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Autore: CyanideLovers    24/10/2015    6 recensioni
Salve gente! Ebbene si, sono tornata con una nuova, serissima, storia.
Dal testo:
Lei era sulla porta: Un piede sulla terra, con Tom, e uno nel mondo delle ombre con Julian. Il ragazzo dai capelli argentei la strinse per un momento a se. Per un momento pensò che l'avrebbe baciata con uno dei suoi meravigliosi e letali baci ricchi di passione, o sconvolgenti e pieni di sentimento come quello che si erano scambiati nella caverna. Ma lui non fece nulla. Appoggiò la bocca sulla sua fronte, nel più casto dei baci, per poi spingerla via con violenza. Jenny sentì mancare l'aria per la sorpresa. Guardò verso la porta: Julian le lanciò ancora uno sguardo per poi chiudersi la porta alle spalle.
Rimase immobile per un secondo, senza avere il coraggio di muoversi.
Si avete capito benissimo! Qui Julian alla fine de ''L'ultima mossa'' non muore....e mi sono chiesta allora, e se Julian riuscisse a catturare Jenny e a portarla con se nel mondo delle ombre?
Spero che la storia sia di vostro gradimento, fatemi sapere che ne pensate :)
Much love♥
PS: Ho messo il raiting arancione, onestamente non so se potrebbe cambiare, ma non credo.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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fear3
Le premier bonheur du jour
C'est un ruban de soleil
Qui s'enroule sur ta main
Et caresse mon épaule
 
C'est le souffle de la mer
Et la plage qui attend
C'est l'oiseau qui a chanté
Sur la branche du figuier
Le premier bonheur du jour- Francoise Hardy
 

-Jenny, Jenny.-
Una voce, calda come le acque dell'oceano più bello che la tua mente possa immaginare, pericolosa come uno squalo che si nasconde tra i flutti.

Tutto il contrario di tutto.
Una lama d'acciaio ricoperta di velluto nero, la morbida pelliccia di un lupo di montagna. Bellissimo e pericoloso.
Ecco cos'era la voce dell'uomo dietro la porta.
Bella e spaventosa, soave e tagliente.
Dalla notte dell'aggressione non aveva ancora avuto il coraggio di rivolgerli la parola, o comunque di uscire dalla sua stanza. Una parte di lei si rifiutava di credere a quello che era successo, non faceva che pensare che, forse, non era stato altro che un brutto sogno, che Julian, nonostante le apparenze, non le avrebbe mai fatto del male.
Ma Julian era un uomo ombra. Non era forse nella sua natura ferire e fare del male, essere crudele oltre ogni misura?
-Jenny, sono due giorni che non esci dalla stanza, che non mi parli.- Quella voce, quella voce che poteva essere suadente, sarcastica, crudele, manipolatrice, ammaliante, melodiosa, ironica, quella voce, questa volta, trasmetteva solo tristezza.
Eccolo, pensò, ecco il lato lunare di Julian.
 Era un uomo ombra, ma in quel momento sembrava solo un ragazzo preoccupato per lei. Dopo tutto quel tempo passato insieme, ancora si chiedeva come potesse cambiare umore fino a quel punto. Come poteva essere stato così crudele con lei e, dopo un giorno, cercarla con così tanta pena nella voce, bussando dolcemente, con un tono tanto preoccupato?
-Perché non mi parli? Non puoi essere ancora arrabbiata!-
Più il tono si faceva insistente, più lei si sentiva confusa. Erano giorni che non dormiva bene, e poi l'aveva aggredita e adesso Julian non faceva altro che bussare alla sua porta. Quelle ultime parole, poi, la fecero infuriare ancora di più. Come poteva pretendere che non si fosse arrabbiata per un comportamento simile?
-Vattene via!- Urlò esasperata.
