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Autore: piumafantasma    21/10/2015    1 recensioni
Sono sempre stata convinta che quella santa donna di mia nonna conoscesse il maggior numero di persone che un umano possa raggiungere in una vita. Peccato che i compagni di viaggio sono tali solo durante esso; i diari invece rimangono per sempre. E sono quelli la parte migliore. I diari di bordo. Vecchi, consunti, accartocciati, ingialliti ma di un valore inestimabile. Quello che non sapevo è che mia nonna ha sempre intrapreso i suoi viaggi con una logica strabiliante. Una lista. Cose da fare prima di morire. Un titolo alquanto semplice, un significato estremamente complesso.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vivi per caso.

La scuola. La routine per eccellenza. Tutti la odiano, ma infondo tutti la amano e la rimpiangono una volta finita. La scuola ha sempre rappresentato per me una sfida. Avevo creato aspettative: una ragazza in gamba, studiosa, che aveva optato per il Liceo Classico; una scelta che definirei autolesionista, ma che farei altre mille volte. È l’indirizzo più impegnativo certo, ma anche quello che alla fine ti può dare di più, sia culturalmente che umanamente. L’unico neo era senz’altro quello del dopo. Il futuro.

Uscire dal Liceo Classico voleva senz’altro dire università e questo era indubbio, ma quale? Mi ero sempre vista adatta ad una brillante carriera nelle lettere moderne, una professoressa coi fiocchi oserei dire, ma non era quello che volevo in realtà. La preferivo come scelta per il semplice motivo che era l’unica opzione che avessi mai preso in considerazione. Perché non fare beni culturali? Perché non giornalismo? Queste domande mi assillavano da mesi, ma ora improvvisamente svanivano, come se non fossero mai esistite. Non sarei mai potuta entrare in una buona università senza aver preso il diploma di quinto, ma avevo scelto e per una volta mi ero ripromessa di non tornare indietro. Il mio sarebbe stato un viaggio solo in avanti, non sarei mai passata due volte nello stesso punto, due volte nello stesso fiume. Non questa volta. Ritrattare per me era diventato quasi uno sport. Non saprei se definirmi “lunatica” possa essere esaustivo, ma sicuramente ci si avvicina molto. Più che altro amo considerarmi “meteopatica”, per cui sono felice quando c’è il sole e triste e quando piove; arrivati a questo punto credo sia una malattia. Quella mattina il sole era già alto da un pezzo e in cielo non c’era una sola nuvola.

Passai 5 ore di nullofacenza assoluta osservando quelli del 5° svuotarsi addosso bottiglie d’acqua da due litri mandando la bidella su tutte le furie. Come da tradizione ogni classe aveva fatto una maglia con una frase significativa o ironica; di solito la scelta più ovvia era quella di usare il greco. Una delle frasi infatti recitava “λαθε βιοσας” cioè “vivi nascosto” oppure “vivi per caso”, un motto epicureo. Avrei fatto esattamente questo, avrei vissuto per caso, alla giornata. Sarei stata ospite di qualsiasi persona fosse disponibile ad ospitarmi, mi sarei accontentata di qualsiasi cosa.

Al suono della campanella l’euforia fu generale. Dopo essermi risvegliata dal mio letargo ad occhi aperti, mi indirizzai verso l’uscita, cosciente che non avrei forse più varcato quella soglia per cui alla sensazione di estrema libertà si aggiunse una nota di malinconia.
Mi indirizzai immediatamente verso casa della nonna che si trovava proprio sopra la stazione. Era quasi curioso come avesse mantenuto la costante del viaggio anche dopo essersi sposata. La casa sapeva ancora di lei. Tutto in salotto era stato lasciato così come era stato disposto da lei stessa prima del trasferimento in ospedale. Il cellofan sulle poltrone, il telecomando sul tavolo, la bottiglia di coca-cola pronta nel frigo nel caso una delle sue nipoti capitasse all’improvviso. Tutto aveva ancora il suo profumo. Sapevo perfettamente dove teneva la sua valigia preferita, così come sapevo perfettamente che in quel momento mi stava osservando; cosa avrebbe pensato della mia scelta? Mi avrebbe appoggiato?

Aprii la valigia per riempirla di tutto quello che fin ad un momento prima era rimasto stipato all’interno del mio zaino. Poi lo vidi. Un biglietto. Quel pezzo di carta fu la prova che la nonna lo sapeva già da tempo che sarei partita. Più di una volta mi aveva detto che in me ritrovava quella curiosità che aveva segnato la sua vita. Il biglietto non conteneva chissà quale frase elaborata o sdolcinata, non sarebbe stato da lei. C’erano solo sei parole a inizio foglio. “Cose da fare prima di morire”. Ora toccava a me compilare la lista. 
  
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