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Autore: thesoulofthewind    22/10/2015    0 recensioni
"Cara Mamma
non l'avrei mai potuto immaginare, ma sono dannatamente felice. Sto bene. Le mie spalle si stanno raddrizzando, il peso che portano sta svanendo. Hai presente la sensazione di appartenere a qualcuno, Mà? La provo. Ogni giorno. Guardando il suo viso, con la colonna sonora delle sue risate. Gli appartengo, e lui a me. Sento che sto bene, ora. non scappo più. E paradossalmente, il primo ricordo che ho di tutto questo sono le sue parole:
-quando tutto questo sarà finito, mi odierai molto più di quanto fai ora, Jude.-
Cazzate."
Il percorso di una vita, parallela a molte altre, che si evolve nel noioso scenario dell'adolescenza. Di casini, menti stressate, fratellastri maledettamente stronzi e sigarette. Di parcheggi desolati, genitori pessimi e sorelle incapaci di farsi amare. Di letti troppo stretti e odore di freddo, pioggia e fumo.
Di adolescenti sballati dai loro casini, tutto trascritto nella mente di Jude, il ragazzo più incasinato di tutti.
Mia prima storia originale con una coppia yaoi, anche se saranno presenti anche coppie etero.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ikigai(Giapponese): Il motivo per cui ci svegliamo la mattina, lo scopo della nostra esistenza.
 

 
Parte 7.
 
Cara Mamma, la mia vita sta prendendo una piega inaspettata. Non so come spiegartelo, forse sarebbe meglio non lo faccia. So solo che, in questo momento, credo di essere felice. Lo scorso mese sono andato a visitare i genitori di Sean, e poi il tempo mi è scivolato dalle mani. Avevo te nella mia testa, ma non sapevo ne come spiegarti ciò che sta succedendo ne come mi sento. Ora credo, comunque. immagino che l’aggettivo felice sia soddisfacente. Sai chi è Aidan. Per certi versi sai come è fatto, no? Scontroso, altezzoso, arrogante… una serie infinita di pecche, che però non c’è bisogno di sistemare. Comunque sia, è da un po’ che il nostro strano rapporto va avanti. I nostri corpi si amano in silenzio, e noi siamo estraniati da tutto. Almeno credo. Fino ad un mese fa avrei pensato questo. Adesso, se prima i nostri momenti mi piacevano, mi fanno letteralmente venir da vomitare. Solo pensarci, mi sale l’amaro in bocca. Il fatto è che io ci sono, li, con il suo corpo, capisci? Lui non lo so. Sembra esserci, davvero. Ma poi i suoi occhi e le sue parole, e i suoi gesti sgretolano questa parvenza. C’è, non c’è. certi momenti mi sento un necrofilo. Certe volte lo fa quasi meccanicamente, come se stesse facendo benzina a se stesso. Non può non farlo, se non va avanti, ma non significa che gli piaccia. Aspetta che il serbatoio sia pieno e paga, e riparte. Altre volte ha il serbatoio pieno, ma fa benzina comunque. e odio anche me stesso, oltre alla situazione. Io ormai ci sono dentro, credo. Ci sono dentro da quando ho deciso di rimanere qui, da quando mi sono lasciato toccare per la seconda volta. Non lo amo. È più una questione di priorità, è essenziale. Non posso immaginare una sola settimana senza il suo corpo caldo accanto al mio, ora come ora. Non posso farci nulla. Eppure sono felice, non so perché, ma di quelle felicità che ti pompano lo stomaco e il cuore, e che non ti fanno dormire,  che fa quasi male tanto è potente, e si placa solo al suo contatto. Non è amore, questo lo so. È essenzialismo.
Non so quale dei due sia più forte, comunque.
Aspettandoti, Jude.
 
 
 
 
-a che ora finisci oggi?-
La mia voce è un miagolio, mentre sono sotterrato dalle coperte. C’è così freddo di mattina, ormai. Lui è di schiena, si sta mettendo un maglione.
-non lo so. Gli orari sono abbastanza sballati. Perché?-
-scuola finisce prima, magari potevo passare a salutarti. Vado in centro con Denis. –
Lui liquida il discorso con un  gesto della mano. –come ti pare.- poi apre la porta.
So già cosa farà. Si laverà, si vestirà e andrà a lavoro. Un lavoro neanche tanto bello, tra l’altro. Fa il bar man, lui che odia l’alcol. Lo so perché me l’ha detto lui. un lavoro temporaneo, tanto per racimolare soldi in più per il nuovo appartamento. Non voglio se ne vada. So che sperare che mi porti con lui è un pensiero totalmente irrazionale. In più, l’ha detto anche lui, che vuole andarsene. Andarsene quanto lontano? Non mi ha mai risposto. Smette di guardarmi e si chiude la porta alle spalle.
 