Poteva immaginarlo, dietro la porta immobile, aspettandosi di vederla cedere un'altra volta. Per un momento le tornarono in mente tutte quelle favole dove il lupo inganna gli ingenui agnellini, mettendo una zampa nella farina, parlando con voce dolce, mostrandosi innocente, li faceva sempre cadere nella sua crudele trappola.
Ma questa volta non sarebbe stata gentile, non sarebbe stata debole.
-D’accordo, ti lascio sola.- Avvertì un leggero rumore, come di piatti che tintinnavano, mentre lui si avvicinava ancora una volta alla porta. -Ti lascio qui il pranzo, mangia per favore.-
 
Seppur contro voglia, aveva un corpo umano, quindi dovette cedere e mangiare quello che aveva preparato per lei. Mentre sgranocchiava qualche grissino, ripensò alla sua reazione quando gli aveva urlato di andarsene. Era convinta che, solo qualche settimana prima, avrebbero litigato per giorni, e avrebbe dovuto sopportare Julian parlarle con sarcasmo. Invece era stato premuroso, e le aveva addirittura preparato da mangiare. Avrebbe voluto parlargli, capire il perché quella notte l'aveva aggredita a quel modo, ma ancora non ce la faceva. Aveva solo l'impressione che ci fosse qualcosa di davvero strano nel suo comportamento. Qualcosa di innaturale.
Certo, Julian aveva mostrato un sacco di volte il suo lato da uomo ombra, ma non si era mai spinto più in la di un limite che lui stesso si era creato. Per quanto la minacciasse, non aveva mai cercato di ucciderla o ferirla. Persino con i suoi amici era stato attento a non ferirli in modo troppo grave, neanche quando ne aveva avuto la possibilità. Persino con Summer, quando le aveva fatto credere di averla uccisa, in realtà non aveva fatto altro che addormentarla per tutto il tempo, senza torcerle un capello e prendendosi cura di lei.
-Jenny- i suoi pensieri si interruppero quando sentì, di nuovo, la voce di Julian. -Posso parlarti, per favore?-
Sembrava troppo in pena, per quanto fosse arrabbiata non riusciva a lasciarlo fuori da quella stanza. Si alzò, premette con l'orecchio contro la porta, indecisa su cosa fare.
-Perdonami, non volevo ferirti, so di essere difficile. Ma tu sei la prima persona che abbia mai amato e sei l'ultima persona che vorrei ferire.-
Jenny guardò la porta, sconvolta da una tale ammissione. Julian aveva detto più di una volta che l'amava, ma mai con quel tono. Non si era mai scusato in quel modo, come un bambino che ammette di aver rotto qualcosa.
-Julian.- si stupì della fermezza della sua voce mentre dentro di se ancora tremava. -Sono ancora arrabbiata, mi hai spaventata molto. Ma sento che adesso non vuoi farmi del male, per questo ti sto parlando. Però…ho bisogno di stare un po' da sola.- Non riuscì a fermarsi, avrebbe preferito tacere -Io non mi fido di te. Non conosco quasi nulla di te, mentre tu conosci tutta la mia vita. Non credo che riuscirò mai a capirti, non credo che riuscirò mai a sopportare i tuoi continui sbalzi d'umore. Mi hai rapita il giorno del mio matrimonio, senza pensare alle conseguenze. Mi mancano i miei amici, mi manca il mare, il sole, il cielo azzurro e la colpa è tua.-
Si morse la lingua, erano tutte cose che pensava, ma non avrebbe voluto dirle con quel tono così rabbioso.
-D'accordo. Ti lascio da sola.- Non aveva risposto subito, come se modulasse le sue parole, cercando di non dire niente di sbagliato.
-Ma ho preparato la cena, e sarei felice se cenassi con me alle nove.- Fece una pausa, indeciso se aggiungere o meno quello che stava pensando -Questo non è un ordine, è solo un invito a cena, sei libera di rifiutare se non volessi venire.-
 
Jenny aveva pensato per tutto il pomeriggio se accettare o meno l'invito a cena. Una parte di lei, non faceva altro che cercare la voce dell'uomo ombra. Una parte di lei desiderava la sua compagnia più di qualsiasi altra cosa, un'altra ancora lo temeva. Ma alla fine decise di dargli un'altra possibilità.
