Capitolo 1
La gelosia
New York- Beckett
“«Indica
uno stato di impotenza nel rapporto sessuale!» Oh mamma, quanto ho aspettato
questo momento! Finalmente il suo ego smisurato è stato scalfito da un’altra
persona oltre me!”
“Risi sommessamente del mio
pensiero perfido. Mi sarebbe davvero piaciuto incontrare la dottoressa
Temperance Brennan, ho come la sensazione di provare una simpatia particolare
per quella donna.”
Guardai dalla parte opposta del
marciapiede e lo vidi mentre arrivava verso di me con due caffè fumanti e un
finto sorriso stampato sul volto, sicuramente sperava che non avessi visto
l’imbarazzante intervista. Ma io l’avevo vista eccome!
«Buongiorno
Beckett!»
«Buongiorno
Mobidick dei miei stivali!» vidi la sua faccia passare da un pallido color
cadavere ad un acceso rosso peperoncino.
«Ah…
allora l’hai vista?!»
«Era
impossibile non vederla, non c’era praticamente altro alla tv ieri sera. Era su
tutti i canali, anche il tg ne ha parlato, l’ha intitolata: l’umiliazione in
diretta internazionale del famoso Richard Castle!»
Se
possibile lo vidi trasalire, come se alle mie spalle ci fosse uno zombie.
«Ok,
scusa devo andare a sotterrarmi e non ho intenzione di uscire prima di
cinquant’anni, quindi non mi chiamare!»
«Oh
andiamo Castle, potresti stringere amicizia con quella donna!» «Veramente l’ho
già fatto, è una donna veramente stupefacente, ma l’umiliazione l’ho subita lo
stesso. Il mio ego ne ha risentito fortemente.» Io mi morsi il labbro cercando
di nascondere un sorriso divertito, ma non credo di esserci riuscita molto
bene, perché lo vidi mettere il muso come un bambino a cui hanno detto che non
può averla vinta.
Il mio
telefono suonò come una furia e mi affrettai a rispondere «Beckett!»
Annuii ascoltando le
informazione fornitemi dal mio capitano sul nuovo caso e poi chiusi la
telefonata. «C’è stato uno strano omicidio in un vicolo della 146th strada...»
«Strano? Nel Bronx? Si prospetta un caso interessante!» alzai gli occhi al
cielo «Quanto sei infantile Castle!» salii in macchina e tentai invano di
zittire le sue domande per tutto il tragitto.
Arrivammo sulla scena del
crimine e trovammo Lanie con una faccia interdetta. Chiesi le solite
informazioni, ma lei rispose leggermente scocciata: «Tesoro, io non faccio le
magie.» Le domandai il motivo di quel tono e lei per tutta risposta si spostò,
permettendomi di vedere quello che una volta sarebbe dovuto essere un essere
umano. Infatti tutto ciò che era rimasto della vittima era un mucchietto di
ossa sporche e ammaccate. «Potresti comunque riuscire ad identificare la
vittima?» le chiesi speranzosa «Posso provare a lavorarci, ma non ti prometto
niente.»
Dopo svariate ore passate alla
lavagna nella vana speranza di trovare qualche prova sull’identità della
vittima o attendendo una miracolosa telefonata di Lanie, che mi informava di
aver scoperto anche il più piccolo indizio sulle ossa, sentimmo il capitano
Gates chiamarci a raccolta per darci la notizia che non essendo Lanie in grado
di identificare la vittima a causa delle condizioni dei resti, ci trovavamo
costretti a rivolgerci ad un’esperta: la dottoressa Temperance Brennan.
«Oh, Castle, la tua
umiliatrice?» proruppe Esposito, trattenendo inutilmente le risate. «Ah, allora
l’hai vista anche tu?» domandò Castle tornando ad un colorito poco naturale.
«Veramente, l’abbiamo vista anche io e Jenny, e abbiamo fatto fatica a rimanere
sul divano.» Con un colorito sempre più pallido, aggravato dalle parole che
pronunciò subito dopo la Gates: «A quale intervista vi riferite?» Esposito
afferrò il telefono e le si avvicinò «Ecco, guardi!». Provai strane emozioni,
sentendo il nome della dottoressa Brennan, non sapendo neanche il perché, uscii
dall’ufficio sbattendo la porta, dirigendomi verso il bagno. Sicuramente avevo
attirato l’attenzione di tutti, ma non importava, il sentimento che provavo era
talmente forte che prepotentemente aveva scatenato in me quella reazione.
