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Autore: michiyo1age    22/10/2015    2 recensioni
La sua vita era stata scandita dal lento scivolare della sabbia.
Fin da bambina le piaceva prenderne un pugno e lasciarla cadere lentamente trai buchi creati dalla dita. Lo faceva prima con curiosità, poi crescendo, con noia e poi con estrema tristezza.
Si, capitava alle volte che anche lei si sentisse triste, che il mondo non fosse razionale e da mettere in ordine e che la sua forza e grinta non potessero sopperire all’enorme buco che lasciava cadere la sabbia.
---Per un compleanno speciale---
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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La sua vita era stata scandita dal lento scivolare della sabbia.
Fin da bambina le piaceva prenderne un pugno e lasciarla cadere lentamente trai buchi creati dalla dita. Lo faceva prima con curiosità, poi crescendo, con noia e poi con estrema tristezza.
Si, capitava alle volte che anche lei si sentisse triste, che il mondo non fosse razionale e da mettere in ordine e che la sua forza e grinta non potessero sopperire all’enorme buco che lasciava cadere la sabbia.
Anche se era vissuta sempre con tanta gente intorno, anche se aveva due fratelli con cui stava stretto a contatto, la solitudine era stata la sua compagna di giochi. Era cresciuta vivendoci insieme e non si era mai posta il problema di cercare amici.
Lei non ne aveva mai avuti, vuoi perché era la figlia del Kazekage o semplicemente sorella del ragazzino instabile, vuoi perché non avesse mai avuto bisogno di avere una persona al di fuori della sua cerchia.
E poi sarebbe stato difficile con il carattere che si trovava. Era cosciente di non essere una persona semplice, che era abituata a guardare le persone dall’alto in basso e a giudicarle subito, con un’occhiata rapida, comportandosi in base al suo giudizio. Era sempre stata il metro del suo mondo e tutto ciò che la superava poteva entrare anche nella categoria di persone che non avrebbe tratto come dei cretini. In quei casi manteneva i rapporti, solo se erano suoi sottoposti e la lingua che era capace di parlare era quella degli ordini e dei rimproveri. Diciamo solamente che la parola “mediare” non era mai stata utilizzata nella sua famiglia. Se è per questo neanche “uguaglianza” e lei viveva tutto sotto la lente della gerarchia di merito.
Però nel suo piccolo mondo perfetto si stava soli perché un vero contatto di affetto poteva arrivare dai suoi fratelli che per quanto le volessero bene, non erano abituati ad abbracciarla solo perché quel giorno ne aveva bisogno, perché di regola non ne aveva bisogno, oppure a stare con lei e chiederle seriamente come stesse perché aveva bisogno di fare quattro chiacchiere, perché lei di regola non ne aveva bisogno.
Stava avendo a 23 anni un’adolescenza tardiva a suo parere e infatti le si ponevano davanti domande strane sullo stare da soli, sull’affetto reale che possono dare le persone e sull’amore. Aveva sempre visto le coppiette andare in giro per il villaggio mano nella mano che rubavano baci nei vicoli credendo di non essere visti e si era sempre domandata se un giorno anche lei avrebbe mai fatto parte di una coppia come loro. Se anche sarebbe mai stata così sdolcinata e leziosa abbarbicata al petto di un uomo neanche ne dipendesse la propria vita.
Naaah 
Quella cosa non faceva per lei. Fare la debole, la stupida non si adattava al suo stesso essere.
Quando vedeva le coppiette non era lei che osservava, ma era lui che attirava maggiormente la sua curiosa attenzione.
Guardava la ragazza come se non ci fosse null’altro all’orizzonte, come se lei stessa lo colmasse completamente e molto spesso finiva per domandarsi: “ma sarò mai guardata anch’io così?” 
“Qualcuno tenterà in un tutti modi di passare più tempo con me solo perché ne sente il bisogno”
“Riuscirò essere io abbastanza?”
Sola nel suo letto, si rigirava nei ricordi di sensazioni lontani per cercare di creare con i ritagli di una vita passata quella sensazione di essere voluta, di essere quasi anelata di essere indispensabile.
I suoi fratelli non avrebbero mai potuto darle questo perché erano un amore diverso, non era così totalizzante come lo voleva lei. Ci sarebbe sempre stato qualcosa più importante di lei, ci sarebbe stata una ragione superiore per lasciarla o metterla in secondo piano.
E le sarebbe stata sempre sola.