Quando arrivò in sala, Julian non la stava guardando. Sembrava più interessato a guardare fuori dalla grande finestra, dove la luna si stagliava grande e silenziosa. Si voltò appena: come la luna, metà del volto in ombra e metà illuminato.
-Sei venuta.- Non era una domanda, solo una costatazione, ma era evidente che il suo volto si era disteso.
Jenny annuì; Guardò la tavola imbandita di ogni ben di dio, elegantissima. Al centro, i due grossi candelabri d'argento erano l'unica fonte di luce nella stanza.
Anche Julian era elegante quella sera: Indossava una camicia bianca, giacca grigio scuro e jeans neri stretti. La cravatta, annodata con cura e i capelli pettinati all'indietro, con solo qualche ciuffo ribelle che gli ricadevano sulla fronte, gli davano un'aria particolarmente seria e aristocratica.
-Siediti, ti prego- disse mentre si sedeva anche lui, dal lato opposto del tavolo. Iniziarono a mangiare in silenzio, senza guardarsi negli occhi. Jenny alzò un po' lo sguardo, scoprendo Julian che la fissava, le braccia incrociata, l'espressione seria.
-Non mi piacciono le serate così.-  Non c'era sarcasmo nella sua voce, nessuna espressione beffarda. -Preferisco le sere dove la luna è calante, si vedono di più le stelle. E' più romantico.- Jenny lo guardò sorpresa ma lui la ignorò e continuò.
-Poiché sono figlio della notte, amo le notti stellate- La fissò per qualche istante, come se aspettasse che assorbisse quelle notizie. -Tanti pensano che, essendo noi degli uomini ombra che vivono nell'oscurità, odiamo la luce. In realtà la amiamo molto.-
-Julian, ma cosa…?-
-Perché un'ombra non può esistere senza la luce. Un'ombra, se c'è solo oscurità, smette di esistere.- Si fece più avanti con il busto, come a volerle rivelare un segreto -Il contrario è lo stesso. Solo luce uccide l'ombra.- Le sue pupille blu riflettevano la luna. Questo, pensò Jenny, lo aveva sempre saputo, bianco e nero, era così che si era sempre descritto.
-Io amo sia l'oscurità che la luce, perché è questo che sono io. Non esiste niente nell'universo che possa rappresentarmi meglio. Tuttavia, sono sempre stato affascinato dai colori della terra, non ho mai visto da nessun'altra parte qualcosa di così vivo e luminoso.-
Jenny lo guardò bene: Una vena malinconica attraversò i suoi occhi. Quanto tempo aveva passato ad osservare, studiare quel mondo?
-Così mi sono sempre avvicinato il più possibile, anche se non potevo mai toccarlo. Ci sono regole precise e antichissime, nessuno può violarle. Anche se, devo ammetterlo, per me la tentazione è sempre stata molto, molto forte.-
Lo guardò con aria interrogativa; Il suo volto diceva: perché mi stai dicendo tutto questo?
Non era ne sprezzante, ne sarcastico. Ascoltarlo parlare era come una melodia distante, ora allegra, ora malinconica. Come una musica lontana che solo il tuo cuore ricorda, priva di note precise, formata solo di sfumature. Ecco cos'era Julian in quel momento.  
-Ma perchè?- Domandò Jenny. -Anche se la terra ha dei colori così belli nell'universo c'è molto di più. Pensa a questa splendida luna, dalla terra non è altro che un piccolo disco d'argento. Qui invece è enorme e bellissima!- Jenny guardò fuori dalla finestra: la luna era talmente grande da illuminare l'intera stanza.
Julian sorrise. Il sorriso più triste che avesse mai visto: un misto di malinconia e angoscia.