Chiusa dentro il bagno sentii la voce di Castle che al di là della porta,
chiamava il mio nome, e il suono della sua voce mi riempiva la testa. Solo a
quel punto mi resi conto che stavo piangendo; ero gelosa.
Washington DC- Booth
Mi presentai alla porta di
Bones con le buste del ristorante cinese. Bussai con forza alla porta, e
aspettai con impazienza che si aprisse. Sentendo il rumore della catenella mi
preparai a farle la ramanzina per il suo comportamento al Meeting, ma rimasi
scioccato dal trovarla in biancheria intima. La guardai in tutto il suo
splendore, ma poi tornai in me, e mi voltai «BONES! Ma cosa...?! Perché hai
aperto la porta se eri in biancheria intima?!» Entrai con una mano sugli occhi
e andai dritto in cucina, per posare la cena. «Non capisco perché tu ti stia
lamentando, ho guardato dallo spioncino e ho visto che eri tu… E non capisco
perché fai tanto il pudico, sei tu che sei passato a casa mia senza avvisare!»
Rimanemmo per non so neanche quanto tempo a fissarci, eravamo molto vicini e
non riuscivo a farmi uscire dalla mente ciò che aveva addosso, o meglio, ciò
che non aveva addosso. Distolsi lo sguardo da ver0 gentiluomo e voltandomi
dalla parte opposta le dissi: «Puoi andare a metterti qualcosa addosso?» la
sgridai nuovamente, ignorando il suo sbuffo.
Dopo aver preparato il tavolo,
la vidi tornare con addosso soltanto una leggera vestaglina, non mi rendeva mai
le cose semplici, non riuscivo ancora a farmi passare dalla testa l’immagine di
lei mezza nuda davanti ai miei occhi e lei si presentava con poco addosso.
Sembrava a suo agio anche così, ma io mi sentivo un po’ imbarazzato e per
scacciare qualsiasi pensiero impuro, mi feci il segno della croce. Avrei dovuto
confessarmi dopo, ne ero certo.
Iniziammo a mangiare. Mettendo
in bocca gli spaghettini di soia, m’incantai sui suoi capelli, ancora bagnati
che le accarezzavano le spalle. Decidemmo di spostarci sul divano per stare più
comodi, avrei volentieri visto un film, ma Bones non amava la tv e per questo
motivo, qualche giorno prima l’aveva data in beneficenza. Accidenti, certo
avrebbe potuto regalarla a me, insomma, era uno splendido schermo piatto da
sessantadue pollici. Mi accontentai di ascoltare un vinile nel suo vecchio
giradischi.
Mentre mangiavamo, un po’ di
salsa Wasabi le sporcò il viso e scivolò sullo scollo della vestaglina.
Istintivamente mi avvicinai e con una salvietta le sfiorai il viso, era un
gesto spontaneo il mio, non ci avevo pensato, era dettato dal cuore quel
movimento, non dalla testa. Proprio mentre le passavo la salvietta sullo scollo
e ci guardavamo negli occhi, sentimmo «Oh, oh oh oh! Forse dovevo aspettare un
altro pochino prima di entrare, chissà, magari avrei visto uno spettacolo più
hard!» disse sorridendo Angela. «Ma tu che ci fai qui? Insomma, Bones! Co… come
ha fatto ad entrare?»
«Beh mi sembra chiaro, Angela
ha le chiavi di casa. In molte culture si pensa che affidare le chiavi di casa
ad un’amica sia un gesto per dimostrare la fiducia in quella persona e poi Angela
ci teneva per la mia sicurezza!» «Scusa ma anche io ci tengo alla tua
sicurezza, perché io allora non ho le chiavi del tuo appartamento? Insomma sono
un agente dell’F.B.I. non ho forse il diritto di avere le chiavi di casa tua
per proteggerti? Mi sembra un’ingiustizia!» «Se ci tieni tanto le do anche a
te, ma non capisco perché ti offendi tanto, sono quasi sempre con te per tutto
il giorno!» Bones non capiva, io dovevo proteggerla, era quello il mio
obbiettivo, non volevo controllarla, solo… proteggerla. Tornai bruscamente alla
realtà «Eh va bene, al di là di questo, cos’era quello che ho visto quando sono
arrivata? Finalmente ti sei decisa a seguire il consiglio che ti ho dato? Brava
Tesoro, sono fiera di te!» disse compiaciuta Angela, questo, mi spaventò un
po’. «Cosa? Quale consiglio?» chiesi spaventato dalla risposta, conoscevo i
consigli di Angela. «Angela pensa che io e te dovremo fare sesso! Non capisco
da cosa hai dedotto che io stia seguendo il tuo consiglio.» rispose interdetta
Bones, era adorabile quando corrugava la fronte confusa. «Ma… Te…tesoro, quando
sono entrata vi stavate mangiando con gli occhi, un altro po’ e non so cosa
avrei visto. Ma Booth, se ti va puoi spogliarti lo stesso, non mi infastidisce
vederti nudo…»
«No… io…» «Va bene Angela, come
mai sei qui?» menomale, mi aveva salvato, in quel momento avrei voluto farle
una statua. Accidenti, mi dovrò confessare veramente. «Ah sì certo, sono venuta
per avere delle delucidazioni sulla tua intervista con Richard Castle, che cosa
era?» Ora sì che mi tornava in mente cosa dovevo dire a Bones. «Si, Bones non
puoi andare in giro a dire cose così alle persone, che credevi di fare scusa?»