 
 
 
 
-non posso credere che già s’avvicinano le vacanze di natale!- Ed sta sorridendo come un ebete, a braccetto con Samuel. Sono tutti eccitati per il natale. Lo sono anche io, già. Sarà il mio primo natale con i Groove! Denis sembra un po’ strano, ultimamente. Ieri, prima che Aidan arrivasse e mi raggiungesse a letto, ci siamo parlati al telefono. Suo padre ha parlato con suo zio, finalmente. Hanno discusso, a lungo, da quel che ha capito. È incredibile come le persone pensino che attraverso i muri non si senta nulla. Il punto è che suo padre ha deciso di mollare sua madre, il che è comprensibile, ma non per Denis. Non fraintendete: lui vuole questo divorzio, recare dolore in silenzio è una delle cose che più odia, e questa situazione lo fa. Il fatto è che suo padre, almeno da quel che Denis ha intuito dalla discussione, intende tenere allo scuro di questo sia lui che Mia. Non è arrabbiato, lo è stato, ma non lo è. solo non capisce, non vuole che i suoi debbano continuare a fingere, senza vivere liberamente la propria vita, o farsene una nuova. Si sente di peso, in mezzo. Questo mi dispiace, ma lui non lo sa. Non ne abbiamo più parlato, e lui per la maggiore fa finta di niente. Okay, beh, spero che l’aumento di sigarette improvviso non lo faccia ammalare. Comunque sia, mi sta sorridendo. –non so ancora cosa regalarti, ma penso proprio tu lo sappia già!-
-ah si? Cosa?- si mette più vicino al mio orecchio, fermandomi per un braccio. –magari spiegazioni riguardanti quei succhiotti.- arrossisco di botto, sistemandomi la sciarpa. –va al diavolo- sibilo, e lo sento ridere.
-di che state parlando?- Sam alza lo sguardo dal cellulare, girandosi verso di noi. –pensavamo di andare al bar infondo alla strada! C’è sempre vuoto nel tardo pomeriggio, e Jude ama quel posto. non è vero Judy?-
Fanculo.
Fanculo fanculo.
-quale? Quello dove lavora Aidan?- Ed e Sam hanno già gli occhi a cuoricino. Non posso credere che amino così tanto quel ragazzo solo per la sua bravura a lacrosse.
-già, esattamente.- e odio anche il sorriso da Satana che ha ora Denis.
Poco dopo siamo seduti al bancone, ma di Aidan non c’è traccia.
Quando torna dal retro e mi vede, mi guarda diretto negli occhi, poi si distacca e inizia a scribacchiare qualcosa su un post-it e lo attacca alla cassa. Quando ha finito si gira verso di noi.
-hai minorenni non posso dare alcolici.-
Fa per girarsi, ma Sam , Ed e Denis lo fanno girare.
-guarda che noi abbiamo 18 anni!-
-carta di identità?-
-ci conosci, ‘Dan-
Fa schioccare la lingua tra i denti, infastidito.
-voglio dimenticare la tua brutta faccia. E non chiamarmi Dan, m’incazzo.-
Denis ridacchia, poi gli mostra la carta.
-e cosa volete, di grazia?-
-è troppo presto per qualcosa di forte. Birra?- annuiscono tutti e tre.
Aidan non aspetta neppure la mia ordinazione. Gira tre di quei bicchieri enormi e s’allunga per afferrare una bottiglia dal liquido ambrato, e la versa all’interno. Poi ne prende un quarto e li poggia malamente verso di noi.
-che ci vuoi dentro, moccioso?-
-birra?-
-non hai dei dannati diciotto anni.-
Il suo tono, come al solito, mi desta un po’, lasciandomi a indugiare così a lungo che, spazientito, afferra il boccale e lo mette sotto il lavandino, riportandomelo pieno d’acqua.
Sotto le risate dei miei amici lo guardo sparire sul retro, e poi mettersi a fare l’inventario. Non avrei mai pensato che i pantaloni da barista gli avrebbero fatto un così bel culo.
 
