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Autore: Emily27    20/10/2015    4 recensioni
A volte è così bello, d'aver paura che non sia vero. O troppo doloroso da desiderare che non sia vero.
E un giorno tutto può cambiare.
(Continuazione della oneshot "Adesso che te ne vai", ma non è necessario averla letta)
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jackson Hunt, Javier Esposito, Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Gocce di memoria



 
La proposta di Javier l'aveva spiazzata. Per alcuni lunghissimi secondi non proferì parola, con la consapevolezza che sul suo volto si leggesse l'indecisione.
Quando Rick le aveva chiesto di sposarlo, gli aveva detto di sì senza esitazioni, sicura di volerlo. Ora invece non riusciva a trovare una risposta, almeno non così su due piedi.
«Io...» esitò, distogliendo per un istante lo sguardo da quello di Esposito, per poi cercare nuovamente i suoi occhi. «Mi cogli alla sprovvista, non ne abbiamo mai parlato.»
«Lo stiamo facendo adesso» disse lui con tranquillità. «A volte dobbiamo fare i salti mortali per vederci, e i momenti che trascorriamo insieme passano sempre troppo velocemente. Vorrei stare con te ogni giorno, Kate.»
Quello di Javier era un desiderio più che legittimo, dopo un anno di una relazione a distanza, ma Beckett sentiva di non ricambiarlo pienamente. Sebbene anche a lei pesasse la loro lontananza, la prospettiva di una convivenza la spaventava.
«Chiederò il trasferimento qui a Washington, credo non ci saranno problemi» continuò Esposito, poi tacque in attesa di un suo cenno, che Beckett si decise a dare.
«Sarebbe un passo non indifferente, per me» confessò guardandosi le mani, dove ancora avvertiva l'assenza dell'anello di fidanzamento all'anulare sinistro. «Mi serve un po' di tempo» disse cercando con lo sguardo la sua comprensione. Oltre a quella, sul volto di Javier vide la delusione.
Lui annuì. «Certo, non intendo metterti fretta. Possiamo aspettare ancora.»
Kate appoggiò la testa sulla sua spalla e disse soltanto: «Grazie.» Per capirmi, per come sei, per esserci, pensò.
Esposito l'abbraccio e in silenzio restarono ad osservare il fiume che scorreva calmo.

 

**


Kate aprì gli occhi lentamente, riemergendo dal sonno. Le immagini che vide la lasciarono interdetta, dovette sbattere le palpebre più volte per rendersi conto di essere sveglia e che l'ambiente fosse reale.
Si trovava nella camera di Castle al loft, nel suo letto, con indosso soltanto l'intimo. Confusa, si guardò intorno nella luce che filtrava attraverso le tende, domandandosi come potesse trovarsi lì, però non fu in grado di darsi una risposta.
La sveglia sul tavolino da notte segnava le sette e quarantasette del mattino. Si tirò a sedere sulle lenzuola, cercando di ricordare le ore precedenti e la sera prima, ma nella sua mente c'era il buio totale.
Mentre un senso d'inquietudine si faceva strada in lei, notò un indumento posato sulla sedia in un angolo della stanza: era la camicia celeste di Rick.
Restò a fissarla per lunghi istanti, con il cervello incapace di qualsiasi ragionamento, poi scese dal letto e si avvicinò alla sedia, prese la camicia tra le mani e se l'accostò al viso. Il profumo di Castle le invase l'anima. Chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare in un tempo da cui non avrebbe più voluto tornare indietro. Non sapeva come fosse arrivata in quella stanza, né il perché, ma ora il disagio iniziale andava trasformandosi in un rassicurante calore.
Kate, assecondando un istinto, indossò la camicia e, a piedi nudi, scese al piano inferiore, dove tutto era come lo ricordava. Giunta in fondo alla scala, avvertì la presenza di qualcuno in cucina. Avanzò silenziosamente, finché quella parte del loft non fu a portata dei suoi occhi, e in quell'istante il suo cuore parve fermarsi.
Rick, canticchiando, stava trafficando ai fornelli.
Beckett dovette appoggiarsi allo schienale del divano, con un senso di vertigine e un morso allo stomaco. Senza osare compiere un movimento, si chiese se ciò che vedeva e sentiva corrispondesse alla realtà o fosse solo un'ingannevole illusione.
In quel momento, Castle notò la sua presenza. Quando i loro sguardi s'incontrarono, il cuore di Kate perse un battito.
«Buongiorno! Mi hai preceduto, volevo portarti la colazione a letto» la salutò Rick allegramente, mostrandole il vassoio su cui aveva già posizionato un piatto con i pancakes.
Castle era lì, la stava guardando, le stava parlando, non poteva essere solo frutto della sua immaginazione. Magari la sua morte, la storia con Javier e i due anni all'FBI erano stati un sogno, da cui si era svegliata riappropriandosi della realtà. Istintivamente il suo sguardo corse al polpaccio destro, dove, circa due mesi prima, era stata colpita di striscio da un proiettile nel corso di una sparatoria. Rimase disorientata nello scorgere i segni della ferita ancora visibili sulla pelle.
Lentamente, si mosse in direzione della cucina.
«Mi piace quando ti metti soltanto la mia camicia. Sei così sexy...» disse Rick, poi aggrottò la fronte. «Kate, stai bene? Hai una faccia...»
Beckett si fermò davanti a lui, confusa. Non capiva, non sapeva, probabilmente era diventata pazza, ma non le interessava e non aveva bisogno di comprendere. Le bastava che Castle fosse lì, il resto non aveva nessuna importanza.
«Sto bene» rispose, e il suono della sua voce la fece quasi trasalire. «È solo che... Sei qui.»
Rick le sorrise dolcemente accarezzandole i capelli. «Dove altro potrei essere?»
«Non lasciarmi mai» disse lei in una supplica.
Castle l'avvolse nel suo abbraccio forte e protettivo e le mormorò: «Non ti lascerò mai. Mai.»
Kate si abbandonò contro il suo petto, la testa sulla sua spalla, nel luogo caldo e sicuro che aveva creduto di avere perso per sempre.
Poi, all'improvviso, un boato squarciò il silenzio...