«Io cercavo di seguire il
consiglio di Angela, mi ha detto di socializzare al meeting e io l’ho fatto!»
la solita Bones non capiva cosa c’era di male ad essere così diretti. «Tesoro,
ho detto di socializzare, non di smontare le persone in quel modo, tra l’altro,
Richard Castle è molto sexy, avresti dovuto farlo eccitare, non afflosciare
così… e poi è un playboy dicono che sia molto bravo con le donne» «Ok… non mi
piace quel tizio, ma gli hai fatto fare una figuraccia davanti a tutti, non mi
sorprenderebbe se volesse ucciderti, magari ora è diventato davvero impotente.»
sarei dovuto andare anche io con lei e poi quello scrittore non mi piace per
niente.
«Ma guarda che lui non se l’è
presa, anzi, siamo diventati buoni amici, abbiamo chiacchierato lì al meeting!»
«COSA? Stai scherzando? Scusa perché hai… cosa intendi con: siamo diventati buoni
amici?» va bene, adesso mi sentivo svuotato, ero… ero geloso, anzi sono sempre
stato geloso di Bones, non mi piaceva proprio per niente che avesse un rapporto
di qualsiasi genere con un altro uomo.
«Non
capisco perché sei geloso!
È solo un amico e come hai detto tu l’ho umiliato davanti
a tutti e a
differenza di tutti voi lui non mi ha sgridata, si è
congratulato per la mia
sincerità!» «Tesoro… tesoro, quella non
è sincerità, quella è brutalità!»
adesso Angela aveva ragione. «Davvero? Sono stata brutale?»
«Abbastanza
tesoro!»
«Mi dispiace, io non volevo
essere crudele… io…» iniziò a piangere e istintivamente la presi tra le braccia
per tranquillizzarla, anche Angela si avvicinò e le mise una mano sulla
schiena, per consolarla. «Mi dispiace, quindi sono crudele?» «No Temperance,
non sei crudele, è solo che molte volte non ti rendi conto che dire quello che
pensi può offendere le persone.» Non sciolse l’abbraccio per parlare con
l’amica, semplicemente parlò, aveva la fronte poggiata sul mio collo e io
potevo sentire il profumo del suo bagnoschiuma. «Va bene Tesoro io devo andare,
finite pure di mangiare tranquilli… ciao Booth» mi girai per salutarla e poi
continuai a consolare la mia partner.
Spazio autrici:
Eccoci qui con il primo
capitolo. Sono veramente contenta di questo progetto ed eccitata per ciò che ne
verrà fuori. Spero apprezzerete la nostra collaborazione e mi farebbe davvero
piacere sentire i vostri pareri. Grazie per il supporto <3 - @lulluby
Ehilà! Vi ringrazio in anticipo
per aver letto e spero che continuerete. Sono super contenta di questa
collaborazione e non vedo l’ora di vedere che ne uscirà. Vorrei sapere se è
piaciuta anche a voi, quindi recensite, non vi limitate a leggere. Per quanto
riguarda il capitolo devo dire che è stato molto interessante sviluppare il
punto di vista di Beckett e Booth, credo che la parte psicologica e le
riflessioni siano particolarmente complicati da scrivere, poiché bisogna
immedesimarsi nei personaggi, entrare nei loro panni e immaginare cosa
potrebbero provare o dire. Bene allora al prossimo capitolo. Baci <3
TemperanceBeckett 97
Data di pubblicazione
capitolo successivo: 25 novembre 2015