Aveva creduto che nulla al mondo avrebbe mai potuto farla sentire così...unica, se non per quel ragazzino scansafatiche che si lamentava sempre che aveva tenuto sott’occhio da quando aveva 15 anni.
Il ragazzino era cresciuto e lei assieme alla sua crescita aveva cominciato ad interessarsi a cosa faceva, se stava bene, se faceva le giuste scelta e mano a mano l’interesse era sfociato in amicizia, complicità, amore.
Oddio come suona patetica questa parola.
Da venire i brividi.
Non si può sostituire con riso o mela?
Almeno non le avrebbe dato la sensazione di essere caduta nel banale e nel deboluccio. Erano due aggettivi che non si accompagnavano alla sua persona.
In ogni caso si era veramente melata del ragazzino.
E anche lui di lei. 
Anche se l’aveva scoperto tardi, perché era tardo di natura, anche se aveva dovuto andarlo a riprendere ai confini del mondo e salvargli il culo per l’ennesima volta e aveva dovuto sgridarlo come un bambino.
Non poteva dire di essersela cavata egreggiamente in quel frangente perché anche se gli aveva tirato un pugno, non era riuscita a trattenere una o due lacrimucce, anche se gli aveva fatto scendere sangue dal naso, era diventata rossa quando suo fratello aveva dichiarato alla pubblica piazza che era a causa sua se erano andati a salvare il cretino.
Si era proprio rincretinita alla grande. E poi aveva dovuto fare tutto lei perché il ragazzino  sembrava esseri assorto dai suoi problemi e dalla sua vita che aveva dimenticato che c’era anche lei nell’equazione e questo non le era andato per niente a genio.
Doveva essere lei al centro del suo mondo.
E avrebbe dovuto tenerlo di più sulle spine, ma dopotutto il ragazzino le faceva davvero pena. Combattuto tra la ragione e il cuore, le aveva chiesto di uscire tutto impacciato e insicuro, così tanto che aveva pensato che lei avrebbe potuto dire di no, quando erano anni che aspettava che lui capisse.
E ora al loro primo appuntamento, non era più un ragazzino. Non era più impacciato e se non fosse stato per i primi cinque minuti di imbarazzo quando era venuta a prendere alle porte del villaggio, la giornata sarebbe sembrata un normale incontro di lavoro.
Solo che loro non erano mai stati molto normali, durante il lavoro.
E ora dopo aver mangiato insieme, passeggiato insieme, litigato perché non capiva mai un accidente e doveva sempre spiegargli tutto, stavano guardando le nuvole.
Che poi non c’erano nemmeno.
Erano distesi sul tetto di casa sua, l’uno accanto all’altra davanti al cielo che stava passando dall’arancio al legger violetto: presto sarebbe calata la notte e a nessuno dei due sembrava importare un gran che.
Non era più un ragazzino e le aveva preso la mano e a stretta tra le sue. Si era girato su un fianco.
-Temari-
Non riusciva a smettere di sorridere come un ebete, lo guardava e sorrideva. La scena le faceva tenerezza e ridere allo stesso tempo, le sembrava tutto così buffo e strano che avrebbe avuto una paralisi facciale entro breve, ne era certa.
Fissò i suoi occhi per un secondo e la paresi si sciolse come per incanto.
Vedeva dipinto il suo riflesso, ma incorniciato e abbellito da qualcosa che non era luccichi o lacrime, erano pensieri intrisi nelle sue pupille, pensieri che si univano al suo riflesso. In quegli occhi si vedeva diversa, migliore, unica.
Ed era lì.
Era quell’espressione, quella sensazione, era lì doveva aveva sempre desiderato di trovarla, ma dove si era detta che non l’avrebbe mai trovata. Per un milione di buone ragioni: dal fatto che l’amore totalizzante e perfetto fosse solo un’invenzione letteraria, dal fatto tra loro due c’era molto di più, c’erano basi più solide come la stima, il rispetto, l’alchimia…
Eppure era lì.
Per la prima volta durante quell’appuntamento si trovò lei ad essersi perduta, ad avere perso l’ago della bussola.
E Temari con le spalle al muro non era uno spettacolo concesso a molti.
Lui sorrise ironicamente quasi a volerla canzonare.
Ed era bello 
Bello
Bello
Ed era un uomo.
Ed era suo pari.
-Shikamaru- disse con un filo di voce non tremolante, ma ferma.
Lui le portò un ciuffo dietro l’orecchio e seguì con gli occhi la sua stessa mano che delineava la mandibola fino a quando gli occhi si posarono sulle labbra e inclinò il viso verso di lei.

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Auguri nera parata di dolci e pazze cretinate!
 
   
 
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