-ohi, J. Credo che dobbiamo andare ora. Mia madre mi uccide se torno dopo cena.-
-okay- mente Sam e Ed s’infilano la giacca, Denis si avvicina con le mani in tasca a Aidan, che sta pulendo un tavolino. Lo vedo alzare lo sguardo, scambiare con lui qualche parola, anche se non capisco quale. Poi Denis sorride e con un gesto s’allontana, dopo aver lasciato una banconota sul tavolino.
-di che stavate parlando?-
-nulla di importante. Comunque, torni con lui.-
-cosa?- sono un po’ a disagio, credo.
-l’ha detto lui, comunque. dai, ragazzi! È già abbastanza tardi!- mi fa l’occhiolino mentre esce assieme agli altri due. Irritante.
È irritante anche dover stare al bancone a girarmi i pollici per quasi un’ora, mentre il locale piano a piano si popola di gente. Quando finisce il turno, mi si avvicina, ora cambiato. Indossa un paio di jeans, il magione di stamattina e un parka.
-datti una mossa.-
Esce e io lo seguo, dietro di lui. butta il borsone col cambio nel baule, poi sale in auto accanto a me.
-ti piace il cibo dei Mcdonald? –
Okay, mentirei se dicessi che con quel tono, quella domanda mi fece ridere. Quando finii, davanti alla sua faccia seccata, risposi che si, mi piaceva, e che no, non mi avrebbe dato fastidio se ci fossimo fermati al servizio Drive-in.
Così, quando lui ordinò un hamburger e io un Happy Meal con la sorpresa dei My Little Pony, toccò a lui ridere, il che fece ridere anche a me, perché la sua risata è stupenda.
 
 
 
 
 
 
-sei davvero un moccioso allora-
Aidan indica col mento il piccolo pony rosa che ho poggiato con cura sul cruscotto, sorridendo appena.
-beh, è tenero.-
-dal colore mi sa che è femmina.-
-per me è un maschio.-
Ci fissiamo  negli occhi, poi lui scoppia a ridere. Si passa una mano tra i capelli.
-sto passando il venerdì sera con un moccioso a mangiare cibo spazzatura in auto, Dio.-
-sei proprio caduto in  basso-
-molto in basso, già.- probabilmente avrei dovuto offendermi, ma non l’ho fatto.
Buttiamo la spazzatura e risaliamo in auto, quando inizia a suonargli il cellulare. Non so chi sia, ma lui riattacca. Mi vengono dei sospetti quando nel giro di due minuti il mio cellulare inizia a far partire Unclear dei Kodaline, e la musica riempie l’abitacolo. È Rose. Vedo Aidan stringere il volante fino a far sbiancare le  nocche.
<< ..ehi? >>
<< ehi! Tesoro, dove sei?>>
<< mi sono fermato a mangiare qualcosa con un amico, ti ho scritto un messagg..>>
<< Ah! Mi ero dimenticata, scusa. Senti, non è che sai dov’è quel disgraziato di mio figlio?>>
<< chi? Ahm.. no. Non ne ho idea. Probabilmente è da qualche parte con gli amici? >>
<< non importa. Torna a casa presto, okay? >>
<< okay, ciao>>
<< ciao tesoro! >>
-le hai mentito-
Sbuffo un po’, attaccandomi al finestrino appannato.
Immagino che odi i segni sui vetri, ma mi metto comunque a farci disegnini senza senso.
-già.-
-perché?-
Ci penso su. Perché?
-sei rilassato, per una volta non sembri mestruato-
Mi sorprendo delle mie parole,  io che di solito sto zitto e succube di lui. lo fisso un attimo, come a chiedergli scusa, ma lui ha un sorrisetto strano.
-sei.. meglio. Quando tiri fuori le palle, dico.-
-meglio? Quindi mi stai dicendo che sono già un figo ma potrei essere anche meglio? Wow, quel pony fa magie.-
-cazzo centra il pony ora?-
Rido, e lui mi guarda come se fossi pazzo. probabilmente lo sono.
Comunque sia, smette di parlare. È praticamente ovvio a tutti e due che non stiamo andando a casa, ma quando noto che non riconosco più l’ambiente mi sorge una domanda. Lui sta guidando in silenzio, e la radio è accesa, magari per spezzare un po’ la tensione.
-dove andiamo?-
-non lo so.-
-come non lo sai?-
-non lo so.-
-ma almeno sai tornare?-
-non lo so.-
-ma..-
Lui inchioda l’auto nella strada isolata che ha imboccato, hai lati ci sono degli alberi, non sembra neanche la stessa città.
-senti cazzo. Non lo so, non so un cazzo. Sta zitto per una dannata volta.-
Io semplicemente lo guardo, poi lui fa un respiro profondo e gira l’auto. Comunque si, sa tornare a casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-perché non rispondi al cellulare? Dove eri?-
-a lavoro.-
-a lavoro fino a quest’ora?-
-esatto.-
-Aidan..-
-Mamma, basta. Okay? Ho quasi ventidue anni, non mi serve più il tuo permesso o altro.-
-okay ma..-
-settimana prossima mi trasferisco.-
-cosa?-
-esatto.-
-e dove andresti di grazia?-
-via, papà.-
-pensi di saperti mantenere?-
-certo, ho lavorato per un po’, e i soldi li ho. Non dovrai spendere per un cazzo.-
-Aidan!-
 
