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Autore: LindaFrizer    23/10/2015    0 recensioni
Da quando il re era stato assassinato le cose sembravano andare di male in peggio a Skyfall. Il panico aveva preso il sopravvento sui cittadini e più della metà del regno era finita in carcere senza possibilità di uscita. L’unico modo per porre rimedio a tutto questo era ritrovare la corona perduta e riconquistare il trono. Violet, una delle tante serve del palazzo, sembra essere l'unica a saper leggere gli indizi lasciati dal re, ma decifrarli porterà delle conseguenze.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Triangolo
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PROLOGO
 
L’aria era così fetida che a malapena si riusciva a respirare.
Il bagliore della lampada in mano alla guardia era l’unica luce all’interno di quella putrida e buia prigione.
James osservava le celle mal ridotte e si chiedeva come potessero essere giunti fino a quel punto. Le persone al suo interno sembravano essere più morte che vive, vedere in quello stato le persone che fino a poco tempo prima erano assistenti di suo padre gli fece salire un terribile nodo alla gola: non voleva credere che tra loro si potesse nascondere l’assassino della persona a cui teneva di più.
 
La guardia si fermò di colpo e rischiò di andargli a sbattere contro.
«Carter, è libera di andare!» Sbraitò inserendo la grossa chiave all’interno della serratura.
Una ragazza uscì titubante dall’oscurità, sapeva che andarsene dalla cella non era mai un privilegio, ma non obbedire agli ordini le avrebbe causato ancora più problemi di quelli che già aveva.
James ebbe un colpo al cuore nel vederla conciata in quello stato: il volto deperito, i capelli neri completamente spettinati, i suoi bellissimi occhi blu sembravano aver perso la brillantezza di un tempo, i vestiti sembravano esserle stati strappati di dosso e la sua pelle, una volta candida, era ricoperta da uno strato di polvere mista a terriccio.
La guardia la afferrò per un braccio e la trascinò con forza fuori dalla cella.
James non poteva credere ai suoi occhi. Non si spiegava come lei potesse essere finita in quel posto e nemmeno il fatto che sembrava aver perso ogni volontà di reagire: la Violet che conosceva non si sarebbe mai lasciata trattare in quel modo.
 
Una volta giunti all’ingresso, l’uomo la liberò dalle catene che la tenevano imprigionata impedendole di scappare.  «È tutta tua.» Le diede l’ennesima spinta, questa volta in direzione di James. «Le regole le conosci.»
James annuì, cercando di mantenere la calma: non le piaceva il modo in cui la stavano trattando.
Prese la mano di Violet e l’accompagnò fuori da quel postaccio.
Una limousine nera li stava aspettando per condurli alla loro destinazione, anche se avrebbe preferito di gran lunga riportarla a casa, ma le regole non lo consentivano.
Violet entrò nell’auto e senza dire una parola si mise a fissare il vuoto.
James stentava a riconoscerla: la ragazza che ricordava lo avrebbe tempestato di domande fino a quando lui non avesse ceduto e rivelato la meta.
Sospirò.
Quei mesi in prigione l’avevano cambiata e lui avrebbe preferito saperlo prima per poter sistemare le cose, anche se da quando era morto suo padre, il re, le cose sembravano andare di male in peggio. Il panico aveva preso il sopravvento sui cittadini e più della metà del regno era finita in carcere senza possibilità di uscita. L’unico modo per porre rimedio a tutto questo era ritrovare la corona perduta e riconquistare il trono.
Sospirò nuovamente. “Dannate leggi di Skyfall!” Pensò tra sé e sé.
 
La macchina si fermò e un brivido percosse la schiena di Violet.
James avrebbe voluto dire qualcosa per tranquillizzarla, ma era come se le parole gli si fossero bloccate nella gola.
Si limitò a scendere dalla macchina e ad accompagnarla nella stanza dell’albergo che aveva prenotato.
La ragazza entrò senza dire una parola, era palese che fosse turbata da qualcosa. Probabilmente perché lui era l’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovarsi difronte.
James prese i vestiti puliti appoggiati sul letto e glieli porse. «Il bagno è da quella parte.» Indicò una porta dalla parte opposta della stanza.
Violet annuì e si avviò senza dire una parola.
Una volta che sentì la porta del bagno chiudersi James si lasciò scivolare sulla poltrona. Non sapeva come comportarsi con lei. Non sapeva come tirarla fuori per sempre da quella prigione. Non era nemmeno certo che lei volesse il suo aiuto.
 