-Hai ragione, da qui la luna è meravigliosa. Ma è fredda, ferma, immobile. Qui nulla cambia.- fece una pausa, nei suoi occhi dondolavano la luce argentea della luna e le ombre della stanza, si abbracciavano, si districavano, come due amanti costretti a separarsi per sempre. -Io, come l'oscurità, anche se cambio nel corpo sarò sempre ciò che sono. Il resto rimarrà sempre immutato. Non posso cambiare, è per questo che amo la terra. Non è mai ferma, cambia continuamente, si muove, muta, respira, vive.-
Ascoltarlo era così piacevole...ma leggeva tanta di quella tristezza da farle male il cuore. Jenny quasi si dimenticò di tutto quello che era successo nelle ultime settimane, era completamente incantata. Come se il tempo si fosse fermato, non si accorse neanche che parlavano da più di due ore. Julian parlava come se fosse del tutto rassegnato alla sua condizione. Senza speranza.  Quelle ombre che vedeva negli occhi di Julian, si chiese come potesse cancellarle.  Da solo, per tutti quegli anni, nell'oscurità più profonda. La sua immagine solitaria la invase di tristezza. Si chiese se non ci fosse un modo di estinguere quelle tenebre e portare anche solo un tenue barlume di speranza.
Jenny fu svegliata da un tocco leggero alla porta. La luna era alta nel cielo. Piena, come sempre. Si alzò dal letto ancora assonnata, aprendo la porta all'uomo ombra. Era bello, illuminato da un sorriso gentile. Sembrava allegro, nonostante la conversazione a cena fosse virata su di un argomento abbastanza spinoso. Indossava gli stessi vestiti che aveva a cena, ma sembravano sgualciti, con i capelli in disordine e senza cravattino. Avevano fatto tardi perchè erano rimasti a parlare finché a Jenny non avevano iniziato a chiudersi gli occhi per il sonno. Ma aveva passato tutta la sera a raccontare a Julian quando, qualche anno prima del matrimonio, lei e i suoi amici erano stati al mare e di quanto si erano divertiti. Julian l'aveva ascoltata incantato, come se attraverso le sue parole potesse raggiungere quel luogo lontano.
-Jenny... dormivi?- Le domandò guardando stupito la sua camicia da notte.
-Julian, sono le quattro del mattino. Cosa ti aspettavi?-
Lui la guardò ancora per un momento indeciso. Ne sembrava stranamente  stupito, ma si riprese in fretta. Le sorrise in modo divertito, allegro come non mai. -Bene, ho un regalo per me.-
Jenny non fece in tempo a chiedersi cosa volesse dire. Julian la tirò per un braccio, correndo per il corridoio, la portò davanti ad una porta.
Non era molto diversa da tutte le altre porte della casa. Era bianca, lucida e grande con strane incisioni leggermente più scure che, a prima vista, potevano sembrare decorative. Le riconobbe subito, erano rune. Julian doveva aver creato un'altra delle sue strane stanze. Ma quando aprì la porta, Jenny ne rimase sconvolta come non le era mai successo nella sua vita.
Il corridoio, ora, era illuminato da un angolo di luce calda. La ragazza non poteva credere a ciò che i suoi occhi vedevano. Dietro la porta si estendeva una lunga striscia di sabbia bagnata dal mare più azzurro che avesse mai visto. Lei si voltò un momento dietro di sé: il corridoio della casa era ancora lì. Tuttavia davanti a lei una brezza calda e leggera le accarezzava il viso.
Il sole splendeva grande e caldo sopra di loro. Niente più oscurità, in quella stanza c'era solo calore ad accarezzarle la pelle.
-Ma Julian... come hai fatto?- Aveva le lacrime agli occhi dall'emozione.