Le parole mi arrivano alle orecchie mentre tengo lo sguardo fisso sul mio piatto. Sono tornato a casa e abbiamo cenato, e dopo uno stallo generale Rose, Sean e Aidan si sono messi a parlare. È ormai tanto tempo che Aidan lavora, e ieri sera l’ho sentito parlare al telefono con un certo Dan, per l’appartamento appunto. Ma non immaginavo nulla del genere, e ora la consapevolezza che se ne andrà mi sta martellando nel petto.
Continua a martellare anche mentre salgo le scale, mentre mi rigiro nel letto. Abbiamo costruito qualcosa, io e lui, in tutto questo tempo. Con me è una persona diversa, ma con gli altri si diverte a ferire tutte le aspettative, a farsi odiare. Mi chiedo perché con me stia smettendo seppur lentamente.
 
                             1.05 a.m.
Da sconosciuto:
dormi?
A sconosciuto:
no
Da sconosciuto:
parliamo?
 
 
Mi alzo piano, sentendomi venire addosso freddo. Infilo una felpa e esco piano dalla mia stanza. La sua è appena qua accanto, e quando entro lo trovo seduto sul letto, ancora vestito.
-ehi- guarda da un’altra parte.
-ehi-
Mi siedo sul letto, in un angolino un po’ distante da lui. meglio così.
Aspetta un po’ di minuti, ma so dove vuole andare a parare.
-te l’avrei detto, comunque.-
-dove vai?-
-è.. difficile da spiegare. Ti ho già detto che voglio cambiare lavoro, no? Ho realizzato che senza preparazione non posso fare nulla. È da quasi tre settimane che ho organizzato. Non so perché non te l’ho detto. Credo.. non ne ho idea. Cazzo, non ho idea neppure del perché devo dare delle fottute spiegazioni a te! Cazzo..-
È strano. Gli tremano le mani. È una settimana che non ci tocchiamo, la voglia è tanta. Ma dopo quella volta, mi sono reso conto che i suoi ‘non lo so’ non erano riferiti alla strada. Tutt’altro. So che nasconde qualcosa da molto tempo, e sono abbastanza sveglio da sapere che, comunque sia, non posso prendermela. Il fatto che ora mi tratta come una persona meno merdosa di prima non significa un cazzo. Mi ripete che mi odia, e mi bacia, ed è incoerente, è confuso. So che se ne va. Credo di sapere che mi sta dicendo.
Quindi non sono sorpreso quando dice che s’è iscritto alla Seattle University. Non lo sono neppure quando dice che è consapevole del fatto che è molto lontano da Vancouver. Troppo, ma lo so anche io. E non mi sorprendo quando mi dice che farà lettere, che vuole almeno provarci. Che non vuole far sapere nulla hai suoi genitori, perché neppure lui sa se è una scelta giusta. L’appartamento non è altro che metà di quello di quello di chissà quale altro ragazzo, e i soldi sono tutti investiti nella retta.
-perché me lo stai dicendo?-
Lui mi fissa spaesato. Poi realizza che non lo sa neppure lui. semplicemente mi fissa, si avvicina. Mi guarda ancora un po’, gli occhi ora sembrano azzurri. La penombra della stanza mette in risalto la loro lucentezza.
-non lo so.-
-non sai mai niente.-
Le sue mani mi toccano una spalla. Sono calde, emanano un calore che mi fa rabbrividire.
-la mia incoerenza fa abbastanza schifo.-
-già.-
Mi alzo, lo guardo ancora un attimo, poi mi levo la felpa, sollevo le coperte e appoggio la testa sul suo cuscino, coprendomi.
Lui fissa ogni mio movimento, poi si leva le scarpe e i jeans, e si infila a letto anche lui. non ci sfioriamo.
È di fronte a me, e il suo respiro mi arriva alla fronte. Sento di nuovo quel tepore, suo e basta, che però mi fa rabbrividire. In questo momento, sento che se mi abbracciasse ghiaccerei all’istante. Soffocato, assiderato. Non so se lui lo capisce, ma alla fine rimane così, a distanza di sicurezza, fino alla mattina.
Non avevo mai sentito la mancanza di qualcuno che è accanto a me.
 
 
N.D.A:
bene, il finale non è gran che. Non so come dire… scusate?
Mi è uscito questo. Spero piaccia.
Ringrazio chi legge, recensisce o invia messaggi privati J
-TheSoulOfTheWind.
   
 
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