La porta del bagno si aprì lentamente e ne uscì una ragazza che sembrava un’altra rispetto a quella che era entrata poco prima.
I lunghi e bagnati capelli neri erano legati in una treccia che le arrivava fino a metà schiena, le macchie di sporco sul corpo erano scomparse e ora la sua pelle chiara faceva risaltare ancora di più quei grandi occhi blu.
James si sentì mancare il fiato: era la creatura più bella che avesse mai visto.
Violet con la grazia di un felino si sedette sul letto e fissò il ragazzo come se fosse arrabbiata con lui.
«Cos’è successo?» Le domandò sedendosi in fianco a lei.
«Avresti dovuto far uscire Jennifer.» Rispose con un filo di voce.
«È amica di Andrew, non mia.»
«Non ha importanza.» Si alzò di scatto dal letto. «Avreste dovuto far uscire lei, non me.» Cercò di allontanarsi dal letto ma il ragazzo la bloccò.
«Non sono d’accordo.»
«È malata, James.»
«Nemmeno tu mi sembri messa così bene.»
«Sto bene.»
Il ragazzo la guardò dritto negli occhi, sapeva che non era vero.
«Hai fame?»
La ragazza scosse la testa: mentiva, stava letteralmente morendo di fame, ma non lo avrebbe mai ammesso.
James ignorò la risposta e compose il numero del servizio in camera e ordinò la cena.
 
La cena fu consumata in silenzio, entrambi si sentivano in imbarazzo e nessuno dei due sapeva bene cosa dire, anche se forse di cose da raccontare ce n’erano tante: ad esempio come Violet fosse finita in prigione o il vero motivo per cui James si era dato tanto da fare per offrirle una notte, anche se sperava in più tempo, di libertà.
La verità è che nemmeno Violet sapeva perché fosse finita in quel posto: le guardie l’avevano svegliata nel cuore della notte e trascinata con la forza dentro quella buia cella senza fornirle alcuna spiegazione.
E James non aveva certo il coraggio di rivelarle i suoi veri sentimenti, soprattutto visto che era a conoscenza di quello che lei provava per il fratello.
«Sei sicura di stare bene?»
La ragazza annuì: stava mentendo di nuovo. Non si sentiva affatto bene, ma non voleva ulteriori attenzioni da parte del ragazzo: la infastidiva dimostrarsi debole agli occhi degli altri.
James la conosceva troppo bene, sapeva che non l’avrebbe mai ammesso così si alzò da tavola e le posò una mano sulla fronte: era decisamente troppo calda. «Credo che dovresti metterti a letto.»
«Sto bene, James.»
«Non è vero.» La prese in braccio e la posò sul letto. «Hai bisogno di riposare.»
«Sto bene.» Fece per alzarsi, ma il ragazzo la bloccò.
«Solo una notte, Violet. Domani potrai tornare a fare la dura nella tua cella.»
«Una notte soltanto.» Sbadigliò infilandosi sotto le coperte.
James annuì e andando a sedersi sulla poltrona vicino al letto spense le luci.
 
Il buio regnava silente nella stanza, dalla finestra proveniva un leggero bagliore della luna che gli permetteva di vederla dormire.
Istintivamente si alzò dalla poltrona e si avvicinò a lei, delicatamente le scostò i capelli dalla guancia: non era mai stato così tentato di baciarla come in quel momento.
Era innamorato di lei da sempre, ma non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi: eppure con le altre ragazze era così spavaldo, perché non riusciva a dirle ciò che provava?
Si allontanò da lei prima che la tentazione diventasse troppo forte.
Si sedette nuovamente su quella scomoda poltrona, sapeva già che non sarebbe riuscito a dormire, ma decise comunque di chiudere gli occhi, forse non vedendola quell’impulso di baciarla sarebbe scomparso.
 
Violet aprì lentamente gli occhi, in fondo non le era dispiaciuto aver dormito in quel morbido letto per una volta: ma questo a James non l’avrebbe mai detto.
Si stiracchiò come un gatto e si alzò dal letto cercando di fare il minor rumore possibile, non voleva svegliare James che stava dormendo profondamente sulla poltrona, o almeno così le sembrava.
Gli passò davanti camminando sulle punte dei piedi.
Con un rapido movimento delle braccia la trascinò verso di sé e la baciò.
Violet lo allontanò di scatto. «Lo sapevo che dietro a tutto questo c’era sotto qualcosa!»
«No, io… cioè…» Blaterò in preda all’imbarazzo. «Mi dispiace.»
«Se volevi solo portarmi a letto potevi anche evitare tutte quelle cortesie!»
«Io non voglio portarti a letto. Ho sbagliato a baciarti.» Avrebbe voluto sprofondare in un abisso.
«Decisamente.»
«Non succederà più.»
La ragazza non rispose e andò a chiudersi a chiave nel bagno.
 
Come gli era venuto in mente di baciarla così?
Lo sapeva benissimo come Violet avrebbe reagito, avrebbe dovuto frenarli i suoi istinti anche se era veramente difficile.
Probabilmente era solo l’euforia del momento: era riuscito a farla scagionare, nonostante avesse dovuto pagare un prezzo molto alto, ma per lei avrebbe fatto qualunque cosa.
La guardò uscire dal bagno, tornarsene nel letto e non aveva la minima idea di come dirle che erano tre giorni che dormiva senza sosta.
  
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