Il sole le era mancato fin da subito, ma solo in quel momento capì davvero quanto le era mancata. Sentire quei raggi caldi sulle spalle era come avere una coperta sulle spalle, era come l'abbraccio di un amico, il sorriso di un bambino. La luce la invadeva, la infiammava.
La sabbia era calda, ma non bruciava. Il mare non era solo azzurro ma di mille colori. Non sapeva dire di che tonalità fosse, sapeva solo che era bellissimo.
-Tu non vieni?- Jenny guardò Julian, ancora sul ciglio della porta, ancora coperto dalle ombre del corridoio. Si fermò. Presa dall'euforia non aveva notato che l'uomo ombra non si era ancora mosso. Forse, pensò, lui non poteva esporsi alla luce del sole.
Si sentì un po' triste all'idea che avesse fatto tutto quello per lei e che non potesse goderne neanche un po'.
Ma lui non ci mise tanto a stupirla ancora una volta. Lentamente, come se volesse studiare la sua reazione a quella vista, entrò nella stanza.
Sotto la luce dorata Julian sembrava completamente diverso: gli occhi sembravano più chiari, come due coppe d'acqua cristallina, il cielo si rifletteva nei suoi occhi, facendolo sembrare un bambino innocente. Non erano più laghi invernali, gelidi e immobili. Ma erano due oblò che si affacciavano sul caldo mare del sud. I capelli erano tanti filamenti d'oro chiaro, la sua pelle era incredibilmente chiara, sottile. Era la prima volta che lo vedeva alla luce del sole,  e sembrava così etereo, così strano. Nello stesso momento distante e presente, reale e irreale.
Chissà quanto tempo era rimasta con la bocca semiaperta, a fissarlo incredula. Perchè Julian non poteva non essere guardato in quel momento. Con i suoi movimenti eleganti, come una tigre bianca che lentamente si muove sulla neve, sembrava perfettamente a suo agio anche in quella situazione così estranea a lui.
-Ti piace?- Le era così vicino che poteva sentirne l'odore, un profumo così avvolgente e dinamico, qualcosa che non aveva mai sentito prima. Lei annui. Non sapeva cosa dire.
-Tu...- mormorò piano, quasi timorosa di interferire con un qualche incantesimo -Come hai fatto a creare una cosa del genere?-
Julian le sorrise. Un sorriso un po' ironico, sembrava non riuscire a nascondere il suo orgoglio per la sua opera -Oh, questa è una sciocchezza, ho fatto molto di più.- Le prese la mano, conducendola vicino a due sdraio strette sotto un ombrellone. Più a destra c'erano tre palafitte con tre casette in paglia e ricoperte di foglie di palma. l'acqua era così limpida che, anche a distanza di qualche metro, poteva vedere sassi, pesciolini e piccole conchiglie che rotolavano oziose sotto le onde delicate.
-E' tutto così bello...-  Il paradiso in cui credeva, doveva essere su per giù simile a quella stanza.
-Se vuoi, puoi anche fare il bagno.- Julian iniziò ad incamminarsi verso una delle cabine, con le mani in tasca e un sorriso divertito stampato in faccia. Sapeva che stava rispondendo alla voglia più impellente della ragazza, risvegliata da quando le aveva mostrato la sua opera più bella. -In quella cabina ci sono dei costumi e prendisole, scegli quello che ti aggrada di più.-
L'acqua non solo era bellissima, ma anche calda. Jenny si immerse: avvolta com'era da quell'acqua tiepida, le sembravano lontani sia il mondo delle ombre che gli uomini ombra. Persino Julian, nel suo costume nero, sembrava una persona normale. Bhé, certo, non del tutto ordinaria, ma certo non sembrava un uomo ombra. Si sentiva felice, libera di potersi divertire veramente, senza paura.
