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Autore: nettie    22/10/2015    1 recensioni
Era ormai Maggio inoltrato e il vento soffiava docile carezzando i nostri volti, pettinando lento i tuoi lunghi ricci mori che incorniciavano quel viso di bianca porcellana. Era un fiore stesso quello che ornava graziosamente il tuo capo spuntando fuori dai boccoli scuri, legati in una disordinata crocchia che tanto amavo.
Ricordo tutto.
I baci, gli sguardi, i sorrisi, le mani intrecciate le une alle altre e le nottate intere passate a far l’amore sotto le stelle, sicuri che nessuno ci avrebbe mai visti e disturbati, semplicemente perché era il nostro mondo e non il loro.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Storie brevi scritte in un lasso di tempo breve. '
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{ Trentacinque primavere.

 

All’ombra di un albero eri assorta a leggere un libro, uno dei tuoi preferiti, di quelli che leggevi sempre - assiduamente. Eri una gran lettrice, e lo ricordo bene: in casa è ancora tutto lì come lo avevi lasciato, i tuoi libri numerosi giacciono nella libreria, ognuno coperto da un sottile strato di polvere che sta a rappresentare il tempo passato dalla tua andata.

Lo ricordo, quel pomeriggio di troppi anni fa. Se respiro un po’ più a fondo riesco a sentire ancora l’odore fresco dell’erba appena tagliata e l’intenso profumo dei fiori nascenti, erano un po’ ovunque, ma il fiore più bello eri solo tu. Si stava bene, a quei tempi. Eravamo così giovani e la nostra unica preoccupazione era amarci il più possibile nel miglior modo, fino a quando non ne avremo avuto abbastanza. Io ero lì a pochi metri da te: un fiore nella mano destra, il cuore ben stretto nella sinistra.

Era ormai Maggio inoltrato e il vento soffiava docile carezzando i nostri volti, pettinando lento i tuoi lunghi ricci mori che incorniciavano quel viso di bianca porcellana. Era un fiore stesso quello che ornava graziosamente il tuo capo spuntando fuori dai boccoli scuri, legati in una disordinata crocchia che tanto amavo.

Due occhi grandi da cerbiatta, scuri e profondi, scorrevano con tranquillità sulle pagine del libro, su ogni riga formata da inchiostro e parole colme, traboccanti d’amore. Io ti osservavo dall’ombra dell’albero vicino, nient’altro che te nei miei pensieri. Era a dir poco romantico, ero a di poco romantico.

Il tuo vestito color girasole ormai spiegazzato qui e lì metteva in evidenza le tue belle forme che tanto bramai per tempo e che poi riuscii ad ottenere come fossero il più bello dei regali.

Le amai per così tanto tempo che ormai ho perso il conto degli anni, ma di certo non sono paragonabili agli anni nei quali amai te, e lo feci con tutto il cuore, impiegando ogni mia singola energia per renderti contenta.

E me la voglio ricordare così quella giornata di Maggio piena di sole, dove ai tempi sembravamo esistere solo noi due.

Ricordo tutto come fosse ieri, nonostante siano passati anni interi da quando ho potuto stringerti l’ultima volta.

Ricordo tutto.

I baci, gli sguardi, i sorrisi, le mani intrecciate le une alle altre e le nottate intere passate a far l’amore sotto le stelle, sicuri che nessuno ci avrebbe mai visti e disturbati, semplicemente perché era il nostro mondo e non il loro.  

Più gli anni spirano via dal mio corpo, più penso che per te trentacinque primavere siano state decisamente troppo poche. Te ne meritavi altrettante, meritavi veder i fiori sbocciare ancora e ancora per tanto altro tempo, quello che il Dio in cui non ho mai creduto non ti ha concesso.

Ricordo ancora la luce nei tuoi occhi ogni singola volta che ne vedevi uno, ti illuminavi tutta come un raggio di sole e per me era la più grande delle gioie vederti così sorridente, così maledettamente serena. Dopo un quarto d’ora passato sotto quell’albero in fiore decidetti di voltarti ed alzare il tuo bel visino di porcellana, i tuoi occhi color nocciola chiaro incrociarono i miei e sentii il cuore mancare un battito nel petto.

Mi ripeto ancora che con te avrei voluto passare molto più tempo, avrei voluto vivere molte altre esperienze per poi tornare a far l’amore sotto quel cielo stellato nella nostra cinquantesima primavera. E mi manchi ogni giorno come l’aria, mi manchi come mai nessuno mi è mai mancato.  

Trentacinque primavere sono troppo poche.
   
 
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