cosa >> decretò << e ti capisco. Nemmeno io so parlare di… queste cose. Sono continuamente impacciata e imbarazzata. Non ne so niente. Ma una cosa sola la so: questi… sentimenti – disse quella parola come se avesse un sapore orribile – non li posso ignorare. E nemmeno tu ci riesci! >>. “Wow, l’ho detto davvero? Devo sembrare patetica”.
Eric non se l’aspettava. Pensava che se ne fosse andata, e invece no, sarebbe rimasta lì a combattere fino alla fine, come faceva in qualunque situazione.
Si guardarono dritti negli occhi e nessuno dei due staccò lo sguardo dall’altro. Allora, si avvicinarono e accadde di nuovo. Quel bacio durò un’eternità E’ proprio vero che l’infinito si nasconde negli attimi più brevi e intensi. Perché è quell’intensità a diventare infinita, eterna.
Così come loro: erano eterni. Avrebbero trovato il modo per far funzionare le cose. Non importava di chi li avrebbe giudicati, di chi gli avrebbe detto che quello era il loro più grande sbaglio e che questo sbaglio li avrebbe portati verso la fine.
Kat abbassò il viso, era di nuovo imbarazzata.
<< No, hai ragione. Non possiamo fare finta di niente >> disse Eric sorridendole
<< Troveremo un modo >>.
Il ragazzo la invitò a restare: era troppo tardi per tornare da sola a casa anche se sapeva benissimo che si sarebbe difesa egregiamente senza alcun aiuto.
Lui dormì sul divano lasciando il letto alla ragazza.
 
 
 
Angolo autrice:
Buonasera! Ecco un altro capitolo… e beh… finalmente quei due si sono lasciati andare! Ma le cose non saranno così semplici, ci sono parecchie questioni che si metteranno fra di loro, ostacolandoli.
Ringrazio tutti, chi recensisce, chi segue e chi legge.
Al prossimo aggiornamento, ciao!
  
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