Julian le nuotava vicino, i capelli che gli gocciolavano sugli occhi gli davano un'aria un po' mistica, come un tritone che emerge dall'acqua. Jenny lo gurdò. Era bello. Il suo fisico sembrava quello di un modello, muscoloso e scolpito, ma senza cadere nell'eccesso. Sul viso baciato dal sole si formavano ombre che mettevano in risalto gli occhi, tanto blu che sembrava dovessero sciogliersi e colare in acqua da un momento all'altro. Anche Jenny si sentiva bella. Come costume aveva scelto un pezzo unico tutto bianco, non perchè avesse poca scelta, quando era entrata nel camerino aveva trovato un centinaio di costumi e prendisole, ma perchè era il più semplice che avesse trovato. Ci aveva abbinato un kimono lungo, anche questo bianco, leggero e voluminoso, soprattutto per riuscire a nascondere i lividi che Julian le aveva provocato quando l'aveva sbattuta contro il mobile qualche giorno prima. Erano ancora tra il viola e il giallo e non voleva che lui s'incupisse proprio ora che stavano passando un momento tranquillo. Julian si era impegnato per riuscire a creare quella stanza e lei desiderava che passasse una bella giornata sotto il sole.
-A cosa pensi?-
Doveva essersi persa nei suoi pensieri, tanto da non accorgersi che Julian le era accanto. A giudicare da come la guardava, poi, doveva aver assunto una faccia un po' strana.
-Oh, nulla. Mi stavo solo chiedendo come puoi esporti in questo modo alla luce.- Gli nuotò un po' più vicino. Non si sarebbe mai stancata di guardare quegli occhi languidi.
Sorrise. Uno dei suoi soliti ghigni beffardi e sornioni. -Bhé, ho creato io questa stanza. E quel sole è solo un'imitazione. Il vero probabilmente mi avrebbe accecato o incenerito, o qualcosa del genere.-
-Ti ringrazio.-
-Perchè mi ringrazi?-
-Come perchè? Hai creato "un celo in una stanza" per me.-
-Sei strana.- Adesso erano uno di fronte all'altra. Jenny poteva vedere i suoi occhi che si specchiavano in quelli di Julian, che si specchiavano nei suoi, così all'infinito. Dal suo tono non non capì a pieno se quella era una critica o un complimento.
-Sarei strana?-
-Si. Sei così strana, non ti arrabbi mai. Tu sei incredibilmente buona.- Parole già dette, eppure sembravano ogni volta nuove.
Julian guardò più lontano, come se non stesse parlando solo con lei, ma come se stesse pensando a qualcos'altro. Nonostante i suoi continui cambiamenti d'umore, Jenny iniziava ad apprezzare la compagnia di Julian. Sembrava sempre entusiasta, sempre pieno di idee, sempre in movimento, Con lui era impossibile annoiarsi. Eppure c'era sempre quella vena di malinconia nei suoi occhi, così oscura e segreta, una ferita profonda come l'oceano, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di colmarla in qualche modo.
Dopo essere rimasti a mollo per quasi tre quarti d'ora le dita di Jenny, diventate più simili a quelle di una vecchietta, le fecero notare che forse era ora di rilassarsi un po' al sole. Certo, questo però non era nei piani dell'uomo ombra. Julian aveva organizzato una serratissima tabella di marcia con una stragrande varietà di attività che avrebbero potuto intraprendere, dallo snorkeling, al beach-volley, per poi mangiare i suoi piatti preferiti e il miglior gelato italiano, e finire la giornata guardando il grande sole artificiale tramontare sull'oceano nella stanza.
Fu la giornata più bella e felice della loro vita.
Seduti sulla sabbia umida Julian guardava Jenny che guardava il cielo tinto di mille colori. Le splendevano gli occhi.
Non era solo bella, emanava un'aura di luce, di vitalità, di passione, di forza. Jenny era la vita.
Spesso si ritrovava a pensare cosa avrebbe fatto se non l'avesse mai incontrata. Sarebbe rimasto il solito, vecchio uomo ombra, così ancorato alla sua furia da diventare un mostro?