Si svegliò di soprassalto, mentre l'eco di un tuono si smorzava in lontananza. Si mise seduta con il cuore che le martellava nel petto, ascoltando il rumore della pioggia che sferzava i vetri. Un lampo inondò per un attimo la stanza di luce, rivelando i contorni familiari della sua camera da letto a Washington DC e comunicandole beffardo che quello che aveva appena vissuto era stato solamente un sogno.
Quegli attimi perfetti s'infransero contro la realtà, lasciandole il vuoto dentro, mentre il fragore di un altro tuono irrompeva nella stanza. Riusciva ancora a sentire le braccia di Rick che la stringevano, il suo viso fra i capelli e il suono rassicurante della sua voce, ma erano sensazioni sfuggenti come granelli di sabbia tra le dita. Era la prima volta che sognava Castle e ne era rimasta scossa, tanta era stata l'intensità delle emozioni provate e che ancora le facevano battere forte il cuore.
Accese l'abat-jour e scese dal letto, raggiunse il bagno e, davanti alla specchiera, osservò il suo volto alla luce del faretto. Vide malinconia e dolore nel profondo dei suoi occhi. Si bagnò il viso con l'acqua fredda, ma non bastò a respingere le lacrime che una dopo l'altra scesero a rigarle le guance. Le accettò, sedendosi sullo sgabello, arresa e fragile. Era stato nient'altro che uno stupendo e maledetto sogno, Rick non l'avrebbe più abbracciata, non le avrebbe più sorriso, il passato non sarebbe tornato, mai.
Lacrime e singhiozzi inarrestabili si unirono alla pioggia battente, per un tempo indefinibile.
Poi il pianto di Kate si placò, insieme al temporale. Mentre il cuore riprendeva a batterle ad un ritmo regolare, Beckett si asciugò gli occhi con le mani e trasse un respiro profondo, ritrovando poco a poco la calma. Ritornò in camera e si avvicinò alla cassettiera, sopra cui c'era un piccolo cofanetto di metallo intarsiato all'interno del quale aveva ritirato la collana con l'anello di sua madre, quando, non molto tempo dopo la morte di Castle, il responsabile dell'omicidio di Johanna era stato finalmente consegnato alla giustizia. Aprì lo scrigno e tirò fuori la collana, appeso alla quale c'era anche il suo anello di fidanzamento, da lei riposto agli inizi della sua relazione con Javier. Strinse tra le mani quei piccoli cerchi d'oro colmi di un significato profondo, fili che legavano indissolubilmente la sua anima a quelle di Rick e di sua madre.
Castle aveva cambiato la sua vita, insegnandole a ridere, a sentirsi libera e a provare l'amore vero. Insieme avevano sognato un futuro che però non sarebbe più arrivato, il destino aveva deciso così e nessuno poteva mutarlo.
Rick avrebbe per sempre fatto parte di lei, lo avrebbe amato e tenuto nel cuore ogni giorno della sua vita, mentre continuava a percorrere la sua strada. Sarebbe andata avanti, nonostante tutto, lo doveva a se stessa, a suo padre, a Javier e a tutte le persone che le volevano bene. Lo doveva a Castle.
Erano trascorse due settimane da quando Esposito le aveva chiesto di andare a vivere insieme, durante le quali mille dubbi l'avevano tormentata, ma ora sapeva che cosa doveva fare. Avrebbe accolto il nuovo futuro che le si offriva davanti.



 
Sono gocce di memoria
queste lacrime nuove
siamo anime in una storia
incancellabile

Siamo indivisibili
siamo uguali e fragili
e siamo già così lontani

Siamo gocce di un passato
che non può più tornare
questo tempo ci ha tradito
è inafferrabile

Le promesse sono infrante
come pioggia su di noi
le parole sono stanche
so che tu mi ascolterai
aspettiamo un altro viaggio
un destino, una verità
e dimmi come posso fare
per raggiungerti adesso



(Giorgia - “Gocce di memoria”)





Penso che a questo punto la risposta che Kate darà a Espo sia facile da indovinare. Anche se sappiamo che la nostra Beckett può sempre riservarci sorprese...
Fonti certe dicono che la camera da letto di Rick al loft si trova di sotto, adiacente allo studio. Prendete il fatto che io l'abbia posizionata al piano superiore come una licenza poetica. Mi piaceva di più :)
Chi ha creduto che Castle fosse vivo alzi la mano!
Ho capito, lo credete ancora...
Non mi resta che darvi appuntamento a martedì, quando magari vi strapperò qualche sorriso :)


 
  
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