Per il suo corpo aveva bisogno di un minimo di cibo e abiti. Per la sua anima non aveva bisogno di niente. Sicurezza, dedizione, tenerezza, amore. O comunque si chiamino quelle cose che si presume occorrano ad un essere umano. A lui non erano affatto necessari. O meglio, la sua specie aveva fatto in modo che non gli fossero necessari. Dopo la sua nascita, quando aprì gli occhi per la prima volta al suo mondo di ghiaccio, tutto quello che vide furono quegli orrendi uomini ombra. Erano loro che gli avevano insegnato a fare in modo che non gli fossero necessari per vivere. Provare sentimenti era per gli umani, non per gli uomini ombra. Eppure, il primo respiro, quel bambino dai capelli bianchi che ancora ignorava tutto del mondo, che ancora non aveva mai visto nulla, poteva trattenerlo. Se non avesse affermato la sua esistenza, se non avesse pronunciato il suo nome lui stesso con vigore potente, sarebbe scomparso, scegliando la via diretta che va dalla nascita alla morte. Avrebbe certo evitato una quantità di sciagure a molte persone e a se stesso. Ma per uscire di scena così discretamente avrebbe dovuto avere un minimo di gentilezza innata, cosa che Julian non aveva. Fin dall'inizio fu un mostro. Ripensando alla sua intera esistenza era facile dire perchè fosse stato colpito così profondamente da Jenny.
Luce nella sua oscurità. Jenny sembrava una reliquia che neanche un monaco privo di macchia potesse osare toccare. Emanava un calore che sembrava riscaldare il suo cuore di ghiaccio.
-Julian- La voce cristallina lo allontanò dai suoi cupi pensieri. -E' tutto così bello. Non potrò mai ringraziarti abbastanza.-
Lui la guardò: Con il sole alle spalle sembrava davvero una visione divina. Fremeva. Una fame improvvisa lo colse. Qualcosa di inconscio come se non desiderasse altro che affondare le sue fauci nella sua carne solo per sentirla vicina. Solo per sentire quel calore contro il suo cuore. Pensò, Se divorassi la sua luce, forse non sentirei mai più questo bisogno così impellente.
Si avvicinò: Jenny sembrava in trance, non riusciva a divincolarsi. Desiderava solo sentirla vicina. Poterla stringere. Possederla. La strinse, e adesso erano entrambi stesi sul bagno asciuga, lei con il suo kimono che l'avvolgeva bianco e trasparente come una vergine, lui con i capelli che gli cadevano su gli occhi, tendaggio che gli ostruiva quella visione. Il tempo sembrava fermo, il silenzio era assoluto.
Ed ecco, il bacio che Jenny inconsciamente aspettava. Il bacio che Julian desiderava da sempre.
Un bacio che non era stato forzato o rubato con l'inganno.
Le labbra erano sempre più vicine, Jenny tratteneva il fiato, come se non volesse interrompere per nulla al mondo quella magia. Sentiva il cuore di Julian che batteva all'impazzata contro il suo petto, mentre le sue mani la stringevano lungo i fianchi. Ecco, pensò, sta per succedere.
Ma a meno di un centimetro dalle sue labbra, Julian si fermò.
















Sono solo 01:51 e ho già finito. Sono molto fiera di me.
Colgo l'occasione per ringraziare le persone che continuano a leggere questa storia, pur essendo passato così tanto tempo. Purtroppo amo scrivere, ma la mia università non mi permettere di dedicarmi quanto vorrei.
Spero che il capitolo vi piaccia, ci ho messa tutta me stessa ma non so se essere del tutto orgogliosa del mio lavoro. Volevo assolutamente che Julian creasse una stanza con il mare, ma è stata abbastanza difficile da descrivere e forse non ho fatto un lavorone. E comunque, finche ho ancora qualche sera libera scriverò più capitoli possibili, cercando di non metterci una vita <3
un salutone C:

   
 
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